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Pannella Marco - 17 giugno 1994
MARCO PANNELLA - INTERVENTO ALLA CONSULTA DEI CLUB
17 giugno 1994

TRASCRIZIONE A CURA DI A.BANDINELLI, NON REVISIONATA DALL'AUTORE

SOMMARIO. [Nota: è impossibile dare un sommario dettagliato dell' intervento (cominciato alle 20,56) durato circa due ore. Ci limitiamo quindi a fornire una traccia dei temi trattati in un intreccio complesso che può essere seguito solo con la lettura diretta. n.d.r.]

- Esortazione a ciascuno dei partecipanti alla Consulta, perché dia il meglio di un riflessione politica convinta, chiara, "cristallina", non falsamente entusiastica e concorde;

- Riepiloga la vicenda della visita italiana del Dalai Lama e della sua interpretazione nella stampa: Berlusconi viene censurato; il muro dei direttori dei "giornali-partito", ostile a Berlusconi;

- Le vicende del "contratto di maggioranza", l'accordo tra Forza Italia e la Lista Pannella, anch'esso ignorato dalla grande informazione; è impossibile fare una politica riformatrice se non si modifica in senso liberale la legislazione e la condizione dell'informazione;

- il Partito radicale ha ben lavorato, in condizioni assai difficili, sul terreno della politica transnazionale. Adesso, col Dalai Lama sarebbe possibile organizzare un grande Satyagraha a livello mondiale: cosa ha la sinistra, anche quella intellettuale, da contrapporre su questo piano?

- i riformatori hanno un grande progetto di "sinistra possibile": ma tutto questo è vano, chi si batte per queste cose è destinato alla clandestinità: se la stampa avesse dato la notizia del "contratto di maggioranza" si sarebbe visto che un grande progetto riformatore è possibile, grazie a Forza Italia e Lista Pannella;

- per questo, i Riformatori debbono continuamente rivendicare una intransigente radicalità alle loro posizioni, senza tentativi di "mediazioni", anche se questo dovesse loro costare di essere espulsi dai Progressisti, come è avvenuto nella vicenda delle elezioni a sindaco di Roma di Francesco Rutelli, elezioni che si stava per perdere, per insipienza politica dei progressisti;

- vengono infine rievocate le complesse vicende che hanno portato all'accordo elettorale con Berlusconi, e si confuta le accuse di "tradimento" rivolte a Pannella, che invece ha cercato in ogni modo di dare vita a formule elettorali diverse (sì al "polo delle libertà", "no al polo del buongoverno"...)

- occorre dunque creare il partito della Riforma, sperando che i laici, i liberali, vogliano concorrere a promuoverlo; per raggiungere l'obiettivo, intanto i Riformatori, la Lista Pannella si organizzino per contare davvero anche sul piano numerico e della forza.

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Cari amici,

le nostre riunioni sono sempre state riunioni di riflessione su eventi in corso e, tranne una volta, non abbiamo avuto la possibilità di giudicare in modo approfondito quel che si era compiuto; anche perché sapevamo che occorreva attendere quest'ultimo round, questo anno più " elettorale " che politico sotto molti aspetti, ininterrotto; dalle elezioni amministrative della primavera scorsa è stato un rincorrersi di scontri elettorali, o di scontri politici che risentivano sempre, innanzitutto, della scadenza elettorale.

Quindi, quello che dovremo fare in questa Consulta è sollecitare, ciascuno da sé stesso, il massimo di apporto critico (critico, non "polemico") per arricchire la nostra riflessione politica: perché (già mi è accaduto di accennarvi) ho la convinzione che siamo - abbiamo da essere, possiamo essere - forza politica che ha responsabilità molto lunga, che ha capacità di essere probabilmente presente come soggetto politico, in un modo o nell'altro, se non fino all'eternità, di qui al duemila. Occorre per questo attrezzarsi: oppure, se non se ne è convinti, dirlo. Una iniziativa politica che, con l'umiltà necessaria, voglia o debba o pretenda riconoscersi come iniziativa a livello di storia di un paese - e forse non solamente di un paese - è bene che secerna, per quanto può, intelligenze cristalline, nòccioli cristallini, se possibile adamantini, di convinzione, consapevolezze e chiarezza, e non fanatismi, esaltazioni o pseudo-entusiasmi. E io credo che noi siamo una chiarezza, e proprio perché lo siamo e in qualc

he misura la evidenza della nostra chiarezza diventa sempre più forte, noi ci troviamo oggi in una situazione storica nella quale si aggrava lo scandalo della ragionevolezza, delle analisi e delle prospettive che stiamo cercando di fornire al nostro tempo e alla nostra società.

E vorrei cogliere l'occasione, subito, per felicitarmi - oltre che ringraziarla - con la segretaria del partito. Oggi sicuramente in modo visibile , in modo evidente, con l'accoglienza che l'Italia, le istituzioni hanno fatto al Dalai Lama - e con il suo esplicito, evidente riferirsi alla nostra presenza e forza - abbiamo d'un tratto, credo, riacquistato (anche in termini di sensibilità per coloro che questo episodio hanno potuto, attraverso la radio, o in un modo o nell'altro, viverlo) la attualità del partito, al di là del soggetto politico - partito o movimento - che noi costituiamo sul fronte italiano.

Possiamo prendere quello che è accaduto come un avvio per la riflessione e per la relazione. Il Dalai Lama ha detto testualmente, nella conferenza stampa, che egli era "meravigliato" e "ammirato" dall'accoglienza che il Presidente Scalfaro e il Presidente Berlusconi gli avevano riservato. Il Dalai Lama è persona da molti anni esperta, allenata alle conferenze stampa, ai rapporti con la stampa; sa bene quanto nel nostro mondo sia pericoloso un ritorno di immagine o di parola che non sia quella rigorosamente voluta ed espressa. Ma egli ha espresso ufficialmente la propria "ammirazione" e "meraviglia" per l'accoglienza che gli era stata riservata dai due massimi rappresentanti delle nostre istituzioni. Di questo vogliamo dare atto e ringraziare con convinzione e serenità il Presidente della Repubblica Scalfaro e il Presidente del Consiglio Berlusconi. Con pressioni di ogni tipo, nazionali ed internazionali (ma se diciamo nazionali parliamo di lingua e di ubicazione, non parliamo della realtà: le nostre forze im

prenditoriali sono - quelle che contano - realtà multinazionali) e - crediamo di sapere - fino all'ultimo minuto utile si è cercato di impedire che vi fosse un'accoglienza pubblica ed evidente, come invece c'è stata, del Dalai Lama.

Noi i rendiamo conto che questo è evento piccolo, anche modesto: ma è evento. Né Ciampi né Amato, né la sinistra né la destra né il centro, nessuno in precedenza era riuscito a convincere le istituzioni, i Presidenti del consiglio, i ministri degli esteri, i Presidenti della repubblica (per quanto la loro autonomia in questo campo sia inesistente perché, costituzionalmente e istituzionalmente, responsabili dei comportamenti dei Presidenti della repubblica sono i governi) a farlo. Dunque, ieri, il Dalai Lama è stato ricevuto, alla presenza della stampa internazionale e nazionale (perché il Quirinale questo aveva potuto e voluto fare); ebbene, sui mass media italiani vi è stata una eco assolutamente risibile - tranne un paio di eccezioni non sui mass media più importanti e sui telegiornali - assolutamente insoddisfacente, per quel che riguarda una prima analisi. Molto volentieri io debbo sottolineare che proprio "Repubblica" è stato il giornale che è sembrato voler dare maggior rilievo e attenzione a questo ev

ento; e che altri invece - la stragrande maggioranza - hanno dato una informazione-indicazione probabilmente conforme non solo alle loro ideologie (quelle dei "direttori", o meglio - come vedremo - dei capi dei partiti detti "giornali") ma anche al riflesso vile e cieco del padronato, o di una parte del padronato italiano. Non a caso il ciarliero e querulo presidente della Confindustria, non potendo più, mi pare, spiegare perché l'Italia dovesse essere data in mano ai progressisti con qualche correzione centrista, è adesso intervenuto: a sproposito come prima ma continuamente, nella fattispecie facendo da megafono nei confronti di Li Peng e dei timori corporativi che Li Peng ha saputo o ha voluto incutere; lo ha fatto per guadagnare qualche commessa, probabilmente. Ma commesse guadagnate in questo modo rappresentano - Abete dovrebbe saperlo - scommesse che già nel breve e medio termine a volte si pagano care.

Cosa ha detto in particolare il Dalai Lama? Ha detto perché e come egli si riferisce alla Bosnia e alla Jugoslavia. Ha detto: "Quando non si interviene a tempo e si lasciano ricrescere, crescere, coltivare antichi rancori, rinverdire questi rancori, questi odi, queste frustrazioni storiche ed etniche, poi è troppo tardi per intervenire, e quando si tenta non ci si riesce. Stiamo attenti per il Tibet e quello che può accadere: ma se accade nel Tibet accade in Cina." Dovremmo aver appreso, l'Occidente dovrebbe aver appreso, lorsignori dovrebbero aver appreso dalla vicenda del crollo dell'impero sovietico cosa significhi rischiar di essere impreparati dinanzi al crollo - fatale - di un impero, quello cinese, che è due volte più spaventoso di quello sovietico; di questa bomba che può autodeflagrare da un momento all'altro. Sulla Cina, mi pare che nessuno manifesti l'urgenza di governare gli sviluppi - di tentare di governarli - di fare simulazioni e scenari e di comprendere quali sono le azioni, le tendenze di a

zioni, le possibilità di evitare al mondo e alla stessa Cina il disastro di una caduta incontrollata degli idoli, di una rottura dei totem e dei tabù mentre miliardi di persone verrebbero coinvolte in qualcosa di infinitamente peggiore di quel che la caduta dell'impero sovietico non ha ancora cessato di mostrarci...Nessuno, neppure tra gli intellettuali: anche e naturalmente gli intellettuali francesi, quelli che, con un anno o due di ritardo, sono gli unici che si sono mossi forse con adeguatezza di toni sulla ex Jugoslavia.

E allora debbo ripetere quello che ho già evocato nelle settimane scorse, cioè l'impossibilità che si possa avere un contributo italiano allo sviluppo democratico, pacifico, non violento - ancorché di per sé inadeguato, ma nella direzione giusta - dei problemi del mondo, dei problemi dei nostri mondi interiori, delle nostre soggettività, fin quando noi avremo giornali che agiscono come partiti, con direttori che dirigono non giornali ma partiti - perché Mentana, Mieli, Mauro, Montanelli, Veltroni (ma quì non c'è peccato, Veltroni lo è quasi ufficialmente) sono non "al servizio" di partiti, sono veri e propri "partiti", con segretario irresponsabile (e di volta in volta il quoziente di intesa con l'eventuale padrone o editore è tutto da trovare...); cosicché colui che lotta politicamente deve ormai fare i conti sempre di più con i segretari dei partiti detti "giornale": i quali determinano il corso della vita politica con una forza, una radicalità, una ottusità, una logica delle cose che li attraversa che è

pericolosissima e che va denunciata. Noi non "lamentiamo", noi non "protestiamo": noi "denunciamo", nel senso più proprio del termine, nell'ambito di una lotta che giunge anche alla denuncia penale. Noi presentiamo denunce che concernono molto spesso la lettera del nostro diritto: in una situazione di regime nella quale la giurisdizione continua a non applicare il diritto e le leggi scritte, a cominciare dai codici e da reati ben precisi, i reati cosiddetti politici; perché se questo cominciassero a fare, la storia italiana sarebbe stata e sarebbe diversa da quella "Enciclopedia Italiana" che - in tempo reale ormai, con i computer e con i giornali - giorno dopo giorno viene scritta e con la quale si seppellisce la realtà, la verità della storia, degli eventi del nostro paese.

Oggi, per esempio: ho sentito Enrico Mentana - uno "speech", un discorso, una orazione di Enrico Mentana - il quale a TG5 spiegava che avrebbe fatto vedere delle cose allucinanti - si sentiva, lo "scoop" di cronaca nera!: "Che i bambini non vedano! Noi abbiamo il dovere di dare queste notizie, queste immagini, dal Ruanda...", "Perché queste cose occorre vederle, comprenderle, perché altrimenti.." e via dicendo. Noi rispondiamo a Enrico Mentana che il suo è un giornalismo il quale "crea" i fatti che deplora e che mostra con ipocrisia: in realtà poi non ha mostrato niente, probabilmente ci ha ripensato all'ultimo secondo.

Sul Ruanda; ma sull'Africa nera? Sul fatto che, dall'Africa saheliana in giù, senza eccezioni, l'avanguardia di possibilità civili e di civile convivenza fosse, e sia, il Sudafrica, come noi avvertivamo dal 1977, '78, '79 quando affermavamo che il Sudafrica correva il rischio maggiore e che era mistificante indicare la linea degli "africani" come, bene o male, quella del progresso e del mondo civile e da quest'altra parte, nel Sudafrica, il mondo della infamia e della barbarie; li avevamo avvisati e ne abbiamo parlato, abbiamo lottato, non abbiamo cessato di lottare. Su questo argomento, contemporaneamente, pubblicarono una mia lettera il "Manifesto", "Reporter" di Deaglio e, mi pare, il "Messaggero" e "l'Avanti" ("l'Avanti", quello del periodo di Ghino di Tacco, del Presidente del Consiglio...). Ebbene, tutto il mondo intellettuale, i "Micromega" del mondo italiano ed europeo, non hanno mai osato rispondere; nemmeno dissero che eravamo fascisti, rifiutarono di rispondere, vollero far cadere la cosa. E' acca

duto sempre, e continua ad accadere: è accaduto per la Jugoslavia, la ex Jugoslavia. Nell'88 noi abbiamo fatto una campagna elettorale, dicendo chiaramente che in Jugoslavia incombeva, se non avessimo compiuto alcuni gesti precisi, il rischio delle stragi e i rischi terrorizzanti, per l'Europa e per noi italiani, che poi si sono verificati nell'ex Jugoslavia. Lo avevamo già previsto ai tempi di Osimo.

Perché dico questo? Perché, dopo decenni che dimostriamo con i fatti di avere ragionevolezza, singolarità, capacità di aiutare il dialogo, la politica, la conoscenza, di avere un nostro ruolo, ebbene, continua a valere una regola: le nostre cose quanto più sono valide tanto più devono essere clandestine. Oggi, noi abbiamo presentato con il Presidente Berlusconi un documento che annunciava che il Governo, la maggioranza, il Presidente del Consiglio facevano con noi un "contratto di maggioranza", un contratto politico (con, tra le altre cose, il presidente all'americana, elezioni parlamentari all'americana, il federalismo "all'americana", e persino che il governo, facendo proprio il pacco politico-programmatico dei Riformatori, del Club Pannella, non sarebbe stato neutrale sui referendum: e su questo semmai c'era da sollevare qualche critica, qualche preoccupazione, anche se le innovazioni, quando non sono contro la legge, sono sicuramente legittime), un contratto in cui uno dei punti era che il Dalai Lama il

16-17-18 sarebbe stato ricevuto dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Repubblica. Tutta la diplomazia italiana era pronta - come dire - ad una situazione opposta a quella e sia Martino, sia Berlusconi, sia Scalfaro si sono trovati inizialmente dinanzi al parere della professionalità, della professione, della Farnesina, contrari, con alcune rilevanti eccezioni. Operatori molto seri e molto vicini all'uno o all'altro di queste autorità, con lealtà ci avevano avvertito che loro avrebbero espresso un parere contrario.

Lo dissi subito, quella sera, che sarebbe bastato questo per fare - comunque - qualche titolo di giornale. Mentana dice: "Occorre essere attenti ai diritti umani"; ma il Dalai Lama ha già risposto lui a Enrico Mentana e ai nostri direttori, ha risposto che loro preparano un Tibet se possibile mille volte peggiore dell'ex Jugoslavia. Solo quando vi sono immagini di tregenda e mostruose costoro intervengono e piangono le loro lacrime di coccodrillo. Ma perché non volevano parlare del Dalai Lama? Perché sono cattivi? Niente affatto: ma solo perché questa è al loro cultura, questa è la cultura del regime dal quale sono stati espressi e che hanno espresso: e allora noi non chiediamo i licenziamenti di nessuno, ma dobbiamo denunciare con molta chiarezza questo tipo di giornalismo, per il quale le testate sono testate di partiti, e di partiti autonomi: noi non li incriminiamo, noi non li insultiamo né come venduti né come comprati, noi non riteniamo che sia necessario che facciano questo per compiacere l'uno o l'al

tro.

Abbiamo avviato una ricerca, su gli articoli di fondo dell'ultimo anno e mezzo della "Stampa", del "Corriere della Sera": sul doppio turno, sui referendum, sui tempi di scioglimento della Camera, sugli insulti e i sospetti, sugli autoconvocati, sulla vicenda più grossa e più sintomatica (che ebbe successo a gennaio e si sta tentando di nuovo in questi giorni), sugli episodi più torbidi e chiari di questa fase del regime; quando cioè fu organizzata la trappola - contro il parlamento repubblicano e contro i deputati - di far negare alcune delle autorizzazioni a procedere contro Bettino Craxi da chi contemporaneamente aveva pronte edizioni quasi straordinarie dei giornali, da quelli che hanno organizzato la piazza ancora una volta perché volevano, in quel momento in cui non avevamo nemmeno una nuova legge elettorale, portare l'Italia a nuove elezioni con la proporzionale nell'ambito di un disegno sfascista che si è ripetuto a gennaio, quando solo la grande forza - politica e individuale e personale - del Presid

ente della Repubblica Scalfaro lo ha indotto all'estremo atto di responsabilità di non dimettersi: ma era quel che si voleva da parte di sfascisti di destra, di sinistra e di ogni tipo, perché se Scalfaro si fosse dimesso si sarebbe andati a votare non si sa quando, ma sarebbe, ancora adesso, vivo quel Parlamento; elezioni non ve ne sarebbero state e saremmo andati probabilmente a quel caos che centri internazionali o nazionali - a me non interessa - sicuramente da un anno e mezzo cercano di determinare: gettare il nostro paese nel caos e in vicende anche da exJugoslavia.

Sono cose che dovremo ricostruire. Ma è importante sapere, compagne e compagni, che noi potremo entrare nella politica di questo paese portandovi ciò che vi è necessario - e non solo nella storia della quale facciamo parte come nessun altro, lo dico senza iattanza, con umiltà e con convinzione - quando il paese riuscirà a conquistare spazi, perimetri, isole, oasi di comunicazione leale e vera, di democrazia nella comunicazione; con quella cultura che è la nostra, contrapposta a quella di tutti costoro, ivi compresa quella di Veltroni. La nostra cultura, che abbiamo dimostrato con Radio Radicale di saper anche realizzare - in modo apparentemente grossolano, apparentemente affrettato - e che ci insegna questa differenza di fondo, che è differenza di storia e di civiltà, ma anche di forza: noi vogliamo che anche per quel potere che Montesquieu non aveva potuto organizzare e prevedere, che Tocqueville da un altro punto di vista poteva cominciare ad intuire, per il "quarto potere" insomma, debba valere come regol

a quella che la storia, la civiltà giuridica, la civiltà occidentale ha conquistato agli altri poteri: ed è la contraddizione come via di ricerca e di approdo delle verità e delle decisioni, nel processo e nei processi, nella giurisdizione, nei parlamenti. Questo è compito - anche - di chi sa che bisogna ormai proporre (secondo uno stato di diritto, all'altezza di quel che fa e crea - o disfa - diritto) che questa fonte di ispirazione - la comunicazione - è democratica, è organizzabile come potere con le sue regole se insuffliamo in essa quello che è stato essenziale e ha dato forma ai parlamenti, alle istituzioni politiche e alle istituzioni processuali e giudiziarie.

Questo andrà fatto, in termini di riforma della società. Questo andrà fatto e sarà nostro contributo: e credo di poter dire che se noi avviamo in modo più diretto anche questa riflessione, può accadere ancora una volta a questo paese - che misteriosamente, nella sua marginalità, anche nel suo peggio, finisce per fornire al mondo il fascismo ieri, la partitocrazia oggi - di fornire qualcosa di altrettanto e di profondamente singolare, ma nella direzione della civiltà giuridica e della realizzazione di un ordine mondiale, planetario, in cui le regole di vita siano tali da poter essere anche regole interiori per ciascuno e non solo regole di una giurisdizione che ovunque riesca ad essere armata storicamente.

***

Dobbiamo dunque ancora ringraziare, felicitarci con Emma e con i pochi che con lei (e anche in sua supplenza, in questi mesi) hanno permesso che il Partito arrivasse pienamente vivo, esistente, a questi appuntamenti, consentendoci di farci forza pratica, organizzata dell'evento di oggi, della venuta del Dalai Lama e della risposta del Presidente della repubblica e del Presidente del consiglio a questa venuta. E non solo: possiamo anche, per esempio, ricordare che l'International Law Commission dell'ONU ha fatto prima di quanto non sperassimo il cammino che il partito ha sollecitato, per esempio, con l'iniziativa non violenta di Olivier Dupuis (perché sicuramente una ripercussione vi è stata, in sede ONU). Anche questo è nel "contratto di maggioranza": nel contratto di maggioranza con noi, oltre alla rivoluzione del suo atteggiamento rispetto al Dalai Lama e alla Cina, è scritto che il governo italiano si impegna - all'ONU e in ogni sede - sia per l'obiettivo dell'inizio dell'attività del tribunale ad hoc, ma

anche perché i tempi dell'approvazione degli Statuti del tribunale permanente siano tali da consentirci quel grande impegno che sicuramente dovremo assumere - e che il partito dovrà chiederci e dovrà fornirci - perché fra settembre e dicembre la giurisdizione planetaria nasca, armata di concretezza e di forza di legge. Vi saranno immensi problemi: figuratevi se può essere messa alla luce in un istante una vita così importante per la storia dell'umanità. Così, de plano, non sarà; ma il fatto che il tribunale sia concepito e giuridicamente messo alla luce ci consentirà di difendere qualcosa che è diritto, che è legge. Poi magari - non facciamoci illusioni - questa legge sarà vilipesa, non sarà attuata, noi stessi non sappiamo quale forza avremo e riusciremo a sviluppare: quì, come Consulta - e in tanti di noi anche come militanti (troppo poco) del partito radicale - sicuramente come la sola espressione di forza, su un fronte nazionale, del partito transnazionale e transpartito. Queste cose noi dobbiamo non so

ttovalutarle, dobbiamo non avere il cattivo gusto - per "eleganza" e "sufficienza" - di non autocitarci, dinanzi a cose che sappiamo essere, invece, importanti.

Vorrei ancora informarvi - questa è una relazione - che nel colloquio che abbiamo avuto con il Dalai Lama mi sono permesso di dirgli che da tre anni attendo da lui una risposta precisa. Già mi pare tre anni fa - allora ero andato con Giovanni Negri a vederlo - gli avevo detto: "Santità, occorre fare della causa tibetana una causa del mondo, prevedendo un Satyagraha mondiale, il primo grande Satyagraha mondiale...Ci vorrà almeno un anno e mezzo per organizzarci, organizzarlo." Ma - lo dissi chiaramente - avevo paura di una predicazione che resta tale mentre si occupa di questioni di questo mondo, non solo di salvezze di anime e di spirito ma anche della realtà concreta dello Stato cinese, delle istituzioni anche tibetane; e che quindi occorreva darsi e munirsi di tempi mondani, di tempi che appartengono alla società politica e non solo alle aspirazioni o anche alla forza dello spirito che accompagni - di più o meglio - l'evolversi o l'involversi della storia di ciascuno e di tutti. E oggi, quindi, gli ho det

to:"Io sono disponibile ad aspettare altri tre anni, Santità, ma sappia che se non cominciamo subito, un millimetro al giorno in quella direzione ma da subito, probabilmente la forza della nonviolenza non si manifesterà; perché la nonviolenza è quella organizzata dietro la spontaneità popolare. Dietro alla marcia del sale era la grandezza di Gandhi - vi era progetto, tentativo, probabilmente decine di azioni immaginate e scartate. La risposta è stata:"Dobbiamo fare una sorta di progetto di fattibilità, perché non vorrei che se andasse male questo poi servisse ancora alla causa dei cinesi ". Come al solito, c'era questa sua letizia, questa sua allegria, questa sua drammatica capacità di non drammatizzare senza bisogno. Ecco, allora, di già iscritto per ciascuno di noi un compito, una speranza, una possibilità, credo di grande concretezza. Esiste nella sinistra italiana, tra i pacifisti nel mondo, nelle varie cappelle nonviolente, un minimo di alternativa a tutto questo? Anche sul piano strettamente italiano,

sul piano della organizzazione culturale, sul piano dei "Micromega" e di non so cosa d'altro c'è nel panorama delle riviste, nel panorama dei numeri unici, ma anche nel panorama dei saggi (tutti più o meno ormai degli "istantbook", anche quelli che hanno pretese filosofiche, visto i ritmi col quale vengono prodotti, che sembrano appunto ritmi per articoli)?

Ecco, dunque, qualcosa da tener presente: noi abbiamo un contratto di maggioranza della "sinistra possibile" - come ama dire Marco Taradash - oggi, in questo paese: con la vicenda del Dalai Lama, con quel che è accaduto avantieri a livello ONU, con quello che deve accadere nei prossimi giorni e settimane. Questo è il protocollo di intesa dei Riformatori con il Presidente del Consiglio nonché capo della maggioranza. Lo stiamo verificando. E non crediate che sia stato facile ottenerlo, anzi diciamo che fino all'ultimo secondo non ci siamo limitati a temere, a paventare che...: fino all'ultimo secondo quella certa frase, quel certo appuntamento abbiamo dovuto difenderlo. Perché che significa, almeno a stare alla lettera, quando un Presidente del consiglio annuncia "urbi et orbi" quei protocolli di accordo? Significa chiudere un dibattito che si riteneva dovesse di nuovo riaprirsi, tra presidenzialismo e semi-presidenzialismo, avendo fatti fuori l'85% degli esperti, tutti più o meno semi-presidenzialisti (che ci

starebbero a fare, se uno becca la soluzione semplice, quella presidenziale americana? Il loro è un riflesso di categoria, sono tutti semi-presidenzialisti: "il premier, Weimar, non Weimar e via dicendo...) Il Presidente del Consiglio dunque, in quella sede - "impropria" ma legittima - ha fatto propria la posizione, il programma politico di inizio, come vedremo, e di fine legislatura che soli, anche nei suoi confronti, abbiamo promosso.

Il programma di Forza Italia era quello che era (ma si vergogni chi ci rimprovera: "Tu hai tradito gli elettori..." si vergogni! Quasi che la battaglia elettorale in Italia sia stata fatta su queste cose e anche un solo elettore abbia scelto su di esse. No, la sinistra progressista è proprio su questo che voleva evitare lo scontro, proprio su questo voleva impedire di confrontarsi con noi: perché altrimenti la sinistra, la cosidetta sinistra, avrebbe incontrato quello che - devo dire "geneticamente" - ha bisogno di eliminare per essere "tranquilla": tutto ciò che è presente, ve l'ho già detto, in una pagina incredibile di storia - dovrei dire sconvolgente, se pensiamo alla cultura, allo svolgimento di questo secolo - fra Romolo Murri radicale e il migliore dei socialisti riformisti, Turati, nella quale appunto la posizione di Turati - del migliore dei socialisti riformisti! - era di una dozzinalità disperante, rispetto agli eventi di allora ma anche di oggi: ma lui era la sinistra "ufficiale"; sono tutti ri

uniti, tutti uniti, contro questo tipo di storia, contro la storia che è anche dei Rosselli, perché hanno bisogno bisogno che noi non ci si sia, come parola, come argomento). Quindi è vero , Forza Italia non aveva fatto quella scelta ma la sinistra, essa per prima, ha fatto una campagna elettorale che era di acquisizione del potere definitivo: tutto consegnato al blocco sociale immondo che aveva costituito: da Cuccia a Agnelli a De Benedetti, al sindacato di Stato: tutto, tutto, tutto quello che era potere - la giurisdizione! - che era ed è potere nel nostro paese. Su questo è andata ai voti; e il nostro paese l'ha bocciata perché ha avuto paura (ed è pericoloso un paese che si salva per un riflesso di paura!).

Noi abbiamo rappresentato la continuità della ragionevolezza, di una lucidità che oggi appunto porta un Presidente del Consiglio a fare certe scelte - come è accaduto a Ciampi in parte, in parte ad Amato, e in momenti buoni agli stessi presidenti del consiglio precedenti, ad Andreotti su alcune questioni sacrosante, importantissime, di politica estera (e questa collana di riuscite, questa collana di realizzazioni con la quale abbiamo forse addobbato agli occhi di una parte del mondo il nostro paese non dobbiamo dismetterla, non dobbiamo dimenticarla: sempre, poi, i progressisti, la cosiddetta sinistra, quelli che cercavano di impedirle le hanno magari rivendicate).

Ebbene, ogni volta, i Presidenti del consiglio, se hanno a che fare con noi, con queste cose significative, sono immediatamente risucchiati nella clandestinità; non siamo noi ad essere catapultati nella loro notorietà. Ed ecco gli Enrico Mentana: Mentana più di tutti gli altri, perché deve non farsi perdonare, ma fare i conti con un handicap che lui ritiene di avere, rispetto ai suoi colleghi della Raitv, per il fatto di essere - come dire - parte dell'azienda di Berlusconi, e quindi censura tutto quello che riguarda la Rai, ha censurato tutto quello che riguardava la sinistra, ha smesso di fare o di dare informazione politica, ha preferito la cronaca nera quando gli attori politici sono cambiati e non erano più i soliti (adesso si sta un po' riprendendo)... e dobbiamo quindi dire chiaramente che Berlusconi quella sera è stato censurato dal TG5 con maggiore accanimento (anche dal povero Emilio Fede: ma lì insomma, ognuno sa fare quello che sa fare); quella sera, alle 14,00/14,05, Berlusconi se ne uscì con qu

elle cinque parole che fecero urlare le oche del Campidoglio: "ah! La Rai"... eccetera. Quando, alle 17.00, noi siamo arrivati per la nostra conferenza stampa, Berlusconi aveva già smentito l'interpretazione data alle sue parole, quindi la vicenda che ha fatto storia in tutti i giornali - come attualità - per due giorni di seguito, alle ore 16,30 era già chiusa, Berlusconi aveva sottolineato di aver detto: "pregiudizialmente, la Rai non può essere contro il governo". Ma questa era l'unica cosa che doveva passare...

Perché, altrimenti, cosa sarebbe passato? Sarebbe passata questa cosa davvero sconvolgente: "Da adesso la politica si svolgerà su queste cose: non solo sul Dalai Lama, non solo sull'ONU, ma su presidenzialismo, turno unico, federalismo hamiltoniano e americano. Questo sarà il fondamento della vita della legislatura". Noi, lucidamente, lo avevamo visto: questo parlamento era quello schierato e pronto, al 90% (a cominciare da "Forza Italia") per il doppio turno, con cui avremmo dovuto batterci grazie al nostro referendum per il turno unico. Ebbene, su tutto questo la censura contro Berlusconi, la clandestinizzazione di Berlusconi e di quel "contratto di maggioranza" con la Lista Pannella è stata e resta totale: zero! Come sulla politica estera italiana rispetto ai diritti umani, una politica che muta oggi con l'evento della "meraviglia" e dell'"ammirazione" espressa dal Dalai Lama: "Un'accoglienza senza precedenti "; e mi dispiace per quelli che hanno già scritto che, come Taradash si è venduto l'antiproibizio

nismo, Berlusconi si era già venduto i diritti umani non so se alla Confindustria o... Lo ha scritto L'Unità, con impudicizia e bassezza, loro che non hanno mai chiesto ai governi di fare o di non fare questo, loro! Fassino ha detto con chiarezza che l'incontro con il Dalai Lama non gli avrebbe fatto molto piacere.

Allora, amici, bisogna subito vedere cosa fare: perché, poi, se abbiamo ragione e la nostra ragione non diventa forza non è giudicabile, non può essere giudicata dal paese o comunque dagli altri (lasciamo stare i Cacciari o i Vattimo e, devo pur dire, mi dispiace, il carissimo Ernesto Galli della Loggia e tutti quanti): noi non dobbiamo esistere, perché se esistessimo il buon Cacciari dovrebbe andare a dire che siccome hanno ragione i radicali, allora facciano loro il segretario del PDS, o di una cosa progressista. Perché lui è, mi par bene, presidenzialista e uninominalista: le poche cose che è riuscito a sillabare per - un po', diciamo, maramaldescamente - fare i conti con Occhetto (il povero Occhetto: quando uno è militante politico si assume delle responsabilità e se sbaglia paga, ma che a farlo pagare siano coloro che sono specializzati nell'edificare le loro fortune sulle battaglie e sugli errori degli altri, è cosa che non mi porta ad avere nessuno stimolo di stima e di solidarietà in quella direzione

).

Dunque: c'è il problema dei direttori dei giornali, cioè il problema dei giornali-partito, il problema dei direttori che danno scomuniche e non comunicazioni, che non fanno scrivere sulla tesi uninominalistica a un turno e per un anno e mezzo criminalizzano i monoturnisti senza dare nemmeno (ma questo è un fatto di volgarità tutta italiana!) la possibilità di replica a qualcuno che è citato negli articoli di fondo diciotto o venti volte per le tesi che gli vengono attribuite. Questo è vero su tutta la linea: si veda il modo con cui viene presentata dal TG3 e dai giornali la questione delle pensioni: è un modo pericoloso, ma anche ributtante, perché quello che si spiega è che c'è questo cattivo governo che è antipopolare e fascista e vuole defraudare i pensionati... Ma i trentamila miliardi sono altri che li hanno fatti fottere ai pensionati. Che hanno fatto, gli altri? Il sindacato oggi ha il 45% o il 50% (D'Antoni mi diceva più del 50%) delle quote d'iscrizione rappresentato dalle trattenute sulle pensioni,

non più sui salari: nel più forte sindacato del mondo - con dieci milioni di sindacalizzati - più della metà sono pensionati e il sindacato è finanziato dai contributi dei pensionati con trattenuta statale; e si è accumulata una situazione nella quale, grazie ai governi precedenti, appunto ai pensionati è stato...ma lasciamo stare, e lasciamo stare anche la Corte Costituzionale e il suo presidente Casavola. E così, quando sento dire - questa sera - che i popolari, le sinistre e tutti chiedono che, almeno per quanto riguarda i salari minimi, il rimborso venga fatto subito: ci vuole la loro faccia tosta! Rivengono fuori - ricicciano fuori - coloro che non hanno mai digerito l'esperienza Amato e la prima esperienza Ciampi, quella dell'attacco, di una politica altra che di creazione di bancarotta fraudolenta... Ma non parlerei di queste cose, se non fosse per ricordare come vengono presentate.

Bene, queste le considerazioni sull'oggi, e quello per il quale vorrei sentire voi, la Consulta: ma, per me, la lotta deve continuare con la radicalità dell'intelligenza storica di noi "radicali", riformatori, club Pannella, e questa radicalità esige che noi ci si renda conto che le Bastiglie che devono cadere prima che siano vuote sono - oltre a quella del ceto politico - quelle del mondo della comunicazione, del mondo sindacale, del mondo della giurisdizione e del potere economico. Nient'altro che questo, ma è indubbio che se non v'è questo - questa consapevolezza, questa radicalità - noi avremo semplicemente il riproporsi, sia pure con equilibri altri.... Vedete oggi, per esempio. Io non sono molto tranquillo: non mi piacciono le speculazioni su Citaristi. Per carità, Citaristi ha settantatré anni; per carità, Citaristi sta poco bene; per carità, pare che sono tutti d'accordo (anche Borrelli, pare) che forse la cosa si poteva evitare: d'accordo, però io a questo punto vorrei dire che nelle carceri italian

e sicuramente più della metà dei detenuti sono vittime di comportamenti peggiori di quelli dei quali il senatore Citaristi per un giorno è stato vittima. Ma, dice: "Poverino, ha confessato tutto, che cos'altro poteva fare?". Ma certo! Noi siamo sempre contro: però, se fosse vero che su uno, da venire ancora - uno è già venuto - il magistrato si viene a trovare dinanzi a un tentativo di occultamento delle prove, beh, allora! Mi fa molto piacere che anche la Salvato, Rifondazione, si sia unita al coro. Mi fa piacere. Ma, insomma, Stefanini era anche del PCI, e Greganti anche: quindi - voglio dire - guardando Citaristi hanno probabilmente un po'anche ricordato Greganti, ed altri...

Noi dobbiamo mantenere la nostra radicalità. Noi dobbiamo pur dire che la storia non è una barzelletta per nessuno e che certo noi lotteremo - e se lottiamo noi forse qualche risultato lo otterremo - per una giustizia e una amministrazione quotidianamente diversa; ma questa ipersensibilità rispetto ad uno "di noi", quando quotidianamente il 99% delle donne e degli uomini che hanno a che fare con la giustizia si trovano dinanzi a gente che se ne fotte, a tutti i livelli! Su questo voglio mettere un po' d'acqua sul fuoco. Quindi: mi auguro che domani, a Citaristi arrivi, anche dopo l'interrogatorio, l'immediata scarcerazione dagli arresti domiciliari, ma...

Scusate questo inciso, ma io stavo parlando di radicalità di alternativa, di radicalità di volontà, di radicalità di storie diverse: o noi ce l'assumiamo (e come inciso ve lo butto lì, noi dovremo ottenere qualche altra cosa tipo Dalai Lama: le commissioni d'inchiesta su Giorgiana Masi e su D'Urso-Cirillo, cioè cose puntuali, precise) o altrimenti la realtà del regime partitocratico, di questo regime - criminale, alla lettera - non verrà colpita alle sue radici e i frutti avvelenati continueranno ad esserci, e attraverso la solidarietà ad alcune radici di certuno poi si riproporrà la spugna per tutti quanti. Ci si dice: ma se si è troppo radicali in queste analisi, si rischia...No, non si rischia nulla, amici. La storia poi medierà, ma se noi già autoriduciamo le nostre chiarezze, le nostre ambizioni, le necessità che vediamo, solo perché ci sembrano troppo grandi, all'autoriduzione nostra si aggiungerà poi la riduzione della storia. Non possiamo intendere la politica in questo modo. Questo vale - come nelle

vite personali - anche nella vita politica. La storia ci pensa lei, la vita ci pensa lei a ridurre, a mediare: ma se noi, in nome e con la scusa della vita, o della storia, già autoriduciamo e mediamo, a mio avviso abbiamo perso la nozione del perché la sorte ci ha dato il valore grande che noi siamo e che possiamo mettere a frutto per tutti.

***

Secondo punto della relazione: è un punto storico, ma necessario. Necessario, perché questa consapevolezza tra noi, qui, manca totalmente: per umiltà o falsa umiltà, per spossatezza, per solitudine. Vediamo dunque come è andata e perché abbiamo la situazione che abbiamo, con i suoi rischi, con i suoi pericoli, con le cose che vanno e quelle che vengono. Quando noi, tra il 3 e il 5 febbraio, abbiamo costituito questa Consulta, erano ancora i giorni nei quali dovevamo difendere il parlamento, i referendum, il Presidente della Repubblica - la logica stessa - dai giornali, dai partiti con il loro comportamento infame. Il "Corriere della Sera" e la "Stampa" in quei giorni, malgrado i miei appelli, anche privati, rifiutarono di scrivere che il 27 marzo non si poteva votare, e che anche il 20 marzo non si poteva perché i prefetti e l'amministrazione lo negavano; ma era stato imposto che il parlamento dovesse essere chiuso prima, per impedire che si votasse il 10 aprile. Anche lì, noi eravamo riuniti, e avevamo da s

alvare ancora tutto: la legalità dei referendum. la posizione nei confronti della Rai-TV e dell'informazione, Scalfaro dal rigurgito fascista e sfascista della stampa di destra, di pseudo-destra o pseudo-liberale, che ci costrinse a dichiarare che se noi rompevamo con una sinistra illiberale, intollerante, antigarantista, a maggior ragione non potevamo tollerare di essere silenziosi di fronte alle scelte di Vittorio Feltri e di tanti altri; perché essi cercavano, con i "partiti" che avevano costituito, di condizionare Berlusconi sin dall'inizio e andare allo scontro già nell'"ex Italia"; uno scontro senza parlamento, con tutto abbattuto, e dietro qualcuno che manovra: perché è troppo lungo il filo, e devono venir fuori coloro che sono stati dietro alle stragi, all'assassinio di Giorgiana Masi, al caso D'Urso e Cirillo, sempre gli stessi. Non so se sono necessariamente personaggi come chi da tempo sembra occuparsi solamente di arte culinaria (non a caso, nell'impresa editoriale di Caracciolo-Scalfari-De Bened

etti): un vecchio signore, D'Amato.

Io già dai tempi della strage alla Banca dell'Agricoltura alcune idee su questi signori le avevo: passano 25-30 anni e le cose mi sembrano sempre più chiare.

Quindi noi dobbiamo, con la maggioranza politica - noi "sinistra possibile", noi "sinistra di governo", noi, gente che non è rassegnata, che non ha perso, che non è coinvolta in questo "omerico" scontro tra Veltroni, Cacciari, D'Alema e Occhetto, con gli editoriali di Mieli, di Mauro che scandiscono la storia delle segreterie del partito comunista e continuano a millantare una valenza politica a Enrico Berlinguer (mentre lui ne ha avuta una opposta, la peggiore, la più grave politicamente), e confondono decoro, dignità personale privata, morale personale con le tremende responsabilità politiche che innnanzitutto sono state appunto di Berlinguer e della sua linea. Capisco Rifondazione, capisco meno questi altri - insistere dunque sulla radicalità delle nostre differenze e della nostra storia. E allora, amici, io chiedo alle compagne e ai compagni del club Pannella di impegnarsi, per quanto pochi siano, a cancellare l'Enciclopedia Italiana che hanno scritto su questi sei mesi come Enciclopedia Sovietica, per l

iquidare la verità più evidente della cronaca quotidiana, quello che abbiamo, che loro hanno fatto, ieri e avantieri. Così come hanno fatto, ogni giorno, per Berlusconi: "Ha fatto questo? Cancellato. Non esiste"; e figuratevi con noi... Allora ricordiamolo: noi diciamo no a come il progressismo si candida ad acquisire l'estremo potere su tutte le istituzioni del nostro paese.

E va ricordata la puntualità degli eventi. Noi siamo stati costretti ad essere fuori dalla realtà e dal recinto vincente (che sembrava già recinto di impero) dai progressisti di ogni risma e di ogni passato; siamo stati espulsi dalla vita di AD - Massimo Teodori, Marco Taradash, Ottavio Lavaggi - tutti coloro che potevano avere un sospetto di attendibilità politica, di moralità politica rispetto alle cose per le quali si accorreva al Palazzo, all'hotel Parco dei Principi e non so dove altro. Come partito radicale, ma anche personalmente, ho mendicato, in questi anni, ascolto, ospitalità, dialogo interno, esterno. Non posso e non voglio che sia dimenticato che sull'"Unità" ho scritto, all'indomani della Bolognina, che se invece dell'avventurismo di Occhetto - che poi si tradusse nel nulla di Bologna - vi fosse stato un progetto di tre anni per arrivare a un partito democratico federato e federativo, mi sarei immediatamente iscritto a quel partito comunista, per tre anni. E poi, la costituente democratica... E

poi quando ho proposto alla fine questo referendum anche elettorale... Io credo che Achille Occhetto non vorrà smentire che se noi ci siamo visti - non so - dieci volte in due/tre anni, in ciascuna delle dieci volte, private o pubbliche, ho parlato del sistema uninominale secco, del dover insieme costruire il bipartitismo contro il bipolarismo, e che la sua risposta è sempre stata - come quella in pubblico: "Sì, bene, ma occorre passare per il sistema francese, non foss'altro che per poco". E io dicevo: "Attento, passando per Parigi vai a finire in Algeria e non a Londra. E ai compagni devi dirlo, questo, perché se tu hai paura di non vincere tra i tuoi compagni dicendo questo e, per vincere, dici altro con la riserva che poi invece farai questo, o tu avrai tradito i compagni o non ti sarà permesso. E in realtà cambierai e rimanderai a dopo".

E noi abbiamo impedito il crollo grottesco, nel ridicolo, dei progressisti a Roma.Rutelli, il candidato che aveva, fra "Messaggero" di Pendinelli, "Repubblica" e "Unità", un sostegno patente e pressante, con maestria per sei mesi messo a frutto e fatto tesoro da Francesco, con qualche cinismo inutile (per quel che riguardava la vicenda dell'altro consiglio comunale, quello di Carraro, eccetera) ma che gli fu perdonasto, minuto dopo minuto, senza problemi. Quel mondo progressista (forse ne ho il rammarico) senza l'impegno nostro e senza la possibilità di utilizzare quel manifesto con Segni che i comunisti utilizzarono all'ultimo momento: " Segni vota Rutelli " (il quale povero Segni, a quel punto, già più non sapeva dove stava) cadeva nel grottesco, nel ridicolo: avremmo avuto come sindaco Fini, un capo partito senza nessun carisma... Ma i "comunisti" - i "post comunisti", scusatemi - e i funghi sotto la quercia, tutti unanimi, uniti, riconobbero che la svolta ci fu quando riuscii a eliminare l'animalofilia d

i Francesco che parlava solo del "pecora", "er pecora", per parlare finalmente di politica, e a dire: "Fini è per la pena di morte, ragazzi! Fini è per la droga, ragazzi!". Ricordo, da D'Alema a Mussi a tanti che accorsero a dire: "Così si deve fare!" E io li guardai. Dico: "Ma scusate, e perché non lo facciamo?". Non volevano che si parlasse dell'aborto, dimentichi che l'80%, anche dei cattolici, aveva votato "per" e che quindi bisognava...niente! Ma è stato il campanello d'allarme, glie l'ho detto, glie l'abbiamo ripetuto. Sapete, si è vinto per il 3%, quindi non è solo un fatto aritmetico il nostro.

Gli hanno regalato tutto, a Fini: le televisioni, lo spazio, gli argomenti, la visibilità, e hanno portato al massacro una storia di Roma per l'80% antifascista o "anti", comunque "antiMsi" e anticlero, in tutte le grandi scadenze; l'hanno portata al massacro e avremmo avuto l'elezione del segretario del Msi contro Rutelli appoggiato da "Repubblica", dalla stampa, da tutti quanti, dalla gente per bene, dalle mamme, dai padri, dai figli. Subito dopo chiedemmo: "Bene, ce l'abbiamo fatta elettoralmente, ma questa è stata una gigantesca sconfitta politica: riflettiamo a tempo, riflettete a tempo. Che cosa si è fatto? Io chiedo a ciascuno di voi, compagni, di non vergognarvi; abbiate 'memoria', non 'ricordo', non schegge di ricordi conficcati nel corpo ferito della nostra storia; abbiate 'memoria', presenza, fate 'presente' di tutto questo! Perché questo detta l'oggi". Ci hanno a quel punto eliminato di nuovo; che noi ci occupassimo di Sansa o di altri, fino alla liberalità cretina di appoggiare quell'indipendent

e di sinistra giudice a Taranto, o dove accidenti era: aiutare Francesco e Sansa è possibile, ma aiutare Minervini, che non so se ora è procuratore della Repubblica a Teramo (tutti i guai arrivano all'Abruzzo)...Ma come fa un ceto politico, come fanno Ezio Mauro, Paolo Mieli, Scalfari, a non avere capito questo? Noi lo capivamo, lo dicevamo: abbiamo insistito, abbiamo lottato. No. Che cosa hanno voluto?

Cuccia. Ecco come risolvevano il problema: Cuccia, Tmc, Guido Rossi, e anche "via Pendinelli!": così hanno creduto di risolvere il problema. E questa sarebbe la sinistra progressista? Questo, caro Bordon, avrebbe qualcosa a che vedere con le ragioni per le quali un giorno un bravo sindaco di Muggia prende anche la tessera del partito radicale? E questo avrebbe qualcosa a che vedere, professore e pastore e vicepresidente parlamentare dei progressisti, Mattioli, con l'ecologia della politica, con la biodegradabilità degli apparati e delle strutture? Ma compagni e compagne, questo siete voi, questo siamo noi, individualmente. E' questa la nostra storia!

E contemporaneamente raccoglievamo le firme per i referendum e li rendevamo possibili, difendendo la brava gente della Lega contro Umberto Bossi che non voleva parlarne in televisione, e li lasciava andare al macello, dove saremmo andati... E la corruzione operata dalla sinistra per salvarsi dal governo Ciampi, facendo del governo Ciampi - come noi avevamo previsto - dall'inizio di gennaio il governo sforna-decreti, sforna-nomine, sforna-ingiustizie costanti: una vergogna allo specchio del passato, quei centoventi giorni, quei cento giorni. E allora, certo, poi restiamo soli...Ma questa è l'Enciclopedia Italiana, amici, è l'Enciclopedia Sovietica: man mano che si scrive, che passano i giorni, i giorni vengono cassati. Il "sistema" è diverso (non è un "evento storico" che arriva, a un certo momento); ma anche senza l'ausilio della dittatura formale, della dittatura del proletariato, senza l'ausilio, se voi volete, della buona fede ideologica e della Ragion di stato o di partito la verità, le verità vengono ri

tenute impossibili e improponibili se appena appena son connesse alla nostra azione. Vi ricordate il linciaggio da parte di costoro, perché dicevamo a Scalfaro che non poteva chiudere le camere sette giorni prima? Volevamo il Ciampi-bis, vi ricordate, mi ero offerto anche lì, e hanno detto di no perché non volevano un vero governo: volevano un governo che facesse schifo come ha fatto per sessanta-settanta giorni; volevano che lo scioglimento anticipato impedisse e liquidasse i nostri referendum; poi riuscimmo a ottenere il decreto salva-referendum... ma questo stava accadendo.

Non vollero, non volevano che le camere in quegli otto giorni dessero il voto agli italiani all'estero. Ecco perché - Mieli, Mauro e gli altri - voi vi siete mobilitati, anche se non lo sapete, su questo; per colpire Scalfaro e rischiare una pagina tremenda per il nostro paese, e dall'altra non far scattare i referendum, non dare il voto agli italiani all'estero perché si presumeva che con quei tre o quattro o due milioni di votanti in più i progressisti potessero veder restringere l'entità della loro vittoria. Quindi non andava fatto. E vi erano anche altre cose probabilmente meno confessabili: abbiamo visto Mediobanca, come sono state fatte le privatizzazioni; e vediamo i Maccanico, la riproposizione di La Malfa...

Bene, a questo punto, noi cosa abbiamo fatto? Mi pare importante, il ricordarlo. Noi non eravamo d'accordo, quando nei lunghi colloqui che avemmo con lui Berlusconi con molta sincerità, con convinzione, ci diceva: " La nuova legge elettorale ci costringe a fare un accordo tecnico, e non politico, con l'Msi nel sud. E' un accordo tecnico, e non lo faccio con l'Msi se l'Msi non cambia, non dà garanzie, non si converte... Però lo devo fare ". E io: "No, Silvio, guarda che queste stronzate del voto tecnico hanno corso l'Italia, ma sono le stronzate della partitocrazia: il 'governo estivo', il 'voto tecnico', le "convergenze parallele", ecc. Non esiste: è sempre 'politico'". Lui ne era convinto. Dico, non ci sarà una logica in tutto questo?

Bene,a questo punto cosa fa la sinistra? Arriva questo qui, non calcolato, non previsto e in un tratto cominciano a capire che forse non vincono o non so, hanno paura. Il riflesso è terrorizzato, e quindi "è il demonio!": bisogna eliminarlo, "demonizzarlo" in tutti i modi possibili:"Meglio Fini! Meglio Fini che Pannella, che Berlusconi!". Noi invece ci facciamo carico dei rischi che rappresenta questo blocco sociale, questo blocco culturale, questo blocco storico. Ce ne rendiamo conto: è appena appena minore, rispetto all'immenso rischio che vincano i "vincitori", con quell'immenso blocco sociale e l'intolleranza che conosciamo, che vivevamo. Ma vivaddio, se avessero vinto loro e noi avessimo fatto l'accordo con loro, avremmo tenuto forse la nostra Convenzione qui all'Ergife, e Occhetto sarebbe venuto quì? Ma vivaddio, forse non avremmo avuto manco i luoghi dove riunirci, e comunque nessuno di loro sarebbe venuto ad una forza del 3%, ma forse dell'1%, 2% , (che in quel momento sarebbe stata di niente) per di

rci: " Mi sono convertito al turno unico, e voi dovete essere la nuova frontiera della nuova maggioranza della nuova storia d'Italia". Berlusconi è venuto e l'ha detto.

Ma ugualmente comprendevamo che poi i pericoli sarebbero stati troppi. Ebbene, possiamo o no fra di noi parlarci chiaramente? Cosa abbiamo fatto da quel momento? Abbiamo, come prima cosa, insistito con Berlusconi perché non facesse quello che aveva progettato. Quando i giochi sembravano vicini a chiudersi, che atteggiamento abbiamo preso? Mentre già Berlusconi offriva il suo sostegno a nostri candidati col nostro simbolo, e io ancora gli obiettavo " ma guarda che... ", ho passato due notti a rintracciare Segni e poi Martinazzoli, ancora all'una di notte, per contrapporre al Polo del Buongoverno un "polo di centro democratico" chiedendo - pubblicamente - a Martinazzoli, a Segni, ad Amato, a Zanone e a Berlusconi stesso, in termini metodologici...Berlusconi aveva il timore che vincesse la sinistra; bene, gli rispondiamo: " Hai questa paura? Noi proponiamo che Berlusconi a Roma e nel centro sud si candidi con Martinazzoli, con Segni, con Pannella e non con Fini; con Amato e con Zanone." Questa è la nostra propo

sta ufficiale; ci rendiamo conto che Berlusconi ormai non può più accettarla, ne prendiamo atto e diciamo: "Va bene, Berlusconi non può più? Va con Fini? E allora, ecco, lanciamo un appello pubblico, pressante, immediato per contrapporre comunque a Roma, al Polo del Buongoverno di Fini e Berlusconi, quest'altro polo di "centro riformatore"...[giro cassetta]

Segni mi aveva detto al telefono "questa cosa va fatta". "D'accordo, fatela!". All'una di notte! Poi dopo, scomparsi... Ma perché non si è fatta? Perché Mieli, Scalfari, Mauro, in quegli otto giorni di mobilitazione contro il Polo del Buongoverno non hanno fatto sapere ai loro lettori che c'era questa proposta! Non solo non hanno fatto un editoriale per incoraggiarci, ma non lo hanno fatto sapere! E quindi il sì di Segni è caduto. Perché un sì che non viene conosciuto dai propri militanti, dalla politica, un sì che gli altri non ostacolano, che non costringe Berlusconi a reagire, che non costringe Fini, o anche la sinistra, a reagire, è nulla! Dunque, i partiti con i quali dovevamo fare i conti, PPI, Patto Segni, ci hanno detto sì; la cosa è caduta perché il "partito Mieli", il "partito Scalfari", il "partito Mauro" e altri ha detto di no e ha avuto la forza di impedire alla gente e al Paese di sostenere o di ostacolare quella posizione.

Ma siccome noi nelle nostre idee abbiamo forza, contemporaneamente Peppino, Elio, mi pare, cercavano Claudio Petruccioli e AD per dire che noi volevamo, a questo punto - contro il Polo del Buongoverno - dare il simbolo dei Riformatori a tutti i candidati PDS, AD e Verdi che avessero contro un candidato missino con possibilità di farcela! Pubblicamente lo abbiamo notificato a Berlusconi, a tutti quanti, li abbiamo incalzati: hanno risposto di no! Contro il rischio, non della legittimazione doverosa e tardiva del Movimento Sociale, ma che si scambiasse una legittimazione civile - dovuta - con l'assegnazione a costoro di potere, di grande potere e di grande forza nella storia del nostro Paese, ho proposto allora che si rifacesse lo scontro: Pannella-Fini in luogo di Rutelli-Fini. Sapevano bene e sanno che a Roma la fragilità dell'elettorato di destra e finiano nei miei confronti è infinitamente maggiore rispetto a quella possibile con Rutelli. Ma è proprio per questo - per questo! - che hanno mantenuto il loro

candidato. Anche i centristi, ma lì c'erano altri calcoli... Si è fatto in modo di impedire quel confronto. Noi ci siamo mobilitati come potevamo, con la nostra immaginazione, con i nostri contatti... Solo noi abbiamo tentato, in tempo utile - cioè mentre si formava - di battere il Polo del Buongoverno! E abbiamo offerto ai progressisti di rappresentarci, di avere - pochi o molti che fossero - i nostri voti, pur nella loro politica sbagliata, contro il Polo del Buongoverno.

Una situazione articolata: Polo della libertà contro Alleanza Nazionale e gli altri va bene, ma Polo del Buongoverno no! I giochi, quindi, sono più complessi. Ebbene, quello che non si è voluto era proprio questo: perché se Fini cadeva, se c'era lo scontro Fini-Pannella, tutto il resto... Ma sempre, da quarant'anni, il riflesso della sinistra è di augurarsi grandi successi della estrema opposta per indebolire il centro o il centro sinistra, nei Parlamenti, ovunque... Negli schieramenti proporzionali, ogni voto missino era indirettamente un voto per i comunisti. E Santoro, che non è un genio ma è bravissimo perché è progettato e programmato da quegli anni trenta: per lui son meglio i fascisti! Meglio i fascisti che i "socialfascisti", per parlare di cose che avrebbero potuto riguardare suo padre o suo nonno.

E qui viene fuori la tolleranza e se volete l'intelligenza di Silvio Berlusconi, il quale malgrado tutto questo (magari perché capisce che postcomunisti, e postDC, sono così coglioni da non stare al gioco) conferma il sostegno su sei nostri candidati (più uno). Noi abbiamo candidato i nostri in concorrenza ai progressisti ma anche, nelle regioni del nord, al Polo della Libertà: noi non abbiamo concesso un ritiro, non abbiamo dato un solo sostegno... Allora non è un artificio dire che c'è stata spontanea, volontaria iniziativa, liberalità - nel senso politico e non d'altro - di Berlusconi, che ha voluto testimoniare e guadagnare per sé non solo l'identità ma l'immagine di chi annette grande importanza all'antifascismo liberale - e a noi come persone - proprio nel momento in cui fa altro. E non ci chiede nemmeno di non candidare uno di noi in un collegio o in un altro! Non chiede nulla.

E tace anche dinanzi al rischio che noi... nella strategia che noi avevamo... Perché noi abbiamo avuto la nostra strategia: col Polo della Libertà, non alleati ma comunque in sintonia lì dove erano contro anche AN, e contro il Polo del Buongoverno per creare un Centro riformatore e un rapporto nuovo e diverso - dinanzi al rischio del Polo del Buongoverno - con i progressisti. Gratuitamente! Era questa o no una strategia? Se fosse stata colta, saremmo dove siano? Si arriva alle elezioni e a questo punto Berlusconi vince - su tutti i tavoli - perché la gente si rende conto che noi non abbiamo avuto forza politica, non ci siamo stati. Ma gli altri hanno voluto che non ci fossimo, ci hanno tenuto fuori! Questa storia che noi abbiamo tradito la sinistra è un falso storico, perché se noi fossimo stati assieme avremmo avuto la sinistra, ancora una volta, con noi. All'inizio e all'avvio delle nostre grandi battaglie l'abbiamo avuta contro, fino all'ultimo secondo possibile: chi ha tentato di togliere all'Italia il r

eferendum sul divorzio? Non lo ripeterò mai abbastanza, contro le "Enciclopedie Italiane"! Fino al 26 marzo, con le leggi Carrettoni, Bozzi e tutte le altre che tentarono, sono state le sinistre - la sinistra sindacale, e politica, e corporativa - tutte assieme, a tentar di impedirlo fino all'ultimo secondo.

Ma naturalmente nell'"Enciclopedia Italiana"... Vallo a spiegare a chi oggi ha trent'anni o venti che non è vero che la sinistra ha vinto contro la destra sul divorzio, l'aborto e via dicendo, e che semmai è vero l'opposto! No, noi siamo sempre stati i "radical-fascisti, radical-terroristi"! E allora vale la pena di dire che se non cambiano... Cosa hanno fatto nell'ultimo mese? E qui vedremo, se avremo tempo di fare la raccolta degli articoli di cui parlavo: perché noi sottovalutiamo, ma sottovalutare è sbagliato. Beh! Ci vorrebbe un nostro Curzio Maltese; perché uno non va a pigliare gli articoli che Curzio Maltese ha scritto su Achille? Così bello, telegenico, con il panciotto, i baffoni, la fiducia... Ha illustrato persino come erano belle le sue scarpe...e, insieme, l'odio contro di noi! E ora vai a vedere gli articoli di oggi... Maltese mi era sempre stato presentato come uno onesto e bravo giornalista de "La Stampa"... Ma in verità in questi ultimi sei mesi si è avuto un "raccourci", un brodo concentra

to di quello che succedeva durante tutto il fascismo. Solo che allora ci sono voluti 10 anni, 15 anni: oggi in dieci, quindici settimane, si è verificato di tutto!

Che cosa abbiamo fatto noi dinanzi all'esito elettorale? Cari amici, abbiamo preso atto che ci hanno battuto, che la sinistra ha buttato giù dalla torre - per quel che la riguardava - Berlusconi e Pannella, salvando Fini. La sinistra ha fatto, perseguito questo, fino all'ultimo secondo. L'unica motivazione che potevano avere è che se usavano il simbolo dei Riformatori da noi offerto gratuitamente, magari ci facevano scattare dei rimborsi elettorali; anzi no, altro che i soldi, scattavano i tempi televisivi: se loro avessero accettato il nostro simbolo, noi avremmo avuto diritto a tempi televisivi più diffusi dappertutto. Avranno fatto anche questo conto? Io non ci credo. Hanno detto no, semplicemente perché si sentivano, erano già dei vincitori. Vogliamo rivendicare queste cose? Allora ripetiamolo, noi siamo stati battuti nella nostra lotta contro il Polo del Buongoverno! La cosa è divenuta ancora più politica. E noi abbiamo preso atto dell'esito che ha portato il Polo del Buongoverno a trionfare.

Basta, mi pare che qui posso fermarmi: ma deve essere chiaro che il Polo del Buongoverno è stato difeso da coloro che adesso lo usano per tentare di sputtanare l'immagine della maggioranza. Hanno rifiutato - i pattisti, il centro, la sinistra - di battere il Polo del Buongoverno, perché a loro faceva molto più comodo un successo dell'MSI che un successo dei democratici e, al limite, un successo dei Riformatori.

Adesso, e termino, il nostro problema è cosa fare. Ho detto che il nostro pacco di riforma - sia di politica estera, che di politica interna - comincia a vivere in una situazione nella quale l'unica cosa che noi dobbiamo cercare di ben capire è se fra 10 mesi andremo ad un voto referendario o ad un voto elettorale. Questo dobbiamo riuscire a capire: perché si va o all'uno o all'altro. Per il momento la cosa non è cristallizzata. I partiti, compresi quelli dei direttori di giornale, non hanno ancora fatto capire, stanno aspettando di organizzare l'ondata dei fondi: di Sartori, di Segni, ecc.; stanno per aprire il conflitto sul semi-presidenzialismo e sulle riforme, anche sulle regionali che possono servire in un certo modo. Ma se Berlusconi, con questa nostra proposta, che voi conoscete...:"Bene, Forza Italia sia una forza federata e federativa, ne facciamo parte, lavoriamo insieme, allo statuto eccetera: poi vedremo se in quanto Riformatori o in quanto Club Pannella - e/o, ma occorrono delle regole e lo stat

uto bisogna farlo davvero... " Tanto è vero che l'altro giorno è venuta fuori la proposta Maroni. Il quale vuole fare il partito; con chi? Beh, noi lo stiamo dicendo da molte settimane ormai...

E qui vorrei parlare un po' agli intellettuali, alla gente per bene della sinistra, ai progressisti. Dunque: è' possibile, lo abbiamo dimostrato: c'è una sinistra liberale, federalista; c'è una sinistra reale e possibile, nella maggioranza e nel governo del paese: c'è, siamo noi. Abbiamo dimostrato - con il nostro 1, 2, 3% - che non solo Berlusconi si è convertito (una splendida conversione!) alla nostra tesi, ma poi - contro tutto quello che altri potevano aspettarsi - appena trenta giorni dopo, il Presidente del consiglio (allora non lo era) ha detto sì a tutto il pacco del programma - le tesi - della nostra organizzazione. Torno a dire: c'è un contratto di maggioranza. Ma la cosa è ancora fragile, torno a dirlo, solo perché è stata resa clandestina; Berlusconi, in questo atto fondamentale, è stato reso clandestino. Voi stessi, amici, o almeno coloro di voi che non hanno il computer e non possono collegarsi con "Agorà", penso non sappiate che due giorni prima del voto, Forza Italia e Pannella hanno rivolt

o un appello agli italiani...Andate a leggerlo: nell'appello si invitano gli italiani a raggrupparsi attorno alle nostre organizzazioni, per quella riforma lì, quella! Ecco dove insisto a dire "stiamo attenti": in un mondo e in un sistema non organizzato democraticamente, diventa "vero" solo quello che viene comunicato. Anche per noi che abbiamo spezzoni di comunicazione.

E allora, cosa fare? Noi possiamo e dobbiamo attrezzarci. Ora c'è Maroni, AN, eccetera... Fini, intelligente, dopo cinque anni che lo dicevo direttamente a lui, l'uninominale l'accetta: e dubito che abbiano ricevuto, prima del nostro "contratto di maggioranza", qualche telefonata dal Presidente del Consiglio, lui aveva troppo da fare. Ci sono anche gli ex democristiani: ho sentito Casini dire "dal bipolarismo al bipartitismo"; quanto ci abbiamo messo, amici, a far passare il fatto che bipolare è l'opposto di bipartitico! E chi ha detto no, invece? Il buon Umberto Bossi! Che era stato l'unico a dirci sì! Da allora, ha fatto come coi referendum: è stato bellissimo l'articolo di Saverio Vertone che ha mostrato i veri meccanismi di Bossi: Bossi ritiene che nella vita il massimo di affermazione e di forza sia riuscire a fregare tutti, a essere più dritto di tutti. Dice Vertone che se chi pensa come lui (come Bossi) poi non può raccontare come ha fregato, tutto il gusto gli va via. E infatti lo sport di Umberto Bo

ssi è di dire "io, a quelli, li ho fatti cadere nella trappola...". Con noi non lo fa perché quello che noi gli strappiamo è un po' diverso. Io per un anno e mezzo ho insistito "solo Bossi e noi siamo per l'uninominale secco", perché sapevo benissimo come sarebbero andate le cose. Il problema di Bossi è infatti quello di salvarsi i posti e lo spezzone di organizzazione: quindi non può che volere i due turni. Però, io sono convinto che Bossi non è più solo un problema di Miglio o di Maroni ma è il problema di coloro che lo hanno amato e lo amano, perché non potranno continuare a seguirlo in questa fase che a loro apparirà di impazzimento del loro leader.

Allora, domandiamoci: se sorge un partito della Riforma, troverà disponibile solo la gente di destra perché i leader della destra - Fini, Maroni, Casini e via dicendo - ci stanno e vogliono fare non il "partito unico" ma il partito di questa riforma? Ed e' possibile che i laici in questo paese - di sinistra, di centro-sinistra, di centro-destra e destra - dagli Antonicelli ai Bobbio, abbiano come semplice destino "o poltrone, o poltroni"? Ci sono quelli che hanno avuto le poltrone, e sono divenuti poltroni. Quelli che non hanno avuto o hanno avuto le poltrone da quell'altro fronte, dove sono? Io non li vedo! Noi li chiamiamo a contare, perché contino; noi abbiamo detto, per primi, che vogliamo "una Forza Italia Federativa" nella quale possano trovare spazio coloro che sono d'accordo con le idee di Piero Calamandrei e del Partito d'Azione della Costituente, coloro che sono in linea non con i Barile, ma con la linea del Partito d'Azione, di Calamandrei: con quella visione, e poi con la nostra, la linea della

democrazia anglosassone e della riforma che chiuda la storia di un paese diviso per chiese ideologiche sempre più piccole, una riforma che chiuda con la proporzionale che è prodotta da chiese e produce la libanizzazione del Paese.

Questa è la cosa su cui noi dobbiamo riflettere, compagne e compagni:noi possiamo, noi siamo forti! E' immaginabile che qualche isola di informazione si apra. Quello che è accaduto a partire dalla elezione di Taradash alla Commissione di Vigilanza, questo che accade con il Dalai Lama... Gianfranco Dell'Alba stamattina è andato ad una riunione a Parigi dove ha portato la nostra proposta che, in adempimento (se volete) agli accordi di Maastricht, si costituisca in Europa il Partito dell'alternativa federalista europea e che ci sia il Gruppo equivalente nel Parlamento Europeo; proposta fatta a Tapie e ad altri gruppi radicali europei... Anche questo è in linea con quel che abbiamo fatto, è un'idea che potremo dare al Berlusca e a Forza Italia, che sono andati un po' al macello per come hanno fatto le liste e i programmi...perchè non c'era tempo, non c'è tempo. Se noi non diventiamo forza politica, e non la usiamo, Berlusconi non può avere tempo per noi. C'è un problema di rapporto di forza, e di forze.

Questa sinistra possibile, reale, forte, questo è il luogo che hanno sognato quelli di AD e tanti altri e, magari, Cacciari.

Possiamo sin da adesso contare enormemente e far contare idee, ideali, tradizioni, richieste tradizionali; certo, cent'anni dopo è sicuramente vero quello che Salvemini aveva già capito e cioè che magari un ceto visto giustamente come rivoluzionario in un momento dato, digià dopo vent'anni diventa un ceto privilegiato, destinato ad allearsi nel quadro della società industriale con gli industriali e l'industrialismo, e che esistono nuove realtà sulle quali applicare la logica del Terzo Stato, dell'alternativa di Terzo Stato, gobettiana anche, se voi volete.

Avevamo detto che avremmo fatto a fine giugno l'atto di fondazione statutaria dei Club e per metà luglio del Movimento o del Partito Riformatore federale. I tempi sono quelli che sono, su tutti i fronti, e noi abbiamo queste due scadenze. Dalla Consulta verranno fuori conferme, aggiustamenti: ma noi, lo si voglia o no, abbiamo la responsabilità nei prossimi giorni e settimane di avviare la campagna per le prossime elezioni, che mi sembrano molto più probabili dei referendum della primavera dell'anno prossimo. Il vero problema è se in questi nove mesi, dieci mesi - prima di elezioni o di referendum - il blocco sociale ed elettorale che ha vinto toglierà o no a Berlusconi e alla maggioranza le sue volontà e determinazioni liberiste. Questo è il punto vero, l'alternativa sono le spinte consociative - il Sulcis, il primo Crotone, una soluzione sulle pensioni piuttosto che un'altra.

E allora, vorrei dire ad Antonio Martino, a Tremonti, ai tanti che non sanno ancora che cosa sono, che è urgente e necessario (come è accaduto con Giscard D'Estaing al momento della formazione dell'UDF) che tutti quelli della maggioranza "presidenziale" siano organizzati in forze politiche all'interno della maggioranza "presidenziale" e che coloro i quali adesso facessero i poltroni sulle poltrone forse dovrebbero comprendere che non è proprio detto che questo sia un governo di legislatura e che le loro poltrone siano solide, per cinque anni... Ma io mi rivolgo anche ad altro, anche alla loro intelligenza politica.

Noi, certo, siamo i Club Pannella: ci organizziamo, offriamo di organizzare la federazione del Partito Riformatore democratico; speriamo che Forza Italia diventi di già essa questa forza federativa, federale e federata, in questo modello e non in quello che si sta dando. C'è insomma da lottare, c'è di che fare perché - e dobbiamo tenerlo presente - Rai-TV, Fininvest, i partiti, potrebbero in vista di prossime elezioni saldarsi tutti come consociazione magari, in qualche modo, attorno a Berlusconi, condizionandolo ma soprattutto ottenendo una via antiliberista e consociata e consociativa di gestione - un po' "dorotea" -dell'economia e anche delle istituzioni.

Dunque il lavoro di questa nostra Consulta è estremamente urgente, preciso, puntuale: riflettere "con quali strumenti, con quali tempi...", ma anche con approfondimento e riconoscimento del tanto cammino che abbiamo fatto nelle condizioni le più impervie, le più difficili per essere, sicuramente, una forza che sa, che è in sé risposta ai problemi diversi che i democratici hanno in questo Paese: dalla politica estera a quella economica, agli assetti e alle organizzazioni dei partiti. Non dimettiamoci da questo e, fra un mese o due, vedremo che cosa si dovrà fare; se avremo il grande partito di Forza Italia e Riformatore o no; se avremo gruppi Riformatori autonomi nelle due Camere,... si vedrà. Dobbiamo insistere, andare avanti nella direzione che abbiamo seguito in questi sei mesi, far tesoro del raccolto, non rassegnarci assolutamente, però, a non trasmettere e a non far trasmettere verità - al plurale - al nostro Paese: non smettendo ma divenendo sempre più astuti, nel buon senso della parola, perché (dal P

arlamento vi ho fatto l'esempio della Commissione d'inchiesta su Giorgiana Masi e sul caso D'Urso-Cirillo) vi siano quelle cose che se ci riusciamo rappresentano cose nobili, mine contro gli sfasci.

 
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