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Pannella Marco - 11 agosto 1994
ARTICOLO DI MARCO PANNELLA PER IL GIORNO

SOMMARIO. La politica della proibizione non paga ed è fallita. Questo succede anche in tema di aborto. La legge 194, per quanto difettosa, ha avuto alcune importanti conseguenze positive, che vengono elencate partitamente. Questi risultati erano del resto già l'obiettivo dei radicali negli anni '60,

(IL GIORNO, 11 agosto 1994)

Che si tratti di divorzio, di aborto, di droga, l'onestà intellettuale di ciascuno deve riconoscere che la via del "verboten", del divieto è tragicamente fallita, risolvendosi in una delle cause maggiori del flagello che si pretende in tal modo di combattere.

Ponendo al centro della lotta contro questi drammi e queste tragedie, nella vita personale ed in quella sociale, la regolamentazione ed il controllo sociale delle responsabilità e della libertà del singolo, i risultati si rivelano invece assolutamente positivi. Le tragedie restano tragedie, e non diventano per questo - come si temeva e si teme - piacevoli e ricercati strumenti di licenza e libertinaggio. Anzi, esaltano l'elemento di responsabilità e sorreggono la pratica di risposte anche radicalmente alternative, non tragiche, ai problemi relativi.

Per limitarci all'aborto, la pur pessima (nella lettera) 194 - esempio abbastanza rivoltante della legislazione di "unità nazionale", di compromesso catto-comunista dell'epoca, corrispondente alla "gestione" dell'assassinio di Aldo Moro - consentendo nei fatti il prevalente realizzarsi il principio della regolamentazione ha provocato fin qui i seguenti risultati:

1) Riduzione del 50% degli aborti legali e riduzione costante, rispetto al primo anno di attuazione costante della legge;

2) Crollo verticale degli aborti clandestini, per quanto si possa comprendere un fenomeno di tal fatta;

3) Crollo verticale degli aborti plurimi da parte della stessa donna, in genere o molto spesso madre di famiglia;

4) crollo verticale delle sterilità, delle conseguenze traumatiche, psichiche e anche fisiche, della mortalità (scomparsa praticamente);

5) socializzazione dei problemi personali, sessuali, coniugali, adolescenziali, estensione della informazione e della conoscenza, precedentemente impediti dalla criminalizzazione, dalla clandestinità, dalla miseria, dell'aborto clandestino;

6) il diffondersi della formazione medica e sociale, tutta e sempre, quanto meno indirettamente atta (anche ove non fosse specificatamente volta, come in genere lo é) a impedire o quanto meno a rendere molto più difficile la situazione di donne in stato di gravidanza non voluta o rifiutata:

7) lo scomparire di pratiche abortive, e di contesti letteralmente infami, contro le donne e la loro stessa integrità psico-fisica...

Potrei ancora continuare. Ma tutti questi - che ora sono fatti - erano anche nostri obiettivi espliciti quando con - e grazie a - Luigi De Marchi, all'inizio degli anni '60 si difese contro la criminalizzazione dell'AIED e del planning familiare la nostra lunghissima lotta: "Sì alla pillola, no agli aborti", slogan che a Pasqua 1968, in Piazza S.Pietro, agitammo con striscioni e cartelli, poche settimane prima che purtroppo, contro le conclusioni di una commissione post-conciliare nominata dal Papa, prevalesse la linea che ancora oggi sembra essere quella della Chiesa, contro la "pillola del giorno dopo", contro l'uso di preservativi e di altri anticoncezionali, offerti alla conoscenza (e non all'uso obbligato!) delle persone.

Ai Matteoli e altri, noi chiediamo di riflettere su quali sarebbero le realtà e le condizioni del flagello dell'aborto se fosse restato, o tornato ad essere, quello clandestino, di classe e di massa. Basta riferirsi al flagello della droga, divenuto tale innanzitutto per la cultura del "verboten", dell'intolleranza, e di uno statalismo blasfemo.

 
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