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Chimenti Anna - 10 gennaio 1995
PARLA LA CORTE
Quanto peserà la scelta della Consulta sulla crisi di governo?

di Anna Chimenti

SOMMARIO Intervista a F.Paolo Casavola, Presidente della Corte Costituzionale, nell'imminenza della sentenza sui referendum relativi al sistema elettorale proposti dalla Lista Pannella-Riformatori. Casavola traccia un proprio ritratto culturale (cattolico, ma...) e si dichiara totalmente ignaro delle voci che corrono, circa un suo possibile incarico per presiedere un governo istituzionale.

(PANORAMA - 10 gennaio 1995)

E' nel mezzo di un ciclone: la sentenza sui referendum che la Corte Costituzionale pronuncerà sotto la sua presidenza può cambiare l'andamento della crisi di governo, accelerando o rallentando la corsa alle elezioni per consentire il voto dei cittadini sul sistema elettorale.

Nell'attesa della camera di consiglio che da lunedì 9 gennaio sarà chiamato a presiedere, tutta la Roma politica segna il passo. Eppure, Francesco Paolo Casavola non mostra affatto segni di tensione. Anzi, seduto nello studio della sua casa a Posillipo, a Napoli, ostenta tranquillità e si distrae leggendo testi in latino, la sua lingua preferita.

Professore di diritto romano e in gioventù presidente della Fuci, il movimento cattolico universitario da cui proveniva gran parte della classe dirigente democristiana della Prima repubblica, Casavola è stato relatore della sentenza con cui la Consulta, nel 1987, dichiarò inammissibile la richiesta di referendum sul sistema elettorale del Csm, con la motivazione che avrebbe avrebbe esposto la magistratura "all'eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi del funzionamento". E ha invece dato il via libera, come presidente, ai referendum elettorali del 18 aprile '93 che segnano convenzionalmente la data di nascita della Seconda Repubblica, per molti peraltro non compiuta.

Chi lo conosce sa che non ama lo scontro e anche in camera di consiglio cerca sempre di mediare fra le diverse posizioni. Il suo ideale sarebbe quello di prendere ogni decisione all'unanimità. E si dice che questo aspetto del suo carattere sia stato determinante al momento dell'elezione alla guida della Consulta per bruciare gli altri candidati, rompendo la consuetudine di presidenti che duravano pochi mesi e si succedevano in base al criterio di anzianità.

Ma a chi gli chiede anticipazioni sulla sentenza o sulle premesse della discussione, Casavola ovviamente oppone un fermo rifiuto: "Sono un giudice come tutti gli altri, e la decisione è collegiale". Ma già si sa che, pur difficile, la decisione della Corte sarà rapida: il presidente ha voluto per la camera di consiglio una seduta non-stop, e ha fatto annullare l'incontro previsto per martedì 10 nel salone dorato del Palazzo della Consulta con il Presidente della repubblica e le più alte cariche dello Stato.

Domanda. Lei ha sostenuto altre volte che la giurisprudenza della Corte deve tenere conto anche del contesto sociale e dell'evoluzione del Paese. Quanto potrà influire sulla prossima decisione della Consulta la particolarità del momento politico?

Risposta. Chiariamo: il raccordo con l'aspetto sociale e i problemi della vita quotidiana della gente, che la Corte Costituzionale deve tenere presente al momento delle proprie decisioni, non c'entra con l'andamento contingente della vita politica. La corte non è un organo politico.

D. Ma i referendum, in relazione alla decisione che la Corte prenderà, possono imprimere un'accelerazione o un rallentamento alla crisi di governo. Ed è inevitabile che attorno ai giudici il clima si scaldi. Per esempio, sa cosa dicono di lei?

R. Ne ho sentite tante, ma non me ne occupo.

D. Dicono che lei è un cattolico..

R. E che significa? Come ha ricordato l'ex presidente Ettore Gallo, io, cattolico, ho votato con i laici sull'ora di religione, quando si trattava di scegliere tra la preoccupazione per la libertà e l'eguaglianza di tutti gli studenti e le proprie convinzioni religiose.

D. Poi, dicono anche che è amico di Ciriaco De Mita...

R. De Mita naturalmente lo conosco, ma non si può dire che siamo amici. Ero invece amico di Aldo Moro, anche perché eravamo colleghi all'università di Bari.

D. Non era mai successo, com'è accaduto dopo la sentenza sull'INPS, che la Corte fosse accusata di schierarsi on l'opposizione. E adesso dicono pure che lei è un possibile candidato alla guida di un governo istituzionale.

R. Cosa vuole che risponda: una mattina mi sono svegliato e ho letto sui giornali questa notizia. Che dovevo fare: smentire una candidatura che non esiste? Il mio ruolo di presidente non mi permette di replicare a ogni voce che circola e che appare sui giornali. Posso solo dire che non mi fa piacere, e in questo caso non vale il vecchio brocardo del diritto romano: chi tace acconsente.

D. Eppure il suo nome qualcuno lo avrà pur fatto...

R. Ma io non ne so nulla. Chissà se è stato fatto davvero e da chi. Magari ci si sarà arrivati per esclusione o inclusione, considerando che ricopro la quinta carica dello Stato.

D. Il 25 febbraio scadrà il suo mandato alla Corte costituzionale. Che cosa farà?

R. E' semplice: tornerò ai miei studi. Non amo la vita pubblica, per me è come la naja. Proprio perché il presidente della Corte costituzionale non deve fare politica, è un diritto-dovere per lui rientrare nella propria vita privata.

 
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