Il presidente della Commissione di vigilanza esclude che il voto possa intralciare le elezioni: "La partita potrà giocarsi sui fatti". Taradash: "Le consultazioni popolari fisseranno i presupposti per andare alle urne".
di Donatella Papi
SOMMARIO: Intervista a M.Taradash, in vista della sentenza della Corte Costituzionale sui sedici referendum, tredici dei quali promossi dalla Lista Pannella. Taradash ribadisce la possibile complemetarietà del voto referendario e del voto politico e spiega perché una campagna elettorale verrebbe arricchita dalla compresenza dei quesiti referendari, per innalzare il livello del dibattito.
(Il Giornale, 13 gennaio 1995)
Roma - "Votare sui referendum non allontanerebbe la possibilità di elezioni anticipate". Marco Taradash, il Riformatore, presidente della Commissione di vigilanza, paladino del test referendario, esclude che il voto possa intralciare la strada dell'eventuale chiamata alle urne. Mentre la Corte costituzionale inizia l'esame per l'ammissibilità dei sedici quesiti, Taradash lancia la sua sfida: "I referendum, al contrario, spianerebbero la strada ad elezioni anticipate giocate su temi concreti della politica italiana e non sulle astratte e litigiose contrapposizioni tra destra e sinistra", sostiene convinto. Ieri, a Milano, Taradash ha partecipato alla fiaccolata pro-referendum indetta dai promotori del Club Pannella, alla quale hanno aderito anche Forza Italia e Alleanza nazionale.
- Non c'è intreccio tra voto referendario e voto elettorale?
- "Assolutamente no. E si potrebbero anche già fissare le date in calendario. Gli italiani potrebbero essere chiamati ad esprimersi sui referendum a fine marzo, mentre per le politiche si potrebbe andare alle urne a giugno per un voto di effettiva scelta tra il cartello del Polo, che ha sostenuto i test referendari, e le opposizioni che li hanno avversati. Il Polo ne sarebbe avvantaggiato, e questo spiega le resistenze che vengono da sinistra".
- Prima i referendum per far chiarezza?
"La politica italiana usa un linguaggio troppo aspro, dove il termine golpe è l'epiteto più gentile scagliato contro gli avversari. Insulti duri ma progetti deboli. Perché, come sempre, quando i toni sono urlati significa che le idee vacillano. Il miglior antidoto a questo male è tornare a confrontarsi sui contenuti. Ecco perché il confronto anche sui referendum contribuirebbe a riportare il dibattito su un terreno concreto e a far rifiorire il linguaggio".
- Il quesito sull'abolizione della quota proporzionale alla Camera e al Senato non determinerebbe un vuoto giuridico?
"Il sistema uninominale maggioritario, secco e a turno unico, è l'unica strada per restituire ai cittadini la scelta del governo e privare di questo potere le segreterie dei partiti, che lo usano come strumento di corruzione. Nessun vuoto giuridico, la strada del referendum sarebbe la più veloce e democratica".
- Più di un governo delle regole?
"E' una presa in giro. Non spetta al governo fare le regole ma al Parlamento. Le alternative sono semmai o un'assemblea costituente oppure una commissione speciale per le riforme".
- Stamane inizia l'esame dei sedici quesiti davanti alla Consulta. Qualora la Corte esprima la inammissibilità giuridica dei referendum?
"Sarebbe un grave rischio e una decisione esclusivamente politica. Perché la fondatezza dei test è inconfutabile. Per questo abbiamo chiesto al capo dello Stato di vigilare sul pronunciamento della Corte. Le garanzie espresse dal presidente Casavola, di estraneità alle pressioni politiche, non sono convincenti. In passato i giudici non hanno dato sufficienti prove di indipendenza dal potere dei partiti. E questo potrebbe ripetersi. Chiediamo al presidente Scalfaro di garantire la neutralità della Consulta e di intervenire affinché nessun condizionamento ostacoli il cammino democratico dei referendum".