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Calderisi Giuseppe - 20 aprile 1995
TRATTENUTE SINDACALI: NO ALLA LEGGE TRUFFA PER SCIPPARE IL REFERENDUM.
di Peppino Calderisi

SOMMARIO. Articolo informativo sulla situazione venutasi a creare dopo che la Commissione lavoro del Senato ha varato un progetto di legge che, se approvato, annullerebbe il referendum relativo alle trattenute sindacali obbligatorie vanificandolo, pur dopo la sentenza della Corte Costituzionale che - definitivamente chiarendo quale sia la ratio della richiesta referendaria - dovrebbe costituire ostacolo insormontabile contro il tentativo di manipolazione in sede legislativa. Invita ad opporsi in ogni modo, compreso il più duro filibustering, contro il passaggio alla Camera del disegno di legge del Senato.

(Il Giornale, 20 aprile 1995)

LA CORTE COSTITUZIONALE HA RESO ESPLICITO LA SCOPO DEL REFERENDUM: IL PARLAMENTO NON PUO' LEGIFERARE IN DIREZIONE CONTRARIA E IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON PUO' NON TUTELARE IL DIRITTO DEI CITTADINI AL VOTO POPOLARE. ALTRIMENTI IL POLO DEVE RICORRERE AL PIU' INTRANSIGENTE OSTRUZIONISMO.

"CGIL, CISL, UIL hanno dato il loro pieno assenso al testo del disegno di legge predisposto dalla Commissione lavoro del Senato presieduta da Carlo Smuraglia che modifica l'art. 26 della legge 300 del 1970 relativo alle trattenute automatiche dalle buste paga dei lavoratori e dei pensionati a favore dei sindacati. Si tratta della materia oggetto del referendum promosso dal Movimento dei club Pannella-Riformatori.

L'assenso della triplice non stupisce certamente: quel testo elude completamente il quesito referendario e rappresenta una vera e propria truffa ai danni della sovranità popolare.

Le burocrazie sindacali cercano di evitare a tutti i costi un referendum volto a modificare profondamente un ruolo e un modo di essere del sindacato che costituisce uno dei fattori più pesanti della degenerazione corporativo-illiberale della vita italiana. Il meccanismo della trattenuta "automatica" attualmente vigente fa sì che milioni di lavoratori e di pensionati, in genere senza rendersene conto, consegnano agli apparati sindacali una enorme potenza economica e politica su cui non esercitano alcun controllo. Si tratta di un fiume di denaro - oltre 1500 miliardi l'anno - a fronte del quale non vi è alcun obbligo né una pratica di trasparenza e pubblicità.

A confronto di questa cifra, i 92 miliardi di finanziamento pubblico dei partiti, che sono stati abrogati con il referendum del '93, costituiscono una bazzecola (e i partiti hanno almeno in teoria un obbligo di bilancio). Abrogare le trattenute automatiche significa riformare la natura del sindacato costringendo la sua dirigenza a conquistarsi ogni giorno il consenso dei lavoratori, attivando dinamiche di trasparenza e dunque di democrazia sindacale.

Ricordo che il referendum è stato già indetto per l'11 giugno. Salvo il caso di elezioni politiche a giugno, la consultazione deve pertanto tenersi.

Il tentativo di scippare il voto referendario va denunciato con la massima forza, anche nella campagna elettorale in corso.

Occorre ricordare che la Corte Costituzionale, proprio al fine di dichiarare l'ammissibilità del referendum, è giunta ad enucleare e rendere esplicita la "ratio", lo scopo del quesito referendario. La finalità del referendum non deve più essere oggetto di difficili interpretazioni: è la stessa Corte Costituziosnale ad esplicitarla. In questo caso (sentenza n. 13 del '95) la Corte ha affermato che "l'intendimento abrogativo consiste appunto nel voler eliminare la base legale di quel diritto e del correlativo obbligo di intermediazione, per restituire la materia all'autonomia privata, individuale e collettiva". Di questo il Parlamento deve tenere conto evitando di mettere in atto procidimenti legislativi in aperto contrasto con il referendum.

Invece la scelta della Commissione lavoro del Senato, là dove impone "trattenute e versamenti da effettuarsi a cura del datore di lavoro" elude completamente la finalità della richiesta referendaria.

E' ammissibile che il Parlamento legiferi in modo così smaccatamente truffaldino ?

Il Comitato promotore del referendum ha investito del problema il Presidente della Repubblica che nel '93 fu così attento a tutelare il diritto al referendum (allora Scalfaro anticipò addirittura l'Ufficio centrale della Corte di Cassazione nel bloccare l'uso del decreto legge sulle materie oggetto di una consultazione referendaria già indetta). Ci auguriamo che il Presidente voglia fare altrettanto in questa occasione, intervenendo nelle forme e nei modi che egli può ritenere opportuni, nell'ambito dell'esercizio delle proprie funzioni e prerogative.

L'attività legislativa del Parlamento, così intempestiva e così fraudolenta, creando incertezza sull'esistenza e sull'oggetto del voto popolare produce dei danni gravissimi anche qualora la Corte di Cassazione dovesse riconoscere che la nuova legge non è idonea ad evitare il voto popolare. Infatti in questo caso, anche se si è giunti a pochi giorni dalla consultazione, il quesito viene trasferito dalla Cassazione sulla nuova legge, mutando la propria portata giuridica e politica; subito dopo la Corte Costituzionale deve pronunciarsi una seconda volta sull'ammissibilità del nuovo quesito; le schede elettorali eventualmente già predisposte devono essere ristampate con il nuovo testo! La confusione sarebbe tale da sconvolgere la campagna elettorale e da rendere impossibile il processo formativo della volontà popolare durante la campagnma elettorale.

Ecco perché, qualora l'Assemblea del Senato prima e la Camera poi intendessero andare avanti nel tentativo di scippare il referendum, i gruppi parlamentari del Polo avrebbero non una ma mille ragioni per ricorrere a tutti gli strumenti parlamentari, fino al filibustering più intransigente, per difendere il diritto fondamentale al referendum dei cittadini italiani."

Peppino Calderisi

(promotore del referendum, deputato Riformatore - Forza Italia)

 
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