27 maggio 1995di Peppino Calderisi e Vittorio Pezzuto (dichiarazioni)
SOMMARIO. Dopo l'esternazione del Presidente della Repubbllica, che ha deplorato l'uso distorto dei referendum, i due esponenti Riformatori controbattono e puntualizzano quale sia il ruolo dei referendum nella società e nelle istituzioni del Paese.
1) Nel '93 furono indetti 10 referendum promossi da quattro diversi comitati (Segni, Giannini, Pannella e Consigli regionali). Tra questi vi erano certamente referendum di eccezionale rilevanza come quello sulla legge elettorale o sul finanziamento pubblico, ed altri di valenza diversa.
Allora Scalfaro esaltò il ruolo del referendum, fino a determinare un rapporto di assoluta preminenza dell'istituto di democrazia diretta sul Parlamento, che doveva provvedere "sotto dettatura della volontà popolare". Addirittura lo stesso Governo Ciampi fu qualificato dal Capo dello Stato, e si qualificò in Parlamento, come governo referendario.
Oggi, di fronte a 12 referendum (promossi da quattro diversi soggetti: Rifondazione comunista, Movimento Club Pannella, Lega, Comitato legge Mammì), con temi di grande rilevanza come il sistema televisivo e i sindacati, Scalfaro muta di 180 gradi le proprie valutazioni sul ruolo del referendum.
Lo stesso problema della comprensione dei quesiti (che esisteva allo stesso modo anche nel '93) viene posto da Scalfaro non per criticare la riduzione a pochi giorni della campagna elettorale e la scarsa informazione di stampa e tv, ma quasi per incentivare il disinteresse dei cittadini (dalla cui partecipazione può dipendere l'esito dei referendum).
Le esternazioni di Scalfaro sono gravissime e preoccupanti. Non si è certamente garanti della Costituzione esaltando o attaccando i referendum in funzione del loro contenuto e dei poteri forti e corporativi che essi mettono in discussione.
Il giudizio sui temi referendari spetta solo ai cittadini, attraverso il loro comportamento di voto.
Quanto all'istituto del referendum, ci si dovrebbe interrogare innanzitutto sul ruolo e sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Negando sistematicamente l'ammissibilità ai referendum più importanti e più semplici, la Consulta ha costretto i promotori a formulazioni più complesse, più numerose e di portata minore".
2) INCREDULITA' E PREOCCUPAZIONE PER LE DICHIARAZIONI DEL CAPO DELLO STATO. I NOSTRI REFERENDUM NON POSSONO CERTO FARE AMMALARE LA NOSTRA DEMOCRAZIA.
Le dichiarazioni del Capo dello Stato destano incredulita' e preoccupazione. Lo spostamento dell'asse dei poteri di cui egli parla non avviene certo ad opera dei promotori dei referendum ma semmai di organizzazioni corporative, segreterie partitiche e poteri economici forti che, in queste settimane, hanno usato ogni mezzo ostruzionistico per impedire il libero e regolare svolgimento dei referendum da lui indetti per l'11 giugno.
Il Movimento dei Club Pannella-Riformatori ha nei giorni scorsi promosso la raccolta delle firme su 18 nuovi quesiti referendari. E' infatti nostra convinzione che il referendum sia rimasto l'ultimo strumento politico praticabile dai cittadini per promuovere grandi riforme liberali altrimenti rinviate sine die dal nostro Parlamento.
Quanto alle preoccupazioni del Presidente della Repubblica sulla mancanza di informazione dei cittadini sul merito dei quesiti referendari, condividiamo in pieno le sue preoccupazioni, ma ci permettiamo di far osservare che proprio a lui spetta il compito di vigilare affinche'- in particolar modo del servizio pubblico radiotelevisivo - venga fornita a tempo (e dunque gia' a partire dalla fase della raccolta delle firme) un'informazione completa su ogni singolo referendum.
Caro Presidente, i nostri Referendum non possono certo ammalare la nostra democrazia, ma semmai accorrere al suo capezzale per guarirla prima che i soliti praticoni della medicina consociativa si riuniscano in consulto e ne decretino la morte per inedia".