7 giugno 1995di Paolo Vigevano
SOMMARIO. Dura critica all'ipotesi che i sindacati vengano istituzionalmente coinvolti nella gestione dei fondi strutturali della CEE. La Gran Bretagna ha già declinato identica proposta. Spetta alle regioni elaborare i piani tempestivamente, non si può inserire un ulteriore interlocutore che non farebbe che far crescere i ritardi e la cattiva gestione.
La proposta che il Commissario CEE Monika Wulf- Mathies farà domani al Ministro Masera, di coinvolgere i sindacati nella pianificazione e nella gestione dei fondi strutturali finanziati dall'Unione Europea, potrebbe essere il colpo di grazia per l'economia di intere zone italiane, soprattutto le più depresse.
L'Italia infatti è il fanalino di coda nell'utilizzo di queste risorse stanziate a favore delle aree depresse dall'Unione Europea, di cui utilizza solo una minima parte e con ritardi tali da essere probabilmente costretta a restituire a Bruxelles, quanto già destinato all'Italia in sede comunitaria e non ancora impegnato. Consentire la partecipazione dei sindacati alla gestione di questi fondi significa inevitabilmente aggiungere altri ritardi ai criminali ritardi accumulati soprattutto da alcune regioni italiane (la Puglia in prima fila) nella predisposizione e nella presentazione dei progetti da finanziare.
Il governo italiano, come ha già fatto quello della Gran Bretagna, deve respingere questa proposta. Se l'accettasse, confermerebbe il riconoscimento antiistituzionale tenuto nei confronti del Parlamento in occasione della riforma delle pensioni, scegliendo i sindacati come prprio unico interlocutore e sottraendo di fatto alla competenza delle regioni quanto la legge loro affida ed impone. Se ci sono - e ci sono - responsabilità delle regioni nel disastro della gestione dei fondi strutturali, queste vanno individuate e colpite. Non è creando un nuovo interlocutore paraistituzionale che questo problema può e deve essere risolto.