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Pannella Marco - 19 agosto 1995
LA FEROCIA (E VILTA') CONTRO CALOGERO MANNINO E' DA "GIUSTIZIA" SOMMARIA, MILITARE, AL FRONTE IN TEMPO DI GUERRA, CONTRO LA COSTITUZIONE, CONTRO LA CIVILTA' GIURIDICA. I "MAGISTRATI" DELLA PUBBLICA ACCUSA NON SONO E NON SI COMPORTANO COME GIUDICI. BASTA.
19 agosto 1995

di Marco Pannella

SOMMARIO. Si unisce alle denunce per la condizione in cui versa l'ex ministro Mannino, mantenuto in carcere in violazione di ogni norma di umanità e sopratutto di giustizia. La vicenda conferma che in Sicilia parte dell'istituzione statale si muove con particolare accanimento per colpire quanti siano sospettati di appartenere a mafie "perdenti". E non importa quanti siano i magistrati che partecipano all'accanimento contro Mannino: si ripete il caso Tortora. Il caso ci ricorda anche che non dobbiamo dimenticare che colui che sostiene l'accusa non è, anche secondo il dettato costituzionale, un 'giudice'.

Bruxelles. "La ferocia, non solamente l'accanimento, con cui è perseguitato Calogero Mannino, è pari solamente alla viltà ed alle paure di troppi che sapevano e che non hanno reagito fin quando la Signora Mannino non si è assunta la responsabilità di rendere pubblica la vicenda.

Ma dietro questa ferocia, che non può nulla avere a che vedere con la giustizia, non vi è, di certo, malvagità e ferocia gratuite, private, di questo o quel magistrato o gruppi di magistrati.

Già al tempo dell'assassinio di Salvo Lima ebbi a sottolineare come molte parti dello Stato presenti in Sicilia sul fronte dell'ordine pubblico, dell'amministrazione della giustizia, mostravano e mostrano da tempo una particolare capacità di perseguitare chi è sospetto di avere rapporti con le mafie 'perdenti', di fungere da appendici agli attacchi politici di chi - evidentemente - ha minore forza di denuncia e di lotta nei confronti della mafia 'vincente'.

Calogero Mannino è in carcere ormai, chiaramente, contro la giustizia, contro i codici e la Costituzione. E' un prigioniero di guerra, trattato con la sommarietà della giustizia militare al fronte, sospetto di 'intelligenza con il nemico', dal quale si esigono informazioni. Non mi importa quanti siano i magistrati che avallano questa situazione. Non mi impressiona il numero, in questi casi: contro Tortora, contro la verità, contro la giustizia, i magistrati impegnati furono circa quindici.

Se non si volesse, una volta per tutte, ricordare che i responsabili dell'accusa pubblica non sono 'giudici', non lo sono per la Costituzione, non lo sono per la cultura degna di questo nome, non lo sono oggi, molto spesso, nemmeno nell'animo, e sono o si comportano tutt'al più come angeli giustizieri, quando sono angeli, la vicenda Mannino sta a dimostrarlo."

 
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