Il leader dei riformatori: "Sogno una rivoluzione liberale. Anche se Berlusconi è politicamente un uomo finito26 agosto 1995
di Federico Orlando
IL MESSAGGERO
SOMMARIO. Federico Orlando dibatte con Pannella sui temi referendari, sulla strategia pannelliana, sul significato del suo liberalismo, del turno unico all'americana, ecc...Nessuna novità sostanziale, ma un utile riepilogo.
"Elezioni subito o un premier, ma non Dini, che faccia i referendum".
Credevo di trovare un Pannella abbronzatissimo. Invece...
R. Invece niente sole, niente mare. Su e giù tutta l'estate tra Bruxelles, al Parlamento europeo, che abbiamo tenuto aperto, come a Montecitorio a Roma. Avevamo, abbiamo da fare cose serie in Europa: e non solo per le responsabilità della nostra Emma Bonino, impegnata in un periplo umanitario nel mondo, soprattutto a fare qualcosa per l'ex Jugoslavia, ma anche per l'Italia per i 18 referendum promossi dai "Club Pannella-Riformatori.
E' la spiegazione che della mancata abbronzatura, ci dà Marco Pannella, il politico che non chiude mai per ferie. Ma non si vede un banchetto in tutta Roma. Come si fa a firmare per i vostri referendum, ammesso che lo si voglia?
R. E come li fai i banchetti? In agosto non abbiamo potuto trovare un solo notaio, un solo cancelliere. Lo Stato, lui, chiude per ferie, il Paese è politicamente morto. Anche perchè così hanno deciso il Tg e gli altri mass-media di regime: tutti al mare, anche chi non ci va
Fuorché Pannella. E allora?
R. Allora io rivolgo un appello alla gente: imparate anche in Italia a fare le file davanti agli autobus, ma ora correte alle segreterie comunali, e firmate per i 18 referendum. Ci servono 600 mila firme entro il 20 settembre, per poterne ordinare e consegnare alla Cassazione entro il 30 settembre. Ne abbiamo meno di 50mila. 0 firmate o niente referendum.
Sarebbe un dramma?
R. Sì, il solito dramma italiano di arrivare tardi agli svincoli della storia.
Questo dei 18 referendum che svincolo è? Il Paese sta sfogliando altre margherite, Dini sì-Dini no, elezioni sì-elezioni no...
R. Appunto. Al Paese si impone di giocare su formule vuote, con falsi problemi.
I referendum invece...
R. Questi referendum invece sono la base programmatica che noi offriamo a un governo forte, che duri un anno e mezzo, fino alia primavera del 1997. 0 elezioni subito o questo.
Niente elezioni, quindi. Un governo forte affidato a chi? Dini, Prodi? Berlusconi?
R. Un governo che faccia una Finanziaria rigorosa e coraggiosa, non Mastelliana. Il mastellismo è I'ideologia di tutti e di sempre, primo secondo e terzo tempo dell'immortale Prima e immodificabile Repubblica partitocratica.
E oltre alla Finanziaria non mastelliana?
R. Una grande politica estera. E' dal gennaio 1980 che noi riformatori rivendichiamo una parte importante nel governo di questo Paese. Non per la smania di fare il ministro degli Esteri, ma per uscire dalla melassa pseudo neutralista e pacifista, stile Suni Agnelli, una politica estera che diventi cartina di tornasole della moralità di tutta la nostra politica, ispirata a religiosità laica e perciò autonoma da chiese, chiesuole, sindacati, partiti, poteri non istituzionali, a cominciare dalla stampa cloroformizzata.
Ma perché lei ce I'ha tanto con la nostra politica estera?
R. Non solo con quella. Soltanto dei baluba possono immaginare che, capitandoci una volta in diciassette anni di avere per sei mesi il governo dell'Unione Europea, l'Italia ci arrivi, smobilitata, inconsapevole con ispirazione burocratica, con Maastricht che crolla da tutte le parti, con l'impudicizia di celebrare l'europeista De Gasperi e di dire 'eccoci qua' avendo un governicchio a Palazzo Chigi e le elezioni convocate per marzo-aprile o maggio che sia.
Perché governicchio, se tutto il mondo ne dice bene?
R. Perchè resta un governicchio. Occorre invece un vero governo politico liberale e liberista. In fondo, sono bastate agli italiani queste due parole perché, di fronte a Occhetto, dessero la vittoria a Silvio, un imprenditore. Il quale si era stancato, lo sappiamo. E perciò io dissi a Dini, quando Berlusconi lasciò, 'Tu dovresti scegliere di essere il leader del Polo liberale e liberista'. Invece Dini ha scelto l'eredità di Mastella, la stessa, certamente più nordica e perciò più raffinata, di Prodi. Guardi, in Italia c'è una sola politica liberale e liberista, quella che va dai Rosselli e Rossi a Silone a noi, odiatissima dai socialstaliniani del Pci e dai socialburocratici dc. Che continuano a dominare nel terzo tempo della Repubblica
Ma si può sapere cos'è questo terzo tempo?
R. Beh, il primo è quello della lunga egemonia doroteo-socialista dopo il breve centrismo degasperiano. Il secondo quello nel quale, dal '90 in poi, per merito dei nostri referendum (a cui avete dato il nome di Segni), dell'elezione di Scalfaro in alternativa al Caf, di Mani Pulite, dei governi Amato e Ciampi, era parso di vedere un cambiamento reale. La terza fase è quella iniziatasi con le elezioni del 27 marzo 1994, vinte da Berlusconi. Dovevano cambiare le cose, invece sono cambiati un po' di nomi e il punto d'arrivo è stato Dini, che, ripeto, governa la linea Mastella Alla quale voi contrapponete la linea referendum.
Noi contrapponiamo l'alternativa referendum-conservatori.
Che non è I'alternativa Polo-Ulivo.
R. Assolutamente. Difatti fronte ai referendum, ai vertici i comportamenti sono uguali, da una parte e dall'altra.
Vuol dire i non comportamenti.
R. Infatti. Anche se si può ancora immaginare che Berlusconi un bel mattino apra una finestra sul mare di Bermuda e dica 'Voglio far mia una delle follie liberali di questi referendum' In fondo, su mio consiglio si disse favorevole al federalismo presidenzialista e al bipartitismo americani. Ma Berlusconi, come leader, per ora è politicamente un uomo finito, perciò temo che non aprirà quella finestra. Ma tanto meno lo farà la sinistra, dove il no è ideologico, automatico, quasi inconsapevole, obbligato.
Forse soltanto programmatico. Perchè mai si dovrebbero volere referendum per eleggere tutti i deputati e i senatori con l'uninominale secca a turno? Perchè aprire la strada al presidenzialismo americano, che anche gli americani ora criticano?
R. Perchè in quell'elenco c'è il programma liberale e liberista di un governo riformatore di lungo respiro. C'è la responsabilità civile dei giudici, c'è la riforma elettorale per depoliticizzare il Csm, per cancellare gli automatismi nella carriera dei magistrati, per una libera scelta fra sanità pubblica e privata, per abbattere il monopolio dell'Enel, per togliere alla mano pubblica ogni residuo potere nelle aziende privatizzate, per ridurre la pubblicità della Rai, per smilitarizzare la Guardia di Finanza, per legalizzare le cosiddette droghe leggere che non sono droghe, per estendere l'obiezione di coscienza, per abolire l'aborto di Stato aprendo alle strutture private, per abolire l'Ordine dei giornalistie i tre maestri nelle scuole elemntari, per disciplinare la caccia, eccetera.
Se lei fosse incaricato di formare quel governo forte di un anno e mezzo, presenterebbe questo programma in Parlamento?
R. ipotesi a parte, sto cercando da uomo d'azione una fuoriuscita dalla continuità partitocratica e politicistica. Se fossi incaricato di fare un governo, avrei già un programma istituzionale, economico e sociale in questi 18 punti, sul quale si spaccherebbero i due poli, il cosiddetto centro-destra e il cosiddetto centro-sinistra, e ci si aggregherebbe finalmente in riformatori e conservatori.
Il sogno americano.
R. La battaglia per una rivoluzione liberale, oggi.