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Saviane Sergio - 29 agosto 1995
IL NONVIOLENTO
di Sergio Saviane

29 agosto 1995

L'INDIPENDENTE

SOMMARIO. Il Saviane di ieri ripresenta il suo vocabolario ed il suo humour tetro, non più contro Fanfani, i velinari e i mezzobusti di regime, ma contro Pannella.

Finalmente il nonviolento è sceso tra i robivecchi di Porta Portese a Roma, dalle parti di Regina Coeli, ed è riuscito a violentare il regime in nome della "disubbidienza nonviolenta", facendosi arrestare insieme alle sue marionette di giro con le bustine populiste di hashish tra le mani. Meno male che la provocatoria sceneggiata di Porta Portese, conclusasi con un grottesco arresto domiciliare durato tre ore, la chiamano "disubbidienza noviolenta". Visto che di questo regime fa parte anche lui con pieno diritto dopo il suo appoggio o resa incondizionata al Polo-mistofascio fin dal marzo 1994, sarebbe come dire che è andato a provocare se stesso, oltre che il Palazzo. Sono le conquiste della teledemocrazia. Che malinconico destino. Dopo aver messo in piedi tre o quattro decenni fa, in nome della nonviolenza, un partito di coraggiosi "straccioni" dotato di una poderosa emittente, il Marco nazionale ha scatenato e vinto negli anni Settanta la campagna sul divorzio e, malgrado l'assenteismo dei comunisti, anche

quella sull'aborto.

A questo punto, sempre in nome della nonviolenza, invece di rifondare il partito con queste due vittorie, dopo aver violentato e tradito i radicali mandandoli a votare in massa per Bettino Craxi, lascia fuoriuscire dal partito Mauro Mellini, Roccella, Spadaccia, Adelaide Aglietta, Rutelli, Mattioli, Melega, Teodori; insomma i migliori, alcuni cacciati a pedate sui denti.

Con gli altri clarettipetacci rimastigli addosso, la "gobèta" che fa girare il mondo Emma Bonino, Topogigio Taradash, lo Stanzani jè-jè e Giovanni Negri, fonda il partito-paglietta-intercontinentale lasciandosi così scippare i referendum, suoi cavalli di battaglia, da Tiramolla Segni. Subito dopo, sempre in nome della nonviolenza, si mette a scippare pensioni via radio aprendo le osterie-club-Pannella per le vecchiette credulone che gli fanno le novene come alla madonna di Pompei e gli consegnano i loro risparmi.

Nei primi mesi del 1994, ormai impollastrato dagli anni e dalle cràpule televisive, sempre in nome della nonviolenza e del vittimismo a ore, scippa anche il nanetto di Arcore che però si rifiuta d'imbarcarlo, malgrado le promesse, nel governo, anzi lo sbeffeggia accusandolo di "essersi ormai perso nella sua follia".

Nell'euforia dei recenti referendum vinti dalle spasimanti del "Beautiful" per conto del cavalier Brillantina, incurante della clamorosa sconfitta a Padova di Giovanni Negri e di quelle più clamorose alle comunali e regionali, mentre il capocomico di Arcore, in ansiosa attesa delle elezioni che non arrivano mai, si autocandida d'imperio a Palazzo Chigi dalla sua reggia, il Pannolone si autoricandida a sua volta come ministro degli Esteri.

Ma i tempi corrono, si bruciano le tappe, e con l'ultima battuta di Brillantina di "cedere", bontà sua, a Lamberto Dini il prossimo governo, chissà perché, chissà quando, chissà con quali poteri, sfuma anche la sua candidatura al Ministero degli Esteri, la passione della sua vita sventata e sdentata. Dopo aver partorito in fretta come una coniglia gli ultimi sventati diciotto referendum in modo di esasperare tutti, ma proprio tutti, gli italiani, organizza un altro congresso di giro, mentre il viceMarco Taradash, Peppino Calderisi, Elio Vito e Francesca Scopelliti, stanchi di farsi scippare e violentare dal padre-padrone liberale, liberista, libertario e liberticida, escono sdegnati lasciandolo andare, come si diceva ai tempi del duce, solo e nudo verso la meta; infine verso la galera, pur sapendo benissimo che i parlamentari godono dell'immunità o impunità parlamentare.

Si invoca una prece.

 
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