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Loquenzi Giancarlo - 31 agosto 1995
MARTELLI: "I REFERENDUM SONO LA VERA RIVOLUZIONE LIBERALE". "IO STO CON MARCO"
"I Laici si riuniscano intorno a Marco"

31 agosto 1995

di Giancarlo Loquenzi

L'OPINIONE

SOMMARIO. "Le battaglie referendarie di Marco Pannella sono le uniche iniziative che prefigurano una possibile rivoluzione liberale, quella che in Italia è sempre mancata e continua a mancare". Acuta analisi delle responsabilità della Chiesa e dello stesso PDS, giudizi severi ma lucidi sulle persone. Personalmente, non pensa di rientrare, per ora, in politica.

E' sorridente ed abbronzato, Claudio Martelli, e si dispone placidamente all'intervista inforcando gli occhiali e compulsando appunti presi in precedenza. Tutt'intorno libri molto sfogliati, c'è di tutto - dal caso Craxi alle ricerche teologiche di Hans Kung. Parla di filosofia, di religioni orientali, di teorie e di autori politici il più possibile lontani dal fare quotidiano degli uomini e di partiti. Ci deve essere un insieme di eccellente autocontrollo e supremo egocentrismo in questo apparente distacco dalle cose del mondo. Che infatti, di quando in quando, offre notevoli varchi. Come ad evocare la sua vicenda giudiziaria. Bastano le parole "conto protezione" per infrangere la serenità dell'insieme. Martelli allora si aggrotta e si oscura: "quella è un'infamia che prima o poi qualcuno dovrà ripagarmi: otto anni di condanna per un'accusa indimostrabile. Ed infatti dopo oltre un anno ancora non ci sono le motivazioni della sentenza, e la legge dice "non oltre tre mesi". Ma è solo un attimo, subito dopo co

nfessa di aver dismesso il mestiere di imputato: "Ho delegato tutto agli avvocati, semmai ancora mi pesa il mestiere di testimone: vengo chiamato ovunque a testimoniare, ora mi aspetta il processo Andreotti, poi chissà cos'altro". Quello del politico però no, quel mestiere non l'ha lasciato. Martelli si direbbe piuttosto in aspettativa, o nel corso di un intenso anno sabbatico. Ma si capisce subito che non perde di vista la sua arena preferita, ed annuncia che per almeno una battaglia sarebbe, anzi è pronto a tornare in campo: "le battaglie referendarie di Marco Pannella sono le uniche iniziative che prefigurano una possibile rivoluzione liberale, quella che in Italia è sempre mancata e continua a mancare".

D - Perché, proprio mentre più si evocano i valori del liberalismo e del liberismo, dalla scena politica nazionale liberali e laici sembrano più assenti che mai e dall'altra parte ex-democristiani e comunisti di sempre occupano tutta la scena?

R - Ci sono molte possibili risposte a questa domanda. Intanto se si guarda solo ai numeri, non si nota una grande sproporzione: tutti assieme, PPI, CCD e CDU assommano a qualcosa come il 10-12 per cento; gli spezzoni dell'ex-PSI, Boselli, Del Turco, Spini, la sinistra liberale e quant'altro raccolgono circa il 4 per cento, Repubblicani e Socialdemocratici, con un solo Europarlamentare ciascuno, avranno lo 0,7 per cento. Insomma mi pare che più o meno tutti si sono ridotti a circa un terzo di quello che erano. Il fatto è che il sistema maggioritario ha sconquassato il centro del vecchio sistema politico ed i partiti di governo, mentre Tangentopoli lo ha delegittimato: direi quindi che i conti tornano.

D - Se numericamente c'è un effetto di parità, dal punto di vista dell'attivismo politico, sembra che gli ex-democristiani siano molto più avanti dei laici...

R - Il motivo però è sotto gli occhi di tutti: dietro ai resti della Dc c'è il più forte insediamento di potere spirituale e temporale d'Italia: la Chiesa Cattolica. Anzi, da un certo punto di vista sarebbe da meravigliarsi che la realizzazione della Dc non proceda con ancora maggiore efficienza. Probabilmente i vertici vaticani si sono resi conto che da quando i cattolici italiani non sono più rinchiusi nell'unico recinto dello scudo crociato hanno cominciato a pesare ovunque: in AN, in parte di Forza Italia, a sinistra con l'Unità che regala i Vangeli, tra i Verdi nelle questioni di bioetica. I cattolici oggi sono corteggiati come mai in precedenza.

D - Che cosa invece ha salvato il Pds dal disastro di tutti i partiti della Prima Repubblica?

R - Il Pds ha goduto di una efficacissima tutela giudiziaria e massmediologica. L'aspetto più clamoroso è stato l'immediato seppellimento, con tanto di sentenza in tribunale, dell'enorme vicenda dei finanziamenti che provenivano dall'exPCUS, dal KGB e dalla Germania Est. Cervetti, nel suo libro "L'oro di Mosca", parlava di un finanziamento dal solo PCUS di venticinque miliardi l'anno, per almeno vent'anni. Per non dire delle percentuali sulle transazioni commerciali con l'Est Europa. E una tutela che ha i suoi simboli come Flavio Borlando: vittima di Tangentopoli prima, e poi seduto alla destra di D'Alema. E Primo Greganti, l'eroe del silenzio. Non restano che i riflettori puntati sulle Cooperative Rosse, ma non credo che avranno effetti distruttivi sul Pds.

D - Tutto questo però ancora non spiega perché laici e liberali stentino a ritrovare un loro spazio nell'arena politica.

R - Intanto, perché in Italia ha sempre dominato e tutt'ora domina un liberalismo parolaio, vuoto di contenuti, accademico. Il pds oggi parla di liberalismo, come ieri parlava di marxismo: una coperta teorica che andava bene per tutto. Però è vero che senza una grande rivoluzione liberale rischiamo una grave regressione del sistema. Il problema è che purtroppo anche Berlusconi fa del liberalismo solo a chiacchiere. A me sembra che il solo tentativo di riempire di contenuti una battaglia liberale siano i referendum di Pannella: quelli sono i soli varchi. I laici, se vogliono tornare in campo, lo devono fare non con le chiacchiere o le buone intenzioni, ma con una battaglia. E Pannella è l'unico ad offrirgliela.

D - I laici, continuiamo per semplicità a chiamarli così, sembrano essere più sensibili a spinte disgregatrici che non ad unirsi per un unico scopo .

R - Infatti, anche per questo mi sembra difficile una rinascita politico-organizzativa dell'area liberale e socialista. Ci vorrebbe altra generosità, altri leaders... Il personale politico disponibile ha piuttosto subito la sorte di collocarsi individualmente in questo o quello schieramento. E dove pure rinasce la volontà di ricostruire questo spazio, si ricade nella nostalgia del proporzionalismo. Cioè il cedimento alla vocazione minoritaria ed alla voglia di salvarsi di qualche nomenklatura. D'altro canto, chi è sopravvissuto per un'ipotesi di grande federazione?: Amato ha ormai scelto una sula collocazione istituzionale; Meana si è trasferito in un altro partito e ne ha preso la leadership; Ferrara si è messo a fare il consigliere di Berlusconi; Del Turco, Spini, Boselli fanno i cespugli della Quercia, insomma la scelta di destini minori. Questo è per dire che una rinascita non è possibile senza un percorso di battaglia. E l'unica è quella proposta da Pannella. Non a caso lui è quello che turba i sonni di

tutti, in entrambi i Poli. Pannella mette a rischio i matrimoni di convenienza stipulati in questa fase.

D - Pannella però, anche se con recenti insofferenze, si è schierato con Berlusconi...

R - Ma solo perché da quella parte c'era un vuoto e quindi più facilità, per lui, di realizzare i suoi scopi. Certo se Forza Italia facesse suo il processo referendario di Pannella, questo sarebbe un bel passo avanti per quella rivoluzione liberale, o ancor più, radicale, che è il nostro filo conduttore. Molto più difficile sarebbe stato sperare in qualche cosa del genere sul fronte di sinistra. Perché lì si sono saldate le due esperienze dominanti della prima Repubblica: la sinistra Dc e la tradizione comunista. L'unica speranza liberale a sinistra è il superamento del Pds. Pannella ha la possibilità di mettere in piedi una terza forza: ci sarebbe insomma bisogno di un Partito Radicale in piena attività. Certo Pannella da solo non basta, anche perché gli manca la voglia di fare squadra.

D - sembra di capire che se Pannella la chiamasse, lei sarebbe pronto a scendere in campo ?

R - Ma non c'è neppur bisogno che mi chiami: se c'è un contributo che ancora posso dare, è su questa battaglia referendaria che voglio darlo e così farò. La battaglia politica in sé non mi attira. Mi interessa di più studiare e riflettere e credo che questo possa avere anche una sua utilità generale, nel cercare di stimolare il meglio. Sono in molti, specie fra i giovani, a chiedermi di lasciare questa sorta di torre d'avorio; io ascolto questo monito, ma credo di poterlo fare, dopo quindici anni di prima linea, anche con lo studio e l'approfondimento.

D - E' una fase transitoria o una scelta definitiva?

R - Niente è definitivo: d'altronde non mi sento dover vivere come un reietto. Non credo, per capirci, di essere più colpevole di D'Alema, di Scalfaro o di Berlusconi. Anzi credo di esserlo molto meno, e quanto al tentativo di innovare la politica, di aver fatto certamente di più.

 
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