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Francesca Scopelliti - 27 luglio 1994
PENA DI MORTE-CODICI MILITARI

RELAZIONE DI FRANCESCA SCOPELLITI (RIFORMATORI), MEMBRO DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO, AL DISEGNO DI LEGGE PER L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE DAI CODICI MILITARI. COMMISSIONI RIUNITE GIUSTIZIA E DIFESA IN SEDE REFERENTE, SENATO 27 LUGLIO 1994.

Signori Presidenti e Colleghi,

il provvedimento che abbiamo in discussione è praticamente lo stesso che, il 29 luglio 1993, nella scorsa legislatura, fu approvato dalla Camera dei deputati, mentre non fu varato dal Senato, a gennaio, quasi per una questione di ore, prima dello scioglimento anticipato delle Camere.

Ora, noi possiamo, in pochissimo tempo, acquisire al patrimonio storico e di leggi civili del nostro paese l'abolizione della pena di morte dai codici militari.

Il disegno di legge, molto semplice, si compone di tre articoli.

Il primo propone l'abrogazione degli articoli del codice penale militare di pace [la morte come pena militare principale; modalità di esecuzione della pena di morte; autorità presenti all'esecuzione; esecuzione delle sentenze, sospensione, proposte di grazia] e del codice penale militare di guerra [luogo di esecuzione della pena di morte; casi di coercizione diretta; eseguibilità della condanna; divieto di esecuzione in territorio estero], e la soppressione nei predetti codici e in ogni altra legge ordinaria di qualsiasi riferimento alla pena di morte.

Il secondo propone la sostituzione della pena di morte prevista nel codice penale militare di guerra con la massima pena prevista dal codice penale ordinario.

Il terzo dispone l'entrata in vigore della legge lo stesso giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Per ragioni di coerenza e completezza del testo che andiamo ad approvare, annuncio che in sede di discussione proporrò un emendamento all'art. 1 perchè siano abrogati anche gli articoli 291, 292 e 293 del codice penale militare di guerra che riguardano l'esame delle sentenze da parte del comandante; il rinvio della esecuzione; l'esecuzione di sentenze di condanna per il reato di inottemperanza all'ordine di attaccare il nemico. L'abrogazione di tali articoli è già prevista nel testo approvato nella scorsa legislatura dalla Camera dei Deputati e trasmesso al Senato: circostanza probabilmente sfuggita ai presentatori di questo disegno di legge.

Signori Presidenti, signori colleghi,

L'abolizione dell'istituto dai nostri codici penali militari ha un significato specifico:

1) sebbene considerata remota l'idea che il nostro paese possa essere coinvolto direttamente in un conflitto, la sua presenza nell'ordinamento si presta a dubbi di interpretazione in caso di partecipazione dell'Italia a corpi di spedizione internazionale (in occasione della guerra del Golfo il ministero della Difesa dovette emanare un decreto ad hoc per escludere l'applicazione dei codici penali militari di guerra per i soldati italiani impegnati nell'azione internazionale);

2) la sua presenza, inoltre, lascia aperta la strada ad usi strumentali per riaprire - sia pure sul piano culturale - il dibattito sulla reintroduzione della pena capitale nel nostro paese; significativo è il caso della famosa proposta Almirante del 1981 che, pur essendo inefficace sul piano formale in quanto le norme del codice penale militare possono essere applicate soltanto nei confronti di militari e non di civili (terroristi o mafiosi), suscitò in Italia un rigurgito di attenzione per un istituto che sembrava ormai espulso dalle coscienze dei cittadini.

L'abolizione totale della pena di morte ha, oggi, anche questo valore aggiuntivo: la pena di morte deve diventare, come la tortura e la schiavitù, una sorta di tabù, un argomento su cui il diritto chiude in maniera definitiva ogni sorta di considerazione, sottraendolo anche alla possibilità del dibattito. Questo provvedimento contribuisce ad emendare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, laddove, riconoscendo che "ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona", specifica il divieto per la schiavitù e la tortura senza rendere però esplicito il rigetto per la pena capitale.

L'approvazione di questa legge costituisce anche il consolidamento di una realtà, e la conquista di nuova possibilità di lotta del nostro Paese sul fronte della giustizia e del diritto, anche internazionali.

L'anno scorso, nell'istituire il tribunale internazionale contro i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia, il Consiglio di Sicurezza su proposta italiana ha escluso il ricorso alla pena di morte, anche nei confronti dei boia di Serajevo.

Nei giorni scorsi, la Camera dei Deputati ha approvato una mozione, presentata anche qui al Senato da 110 colleghi, che impegna il governo a porre all'ordine del giorno della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite una proposta di moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Con l'abolizione, oggi, della pena di morte dai codici militari, l'Italia si aggiungerebbe a Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Portogallo, che nella Comunità Europea l'hanno totalmente abolita.

Va infine sottolineato che le disposizioni presenti nei codici militari trovano una sanzione di legittimità nell'art. 27 della Costituzione: è quindi necessario, a partire dall'approvazione del provvedimento in esame, avviare un percorso di revisione costituzionale che cancelli in maniera totale e definitiva la pena capitale dal nostro ordinamento.

Con l'approvazione di questo provvedimento, il parlamento italiano può fare la sua parte nel conseguimento dell'obiettivo di "un'Europa senza pena di morte", che è la tappa intermedia e, forse, decisiva della Campagna di cittadini e di parlamentari per l'abolizione della pena di morte nel mondo entro il 2000, denominata "Nessuno tocchi Caino". Un altro impulso verrebbe dato dal nostro Paese all'affermarsi sul piano internazionale del principio che lo Stato, in nessun caso, può disporre della vita di un suo cittadino.

 
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