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Parlamento Europeo - 11 luglio 1991
POLITICA INDUSTRIALE DELLA COMUNITA' IN UN CONTESTO APERTO E CONCORRENZIALE

Il Parlamento europeo,

- vista la comunicazione della Commissione approvata dal Consiglio dei ministri dell'industria il 26 novembre 1990 nonché la Comunicazione della Commissione sull'industria europea dell'elettronica e dell'informatica del 26 marzo 1991 (COM(90) 556),

- vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale (A3-177/91),

La necessità di una politica industriale comunitaria

1. osserva che, in considerazione della globalizzazione, dell'apertura e della mondializzazione crescenti dell'economia, la competitività è divenuta l'obiettivo prioritario della gestione delle imprese e delle economie nazionali;

2. rileva pertanto che l'acquisizione di tale competitività, interesse vitale, comporta, come ritiene anche la Commissione nella sua recente Comunicazione, la "definizione di una politica industriale moderna per la Comunità";

3. ritiene quindi che l'esigenza di competitività, stimolata essenzialmente dal libero funzionamento del mercato, possa rendere tuttavia necessaria l'attuazione di una politica industriale attiva;

4. nota infatti che i vincoli della competitività rendono in particolare necessaria una politica industriale comunitaria, segnatamente in considerazione

- della grave crisi di competitività che colpisce taluni settori strategici dell'industria comunitaria;

- dell'entità della concorrenza internazionale, in particolare da parte degli Stati Uniti, del Giappone e dei paesi che si affacciano sul Pacifico;

- delle discordanze fra le politiche industriali nazionali condotte dagli Stati membri e della necessità di meglio individuare e soddisfare l'interesse comunitario per far fronte alle strategie rivali dei principali concorenti della Comunità;

- dell'entità delle disparità di sviluppo all'interno della Comunità;

- degli interessi dei consumatori;

considera pertanto assolutamente essenziale una conclusione positiva dell'Uruguay Round del GATT;

5. afferma parallelamente l'esistenza di competenze comunitarie, nella misura in cui risulti necessaria un'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di concorrenza e di cartelli, per

- non solo creare un contesto aperto favorevole allo sviluppo dell'industria, il grande mercato interno unificato;

- ma anche introdurre un insieme di catalizzatori dell'adeguamento strutturale derivanti da politiche industriali concorrenziali e conformi alle finalità della politica comunitaria;

Le finalità di una politica industriale comunitaria

6. ritiene quindi che la necessità imperativa di una politica industriale comunitaria articolata e coerente si imponga con decisione e si basi su una percezione chiara delle sue finalità;

7. ritiene che i vincoli del modello economico esistente, sotto certi profili riduttivo e pregiudizievole e che spesso dà luogo a una lotta economica senza fine nei due sensi del termine, non escludano il ricorso a un modello industriale che, senza trascurare l'esigenza di competitività, curi maggiormente le interdipendenze e le finalità;

8. ritiene che il ruolo dello Stato sia quello di creare il contesto di uno sviluppo industriale sostenibile sul piano sociale e ambientale;

9. considera che le finalità immediate di una politica industriale comunitaria sono innanzitutto di carattere economico e devono segnatamente

- conseguire i tassi di crescita e di occupazione più elevati possibili, indispensabili per il successo dell'opera di integrazione economica e sociale della Comunità, nonché il completamento della coesione economica e sociale;

- conseguire livelli di prezzo stabili e l'equilibrio del commercio estero;

- mantenere il rango della Comunità a livello tecnologico, per evitare che divenga la subappaltatrice delle potenze concorenti;

- soddisfare la necessità, per la Comunità, di partecipare attivamente alla terza rivoluzione industriale e di svolgere un ruolo di iniziativa, altrimenti il suo ritardo tecnologico, unito al suo declino demografico, non potrebbe che tradursi in una perdita fatale di influenza nel mondo;

10. sottolinea che una nuova politica industriale moderna deve tendere all'invenzione di un modello che coniughi produttività e flessibilità nel rispetto dei valori sociali riaffermati dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali, che le direttrici statali possono contribuire a migliorare il clima degli investimenti e giudica importante una politica mirata dell'ubicazione; questo modello dovrebbe essere sostenuto nell'ambito della coesione economica e sociale e mediante misure comunitarie come la politica tecnologica comune;

11. afferma la necessità di prendere in considerazione l'obiettivo della coesione economica e sociale nel processo di sviluppo della politica industriale e, conformemente alla politica sociale e regionale, di contribuire alla riduzione dell'attuale divario di sviluppo nell'Europa dei Dodici;

12. è preoccupato dall'attuale sfasamento fra il processo di realizzazione del mercato interno e l'insufficienza delle politiche volontaristiche nel settore industriale, laddove la politica industriale comune dovrebbe divenire, così come l'Unione economica e monetaria, uno dei principali cantieri della costruzione europea; infatti, dall'efficacia della politica industriale europea dipendono in particolare la sopravvivenza del modello europeo di "crescita sostenibile", l'indipendenza e la sicurezza della Comunità, l'influenza dei suoi valori politici e culturali;

Le principali componenti di una politica industriale moderna per la Comunità

A. La creazione di un contesto industriale favorevole

13. riconosce che l'obbligo prioritario della Comunità consiste nell'assicurare alla propria industria un contesto favorevole, cioè il vantaggio di un mercato aperto e ordinato, ottenibile mediante

- la totale abolizione degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali;

- un contesto economico caratterizzato dalla massima stabilità possibile atraverso una crescita sostenuta e non inflazionistica;

- la fissazione di norme rigorose e certe;

- la fissazione di norme di minima per quanto concerne le condizioni di lavoro, la remunerazione e il godimento dei diritti sociali all'interno della Comunità;

14. chiede a questo proposito alla Commissione di perseguire con decisione, con la collaborazione determinata degli industriali, l'opera di normalizzazione europea avviata, salvo introdurre una revisione delle modalità di funzionamento del CEN, dell'ETSI e del CENELEC;

15. riconosce altresì la necessità di un mercato stimolato da una concorrenza dinamica e leale; chiede a questo proposito alla Commissione di vigilare col massimo rigore sull'attuazione concreta delle norme di concorrenza, segnatamente in materia di controllo delle concentrazioni e di effettiva liberalizzazione degli appalti pubblici; ritiene la concorrenza e la competitività indissolubilmente legate; ritiene poi che la Comunità debba mettere a punto la sua politica in materia di investimenti interni, tenendo conto della necessità di evitare che gli enti nazionali, regionali e locali competano per tali fondi e chiarendo la sua posizione in merito alla portata di concetti quali la sovranità economica e l'indipendenza tecnologica;

16. ritiene che le incorporazioni, le acquisizioni e la collaborazione tra imprese presentino spesso implicazioni che interessano un gran numero di politiche comunitarie, tra cui la protezione dell'ambiente, lo sviluppo regionale, la salvaguardia dei posti di lavoro, le condizioni contrattuali e di lavoro, i livelli di ricerca e sviluppo, gli investimenti e l'apporto innovativo nonché le relazioni tra le industrie comunitarie e i loro principali concorrenti stranieri; riafferma la sua adesione all'obiettivo di mantenere una concorrenza sostenuta tra i produttori comunitari, insistendo tuttavia sul fatto che la politica della concorrenza deve tenere pienamente conto dell'insieme delle conseguenze economiche a livello regionale e sociale delle incorporazioni, delle acquisizioni e della collaborazione tra imprese; invita pertanto la Commissione ad elaborare una nuova strategia della politica della concorrenza che si integri con i più ampi obiettivi economici e sociali della Comunità;

17. chiede inoltre alla Commissione di definire ulteriormente la sua posizione in merito agli accordi di cooperazione tra imprese al fine di chiarire la distinzione tra accordi che impediscono la concorrenza e quelli che la consentono;

B. Rafforzare la competitività dell'industria comunitaria

18. osserva che oggi, fra i vari fattori di competitività di un'economia (prezzo, qualità, grado di specializzazione, vantaggi comparativi), emergono sempre più la capacità di iniziativa delle imprese e il livello di organizzazione di queste ultime;

19. rileva, appunto in funzione di questi criteri dinamici e di competitività, che la Comunità attraversa una grave crisi di competività, in particolare nei settori tecnologici diffusivi di carattere strategico per il futuro della Comunità, quali l'elettronica e l'informatica;

20. conferma in questo settore la diagnosi della Commissione (la ristrettezza dei mercati nazionali e le sue conseguenze; l'insufficienza dell'integrazione verticale e delle reti di cooperazione in questo settore) e sostiene, in linea di principio, le misure da essa proposte;

C. Garantire il controllo delle conoscenze

21. osserva che la terza rivoluzione industriale, incentrata sul controllo delle conoscenze, delle reti e delle informazioni, impone strategie economiche rinnovate imperniate sull'acquisizione, sull'applicazione e sulla diffusione delle conoscenze, da cui le esigenze essenziali di formazione e di ricerca;

22. constata con la Commissione che "un elevato livello di istruzione è la base per il fabbisogno di capitale umano delle economie avanzate"; invita a questo proposito la Commissione a portare avanti i programmi attualmente in corso (ERASMUS, COMET, LINGUA, ecc.), estendendone gli effetti troppo dispersi e insufficienti, nonché, previa consultazione dei governi degli Stati membri, a definire proposte indicative volte a potenziare e migliorare le strutture comunitarie di formazione onde garantire che, entro il 2000, la popolazione comunitaria goda della migliore formazione e istruzione al mondo; ritiene che tali proposte debbano inoltre prevedere disposizioni volte a garantire un adeguato sostegno finanziario ai governi degli Stati membri più poveri, essere commisurate alle necessità locali, tenendo conto delle esigenze a medio e lungo termine dei datori di lavoro e di quelle dei cittadini comunitari disoccupati e sottoccupati, ed essere applicate da enti a direzione locale e regionale;

23. si preoccupa per le carenze della ricerca comunitaria, caratterizzata segnatamente

- da un livello inferiore di intensità (CEE 1,9% del PIL contro il 2,6% negli Stati Uniti e il 2,9% in Giappone),

- da un'insufficiente concentrazione della ricerca su settori strategici quali l'informatica e l'elettronica, i nuovi materiali funzionali, le biotecnologie, le industrie dell'ambiente,

- da una grave carenza di diffusione delle tecnologie e delle loro applicazioni,

- dalla vera e propria mancanza di una rete di clienti pionieri destinatari delle nuove tecnologie;

- da una definizione della ricerca a livello pre-concorrenziale che risulta eccessivamente restrittiva a fronte della politica perseguita dai governi di alcuni Stati concorrenti come il Giappone;

24. sottolinea altresì l'insufficienza degli stanziamenti assegnati ai programmi quadro di ricerca e l'inadeguatezza (eccessiva lentezza) delle modalità di aprovazione dei programmi quadro e dei loro programmi specifici;

25. ritiene che in futuro la Commissione, per esempio mediante una procedura di notifica, dovrebbe svolgere un ruolo preminente nel coordinamento, al momento assai insoddisfacente, dei programmi nazionali di ricerca;

26. sottolinea la necessità di meglio coordinare e approfondire gli sforzi di vigilanza tecnologica sulla base di indicatori concreti e di risultati (ricadute dei progetti tecnologici, livello di percezione sociale ecc.);

27. invita la Commissione ad accertare, in cooperazione con gli Stati membri, la possibilità di introdurre all'interno della Comunità incentivi fiscali per la ricerca e lo sviluppo ad alto apporto tecnologico analoghi al regime di credito d'imposta per la ricerca e la sperimentazione in vigore negli Stati Uniti (American Research and Experimentation Tax Credit Scheme);

D. La promozione delle PMI

28. ricorda che il 98% delle imprese della Comunità è costituito da PMI e che occorre promuoverne tutte le potenzialità favorendo

- un loro migliore inserimento nel tessuto industriale ed economico (semplificazione amministrativa; migliore informazione; formazione dei dirigenti e del personale; miglior accesso al finanziamento; maggiore partecipazione ai programmi di ricerca della Comunità),

- una più stretta cooperazione (tramite il potenziamento dell'Ufficio di ravvicinamento, della rete BC, del mercato dei subappalti ancora troppo localizzato e stimolando le loro organizzazioni rappresentative a elaborare strategie d'insieme);

- l'obbligo per la Direzione generale XXIII della Commissione ("Politica delle imprese, commercio, turismo ed economia sociale") di elaborare pareri sulle direttive che interessano le PMI;

29. invita la Commissione a effettuare e a sottoporgli uno studio sulle economie locali, analogo, per le sue dimensioni, a quelli svolti in passato sull'UEM o sul mercato interno; obiettivo di tale studio deve essere l'esame della portata e delle possibilità di replica dei successi ottenuti dalle più dinamiche regioni industriali dell'Europa, l'individuazione degli interventi politici necessari per promuovere tali esperimenti, la presentazione di proposte volte a incoraggiare un ruolo economico attivo degli enti regionali e locali, in particolare a sostegno delle piccole e medie imprese, sulla base dell'esperienza positiva di alcune regioni industriali dinamiche come il Baden-Württemberg in Germania e l'Emilia Romagna in Italia, nonché l'attribuzione alle autorità regionali e locali di un ruolo più significativo ai fini della destinazione di una quota degli stanziamenti comunitari per la ricerca e lo sviluppo e degli interventi dei fondi strutturali alle piccole e medie imprese;

30. è favorevole al rafforzamento dei mezzi del programma d'azione a favore delle PMI;

31. ritiene che una simile strategia industriale debba basarsi su un'approfondita valutazione dei punti di forza e delle debolezze dei singoli settori industriali europei nonché su un esame delle sfide e delle opportunità che li attendono, e che tale valutazione debba trarre profitto dall'esperienza delle parti sociali; invita pertanto la Commissione ad esaminare come possano essere strutturati a livello comunitario simili consessi del mondo industriale, al fine di potenziare le strutture industriali europee;

32. ritiene inoltre che tali consessi debbano instaurare stretti legami con le autorità nazionali e regionali alla luce della crescente importanza delle economie regionali e locali e della necessità di fornire un quadro per il dialogo sociale accessibile anche alle piccole e medie imprese e ai rappresentanti dei loro lavoratori nonché a quelli delle comunità locali;

E. La coerenza delle strategie

33. sottolinea che per la Comunità è urgentemente necessario giungere a una strategia industriale d'insieme coerente, di fronte alle strategie elaborate e offensive dei suoi grandi concorrenti;

34. ritiene che questa strategia industriale comune debba, nel rispetto del principio di sussidiarietà, avere segnatamente per oggetto l'indispensabile rafforzamento della politica di ricerca, l'elaborazione di controffensive industriali nei settori in cui l'Europa è colpita da una crisi di competitività e la concezione di grandi progetti collettivi europei o mondiali (in particolare nel settore delle infrastrutture, delle telecomunicazioni, della divulgazione, dell'innovazione verso i PVS o della sanità, per esempio);

35. sottolinea l'opportunità che gli Stati Uniti e il Giappone tengano maggiormente conto dei lavori dell'ISO e della CEI;

36. ritiene che in materia di competitività industriale il ruolo principale spetti alle imprese stesse ma che rientri nella competenza delle autorità pubbliche nazionali o comunitarie adottare le misure per far fronte ai problemi la cui soluzione non può essere demandata alle sole forze del mercato (per esempio, la comparsa di nuove tecnologie) e per assicurare l'applicazione delle norme indispensabili per il corretto funzionamento dell'economia nel rispetto dell'interesse generale e dei valori comuni;

37. osserva che gli Stati membri dovrebbero, in considerazione della specificità economica dell'industria militare, del suo costo e del carattere spesso indecifrabile delle sue "ricadute", cooperare molto più strettamente in questo settore e favorire per quanto possibile le tecnologie in grado di passare da impieghi militari a impieghi civili;

38. sottolinea anche, vista l'attuale preponderanza del fattore organizzativo ai fini della competitività, la necessità di rafforzare considerevolmente il livello di cooperazione fra le imprese comunitarie nonché la coerenza del funzionamento dell'apparato industriale comunitario, si tratti delle imprese stesse (rotazione delle scorte, tasso di utilizzazione delle attrezzature) o delle istanze pubbliche interessate (organizzazione interna dei ministeri dell'industria e relazioni con gli altri ministeri; maggiore cooperazione in particolare tra le DG III, IV e XIII della Commissione);

39. prende atto della recente analisi condotta dalla "Federal Reserve Bank" di New York nella quale si afferma che il minor costo del capitale in Giappone potrebbe essere attribuito ai seguenti fattori:

- forte regolamentazione dei mercati finanziari nazionali;

- stabilità macroeconomica;

- maggiore integrazione tra il settore industriale e quello bancario;

- maggior ripartizione dei rischi in ambito sociale mediante politiche volte a minimizzare le possibilità di bancarotta;

40. alla luce dell'analisi condotta dalla Federal Reserve Bank invita la Commissione a considerare, riferendone poi in merito, il problema dell'alto costo del capitale in Europa e, parallelamente, la questione legata all'imposizione di scadenze a breve termine da parte di istituti finanziari di taluni Stati membri;

41. rileva inoltre che nel documento della Commissione del 1990 su un "Quadro generale dell'industria comunitaria", si evidenzia come il rendimento in termini finanziari delle imprese giapponesi è inferiore a quello delle loro rivali europee e statunitensi e che l'alto livello di investimenti giapponesi è ampiamente dovuto al fatto che gli operatori di quel paese non si attendono utili così cospicui come le loro controparti europee e statunitensi;

42. alla luce di tali dati respinge pertanto l'opinione espressa nel documento COM(90) 556 secondo la quale una ripresa dell'industria comunitaria dipende dal raggiungimento di livelli ancora più alti di redditività, con conseguente spostamento di accento dai salari ai profitti e aggravamento delle disparità economiche; insiste piuttosto sul fatto che la sfida consiste attualmente in una riduzione del costo del capitale per gli investimenti;

43. sottolinea l'esigenza che la Comunità prenda le misure necessarie per assicurare un'accresciuta coerenza tra le diverse politiche comunitarie aventi un'incidenza diretta o indiretta sul sistema produttivo;

F. Il miglioramento del contesto finanziario e monetario delle imprese

44. sottolinea, di fronte allo sviluppo abnorme della sfera finanziaria e ai suoi rischi, che per l'industria comunitaria è necessario godere del contesto finanziario e monetario più sano e stabile possibile, sotto il profilo, per esempio, dei tassi di cambio e dei tassi d'interesse e invita la Commissione a proporre misure legislative e finanziarie volte a incoraggiare investimenti a lungo termine;;

45. si preoccupa, in particolare, per l'insufficienza del livello del risparmio nella Comunità e auspica un miglioramento delle condizioni dell'investimento produttivo; ciò implica in particolare la necessità di favorire, segnatamente dal punto di vista fiscale, la formazione dei capitali propri delle imprese, nonché il loro tasso di redditività;

46. ricorda fino a che punto l'industria comunitaria è colpita dalle variazioni erratiche del dollaro e dalle relative conseguenze; ritiene che la dipendenza della competitività europea da questo fattore esogeno renda indispensabile l'accelerazione dei progressi verso l'unione monetaria;

47. rileva che, secondo quanto afferma un numero sempre crescente di esperti, in un'era di rapidi mutamenti tecnologici, di modifiche della domanda e di incertezza economica, la concorrenzialità risiede essenzialmente nella presenza di una forza lavoro estremamente qualificata, impegnata e flessibile che disponga di un'ampia autonomia sul lavoro e partecipi effettivamente agli organi decisionali dell'impresa; rileva inoltre che ciò è in contrasto con la filosofia della deregolamentazione, che si pone come obiettivo quello di minimizzare il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori e rendere meno incisiva la legislazione concernente la sicurezza del posto di lavoro e le condizioni di lavoro e sottolinea l'importanza di una politica salariale restrittiva come fonte di vantaggio concorrenziale; richiama infine l'attenzione della Commissione, del Consiglio e dei governi nazionali sul contributo che un rafforzamento della dimensione sociale può apportare al successo dell'industria;

G. Una politica commerciale determinata

48. sottolinea la necessità di una politica commerciale determinata, che garantisca alle industrie comunitarie condizioni commerciali giuste ed eque; chiede alla Commissione, tanto nel contesto dei negoziati commerciali (Uruguay Round) quanto nell'applicazione delle norme del commercio internazionale in generale, di dar prova di una vigilanza assai più rigorosa (lotta contro episodi concreti di dumping e di contraffazione), che garantisca in particolare l'effettivo rispetto del principio di reciprocità da parte dei concorrenti industrializzati come gli Stati Uniti e il Giappone; in assenza di tale rafforzamento della politica commerciale comune, eventualmente facendo ricorso alla preferenza comunitaria, i progressi della competitività industriale sarebbero vani;

49. insiste altresì affinché la Comunità si doti di una politica commerciale più offensiva, segnatamente a vantaggio delle PMI nonché in materia di crediti all'esportazione;

Il rafforzamento e la democratizzazione del processo decisionale in materia industriale nella Comunità

50. rileva che la complessità e la rapidità dell'evoluzione tecnologica industriale, così come l'inadeguatezza dei territori e dei poteri nazionali di fronte alla mondializzazione dell'economia, impongono una riflessione pressante sulla dimensione istituzionale di una politica industriale moderna per la Comunità;

51. giudica quindi indispensabile che le Conferenze intergovernative attualmente in corso prendano in considerazione la dimensione istituzionale della politica industriale, integrazione indispensabile dell'Unione economica e monetaria, nei loro lavori di revisione del trattato, sotto il profilo tanto del rafforzamento quanto della democratizzazione del processo decisionale;

52. sottolinea nuovamente a questo proposito la necessità di una maggiore democratizzazione delle relazioni industriali nell'impresa, dell'informazione e della partecipazione, specialmente del personale e della comunità locale, alla scelta delle strategie, garanzia di una competitività accettata e rafforzata e di una legittimazione supplementare dell'impresa;

53. ritiene altresì che la Commissione dovrebbe essere chiamata a svolgere in questo campo un ruolo sempre più incisivo di proposta e di stimolo, segnatamente quanto all'individuazione dell'interesse comunitario e al coordinamento dei programmi industriali e tecnologici nazionali (notifica); essa dovrebbe tener conto, nella realizzazione delle sue politiche, dell'evoluzione dei mercati mondiali di beni e servizi;

54. ricorda, pur approvando le prime iniziative avviate dalla Commissione, la necessità di una politica industriale comunitaria integrata e ambiziosa, animata essenzialmente dalle forze di mercato e tuttavia capace di ovviare alle proprie carenze, che assicuri alla Comunità la necessaria competitività industriale;

chiede pertanto alla Commissione di approfondire la sua iniziativa e, in un prossimo futuro, di prendere le misure ovvero di presentare le proposte che si impongono, in particolare per

- vivacizzare i settori colpiti da una crisi di competitività;

- forzare, coordinare meglio e accelerare gli sforzi di ricerca;

- favorire una cooperazione più stretta tra le imprese comunitarie interessate;

- dotare la Comunità degli strumenti di una politica commerciale forte e adeguata;

presentare fin dal 1992 al Consiglio e al Parlamento una relazione generale sulla politica industriale della Comunità che rifletta le posizioni espresse nella presente risoluzione;

55. osserva che tanto l'attuale indeterminatezza su tali questioni quanto la portata di queste ultime sotto il profilo economico, sociale, regionale, politico e culturale, rendono indispensabile l'esistenza a tutti i livelli di un vero e proprio dialogo democratico sui problemi della politica industriale;

56. ritiene che le parti sociali debbano partecipare su base paritaria, tra l'altro mediante il Comitato economico e sociale e il dialogo sociale, sia a detta riflessione che alla messa a punto di orientamenti e alla consultazione in materia di proposte d'azione;

57. sottolinea infine il ruolo che il Parlamento europeo, di concerto con i parlamenti nazionali, dovrà assumere dal punto di vista tanto dell'informazione dell'opinione pubblica della Comunità (con il sostegno dell'attuale ufficio per la valutazione scientifica e tecnica - STOA - all'occorrenza potenziato) quanto del controllo dell'azione del Consiglio e della Commissione, i cui rispettivi poteri saranno rafforzati (parere conforme sui grandi orientamenti pluriennali di politica industriale; votazione sulla relazione annuale della Commissione sulla politica industriale e di ricerca) per divenire la sede per eccellenza del dibattito democratico industriale europeo;

58. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio e alla Conferenza intergovernativa.

 
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