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Parlamento Europeo - 12 settembre 1991
Sui diritti dell'uomo nel mondo nel 1989 e 1990 e sulla politica comunitaria dei diritti dell'uomo

Il Parlamento europeo,

- viste le proposte di risoluzione presentate dagli onn.

a) Staes, sui diritti dell'uomo in Guatemala (B3-3/90)

b) Arbeloa Muru e Ramirez Heredia, su un'amnistia generale per tutti i prigionieri per motivi di coscienza (B3-62/90)

c) Glinne, sulla prostituzione infantile (B3-66/90)

d) David, sulla sorte dei bambini del Terzo Mondo (B3-213/90)

e) Arbeloa Muru, a nome del gruppo socialista sulle esecuzioni segrete in Iraq (B3-497/90)

f) Newens e altri, sulla violazione dei diritti dell'uomo in Iran (B3-655/90)

g) Newens e altri, sui tentativi di omicidio perpetrati contro i rifugiati iraniani e altri individui (B3-1101/90)

h) Fontaine, sull'arruolamento di minori nei conflitti armati (B3-1479/90)

i) Arbeloa Muru, sulle misure contro torture, morti violente e sparizioni (B3-33/91).

- vista la risoluzione sui diritti dell'uomo approvata il 17 maggio 1983 G.U. n. C 161 del 20.6.1983, pag. 58

- vista la risoluzione sui diritti dell'uomo nel mondo e sulla politica della Comunità concernente i diritti dell'uomo approvata il 22 maggio 1984 G.U. n. C 172 del 2.7.1984, pag. 36

- vista la risoluzione sui diritti dell'uomo nel mondo e la politica della Comunità in materia di diritti dell'uomo approvata il 22 ottobre 1985 G.U. n. C 343 del 31.12.1985, pag. 29

- vista la risoluzione sui diritti dell'uomo nel mondo e sulla politica della Comunità in materia di diritti dell'uomo approvata il 12 marzo 1987 G.U. n. C 99 del 13.4.1987, pag. 157

- vista la risoluzione dei diritti dell'uomo nel mondo e sulla relativa politica comunitaria approvata il 18 gennaio 1989 G.U. n. C 47 del 27.2.1989, pag. 61,

- visti la relazione della commissione politica e i pareri della commissione per lo sviluppo e la cooperazione e della commissione per la gioventù, la cultura, l'istruzione, i mezzi di informazione e lo sport (A3-221/91)

A. considerando che il primo Parlamento europeo direttamente eletto si è impegnato a elaborare una relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo e sulla politica comunitaria dei diritti dell'uomo,

B. considerando che l'impegno a rispettare i principi democratici di governo nonché la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nello Stato di diritto è un requisito per l'adesione alla Comunità europea,

C. considerando che la Comunità ha ribadito tale impegno nella dichiarazione interistituzionale comune del 5 aprile 1977, nella dichiarazione sui diritti dell'uomo adottata dai Ministri degli esteri dei Dodici il 21 luglio 1986 e nel preambolo dell'Atto unico europeo, secondo il quale gli Stati membri e le istituzioni della CEE sono decisi a promuovere insieme la democrazia basandosi sui diritti fondamentali sanciti dalle costituzioni e dalle leggi degli Stati membri, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta sociale europea,

D. considerando che, nel periodo in esame, sono stati fatti riferimenti ai diritti umani nelle conclusioni del Consiglio europeo di Dublino (giugno 1990) concernenti i diritti umani e le pratiche di buon governo in Africa, in quelle del Consiglio europeo di Roma (dicembre 1990) concernenti la promozione della democrazia e dei diritti dell'uomo nelle relazioni esterne, nonché nelle conclusioni della riunione del Consiglio del 19 dicembre 1990 su una politica mediterranea rinnovata, in cui figura una Dichiarazione sul rispetto dei diritti dell'uomo e l'incoraggiamento dei valori democratici,

E. considerando che l'impegno della Comunità europea a rispettare i diritti dell'uomo dovrebbe in principio estendersi alla tutela dei diritti del'uomo al di fuori della Comunità Giacché i rappresentanti della Comunità non possono accedere direttamente ai sistemi giuridici dei paesi terzi, le violazioni dei diritti dell'uomo al di fuori della Comunità rientrano nella sfera di competenza della commissione politica, responsabile per gli affari esteri, mentre le violazioni commesse nella Comunità che potrebbero trovare riparazione a norma della legislazione interna degli Stati membri, della legislazione comunitaria e della Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali rientrano nella sfera di competenza della commissione giuridica e per i diritti dei cittadini nonché della commissione per le petizioni. e che i supremi organi della Comunità hanno dichiarato che le espressioni di preoccupazione per le violazioni dei diritti dell'uomo commesse nei paesi terzi non possono essere considerate co

me un'interferenza ingiustificata negli affari interni di un paese terzo, e considerando che i paesi della Comunità europea, sia individualmente che collettivamente, hanno l'obbligo di perseguire l'applicazione della legislazione internazionale dei diritti dell'uomo,

F. considerando che i diritti dell'uomo sono universali e indipendenti da particolari sistemi giuridici o politici e che i governi hanno il dovere di promuoverli tanto al di fuori quanto all'interno delle proprie frontiere,

G. considerando che in seno alla comunità internazionale si è avuta un'evoluzione significativa del modo di percepire l'obbligo di intervenire, con vari mezzi, laddove vi siano gravi violazioni dei diritti umani, evoluzione che ha trovato recentemente riscontro nella risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 688 del 5 aprile 1991,

H. considerando che l'azione comunitaria volta a promuovere i diritti dell'uomo nei paesi terzi è ispirata dal sistema giuridico proprio della Comunità, basato sui Trattati, sulla giurisprudenza della Corte di giustizia, sulla legislazione comunitaria, sulle disposizioni della Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali nonché sulle costituzioni e le leggi degli Stati membri,

I. considerando che, se violazioni dei diritti dell'uomo si verificano nei paesi della Comunità europea, esistono di norma strumenti di ricorso a norma delle debite procedure giudiziarie (compresa la legislazione comunitaria che ora recepisce alcuni diritti dell'uomo tradizionali come la libertà di associazione e quella di espressione) e che, qualora tali strumenti si rivelino inadeguati, esistono in principio meccanismi che possono riparare alle violazioni;

J. considerando che, nonostante la competenza assunta dalla Comunità in questioni relative ai diritti dell'uomo, a essa non viene conferito nei Trattati un mandato giuridico specifico in questa sfera e che essa non ha aderito alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, malgrado gli inviti del Parlamento a farlo,

K. considerando che nell'imminente revisione delle disposizioni della Cooperazione Politica Europea Prevista nel titolo III dell'Atto unico europeo e nelle nuove disposizioni che potrebbero derivare dalla Conferenza intergovernativa sull'Unione politica dovrebbe figurare un riferimento esplicito all'obbligo della Comunità di promuovere e tutelare i diritti dell'uomo,

L. considerando che stanno assumendo sempre maggiore importanza i sistemi regionali per la tutela dei diritti dell'uomo attuati in varie parti del mondo e che il significato della "dimensione umana" deve anch'esso assurgere ad aspetto fondamentale dell'architettura istituzionale di una nuova Europa ampliata,

M. considerando che nelle relazioni annuali del Parlamento si pone un accento particolare su tre diritti fondamentali, cioè il diritto alla vita, quello al rispetto dell'integrità fisica e morale della persona e quello a un giudizio equo da parte di un tribunale indipendente, riconoscendo al tempo stesso che tutti i diritti dell'uomo, siano essi politici e civili o economici, sociali e culturali, sono indivisibili e interconnessi,

N. considerando che né l'assenza di sviluppo sociale ed economico né alcuna convinzione o ideologia possono servire da giustificazione per negare i diritti civili e politici, né possono le convinzioni o le ideologie giustificare la privazione dei diritti umani sociali o del diritto allo sviluppo, e che la Comunità europea dovrebbe essere prudente nel porsi come modello e, nell'occuparsi di temi relativi ai diritti dell'uomo con paesi terzi, dovrebbe sempre tener conto della relatività culturale e del "contesto",

O. considerando che attualmente incombono gravi minacce sui diritti dell'uomo nella Comunità europea, non da ultimo a seguito della recrudescenza dell'intolleranza e del razzismo, che ha portato l'11 giugno 1986 all'approvazione della dichiarazione contro il razzismo e la xenofobia G.U. n. C 176 del 14.7.1986, pag. 62., e che una commissione d'inchiesta del Parlamento ha elaborato nel 1990 una relazione Conclusioni della commissione d'inchiesta sul razzismo e la xenofobia e risoluzioni del 10 ottobre 1990 sulla relazione di tale commissione (G.U. n. C 284 del 12.11.1990, pag. 57)., in cui si chiedevano misure concrete complementari,

P. considerando che all'interno della Comunità persiste la minaccia alla convivenza democratica rappresentata dal terrorismo cui vanno imputati,, nel periodo in esame, omicidi e altri atti criminosi in vari Stati membri, in particolare in Spagna, Grecia, Repubblica federale di Germania e Francia, commessi a volte con l'appoggio di forze politiche che si celano nella legalità democratica,

Q. considerando che i temi relativi ai diritti dell'uomo nella Comunità europea, come il diritto di asilo e il trattamento dei rifugiati, figurano tra i temi politici principali che la Comunità deve esaminare, molti aspetti dei quali non sono contemplati dalle convenzioni di Ginevra del 1951 e che la CE, in vista del completamento del mercato interno nel 1992, deve trovare soluzioni sul piano comunitario che integrino le misure nazionali o internazionali,

R. considerando

- che in tutto il mondo si è ampiamente diffuso il riconoscimento dei diritti umani,

- che una comunità fondata sui principi dello stato di diritto e della democrazia è investita di una responsabilità a livello mondiale che dovrebbe essere percepibile anche nella sua politica estera,

- che per la sua funzione di interlocutore nelle rivendicazioni riguardanti i diritti umani ovunque nel mondo il PE ha l'obbligo di accogliere tali istanze, verificarne nel miglior modo possibile la veridicità e appoggiarle quindi mediante proprie risoluzioni,

S. considerando che i cittadini comunitari giustamente esigono un rispetto totale dei diritti dell'uomo da parte di tutti i paesi membri e fanno del rispetto dei diritti umani da parte dei paesi terzi un parametro fondamentale per i rapporti della CE con essi,

T. considerando che il pluralismo e la democrazia contribuiscono alla difesa dei diritti dell'uomo e che sempre più persone fanno valere le proprie ragioni in tale ambito e sono consapevoli dei propri diritti individuali,

U. considerando che i diritti dell'uomo si impongono al meglio in una situazione di stabilità democratica e che è compito degli organi della Comunità, in particolare del suo Parlamento, incoraggiare l'evoluzione dello stato di diritto, della democrazia e del pluralismo politico,

V. considerando che in un numero crescente di paesi, anche se non ancora in tutti, i governi sono sempre più ricettivi nei confronti dell'opinione pubblica e delle rimostranze contro le loro politiche in materia di diritti dell'uomo,

W. considerando che viene riconosciuto che l'impegno a favore dei diritti dell'uomo è un'attività legittima, impossibile da interpretare come un'ingerenza indebita negli affari interni dei paesi terzi,

X. considerando che, sebbene le pressioni a livello internazionale non sempre possano aver successo, è un fatto comprovato che vi sono sensibili persino i governi che violano i diritti umani, e che esse del resto rappresentano l'unica tutela dei prigionieri politici, tant'è che molti ex detenuti hanno testimoniato che le parole possono avere un loro peso e i documenti possono persuadere,

Y. considerando tuttavia che la Comunità europea, non meno di altri membri della comunità internazionale, è stata "selettiva" nel suo approccio e che le sue politiche relative ai diritti dell'uomo sono state talvolta determinate da considerazioni di carattere strategico, geopolitico e commerciale,

Z. considerando che negli ultimi anni i diritti dell'uomo sono stati maggiormente presenti nella politica estera della CE e dei suoi Stati membri e che pertanto vanno messi a punto chiari orientamenti in materia,

AA. considerando che in un mondo sempre più interdipendente la pace può essere minacciata dall'aumento delle violazioni dei diritti dell'uomo laddove crollano i sistemi e imperversano la violenza e la miseria, e che per la CE la creazione di condizioni stabili è impensabile senza uno scrupoloso rispetto dei diritti umani,

1. ribadisce gli impegni, le dichiarazioni di principio e le proposte politiche figuranti nelle sue precedenti relazioni sui diritti dell'uomo;

2. è convinto che il periodo in esame (1989 e 1990) abbia fatto nascere la speranza che la comunità internazionale possa compiere progressi significativi verso il raggiungimento di un maggior rispetto dei diritti dell'uomo, non da ultimo a seguito della fine della "guerra fredda" e delle prospettive di un ruolo più intenso ed efficace delle Nazioni Unite;

3. si rammarica tuttavia che queste speranze e aspirazioni, giustificate dai grandi cambiamenti verificatisi in vari singoli paesi, specialmente in Europa centrale e orientale, non consentano di concludere che su scala mondiale la gravità delle sofferenze causate dalle violazioni dei diritti dell'uomo sia significativamente diminuita;

4. deplora che, oltre alle guerre e ai conflitti civili, con le evidenti trasgressioni che ne derivano, la maggioranza dei governi del mondo intero pratichi o tolleri in varie forme le trasgressioni dei diritti dell'uomo e che in un numero significativo di paesi, anche in alcuni che mantengono strette relazioni con la CE, vengano violati in modo flagrante e sistematico i diritti dell'uomo riconosciuti internazionalmente, facendo ricorso alla tortura o ledendo comunque il diritto alla vita e alla dignità umana,

5. osserva che i principi fondamentali della legislazione internazionale che si occupa della tutela dei diritti dell'uomo sono violati più comunemente in situazioni di conflitto armato, tra l'altro con esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra, atti di terrorismo individuale o collettivo, torture ed esecuzioni di ostaggi e prigionieri, bombardamenti indiscriminati e impiego di armi vietate;

6. reputa al riguardo che le evidenti violazioni delle Convenzioni di Ginevra sono più frequenti che mai e osserva che le organizzazioni umanitarie di reputazione internazionale come la Commissione internazionale della Croce Rossa giudicano che negli anni '80 si sia avuta una spirale di violenza in tutto il mondo, specialmente nei conflitti interni non chiaramente contemplati dalla legislazione umanitaria internazionale;

7. rammenta con rammarico che negli ultimi 45 anni si sono svolti circa 105 conflitti armati, quasi tutti nel Terzo Mondo; che negli ultimi anni le guerre civili e in particolare i conflitti etnici si sono maggiormente diffusi; che negli anni '80 si è verificato un forte aumento del numero dei conflitti - internazionali, interni o misti - molti dei quali sono attualmente di lunga durata, e che più dell'80% delle vittime dei conflitti in corso sono civili, in schiacciante maggioranza donne e bambini;

8. osserva inoltre che 13 guerre stanno proseguendo in Africa, tra cui il conflitto in Eritrea, il più vecchio, che dura da quasi 30 anni, e il conflitto in Mozambico, anch'esso di lunga durata;

9. è profondamente preoccupato per il fatto che l'impiego dell'iprite da parte dell'Iraq contro l'Iran, e probabilmente anche dei gas al cianuro e degli agenti nervini, ha contravvenuto ad una regola internazionalmente riconosciuta e osserva che a quanto pare almeno 20 paesi possiedono attualmente armi chimiche o la capacità di impiegarle in violazione del Protocollo di Ginevra del 1925;

10. si rammarica che l'ondata di liberalizzazione che ha attraversato il mondo nel periodo in esame non abbia avuto effetti significativi su parecchi paesi; che, con importanti eccezioni come la liberazione del prigioniero politico più noto del mondo, Nelson Mandela, migliaia di prigionieri politici a lungo termine rimangano incarcerati in vari paesi, e in qualche caso siano stati detenuti per più di due decenni, come a Cuba, in Indonesia, nel Malawi, in Siria e in Marocco; che, come viene attendibilmente riferito, tra 40 e 60 paesi del mondo pratichino abitualmente la tortura, compresi alcuni paesi del bacino mediterraneo vicini alla Comunità come la Turchia; che la "legislazione di emergenza" sia tuttora ingiustificatamente impiegata per detenere prigionieri politici senza accusa né processo, come in Siria, dove la legislazione di emergenza è in vigore dal 1963;

11. afferma che simili fenomeni dovrebbero essere inequivocabilmente attribuiti ai singoli governi e alla loro riluttanza a rispettare gli accordi internazionali ai quali hanno aderito e ad attuare misure preventive di tutela e di riparazione;

SVILUPPI NEGATIVI

12. richiama qui di seguito l'attenzione, sulla falsariga delle precedenti relazioni annuali, sulle conseguenze dei conflitti armati e politici, delle situazioni di malgoverno e delle carestie, che potrebbero dare origine a gravi violazioni dei diritti umani:

I. Rifugiati e sfollati

a) Il costante aumento della popolazione mondiale dei rifugiati, attualmente calcolata a 15 milioni, con altri 20 milioni di sfollati, concentrati soprattutto nell'Asia sudorientale, in Afghanistan, nel Pakistan, nel Corno d'Africa, nell'Africa australe e nell'America centrale, e i nuovi problemi che si manifestano in paesi come la Somalia e la Liberia, dove la guerra civile scoppiata nel 1990 ha provocato, su una popolazione di tre milioni di abitanti, 500.000 sfollati nel paese e 500.000 rifugiati nei paesi confinanti,

b) il manifestarsi su ampia scala di nuovi problemi relativi ai rifugiati in Medio Oriente, specie a seguito della guerra del Golfo e riguardanti particolarmente le popolazioni sciite e curde dell'Iraq, nonché in Europa orientale e centrale, dove ad esempio si è avuto nel 1990 un ingresso netto calcolato a circa 1 milione di persone nella Repubblica federale di Germania e, secondo alcune stime, vi è la prospettiva che circa 3 - 5 milioni di rifugiati possano presto cercar di lasciare l'URSS,

II. Bambini

a) La crescente marginalizzazione e vulnerabilità verso evidenti trasgressioni dei diritti dell'uomo a danno dei bambini, come è stato sottolineato nel Vertice mondiale del 1990 per i bambini, per cui, secondo le stime dell'ONU, 15 milioni di minorenni e bambini muoiono ogni anno,

b) l'esistenza nel mondo di più di 100 milioni di "schiavi bambini", concentrati soprattutto, per quanto riguarda i bambini sfruttati come manodopera, nel subcontinente indiano, benché lo sfruttamento della manodopera infantile si verifichi anche in alcuni paesi europei come il Portogallo, l'Italia e la Grecia,

c) la violenza contro "i bambini della strada" come nel 1990 in Brasile e in Guatemala, dove si è avuto un enorme aumento degli omicidi di questi bambini, uccisi da squadre di vigilantes costituite in molti casi da poliziotti fuori servizio,

d) le sofferenze dei cosiddetti "gamines" di Bogotà e di altre città colombiane che vivono e muoiono per le strade e che sovente vengono circuiti dalle bande di narcotrafficanti che ne fanno degli spacciatori e persino degli assassini,

e) in paesi di ogni parte del mondo, gli arresti ingiustificati, la tortura, le "scomparse" e l'assassinio di bambini da parte di agenti dello Stato, di cui un esempio significativo è l'Iraq, dove centinaia di bambini sono stati maltrattati e molti di essi sono scomparsi o sono stati torturati,

f) l'assenza di tutela dei diritti dei bambini in altri paesi come il Guatemala, il Perù, lo Sri Lanka, la Turchia, i Territori Occupati e il Sudafrica, dove si calcola che 9.000 bambini siano stati detenuti a norma delle disposizioni di emergenza tra il giugno 1986 e il giugno 1989,

g) l'aumento in modo massiccio della prostituzione infantile, riscontrabile in particolar modo nei paesi ove il reddito medio procapite è nettamente inferiore alla media mondiale: tale fenomeno viene però riscontrato, anche se sporadicamente, in alcuni paesi membri,

III. Tortura

a) Il persistere dei decessi susseguiti, secondo le notizie, a torture in paesi come il Salvador, il Burkina Faso, il Sudan, il Sudafrica, l'Indonesia, l'Iraq, la Cina, L'India, il Myanmar (Birmania) e il Kuwait, mentre alcuni paesi in cui il fenomeno della tortura non era stato prima osservato a un livello significativo sono stati pure attendibilmente individuati, come la Guinea equatoriale e il Kenia, dove nel 1990 si sono verificate torture e maltrattamenti di centinaia di prigionieri politici,

b) il crescente coinvolgimento di medici nelle torture, a seguito della loro pratica con metodi sempre più scientifici, che ha dato luogo nell'ambito della categoria dei medici a una campagna globale volta a vietare a questi medici l'esercizio della professione, campagna che nella sola America del Sud (in particolare in Cile) ha consentito a una commissione etica nominata dai loro stessi organismi professionali di dimostrare la colpevolezza e la complicità di quasi 20 medici (nel 1990) in episodi di tortura,

IV. Diritti sindacali

a) la violazione dei diritti e delle libertà sindacali in molti paesi, come segnalato dall'Assemblea generale della Conferenza internazionale del lavoro del giugno 1991,

b) la promulgazione di leggi e/o ordini per limitare le attività sindacali e opprimere attivisti e leader, che sono all'origine di sparizioni, tortura ed esecuzioni extragiudiziali di sindacalisti, esclusivamente a causa delle loro attività sindacali,

V. Squadroni della morte/esecuzioni sommarie e "scomparse"

a) La recrudescenza di queste uccisioni sommarie, che si manifesta spesso in situazioni di conflitto armato internazionale e interno, violenti scontri tra gruppi armati (guerriglia, narcotrafficanti, polizia ed esercito), e la ricomparsa degli squadroni della morte, che in alcuni paesi sembravano essere già sotto controllo,

b) la diffusione di tale fenomeno in zone dove non era stato prima documentato attendibilmente, come in alcune parti dell'Asia (ad esempio lo Sri Lanka, l'India, le Filippine e il Myanmar (Birmania)) e in Africa, dove ad esempio si sta ora scoprendo l'attività degli squadroni della morte in Sudafrica; nel Mali vi sono state uccisioni, appoggiate dal governo, di membri del gruppo etnico dei Tuareg e 55 prigionieri sono stati giustiziati senza processo dalle forze di sicurezza nell'agosto 1990; nel Niger, nello stesso periodo, secondo le notizie più di 100 Tuareg sono stati uccisi; in Somalia, nel luglio 1989, 46 prigionieri politici sono stati giustiziati senza processo; in Mauritania, nell'aprile 1989 e nel novembre-dicembre 1990, si sono svolte esecuzioni sommarie da parte delle forze di sicurezza; nel Ciad più di 300 prigionieri sono stati giustiziati dalla Guardia presidenziale nel dicembre 1990 o sono morti di inedia in carcere; infine, nel Medio Oriente va segnalata in particolare l'uccisione di parecch

ie decine di kuwaitiani inermi da parte delle forze di occupazione irachene nel 1990,

c) il crescente numero delle minacce di morte contro cittadini di molti paesi, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite Amos Wako, che nel 1990 si è rivolto a 45 governi chiedendo spiegazioni su esecuzioni sommarie di cui aveva avuto notizia,

d) la costante pratica delle "scomparse", come in Perù, Colombia, Guatemala, nel Salvador, nelle Filippine, nello Sri Lanka e in Cina, dove continua ad essere ignota la sorte di decine di persone arrestate nel giugno 1989, nonché la perdurante assenza di nuove informazioni o indagini su casi di "scomparse" a lungo termine, come in Etiopia, Siria, Marocco, Sahara Occidentale, Guinea, Ciad e a Cipro, casi che spesso risalgono a 10 o 15 anni or sono,

e) la costante mancanza di informazioni sulle persone scomparse a seguito dell'invasione turca di Cipro,

f) la diffusione di nuove informazioni sulle scomparse in paesi in cui il fenomeno è stato sostanzialmente debellato come in Argentina, in Uruguay e in Cile, dove la commissione cilena per i diritti dell'uomo ha riferito di poter documentare 2.200 esecuzioni politiche e 900 scomparse durante la dittatura di Pinochet, nonché la tendenza a concedere l'immunità giudiziaria a presumibili violatori di diritti dell'uomo, come si è fatto in alcuni paesi latinoamericani con membri del vecchio establishment militare,

VI. Pena capitale ed esecuzioni extragiudiziali

a) le esecuzioni extragiudiziali, senza regolare processo o dopo processi ingiusti e affrettati, in parecchi paesi come l'Iraq, il Kuwait, la Nigeria, il Sudan e l'Iran, dove nel periodo in esame si è avuta la fine di un triennio in cui, secondo le notizie, 5.000 persone sono state giustiziate senza poter disporre di un patrocinante, senza il diritto di chiamare testimoni a loro discarico e senza diritto di appello; in Iran, nel solo 1989 più di 1.000 prigionieri sono stati uccisi in esecuzioni segrete di massa per reati sia "politici" che "comuni", molte delle quali si sono svolte in pubblico comprendendo la lapidazione per adulterio, reati di droga, prostituzione e sfruttamento di proventi illeciti,

b) la costante applicazione della sentenza di morte in molti paesi, in qualche caso su notevole scala come in Iran e anche in Iraq, dove nel 1989 si sono svolte centinaia di esecuzioni sulla base di sentenze imposte da tribunali speciali senza diritto di appello, in Cina, dove si è verificato un incremento del numero già elevato di esecuzioni dopo il crollo del movimento filodemocratico, e in Unione Sovietica, dove le autorità hanno ora iniziato a rivelare le cifre annuali delle sentenze di morte e delle esecuzioni, che sono state 190 nel 1990,

c) l'esecuzione di prigionieri politici a lungo termine come in Indonesia, dove 4 esecuzioni del genere sono state effettuate nel 1990, mentre altri prigionieri continuano a essere minacciati di sentenza capitale dopo 20 anni trascorsi in prigione,

d) i decreti emanati negli Stati Uniti per conservare la pena capitale per i delinquenti minorenni, per cui la Corte Suprema ha dichiarato nel giugno 1989 che l'esecuzione di questi minorenni e delle persone mentalmente ritardate è ammissibile a norma della costituzione statunitense e la Camera dei Rappresentanti ha esaminato nell'ottobre 1990 l'estensione dell'elenco dei reati federali che possono comportare la pena capitale e di limitare gli appelli dei detenuti dei singoli Stati condannati all'esecuzione,

e) la conservazione della pena capitale in Turchia, il solo Stato membro del Consiglio d'Europa ad aver effettuato esecuzioni legali negli anni '80, benché il numero dei reati per i quali la pena capitale può essere applicata sia stato ridotto ed essa non sia stata eseguita per più di 6 anni, anche se nel 1991, dopo il periodo in esame, il Parlamento turco ha commutato tutte le sentenze capitali, che erano 290 circa,

f) la tendenza verso l'abolizione della pena di morte, che però non si può certo considerare positiva, in quanto quest'ultima è ancora presente nelle legislazioni di 134 paesi su 178, ed è ancora applicata de facto in 92 paesi: se si continuasse ad eliminare la pena di morte anche pur al ritmo del 1990 (7 paesi l'hanno abrogata totalmente: Namibia, Cecoslovacchia, Irlanda, Andorra, Sao Tomé e Principe, Mozambico, Ungheria; il Nepal l'ha eliminata solo per i reati comuni) si dovrebbero aspettare gli anni 2000, ed oltre, per vedere un mondo senza pena di morte; senza tenere conto dei tentativi di reintroduzione in atto in alcuni paesi, come il Brasile nel giugno 1991, nel Salvador, come in alcuni paesi orientali per i reati legati agli stupefacenti, e come purtroppo ogni tanto il discorso della reintroduzione si affacci anche nelle legislazioni comunitarie,

VII. Indigeni

La crescente minaccia alle vite e ai mezzi di sussistenza dei popoli indigeni allorché essi cercano di difendere il loro territorio da incursioni degli allevatori e delle compagnie minerarie e del legno, come in Brasile, nel Canadà, nella Malaysia (Sarawak) e in Indonesia (Irian Jaya),

VIII. Conflitti etnici

L'esplosione dei conflitti etnici, settari, intercomunitari e tribali come nell'URSS, in Romania, in Iugoslavia e in Irak, per il problema dei curdi, e nelle province settentrionali dell'India, conflitti che minacciano l'unità di tali paesi, e anche in Liberia, Birmania, Somalia, Iugoslavia, Sudafrica, Burundi e Ruanda, nonché la persistenza e l'intensificazione di alcuni conflitti a lungo termine come a Timor Orientale e nell'Irian Jaya, che, rispettivamente, da 15 e 29 anni stanno combattendo una guerra d'indipendenza contro l'Indonesia; in Etiopia, in Libano e nel Sudan, dove l'attuale regime militare di ispirazione islamica fondamentalista ha regolarmente bombardato obiettivi civili nella sua guerra contro l'Armata di liberazione dei popoli del Sudan, ha detenuto l'anno scorso, secondo le notizie, più prigionieri politici che qualsiasi altro paese africano e ha interrotto l'approvvigionamento ai civili in molte zone, per cui in questo paese fino a 11 milioni di persone rischiano attualmente di morire di

fame; in Siria, dove 4000 ebrei vivono ancora in tre ghetti senza poter espatriare, privati dei più elementari diritti,

IX. Libertà di religione

la negazione della libertà di culto da parte dello Stato in molti paesi e la persecuzione dei leader religiosi,

SVILUPPI POSITIVI

13. richiama l'attenzione sui seguenti sviluppi positivi avutisi nel periodo in esame:

I. Elezioni e progressi verso il pluralismo

a) L'emergere di governi eletti in Europa orientale e centrale, dove nel 1990, nell'arco di quattro mesi, sei paesi del Patto di Varsavia che hanno subito il dominio di un partito unico per più di quattro decenni sono diventati liberi di eleggere governi di loro scelta,

b) i progressi di molti paesi africani verso un maggiore pluralismo, propiziati in parte dai cambiamenti verificatisi in Europa e soprattutto dal fallimento politico ed economico dei loro governi nonché dalla corruzione e dall'oppressione da loro praticate,

c) pressioni analoghe in alcuni paesi asiatici, pur continuando a esistere governi autoritari, a dispetto delle proteste popolari, nel Myanmar (Birmania), in Thailandia, nella Corea del Sud e in Cina,

d) il consolidamento del processo democratico nei paesi dell'America Latina, grazie alle elezioni libere e segrete tenutesi in Cile, nel Nicaragua e ad Haiti, mentre solo Cuba ha ancora un regime a partito unico, benché la democrazia continui a essere estremamente fragile in parecchi paesi come il Perù e la Colombia,

e) gli importanti passi sulla via dell'abolizione dell'apartheid e i negoziati tra tutte le parti interessate, in Sudafrica,

f) nel Sahara occidentale, il piano di pace elaborato dall'ONU ed accettato dalle varie parti in causa, ma la cui applicazione rischia di essere vanificata dalle incursioni dell'esercito marocchino nel Sahara occidentale stesso;

II. Più ampia diffusione delle informazioni

Il diffondersi della rivoluzione nell'informazione, per cui, ad eccezione di alcune società e Stati molto chiusi come la Corea del Nord, parti della Cina e la Birmania, le informazioni sulle violazioni dei diritti dell'uomo possono essere trasmesse attraverso il paese e al di fuori di esso,

III. Crescita del movimento dei diritti dell'uomo

a) La costante crescita, svoltasi durante gli anni '80, delle associazioni che si dedicano al controllo o alla promozione del rispetto dei diritti dell'uomo, come in America Latina e in paesi africani come il Burkina Faso, il Camerun, la Costa d'Avorio, il Kenia, il Mali, la Mauritania, la Nigeria, il Senegal e l'Uganda,

b) l'istituzione, da parte dei governi, di organi ufficiali deputati a esaminare le lagnanze per violazioni di diritti dell'uomo, ad esempio nel Benin, in Uganda, nello Zaire, in Marocco, nel Togo, in Messico, in Cile, in Argentina, in Turchia, ecc., organi che spesso però hanno appena iniziato ad operare e non sempre trovano sufficiente appoggio,

c) il lavoro portato avanti dalla Commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite nonché da alcune organizzazioni regionali (come la OSA) che contribuiscono a una miglior conoscenza delle violazioni contro i diritti umani perpetrate in molti paesi,

IV. Soluzione dei conflitti

il conseguimento, o la prospettiva di un conseguimento, di composizioni di alcuni conflitti internazionali che da lungo tempo non trovavano soluzione, come quelli nella Namibia, in Nicaragua, nel Salvador, in Cambogia, in Angola e nel Sahara occidentale, ove ben presto sarà celebrato il referendum per l'indipendenza del popolo saharaui, una parziale soluzione dei conflitti interetnici in Sudafrica; in alcuni di questi casi la nuova intesa tra gli USA e l'URSS ha svolto senz'altro un ruolo positivo,

V. Rilascio di prigionieri politici

il rilascio di numerosi prigionieri politici nel periodo in esame in taluni paesi tra cui lo Zambia (luglio 1990), l'Uganda (aprile 1990), il Burkina Faso (agosto 1989), il Sudafrica (1989-1990), la Giordania (settembre 1989), il Benin (agosto 1989) e l'Etiopia, paese in cui i tre nipoti dell'ex Imperatore etiopico Hailé Selassie sono stati rilasciati nel settembre 1989 dopo 15 anni di detenzione senza processo;

SISTEMI REGIONALI DI TUTELA DEI DIRITTI DELL'UOMO

14. ribadisce la sua convinzione che le forme regionali di tutela dei diritti dell'uomo, previste dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e dalla Carta dell'Organizzazione degli Stati americani, potrebbero essere più efficaci di altri strumenti internazionali ad ampio raggio, purché provviste di sistemi di controllo e di applicazione di eventuali sanzioni in caso di violazioni, che essi non hanno;

15. invita gli Stati della Comunità che ancora non l'hanno fatto:

- ad abolire la pena di morte dai loro ordinamenti (Grecia, Belgio, Italia, Spagna e Regno Unito) come già è avvenuto nei fatti;

- a ratificare il VI Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il II Protocollo opzionale al Patto Internazionale sui diritti civili e politici;

- a ratificare la Convenzione europea per la prevenzione della tortura;

16. si augura che la Commissione africana per i diritti del'uomo e dei popoli, l'organismo di controllo dell'OUA previsto dalla Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, che ora dispone di un quartier generale permanente, svolga un ruolo più incisivo a seguito dei cambiamenti che si stanno svolgendo in Africa e la sua attività sia sostenuta dai governi africani;

17. si rammarica che le organizzazioni di questo tipo si trovino tuttora in uno stato embrionale in Asia e che gli sforzi volti a instaurare simili organismi nel mondo arabo siano stati ostacolati dai governi, a dispetto dei costanti sforzi dell'Unione degli Avvocati arabi e dall'Organizzazione araba dei diritti dell'uomo;

18. osserva che in tutti i paesi del mondo, nel periodo in esame, si è avuta una fioritura di organizzazioni dei diritti dell'uomo che esercitano pressioni a favore di sviluppi del genere, la cui crescita più significativa si è verificata in Europa orientale e centrale, in Asia e in Africa, e che il progresso di tali organizzazioni è proseguito in America Latina, contribuendo in modo significativo alla promozione dei diritti dell'uomo, alla definizione di criteri e alle indagini sulle violazioni commesse in passato;

19. reputa che le disposizioni della Convenzione di Lomé IV riguardanti i diritti dell'uomo rappresentino un progresso significativo e si augura che ciò dia luogo, da parte dei governi ACP, a una maggiore sensibilità verso le espressioni di preoccupazione e le rimostranze della Comunità riguardo ai problemi dei diritti dell'uomo;

20. reputa che una questione fondamentale con importanti implicazioni per i diritti dell'uomo sia l'individuazione di vie che consentano alla maggior parte dei popoli del mondo, comprese varie categorie della popolazione degli stessi paesi, di raggrupparsi in strutture politiche comuni, specialmente in Africa e nell'Unione Sovietica, dove il problema si è manifestato drammaticamente nel periodo in esame;

21. reputa che le nuove democrazie nell'Europa centrale e orientale che hanno sostituito i regimi precedenti debbano essere aiutate, in quanto il permanere di situazioni economiche difficili che sono alla base poi di malcontenti popolari, non possono produrre quella pace sociale che è necessaria affinché questi paesi che si affacciano alla democrazia possano veramente recuperare la distanza che li separa dai paesi occidentali e concedere alle loro popolazioni una buona qualità di vita;

22. osserva che, caduta la contrapposizione Est/Ovest, una nuova contrapposizione Nord/Sud si è rivelata nel periodo in esame, in cui esiste una "cortina della povertà" che separa il mondo sviluppato da quello in via di sviluppo e osserva, a mo' d'esempio, che il reddito netto dell'africano medio è diminuito in termini reali nell'ultimo ventennio e che i paesi dell'Africa registrano attualmente debiti internazionali pari all'intero PNL del continente, in un momento in cui gli aiuti provenienti dal mondo sviluppato stanno calando, riconoscendo che, se questa tendenza non sarà invertita, è molto probabile che le nuove democrazie saranno travolte dalle crisi economiche;

23. reputa che, sebbene la Commissione abbia proposto al Consiglio (ottobre 1990) l'annullamento dei debiti ACP verso la CE (sotto forma di prestiti speciali, di trasferimenti e di ristrutturazione di crediti speciali), si potrebbe prendere un numero molto maggiore di iniziative del genere;

24. reputa che sia impossibile separare gli sforzi per lo sviluppo da quelli necessari per instaurare Stati democratici;

25. riconosce che il rispetto per i diritti dell'uomo nella loro interezza (politici, economici e sociali) dovrà essere un criterio base nella valutazione delle politiche dello sviluppo negli anni '90;

POLITICA COMUNITARIA

26. reputa che nel periodo in esame vi sia stata una significativa evoluzione nelle idee della Comunità sulla politica dei diritti dell'uomo SEC(91) 61 def., 25 maggio 1991, "Diritti dell'uomo, democrazia e politica della cooperazione e dello sviluppo" (Allegato 4), in parte provocata dai cambiamenti svoltisi in Europa orientale e centrale e dalle pressioni esercitate in altre regioni del mondo per ottenere un maggiore pluralismo;

27. plaude a qualsiasi progresso compiuto verso lo sviluppo di una più coerente politica comunitaria dei diritti dell'uomo riguardo ai paesi terzi e chiede alla Commissione e al Consiglio di garantire che, allontanandosi da una politica "selettiva" ovvero "ad hoc", vi sia un approccio armonico;

28. ritiene che il ruolo che la CE intende svolgere nell'ambito del processo di pace in Medio Oriente debba contemplare esplicitamente la situazione dei diritti dell'uomo nei vari Stati arabi, in particolare per quanto concerne i principi dello stato di diritto, la democrazia, la tutela dell'integrità della persona e la libertà di religione;

29. osserva, al riguardo, che vi sono molti esempi nel periodo in esame e successivamente, dai quali risulta che la politica comunitaria è stata dettata, più che da considerazioni sui diritti dell'uomo, da altri interessi come ad esempio quelli della politica verso il Myanmar (Birmania), la Cina, la Siria e il Marocco;

30. plaude all'obiettivo di inserire riferimenti agli impegni comuni riguardanti i diritti dell'uomo in un numero crescente di accordi comunitari con paesi terzi o gruppi di paesi, come nella Convenzione di Lomé IV, nell'accordo tra la Comunità e i paesi firmatari del Trattato generale sull'integrazione economica dell'America centrale, con l'Argentina, il Cile e il Messico, nonché negli accordi di associazione attualmente negoziati con la Polonia, la Cecoslovacchia e l'Ungheria;

31. chiede alla Commissione e al Consiglio di insistere affinché tali riferimenti vengano inseriti in una forma standard nell'intera gamma di detti accordi conclusi dalla Comunità;

32. chiede alla Commissione e al Consiglio di garantire che nei casi in cui l'aiuto programmato è sospeso per motivi riguardanti i diritti dell'uomo (come nel caso del Sudan nel 1990) ciò non porti a diminuzioni degli aiuti umanitari o delle altre forme di assistenza o cooperazione direttamente a favore delle popolazioni locali, benché si debba fare molta attenzione a far sì che tali aiuti raggiungano le popolazioni alle quali sono destinati;

33. reputa che qualsiasi decisione di sospendere gli aiuti non debba essere presa semplicemente a livello amministrativo o esecutivo, ma dovrebbe essere sempre soggetta a una trasparente e approfondita deliberazione politica;

34. chiede alla Cooperazione politica europea di essere più esplicita circa i criteri usati nell'esame dei singoli casi;

35. rileva che la componente del processo di Helsinki relativa ai diritti umani ha acquistato notevole spessore, e che nel documento di Copenhagen del giugno 1990 hanno trovato affermazione molti importanti diritti umani, tra cui i diritti delle minoranze e il diritto a un governo rappresentativo;

36. chiede alla Commissione e al Consiglio di far sì che le considerazioni in materia di diritti umani siano uno dei pilastri principali della "Nuova architettura europea" e osserva che si è posto l'accento sul rispetto dei diritti dell'uomo nel vertice della CSCE svoltosi nel novembre 1990 a Parigi, che gran parte dell'attività supplementare prevista per essere svolta prima della prossima Conferenza di piena revisione che si svolgerà a Helsinki nel 1992 riguarda i diritti dell'uomo e che un importante impegno figurante nella dichiarazione finale adottata nella Conferenza di Copenhagen sulla "dimensione umana" del giugno 1990 è stata la creazione di uno spazio giudiziario comune;

37. reputa che il Parlamento, come la Commissione, debba essere rappresentato in tutti gli opportuni incontri interlocutori (come la conferenza sulla dimensione umana che si svolgerà a Mosca nel settembre 1991), nonché nella conferenza di piena revisione, ed esprime il proprio apprezzamento per l'assistenza fornita in passato dalla Cooperazione politica europea alle delegazioni del Parlamento che hanno assistito alle conferenze della CSCE;

38. reputa, visto il ruolo che la Comunità dovrebbe svolgere nella CSCE, che non sia più opportuno per la Comunità come tale non essere una parte firmataria della Convenzione europea sui diritti dell'uomo e chiede al Consiglio di rispondere positivamente, senza ulteriori indugi, alla proposta fattagli dalla Commissione nel novembre 1990 Comunicazione della Commissione sull'adesione della Comunità alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e a taluni suoi protocolli (SEC(90) 2087 def.) (Allegato 5) a favore di un'adesione della Comunità a tale Convenzione e alla sua richiesta di ottenere a tal fine un mandato negoziale;

39. osserva che, mentre tutti gli atti normativi degli Stati membri sono soggetti al controllo in materia di diritti dell'uomo da parte della Commissione di Strasburgo e della Corte dei diritti dell'uomo, gli atti della Comunità non sono sottoposti a tale meccanismo e quindi le sue istituzioni godono di una specie di "immunità" dalle indagini a scapito del sistema di tutela dei cittadini;

40. osserva inoltre che, a causa della maggiore portata delle competenze comunitarie nei settori economici e di altro genere, la legislazione della Comunità sta assumendo maggiori implicazioni relative ai diritti dell'uomo, ad esempio per quanto riguarda i progetti di direttiva sulla registrazione dei dati personali e sul diritto di residenza;

41. reputa che tali considerazioni siano particolarmente importanti, viste le proposte esaminate dalla Conferenza intergovernativa sulla cittadinanza europea, e rammenta il documento dei Dodici pubblicato nel dicembre 1990, prima che iniziasse detta Conferenza, secondo cui la netta maggioranza delle delegazioni concorda sul fatto che il concetto di cittadinanza europea dovrebbe far parte del nuovo Trattato, unitamente a un certo numero di diritti specifici che si dovranno definire a livello di conferenza nei settori dei diritti civili, economici e sociali, della parità di trattamento riguardo alla legislazione sociale e alla tutela diplomatica nei paesi terzi;

42. chiede che nella conferenza intergovernativa e negli altri incontri per la revisione delle disposizioni in materia di cooperazione politica europea e di relazioni esterne della Comunità si dichiari esplicitamente che l'attenzione per i diritti umani è uno dei fondamenti della politica estera della Comunità;

43c hiede ai ministri per gli affari esteri riuniti nell'ambito della cooperazione politica europea di elaborare una relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo da sottoporre al Parlamento europeo;

44. chiede al Consiglio e agli Stati membri di esaminare ulteriormente la redazione di una Carta europea dei diritti e reputa che nel futuro Trattato il concetto di cittadinanza europea dovrebbe essere sancito mediante una serie di diritti garantiti da adeguati meccanismi politici e giuridici e inoltre che si dovrebbe conferire alla Comunità la responsabilità dei controlli sull'immigrazione e sull'asilo Cfr. risoluzione del 14 giugno 1991, sulla "Cittadinanza dell'unione" (processo verbale della seduta in tale data, parte seconda, punto 18).;

45. invita gli Stati membri della Comunità a rivedere le loro legislazioni nazionali o norme amministrative onde prevenire le esportazioni di attrezzature specializzate ufficialmente destinate a "scopi di sicurezza", che potrebbero essere utilizzate illecitamente da governi repressivi e a non collaborare con tali governi fornendo istruzioni o informazioni sulle tecniche inquisitorie;

46. chiede che vi sia una cooperazione più strutturata tra Parlamento e Commissione circa i diritti dell'uomo, in parte tramite un gruppo di lavoro interistituzionale (come proposto nella precedente relazione annuale) e in parte mediante incontri periodici a livello opportuno, dove la Cooperazione politica europea potrebbe essere rappresentata, per discutere le priorità d'azione nel campo dei diritti dell'uomo e per preparare le posizioni della Comunità in consessi internazionali coma la CSCE e le Nazioni Unite;

47. chiede alla Commissione di studiare la possibilità di assegnare ad uno dei suoi Membri competenza specifica sulle problematiche relative ai diritti dell'uomo e del cittadino e di farlo assistere, in tale contesto, da un gruppo ad hoc specializzato;

48. chiede che nella presentazione annuale del programma della Commissione si faccia un esplicito riferimento agli obiettivi in materia di diritti dell'uomo;

49. chiede che simili incontri nel campo del bilancio tra rappresentanti del Parlamento e della Commissione assicurino una maggiore trasparenza riguardo alle spese connesse ai diritti dell'uomo e un miglior coordinamento volto a garantire che i fondi vengano erogati in una prospettiva globale equilibrata, come pure che vi sia un miglior coordinamento ed equilibrio tra le varie rubriche di bilancio;

50. chiede un aumento dei fondi disponibili per attività e programmi in materia di diritti dell'uomo in varie parti del mondo, che dovrebbero anche prevedere i mezzi tecnici e il personale per attuarli, e ciò alla luce delle risorse estremamente limitate della Commissione nel settore dei diritti umani;

51. chiede una maggiore destinazione di fondi, in modo imparziale e geograficamente equilibrato, verso le organizzazioni regionali dei diritti dell'uomo;

52. chiede che una parte significativa dei fondi della Comunità europea destinati ai diritti dell'uomo sia destinata all'istruzione e alla formazione, come parte di un programma pluriennale alternato che consenta ad avvocati, medici, pubblici impiegati, membri del personale carcerario e guardie di pubblica sicurezza di lavorare negli uffici degli Stati membri che si occupano dei diritti dell'uomo nonché presso la Commissione e il Parlamento, il quale dovrebbe anche avviare "stages" di tre mesi o più, sul modello del programma dei borsisti dedicati specificamente ai diritti dell'uomo;

53. auspica che la Fondazione europea per i diritti dell'uomo di Amsterdan, finanziata dalla Comunità, venga meglio integrata nell'attività della Comunità, con obiettivi vincolanti e la partecipazione del Parlamento;

NAZIONI UNITE

54. è profondamente rammaricato per il fatto che solo la metà circa degli Stati membri dell'ONU hanno ratificato gli accordi delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo, che solo uno Stato su cinque rispetti veramente tali convenzioni e invita i paesi della Comunità che non hanno ancora ratificato la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e i suoi due protocolli facoltativi, la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione contro la tortura, a farlo senza indugio, pur riconoscendo al tempo stesso con rammarico che la ratifica in sé non è un indizio di osservanza;

55. plaude al miglioramento del coordinamento tra i Dodici e le Nazioni Unite per cui, all'inizio della sessione del 1990 della Commissione dell'ONU per i diritti dell'uomo, il Presidente in carica ha rilasciato una dichiarazione decisiva a nome dei Dodici e vi è stata anche una dichiarazione a loro nome sulla situazione dei diritti dell'uomo in alcuni paesi di particolare interesse;

56. osserva che, nella sessione del maggio 1990 del Consiglio economico e sociale dell'ONU, la presidenza irlandese ha svolto un ruolo fondamentale nella soluzione del difficile problema del consenso su un ampliamento dei membri della Commissione per i diritti dell'uomo, come pure sulle misure volte a promuovere l'efficacia di tale Commissione;

57. invita i Dodici a proseguire il lavoro volto a migliorare e rendere più efficace le attività dell'ONU riguardanti i diritti dell'uomo;

58. reputa che la Comunità europea non abbia sufficientemente consolidato i suoi legami con le strutture del Consiglio d'Europa attinenti ai diritti dell'uomo, né con le Nazioni Unite o le sue agenzie specializzate, e reputa che si debba esaminare attentamente la possibilità di concedere alla Comunità almeno lo status di osservatore, ad esempio in certi organismi come l'UNHCR;

59. ribadisce la sua convinzione che le Nazioni Unite siano la suprema organizzazione mondiale autorizzata a stabilire criteri per i diritti umani e reputa peraltro che sia necessaria una modifica del regolamento del Consiglio di sicurezza, fondato su un criterio superato, frutto della seconda guerra mondiale e che va quindi riconcepito;

60. ribadisce la sua preoccupazione per il fatto che a livello di ONU, specie per quanto riguarda la Commissione per i diritti dell'uomo, le alleanze regionali hanno ostacolato troppo spesso la condanna dei paesi in cui le violazioni dei diritti dell'uomo sono evidenti e che tale politicizzazione e le alleanze senza scrupoli continuano a essere una caratteristica del lavoro svolto delle Nazioni Unite riguardo ai diritti dell'uomo;

ATTIVITA' DEL PARLAMENTO

61. ribadisce gli impegni assunti nelle precedenti relazioni annuali e la sua convinzione secondo cui il Parlamento europeo, grazie ai suoi legami con le forze politiche dei paesi terzi, e in quanto unico parlamento al mondo eletto internazionalmente, può svolgere un ruolo attivo nel promuovere il rispetto dei diritti dell'uomo, cosa che corrisponde agli auspici di milioni di cittadini comunitari e non potrebbe essere considerata un travalicamento né un'interferenza negli affari interni dei paesi terzi;

62. si impegna ad avvalersi maggiormente dei propri mezzi formali e informali per appoggiare presso i rappresentanti dei paesi terzi le rivendicazioni in materia di diritti dell'uomo;

63. giudica che, a parte le dichiarazioni pubbliche, esso non sarà in grado di svolgere un ruolo più attivo ed efficace e perderà la propria credibilità se le sue strutture interne in seno al Segretariato generale e le sue procedure di votazione nelle sedute plenarie non saranno migliorate e rafforzate, e osserva che, nonostante gli sforzi compiuti in tal senso negli ultimi anni, i sempre più numerosi compiti incombenti al PE nonché gli evidenti successi in questo ambito impongono miglioramenti concreti; ritiene inoltre necessario garantire al PE la possibilità di essere sempre a conoscenza di tutte le violazioni dei diritti umani che avvengono nel mondo, in modo che esso possa, con l'autorevolezza che si è costruita in questi anni, intervenire là dove necessario basandosi su informazioni certe e non contestabili;

64. decide di perseguire un maggiore coordinamento con altri organismi nazionali e internazionali che si interessano dei diritti dell'uomo sia all'interno che all'esterno della Comunità europea, nonché con la Commissione e la Cooperazione Politica Europea;

65. chiede alla Commissione e al Presidente in carica della Cooperazione politica europea (in conformità dell'articolo 7, paragrafo 2, della decisione del 28 febbraio 1986) di presentare formalmente le proprie osservazioni sulla presente risoluzione.

66. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai Ministri degli Affari esteri riuniti nell'ambito della Cooperazione politica europea, al Consiglio d'Europa, al Segretariato generale delle Nazioni Unite e ai governi di tutti i paesi citati nella presente risoluzione.

 
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