Il Parlamento europeo,
- vista la sua risoluzione del 23 novembre 1989 sui Sei di Birmingham G.U. n. C 323 del 27.12.1989, p. 103 in cui chiede un'approfondita revisione del processo dei Sei di Birmingham e incarica la sua commissione giuridica e per i diritti dei cittadini di elaborare una relazione sul caso,
- vista la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sui diritti fondamentali del 5 aprile 1977,
- visto il terzo considerando del preambolo dell'Atto unico europeo, in cui gli Stati membri sottolineano la loro determinazione a promuovere insieme la democrazia basandosi sui diritti fondamentali sanciti dalle costituzioni e dalle leggi degli Stati membri, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta sociale europea, in particolare la libertà, l'uguaglianza e la giustizia sociale,
- vista la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e considerando in particolare l'articolo 6, paragrafo 1, di quest'ultima in base al quale ogni persona ha diritto a un'"equa udienza".
- vista in tale contesto la comunicazione della Commissione in data 19 novembre 1990 sull'adesione della Comunità alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e alcuni dei suoi protocolli,
- visti i recenti documenti pubblicati da Amnesty International sui diritti umani nel Regno Unito, in particolare per quanto riguarda i Sei di Birmingham A.I. Indice, Eur 45/14/88 dell'agosto 1988
A.I. Indice, Eur 45/01/88 del febbraio 1990 e
A.I. Indice, Eur 45/04/91 del giugno 1991
"Regno Unito: problemi in materia di diritti umani", p. 21,
- viste le conclusioni del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 1991, in cui si ribadisce che il rispetto, la promozione e la salvaguardia dei diritti umani è un elemento fondamentale della cooperazione europea e delle relazioni tra la Comunità e i suoi Stati membri e si sottolinea che l'espressione della preoccupazione in merito alla violazione dei diritti dell'uomo non va considerata come un'interferenza nelle questioni interne di uno Stato,
- vista la propria risoluzione del 14 giugno 1991 Processo verbale della seduta in tale data, parte seconda, punto 18, sulla cittadinanza dell'Unione,
- vista la propria risoluzione del 9 luglio 1991 sui diritti umani G.U. n. C 240 del 16 settembre 1991, pag. 45, in cui ha incaricato la sua commissione giuridica e per i diritti dei cittadini "di analizzare, con il concorso della Commissione, le relazioni delle organizzazioni non governative sul rispetto dei diritti umani negli Stati membri della Comunità e di elaborare relazioni annuali sul rispetto di detti diritti in seno alla Comunità",
- vista la relazione della commissione giuridica e per i diritti dei cittadini (A3-0252/91),
A. pienamente consapevole che nei casi di errore giudiziario la giurisdizione spetta ai tribunali nazionali ed eventualmente agli organi istituiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo,
B. ricordando tuttavia in tale contesto che, come è risultato evidente nell'ultimo Consiglio europeo, la Comunità europea ha riconosciuto il rispetto dei diritti dell'uomo quale fondamento della costruzione europea,
C. ritenendo che, nel definire la struttura dell'unione politica europea, sia una necessità imperativa promuovere la creazione di uno spazio giuridico europeo nel cui ambito la Comunità possa garantire il rispetto dei diritti dell'uomo negli Stati membri,
D. rilevando inoltre l'urgente necessità delle Comunità di definire ed elaborare un concetto specifico di cittadinanza europea nel contesto della Conferenza intergovernativa sull'Unione politica e profondamente convinto che tale concetto implichi l'esistenza, l'effettiva applicazione e il controllo dei diritti e delle libertà fondamentali, non solo a livello nazionale ma anche in ambito europeo; ritenendo, in tale contesto, di avere, pur non essendo un organo giudiziario o di indagine ma piuttosto, per definizione, un'istituzione politica, il diritto di far fronte alle critiche pubbliche in merito all'amministrazione della giustizia negli Stati membri; considerando infine che, per giustificare il presente approccio, è sufficiente rilevare come la posta in gioco sia la fiducia dei cittadini nel proprio sistema giudiziario,
E. considerando, alla luce di questa impostazione e facendo riferimento al caso specifico in questione, di aver costantemente espresso la sua preoccupazione in merito alla condanna dei Sei di Birmingham nel 1975, in particolare poiché tale condanna si basava in parte su confessioni in seguito ritrattate dagli accusati in quanto rilasciate sotto pressione e quale risultato di trattamenti disumani a opera della polizia e in parte su confessioni valutate in un secondo momento come inattendibili sulla base delle prove legali,
1. rileva con soddisfazione che, in seguito alla sua decisione di incaricare la commissione giuridica e per i diritti dei cittadini di elaborare una relazione sui Sei di Birmingham e ai numerosi dibattiti tenuti sull'argomento nell'ambito di tale commissione nonché a una missione effettuata in Inghilterra, i sei cittadini sono stati rimessi in libertà dalla Corte d'appello dell'Inghilterra e del Galles il 14 marzo 1991;
2. accoglie con favore la decisione della Corte d'Appello dell'Inghilterra e del Galles di non tener conto della sua precedente valutazione delle prove fornite ma al tempo stesso deplora che i sei cittadini siano stati trattenuti in prigione per oltre 16 anni;
3. ritiene indispensabile che nelle situazioni eccezionali, in particolare di fronte ad atti di terrorismo, lo Stato ai suoi vari livelli sia molto fermo e rigoroso nell'assicurare il mantenimento e la protezione dei diritti umani secondo le norme previste dalla Convenzione europea sui diritti umani e ciò ai fini sia del principio di equità che dell'efficacia del sistema giudiziario;
4. ritiene che il caso costituisca un esempio calzante dell'assoluta necessità che l'opinione pubblica in generale abbia fiducia in una corretta amministrazione della giustizia e in tale contesto rileva con grande interesse che il 14 marzo 1991 il Ministro degli interni ha istituito una Commissione Reale conferendole un ampio mandato per investigare sui singoli aspetti della procedura penale in Inghilterra e nel Galles, dall'arresto di un indiziato fino all'avvio delle procedure per accertare presunti errori giudiziari;
5. ritiene opportuno, alla luce del caso in questione, che in futuro si esaminino ulteriormente i modi in cui sono fornite negli Stati membri garanzie di difesa, in particolare durante le indagini della polizia connesse a una procedura penale, e si riserva il diritto di elaborare una relazione sull'argomento, eventualmente nell'ambito di una relazione annuale sul rispetto dei diritti umani nella Comunità europea;
6. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione ed ai governi degli Stati membri.