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Parlamento Europeo - 29 novembre 1991
Criminalita' e narcotraffico nei Paesi Membri (3)

RELAZIONE della commissione d'inchiesta sulla diffusione del crimine organizzato collegato al traffico di stupefacenti negli Stati membri della Comunità europea

Relatore: on. Patrick COONEY

I N D I C E

RACCOMANDAZIONI DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA

PREAMBOLO

PREFAZIONE

INTRODUZIONE

LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA CHE LA COMUNITA' DEVE AFFRONTARE

PRECURSORI CHIMICI ESSENZIALI E SOSTANZE CHIMICHE

CONSUMO DI STUPEFACENTI ILLECITI

RETI DI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI

-La Mafia

-La Camorra

-La 'Ndrangheta

-Gli Yakusas

-Le Triadi

-I clan turchi

-Altri clan etnici

-Gruppi motociclistici organizzati

-Organizzazioni polacche

LE ROTTE DEL COMMERCIO DEGLI STUPEFACENTI ILLECITI

-La Rotta dei Balcani

-Africa

-America centrale e meridionale

LE DISPOSIZIONI LEGALI

ORGANIZZAZIONI DELLE FORZE DELL'ORDINE

-Servizi nazionali di polizia e dogana

-Il ruolo degli ufficiali di collegamento antidroga

-Interpol

-Consiglio di cooperazione doganale

"NARCO-DOLLARI" E RICICLAGGIO

ISTITUZIONI POLITICHE, ORGANIZZAZIONI CRIMINALI E TRAFFICO DI STUPEFACENTI

L'IMPEGNO DELLA COMUNITA' EUROPEA NELLA LOTTA CONTRO IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI

-Raccomandazioni per il futuro

RACCOMANDAZIONI DELLA MINORANZA

LE DISPOSIZIONI LEGALI

Volendo analizzare la reazione del Diritto al traffico illegale di stupefacenti bisognerebbe cominciare elencando le droghe illecite su cui si concentra appunto l'attività criminale. Si tratta, di fatto, delle sostanze proibite da varie convenzioni delle Nazioni Unite: la Convenzione unica sui narcotici, 1961, emendata dal Protocollo del 1972; la Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e la Convenzione contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988.

I principali strumenti legali per combattere la criminalità organizzata ed il traffico della droga sono suddivisibili in tre grandi categorie. La prima categoria è costituita da convenzioni internazionali firmate, ratificate ed entrate in vigore.

La seconda è data dalla normativa comunitaria che tramite le direttive CE prescrive agli Stati membri l'obbligo di adottare determinate leggi.

La terza categoria può derivare dalle due pecedenti, ed è composta dalle normative nazionali necessarie per consentire alle forze dell'ordine (dogana e polizia) di combattere la criminalità organizzata e del commercio di stupefacenti. Ovviamente, le normative nazionali possono essere ancora più restrittive delle disposizioni previste dalle Convenzioni ONU o dalle direttive CE. Il Gruppo Pompidou costituitosi in seno al Consiglio d'Europa (Gruppo di cooperazione per la lotta contro l'abuso ed il traffico illecito degli stupefacenti) ha compilato uno studio, assai utile, con un quadro sinottico dei concetti di fondo del diritto penale. Le conclusioni tratte dal lavoro del Gruppo Pompidou evidenziano la varietà di provvedimenti penali previsti dalle normative vigenti negli Stati membri del Consiglio d'Europa. Tutti rispettano le principali convenzioni internazionali relative alla punibilità dell'uso delle droghe illecite, sebbene questa sia talvolta soggetta a delle attenuanti a seconda della sostanza, come

dimostra il caso olandese.

Tutti gli Stati sono concordi nell'affermare che la repressione da sola è un metodo insufficiente per affrontare un problema di portata così complessa, che richiede rigorosi provvedimenti sociali, assistenziali e terapeutici per il trattamento di coloro che vogliono farla finita con l'uso e l'abuso degli stupefacenti. C'è generale accordo sulla necessità di reprimere decisamente il traffico della droga, in conformità con la Convenzione unica del 1961 e le Convenzioni di Vienna del 1971 e 1988. In Francia e in Portogallo sono previste pene meno severe per il commercio di piccole quantità, mentre nei Paesi Bassi non è perseguibile la vendita di hashish fino alla quantità massima di 30 grammi (da qui l'esistenza, in Amsterdam, di locali in cui la clientela può acquistare sacchettini di hashish o persino "nederweed" coltivato in casa).

Il riciclaggio dei proventi della droga è oggetto di una recente direttiva comunitaria ed è affrontata in dettaglio più avanti in questo testo. La classificazione delle droghe varia a seconda dei paesi, e sulla base di tale classificazione sussistono anche disparità in termini di sanzioni e di trattaemento dei colpevoli. Raggiungere un accordo, almeno a livello CE, sulla classificazione delle deroghe costituirebbe un notevole passo in avanti, in quanto esse rappresentano la base di tutte le politiche riguardanti gli stupefacenti.

In tutti i paesi esiste una distinzione fra droghe pesanti e droghe leggere, ma la suddivisione in categorie spetterà, necessariamente, ai singoli paesi, con conseguenti, notevoli differenze d'opinione.

Per esempio, il professor SCHWARZTZENBERG ha spiegato alla nostra commissione che, a suo parere, la ripartizione in categorie dovrebbe partire dalle droghe che egli definisce "ultrapesanti" (eroina e crack), e, attraverso 5 suddivisioni secondarie, arrivare alle droghe "ultraleggere" (thé, caffé, cioccolata). L'adozione di una simile classificazione potrebbe agevolare una reazione legale e terapeutica modulata e coerente, ma bisogna ammettere che almeno per il prossimo futuro i singoli paesi stabiliranno delle categorie e delle modalità di reazione che rifletteranno i loro particolari contesti legali e culturali. La risposta legale dei singoli paesi al proprio "problema droga" presenterà dettagli diversi, pur fondandosi sulla distinzione fra droghe lecite e droghe illecite. L'ormai prossimo riconoscimento universale delle categorie di droghe illecite stabilite dalle Nazioni Unite garantirà un'azione legale coerente a livello internazionale.

Il documento prodotto dal Gruppo Pompidou del Consiglio d'Europa è molto esplicito al proposito delle attuali differenze. Esso afferma che "otto paesi del Consiglio d'Europa puniscono più severamente i crimini connessi con sostanze considerate più pericolose, e che sono o elencate in diverse tabelle (Italia, Cipro, Portogallo, Regno Unito) o definite, per esempio dai Paesi Bassi, come "sostanze che presentano rischi inaccettabili", o ancora vengono citate con il rispettivo nome. Manca, tuttavia, l'intesa su quali droghe siano meno dannose. Turchia e Portogallo classificano l'hashish tra le droghe più pericolose, mentre Irlanda e Spagna lo trattano meno severamente. Le altre normative non fanno distinzioni tra le varie sostanze e le penalità sono uguali ...".

Analogamente, in certa misura variano anche tipo e severità delle pene previste per il commercio degli stupefacenti. Le più miti sono forse quelle vigenti in Danimarca, sebbene tutti i paesi dispongano di diversi gradi di pene detentive o pecuniarie. Molti paesi stanno imponendo un sistema di rigorosa confisca dei beni appartenenti ai narcotrafficanti.

******

E' chiaro che la lotta contro i narcotici è un compito imponente, e il massimo che si possa dire, nella situazione attuale, è che non stiamo né vincendo né perdendo la guerra contro le droghe. Il problema deve essere affrontato a tre livelli: offerta, traffico e domanda. Ogni linea di attacco deve essere distinta, con tecniche proprie, ed essere portata avanti indipendentemente dalle altre due. Nondimeno, tutte e tre sono complementari fra di loro. Compito specifico della nostra commissione è studiare come contrastare il traffico e il crimine ad esso collegato. La portata e la complessità di questo compito, e in ultima analisi la sua efficacia, saranno influenzate, per non dire dipendenti, dalla misura in cui l'offerta di narcotici sarà azzerata o limitata e, allo stesso tempo, la domanda o il mercato saranno ridotti. Analogamente, la riduzione dell'offerta sarà più agevole se le pressioni esercitate sul trafficante gli creeranno difficoltà nel trasferire il proprio prodotto, rendendo meno forte il suo de

siderio o la sua necessità di ricostituire le scorte. La chiave del successo definitivo nella guerra contro la droga è nel settore della domanda. Deve essere organizzata ed attuata una campagna persistente e globale volta a ridurre la domanda.

Iniziative propagandistiche sporadiche, per quanto intense, non sono sufficienti. Se la domanda, anche se sull'arco di un periodo di tempo, potesse essere ridotta in misura significativa, non è difficile immaginare le conseguenze drammatiche che ciò avrebbe per l'offerta e il traffico.

I fatti e le cifre esposti nella prima parte della presente relazione evidenziano la portata del problema. Essi non vanno considerati definitivi, in quanto vi sono variazioni nazionali nella raccolta, nella collazione e nell'analisi delle statistiche sulla droga, ma essi dimostrano comunque, in modo sconvolgente e deprimente, che il problema è di ampia portata e non sembra ridursi in maisura apprezzabile.

Di conseguenza, è emerso un movimento di opinione che si dichiara scettico quanto all'impostazione preventiva come strategia contro il traffico o come politica per ridurre la domanda, e propugna il "concetto di normalizzazione" del problema della droga. Alcuni fautori di questo concetto lo raccomandano quale sostituto di tutte le politiche attuali, altri lo interpretano in termini di coesistenza con queste ultime. Tutti tuttavia ritengono che la ricerca di un mondo senza droghe sia un'utopia irrealizzabile, e che la società dovrebbe essere disposta a tollerare e prevedere il consumo di droghe illegali o, come alcuni potrebbero dire, a prendere atto della realtà. Si può osservare che la ricerca del massimo in qualsiasi settore dello sforzo umano è effettivamente utopistica, ma ciò non significa che non si debba cercare di avvicinarsi il più possibile all'utopia. Altrimenti, l'accettazione del male minore diverrebbe lo standard della società, inevitabilmente a suo svantaggio.

Una difficoltà immediata del concetto di normalizzazione è la definizione dei suoi parametri. Secondo alcuni, si tratta di un eufemismo per la legalizzazione o la depenalizzazione, e di conseguenza la fine del divieto. All'estremo opposto, si tratta semplicemente di trattare il tossicodipendente come una vittima e non come un criminale, fornendogli droghe nell'ambito della terapia. Il concetto di normalizzazione è probabilmente più pertinente al settore della domanda che non a quello del traffico e del crimine, che sono i temi prioritari della nostra commissione. Esso si estende ad entrambi, ed è particolarmente pertinente al secondo, quale antitesi della repressione che il crimine provoca. Nel valutare fino a che punto potrebbe spingersi la normalizzazione, va innanzitutto ricordato che le Nazioni Unite (in altre parole, il mondo) hanno dichiarato illecito l'abuso e il traffico di droga in quanto le sostanze in questione sono deleterie e dannose a livello psichico e fisico e turbano gravemente la famigli

a e la collettività. Si tratta di una posizione giuridica assai chiara e priva di compromessi, che la Comunità europea, organismo fondato sul diritto, deve onorare e rispettare. Secondo il relatore, questa posizione costituisce un ostacolo costituzionale insuperabile ad una politica di legalizzazione. A prescindere da questa considerazione fondamentale, una politica di legalizzazione deve comportare problemi di controllo - sulle sostanze ammesse, sui quantitativi da vendere e sulla frequenza della vendita, sull'età dell'acquirente, sul divieto di rivendita, sulla prevenzione di un mercato nero parallelo, sullo spettro dell'aumento della domanda, sulle fonti di approvvigionamento. Il controllo di questi elementi è evidentemente essenziale, e imporrebbe una reazione, da parte della polizia, sostanziale almeno quanto quella necessaria per applicare un regime di proibizione. Dall'esperienza finora acquisita emerge chiaramente che un simile regime sarebbe accolto da pochissimi paesi, ceh si troverebbero a svolge

re un ruolo di magnete per i tossicodipendenti stranieri. Ad Amsterdam, nel 1989, i morti per overdose stranieri (per lo più tedeschi) sono stati il doppio rispetto agli olandesi, 28 contro 14.

Molti paesi accettano in una certa misura la normalizzazione nel senso di trattare il tossicodipendente più come una vittma ed un paziente bisognoso di terapia che non come un criminale. Si dovrebbero incoraggiare gli Stati membri, quanto meno per quanto riguarda gli eroinomani, ad introdurre una legislazione che permetta la registrazione dei singoli affinché essi possano accedere più rapidamente all'assistenza terapeutica. Una simile politica esiste nel Regno Unito, e funziona con un certo successo. Eppure, pochi altri paesi hanno giudicato necessario o auspicabile applicare misure analoghe. L'obiettivo di questa legislazione consiste nel ridurre la domanda di eroina e di droghe similari. Per lo stesso motivo essa "depenalizza" i tossicodipendenti che aderiscono a questi programmi, e permette loro di accedere a droghe e siringhe tramite ricette mediche, sotto pieno controllo sanitario.

Queste considerazioni degli atteggiamenti nei riguardi della tossicodipendenza sono pertinenti alle politiche in vigore o da introdurre per affrontare il problema della domanda. Come si è già rilevato, la limitazione della domanda è forse l'elemento più importante nella lotta contro le droghe, ed è interessante rilevare che solo molto recentemente, nell'aprile 1990, è stato organizzato il primo vertice ministeriale mondiale sulla riduzione della domanda. Se si confronta l'entità delle risorse disponibili per la lotta contro la droga con il persistente aggravamento del problema, non è sorprendente che esista un movimento di opinione che non crede si possano realizzare progressi nella lotta e considera la legalizzazione o l'antiproibizionismo una soluzione rapida ed efficace.

Somme enormi sono state investite, migliaia di persone sono state coinvolte, oltre a dichiarazioni politiche, riunioni e vertici in tutto il mondo, ma il problema non si è ridotto in misura apprezzabile. Ciò però non significa che dobbiamo constatare un fallimento, ma invece che occorre studiare la campagna anti-droga e individuare l'eventuale esistenza di inefficienze e sprechi di risorse.

Durante le nostre indagini, abbiamo individuato i seguenti organismi od agenzie dotati di competenze in materia di lotta contro la droga, in relazione all'offerta, al traffico o alla domanda:

- nella Comunità europea e/o negli Stati membri: CELAD, osservatorio sulle droghe, gruppo TREVI, gruppo di Schengen, MAG 92, Convenzione di Lomé e altri accordi di cooperazione, gruppo di Dublino (con gli Stati Uniti)

- Consiglio d'Europa: gruppo Pompidou

- Programma delle Nazioni Unite per il controllo delle droghe

- Gruppo dei paesi industrializzati (F7): gruppo d'azione chimica, gruppo d'azione finanziaria

- Interpol

- Consiglio di cooperazione doganale

Tali organismi si affiancano ai servizi di polizia e di dogana nazionali, nonché ai ministeri nazionali della sanità e dell'assistenza sociale, con le loro diverse agenzie specializzate.

E' un elenco sconcertante, in quanto molti degli organismi in questione sono stati creati quale reazione ad imperativi sociali o politici momentanei che esigevano una risposta immediata, e sono quindi stati posti in essere senza alcuna reale considerazione della loro collocazione nel mosaico. Nel complesso di tutti tali organismi esiste un imponente serbatoio di competenza e dedizione, nonché un chiaro riconoscimento della necessità di essere efficienti.

Qualsiasi sforzo umano ha bisogno di un orientamento, impartito da una piattaforma che offra allo stesso tempo uno sguardo d'insieme e una prospettiva. Il problema da affrontare è di carattere mondiale, e ovviamente l'organismo che deve assumere il controllo delle responsabilità globali devono essere le Nazioni Unite, che godono dell'adesione, del rispetto e della lealtà di ogni nazione del mondo. Essi dispongono di un organismo specializzato che si occupa in particolare del problema dei narcotici, e che attualmente sta subendo una riforma organizzativa richiesta dall'Assemblea generale dell'ONU, allo scopo di potenziare la sua capacità di guidare la lotta del mondo contro la droga.

Riteniamo che a questo organismo riorganizzato dovrebbe essere attribuito essenzialmente il compito di rendere coerente la lotta contro le droghe, assicurando che sia attuata l'impostazione tridimensionale contro l'offerta, il traffico e la domanda, che le agenzie incaricate della lotta nelle varie zone e nei vari settori geografici non si sovrappongono e che fra di esse esistano un contatto e una cooperazione pieni e liberi. Inoltre le Nazioni Unite, sulla base giuridica di convenzioni internazionali approvate, costituirebbero il foro appropriato per la revisione della politica e per affrontare gli aspetti filosofici del problema. Si tratta di un compito gestionale imponente che, a nostro parere, può essere affrontato con successo perché esiste un personale, tanto all'interno dell'ONU quanto all'esterno, dotato della dedizione, della competenza e delle conoscenze necessarie e che, quel che è più importante, otterrà il pieno sostegno politico del mondo intero. Raccomanderemo che la Comunità, riunita nell'a

mbito della CPE e con l'appoggio tecnico del CELAD, adotti un'iniziativa politica sollecita a questo fine nell'ambito delle Nazioni Unite.

ORGANIZZAZIONE DELLE AUTORITA' PREPOSTE ALL'APPLICAZIONE DELLA LEGGE

Però, mentre la strategia mondiale viene rivista, la battaglia deve continuare, e il nostro mandato specifico è costituito dalla lotta contro il traffico di droghe nella Comunità e le organizzazioni criminali che lo gestiscono. Attualmente questo è il compito prioritario dei servizi di polizia e di dogana degli Stati membri. Va osservato che nei dodici Stati membri esistono ben 28 fra servizi di polizia e di dogana. Quindi, non si tratta solo di un problema di cooperazione fra i servizi degli Stati membri ma, in molti casi, di un problema di cooperazione interna che deve avere risolto prioritariamente. A queste difficoltà di cooperazione si aggiungono sistemi giuridici e giudiziari diversi, nonché diverse procedure d'indagine penale, ma questi sono problemi cui la Commissione dovrà abituarsi ancora per lungo tempo, in quantol'evoluzione verso un sistema giuridico e giudiziario comune sarà necessariamente lenta. Ciò non significa tuttavia che, qualora problemi derivanti dalla disparità dei sistemi ostacolin

o la lotta contro il crimine organizzato e il traffico di droga, in particolare, non debbano essere affrontati. Anche se la soluzione a breve termine non può che essere puntuale e bilaterale, gli Stati membri dovrebbero ben essere capaci di trovarla.

L'essenza di una lotta efficace contro la criminalità è rappresentata dall'acquisizione e dall'utilizzazione efficaci di informazioni di primo ordine. Il processo di raccolta di informazioni e l'utilizzazione di queste ultime sono fondamentali nella lotta contro il traffico di droga. Purtroppo, non possiamo assolutamente affermare con certezza che negli Stati membri l'acquisizione e l'utilizzazione delle informazioni sia efficiente come dovrebbe essere nella lotta contro le droghe. La cooperazione all'interno degli Stati membri fra dogane e servizi di polizia, e fra servizi di polizia qualora in questo settore ne esita più di uno in uno stesso Stato membro, spesso non è strutturata come dovrebbe. Alle nostre domande in materia è stato invariabilmente risposto che esiste una buona cooperazione fra i vari organismi; spesso però, approfondendo l'analisi di questa risposta, abbiamo rilevato che si tratta di una risposta ad hoc, a volte dipendente dalla buona volontà reciproca di funzionari a livello appropriat

o, molto spesso dalla perspicacia personale di questi ultimi. In assenza di uno qualunque di questi elementi, il livello di cooperazione era chiaramente di gran lunga inferiore. Dato che l'obiettivo di questa cooperazione è l'impiego appropriato delle informazioni, sopra descritto, è chiaro che deve essere creata una struttura formale per svolgere tale funzione. Allo stato attuale delle cose, le varie forze di polizia e i servizi doganali negli Stati membri della Comunità europea riflettono tipologie di autorità fondate generalmente sulla sovranità nazionale. In certi casi questa sovranità nazionale viene devoluta alle autorità regionali, sebbene sotto il supremo controllo dell'esecutivo politico che, a sua volta, risponde in varia misura ai parlamenti nazionali. Al tempo stesso accade che in seno ad uno stesso stato esistano diverse forze di polizia, talvolta dipendenti addirittura da ministeri differenti. Ciò può essere causa di inutili duplicati o di concorrenza tra le varie forze, anche se perseguono i

l medesimo obiettivo. Ne può conseguire anche una forma di rivalità e, alla fine, un calo di efficienza a danno del pubblico interesse. Può accadere che le competenze si sovrappongono ed ingenerino confusione nel processo di comando ed esecuzione.

Ciò considerato, non sorprende se la cooperazione internazionale delle forze di polizia non è efficiente ed efficace come potrebbe essere, sebbene, in certe circostanze essa sia relativamente buona, a dispetto delle limitazioni intrinseche appena descritte. Viceversa, la criminalità internazionale, specie quella connessa al traffico di stupefacenti, non soffre di simili limitazioni, né di ristrettezze finanziarie.

Le autorità doganali, dal canto loro, sono per lo più organizzate a livello nazionale, in quanto in origine la loro funzione primaria consisteva nella riscossione di tasse e dazi sulle merci importate ed esportate; hanno però una lunga tradizione di collaborazione con le dogane dei paesi confinanti. Altra responsabilità precipua delle autorità doganali è la verifica delle credenziali sia delle merci sia delle persone.

Sebbene l'interesse di polizia e dogana ad una reciproca collaborazione sia logica e legittima, essa non è stata ancora capita del tutto nel contesto della lotta contro il crimine organizzato ed il commercio di stupefacenti.

Molti politici e funzionari governativi a livello nazionale non si rendono conto che dogana e doganieri non possono essere trattati come dei collaboratori secondari nella lotta alla criminalità. Ai servizi doganali - in tutti i paesi della Comunità europea - si dovrebbe attribuire una maggiore importanza, in termini sia professionali, sia di dotazione con equipaggiamenti più moderni. Troppo spesso accade che, rispetto alle forze di polizia, essi vengano trattati come i parenti poveri.

I vari servizi di polizia e dogana all'interno della Comunità europea operano spesso in collegamento con organismi corrispondenti di paesi terzi. Di tali organismi, il più importante è indubbiamente la Drugs Enforcement Agency (DEA) statunitense, creata nel 1973 mediante una fusione l'Agenzia del Ministero della giustizia per la lotta contro le droghe e il Servizio doganale USA.

La DEA è indubbiamente l'organismo antidroga più esperto e meglio organizzato, e il suo ruolo è stato ulteriormente potenziato a partire dalla metà degli anni '80 tramite una moltiplicazione delle operazioni segrete, in particolare nell'America meridionale ma anche nella Comunità europea, in collegamento con Stati membri della CE. All'interno degli Stati Uniti, la DEA opera in misura più o meno vasta in cooperazione con l'FBI e i servizi guardacoste. Negli Stati Uniti il coordinamento fra gli organismi rimane oggetto di critiche, in particolare da parte del Congresso USA. Tuttavia un'iniziativa del Congresso ha portato all'istituzione, nel 1989, dell'Ufficio per la strategia nazionale del controllo antidroga che fa parte dell'Ufficio esecutivo del Presidente degli Stati Uniti.

Nel marzo 1991, il governatore Robert MARTINEZ è succeduto al Dr. William BENNETT nella carica di direttore. L'Ufficio ha competenze specifiche in ordine al controllo e alla riduzione della domanda. Esso coordina le attività della DEA, dell'FBI, della Guardia costiera e delle Dogane, nonché la forza di polizia degli Stati ed è competente a sorvegliare la strategia globale antidroga del Presidentre BUSH.

Servizi nazionali di polizia e dogana

Belgio

La polizia giudiziaria è organizzata in 22 distretti, a cui si è aggiunta di recente una 23a brigata per la lotta contro la grande criminalità. Il Commissario generale risponde al Ministero della giustizia. La Gendarmeria è organizzata in 427 brigate distribuite su 52 distretti, agli ordini di un Luogotenente generale. La Gendarmeria dipende dal Ministero degli Interni per il mantenimento dell'ordine pubblico e la prevenzione della criminalità, mentre agisce sotto il controllo delle autorità giudiziarie e del Ministero della giustizia per l'esecuzione delle indagini.

La "Police Communales" è la polizia municipale, attiva in tutti i 589 comuni sotto l'autorità del Borgomastro (o sindaco). L'ufficiale responsabile è il Commissario di polizia. L'Amministrazione dei dazi e delle dogane, dipendente dal Ministero delle Finanze, dispone di servizi speciali per la lotta al traffico di stupefacenti.

Il coordinamento dovrebbe essere gestito dall'Ufficio centrale per la repressione del traffico illecito di stupefacenti (OCRTIS - Office central pour la répression du traffic illicite des stupéfiants), ma il servizio non è ancora divenuto operativo. Esso avrà il compito di centralizzare le informazioni della polizia e dei servizi doganali e di mantenere i collegamenti con l'Interpol e con il Consiglio di cooperazione doganale.

Danimarca

La Polizia Nazionale ha istituito delle unità speciali antidroga in ciascuno dei suoi 54 distretti. L'Amministrazione dei dazi e delle dogane è organizzata in 13 uffici regionali. E' stata inoltre creata un'unità nazionale di investigazione antidroga con la funzione di raccogliere, registrare, coordinare, analizzare e diffondere tutte le informazioni riguardanti la criminalità connessa agli stupefacenti, a livello sia nazionale, sia internazionale. Comprende funzionari sia di polizia sia di dogana.

Francia

Il Ministero degli Interni gestisce tre agenzie speciali: OCRTIS, attivo nella lotta contro gli stupefacenti, OCRGD, l'Ufficio centrale per la repressione delle frodi e BRTIST, la Brigata per la repressione dell'abuso e del traffico di stupefacenti nella zona di Parigi. Gestisce inoltre i servizi C.R.S. e la polizia di frontiera.

Sotto l'autorità del Ministero della difesa opera la Gendarmeria nazionale, suddivisa in 3.600 brigate locali con 386 unità scientifiche speciali.

Nell'ambito del Ministero per l'economia, le finanze ed il bilancio esiste una Direzione per le indagini doganali (DNRED) responsabile in particolare per le attività riguardanti il traffico della droga e il riciclaggio di denaro sporco a livello nazionale e internazionale; il ministero dispone di una competenza generale in materia di traffico di narcotici e di commercio di prodotti precursori.

Sempre nell'ambito del ministero per l'economia, le finanze e il bilancio è stata anche istituita TRACFIN, specializzata nella lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e i circuiti finanziari illeciti.

L'Amministrazione centrale delle dogane è genericamente responsabile per le questioni doganali, effettuando anche un controllo sui prodotti precursori.

Germania

Il Bundeskriminalamt (BKA) ovvero l'Ufficio federale di polizia criminale nel contesto del controllo della criminalità collegata alla droga ha giurisprudenza di prima istanza per i casi di traffico internazionale che impongono di chiarire fatti e circostanze all'estero, nonché per i crimini collegati a tale traffico. Negli altri casi l'Ufficio federale può condurre indagini solo su specifica richiesta o mandato. In quest'ultimo ambito è generalmente la polizia dei singoli Länder ad avere la giurisdizione di prima istanza. Attualmente il diritto tedesco non ammette le forniture controllate.

Esiste un'amministrazione doganale, responsabile per la prevenzione ed il controllo del contrabbando di narcotici. Il compito di perseguire gli illeciti individuati spetta al servizio investigativo delle dogane il cui ufficio centrale è l'Istituto di criminalogia doganale di Colonia. Il servizio di investigazione doganale può indagare sugli elementi e le circostanze di un caso anche all'estero.

Grecia

Ad Atene e Salonicco esistono dei servizi speciali di polizia per il controllo del traffico di stupefacenti. Ad essi si aggiungono, in tutte le stazioni di polizia sparse nel paese, ufficiali di polizia addestrati appositamente per la lotta antidroga. I servizi doganali operano alle dipendenze del Ministero delle Finanze che ha attivato un nuovo dipartimento specializzato nel controllo del contrabbando di stupefacenti.

Irlanda

In Irlanda provvedono all'esecuzione della legge la polizia o "Gardai" ed il Servizio dazi e dogane. La "Gardai" dispone di un'unità investigativa centrale. Il coordinamento è soggetto alle autorità di un Commissario di polizia nominato Coordinatore nazionale per la criminalità collegata alla droga.

Italia

In Italia le operazioni di prevenzione e repressione sono condotte principalmente dalle tre forze dell'ordine:

1. La Polizia di Stato, un corpo civile alle dipendenze del Ministero degli Interni;

2. I Carabinieri, un corpo militare alle dipendenze del Ministero della difesa;

3. La Guardia di Finanza, un corpo militare alle dipendeze del Ministero delle Finanze.

Insieme ai servizi doganali, le tre forze dell'ordine vengono coordinate da un Servizio centrale antidroga (D.S.C.A.), che raccoglie, analizza ed elabora i dati delle operazioni antidroga condotte dalle tre diverse istituzioni. Il Servizio centrale antidroga organizza e coordina le indagini e mantiene i collegamenti operativi internazionali con le controparti straniere tramite i canali dell'Interpol - O.I.P.C. Esso cura inoltre l'istituzione e l'approfondimento delle relazioni con altre autorità internazionali interessate a cooperare nella lotta contro la droga.

Nell'ottobre 1991 il governo ha approvato proposte volte a rafforzare ulteriormente la lotta contro l'attività criminale organizzata, creando la D.N.A. (Direzione Nazionale Antimafia) che coordina l'azione legale contro l'attività criminale organizzata sotto l'autorità di un "superprocuratore generale". Contemporaneamente, è stata creata la D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia), sotto l'autorità dell'Alto commissario, incaricata di coordinare l'azione investigativa della polizia e dei servizi doganali. La creazione di questi due organismi è vista come l'istituzione di una specie di "F.B.I." italiano, con il rafforzamento degli organismi repressivi nella lotta contro il crimine organizzato.

Lussemburgo

La polizia giudiziaria, la Sûreté Publique è competente per tutti i casi di droga nel Granducato. La Gendarmeria dispone presso ogni commissariato di ufficiali specializzati in materia di stupefacenti. Agenti addestrati per la lotta antidroga sono del pari operativi presso le dogane. Il Capo della polizia, ovvero il capo della Gendarmeria di Lussemburgo, coordina le attività. Nel complesso però troppo pochi agenti di polizia sono assegnati alla lotta contro il traffico di droga (attualmente solo otto), e vi sono state insistenti sollecitazioni in ordine ad un potenziamento del servizio.

Paesi Bassi

La Polizia antidroga è coordinata dal Ministero per il benessere, la sanità e la cultura, sebbene la competenza per gli aspetti illeciti e penali spetti al Ministero della giustizia. Tutte le forze di polizia municipale dispongono di speciali unità investigative per i crimini collegati alla droga (la legge non proibisce il consumo di stupefacenti). Sia la polizia nazionale, sia la polizia municipale, sia le autorità doganali collaborano con l'Agenzia centrale per i narcotici del Servizio nazionale di polizia scientifica (CRI -Criminal Intelligence Service).

Portogallo

Le forze dell'ordine competenti nella lotta antidroga sono rappresentate dalla polizia giudiziaria che coordina ed accentra, tramite un'unità investigativa nazionale, le informazioni sul traffico di stupefacenti. La Polizia di pubblica sicurezza e la Guardia nazionale repubblicana possono essere coinvolte nelle operazioni di indagine e controllo antidroga. Né le autorità doganali, né la polizia tributaria hanno unità speciali per affrontare i problemi collegati alla droga.

Spagna

Il Servizio centrale narcotici, alle dipendenze del Ministero degli Interni, coordina la lotta antidroga dal punto di vista operativo ed investigativo. La Polizia e la Guardia Civil sono attive a livello nazionale, assistite dalle forze della polizia municipale. Sia la polizia, sia la guardia dispongono di speciali squadre antidroga. Il Servizio di sorveglianza doganale collabora con le Forze di polizia, sotto il coordinamento del Servizio centrale narcotici.

Regno Unito

Il Servizio dazi e dogane di Sua maestà (HMCE - Her Majesty's Customs and Excise) è innanzitutto responsabile per l'individuazione e la prevenzione delle importazioni illegali di stupefacenti. Questo servizio dispone di una divisione investigativa di 450 uomini dediti esclusivamente ad indagini relative alla droga, di squadre di sostegno e di una sezione marittima. Per quanto riguarda le forze di polizia, 9 squadre regionali di polizia criminale in Inghilterra e Galles ed una in Scozia sono competenti per i casi più gravi. Ciascuna dispone di unità specializzate nella lotta antidroga.

L'attività di coordinamento è svolta dall'Unità nazionale di investigazione antidroga (NDIU - National Drugs Intelligence Unit) composta da ufficiali esperti della polizia e della dogana. L'Unità possiede delle divisioni specializzate in riciclaggio di denaro sporco, monitoraggio dei precursori e criminalità organizzata. La NDIU è responsabile al Gruppo ministeriale di controllo investigativo antidroga (Drugs Intelligence Steering Group) alle dipendenze del Ministero degli Interni.

Il ruolo degli ufficiali di collegamento antidroga

La maggior parte dei paesi ha concordato di nominare degli

ufficiali di collegamento antidroga. Si tratta di ufficiali di

grande esperienza che possono essere dislocati in paesi in cui la

produzione od il commercio di stupefacenti costituiscono un grave

problema. I principali paesi europei, pertanto, hanno ufficiali di

collegamento in servizio in America Latina, nell'Asia meridionale

e sudorientale, negli Stati Uniti e nei paesi europei loro

limitrofi. Alcuni Stati membri della Comunità europea ancora non

sono in grado di nominare ufficiali di collegamento in questo

ruolo. L'assegnazione di ufficiali di collegamento antidroga agevola i contatti fra le diverse forze di polizia e i servzi doganalie migliora le possibilità di coordinare gli sforzi diretti contro il commercio di stupefacenti.

Interpol

L'Interpol, ovvero l'Organizzazione Internazionale di polizia criminale, ha secondo l'articolo 2 del suo statuto le seguenti competenze:

- garantire e promuovere la massima assistenza reciproca possibile fra tutte le autorità di polizia criminale, entro i limiti previsti dalla legge vigente negli Stati membri e nello spirito della Dichiarazione dei diritti dell'uomo;

- creare e sviluppare tutte le istituzioni che possono contribuire efficacemente alla prevenzione ed alla repressione dei crimini ordinari.

L'Interpol è il centro di raccolta delle informazioni trasmesse dai suoi Stati membri e dispone di un sistema efficiente e complesso di banche dati e reti di telecomunicazione.

Presso la sottodivisione "droga" dell'Interpol sono distaccati ufficiali esperti delle varie forze di polizia nazionali. Gran parte delle loro attività riguarda l'Europa. Il lavoro dell'Interpol in materia di droga e criminalità organizzata (per la quale esiste un'altra sottodivisione specifica) è sempre più intenso e comprende sempre più frequenti iniziative tese a neutralizzare i trafficanti di droga.

E' incontestabile che essendo stata trasferita a Lione, l'Interpol deve dare un contributo più efficace e dinamico: ha le strutture e le esperienze che le permetterebbero di svolgere un ruolo più significativo, in linea con le attuali proposte del Gruppo Trevi riguardante la creazione di un'unità europea di investigazione antidroga.

Consiglio di cooperazione doganale (CCD)

Il Consiglio di cooperazione doganale, a cui aderiscono 111 paesi, fu costituito nel 1953 con la finalità di armonizzare le procedure doganali. Sebbene, analogamente all'Interpol non sia da annoverarsi fra le forze dell'ordine vere e proprie, esso consente ai diversi servizi doganali di scambiarsi informazioni operative riguardanti traffici illeciti di narcotici e sostanze psicotrope. Esso pubblica regolarmente dei rapporti informativi, aggiornando le conoscenze concernenti le pratiche di individuazione, ecc. Dal 1977 gran parte delle attività del CCD sono regolate dalla Convenzione di Nairobi sulla reciproca assistenza amministrativa in merito alla prevenzione, investigazione e repressione delle violazioni doganali.

Il Consiglio e l'Interpol intrattengono rapporti di stretta e regolare collaborazione.

Proventi della droga e riciclaggio di denaro sporco

Una considerazione che non può essere trascurata è il contesto in cui si svolge il traffico illegale della droga. Gli effetti macroeconomici stessi della criminalità organizzata nel settore degli stupefacenti sono imponenti, in quanto essa, con le cifre astronomiche che mette in gioco, ha un impatto diretto sul sistema finanziario globale. Il riciclaggio del denaro, ovvero la pratica di reimmissione del denaro proveniente dal traffico di stupefacenti nei canali commerciali e finanziari legittimi è, dunque, un corollario del problema droga, e nonostante la recente direttiva adottata dalla Comunità europea sul riciclaggio, l'argomento resta di essenziale interesse per i lavori della nostra commissione. A Scotland Yard un manifesto dichiara "Riciclaggio del denaro: un'industria ausiliaria del traffico della droga. Un'attività non può esistere senza l'altra".

Anche sul piano dell'economia di mercato, il commercio di stupefacenti manipola perversamente le normali leggi del mercato, in quanto la repressione delle attività criminali funge da effetto moltiplicatore del costo delle droghe illegali vendute nelle strade.

Sebbene le entrate procurate dalla cocaina ai cartelli di Medellin e Calì possa raggiungere cifre pari a 5 o 6 miliardi di dollari USA all'anno, e i profitti dei coltivatori d'oppio in Asia siano di poco inferiori, questi importi non rappresentano che il 10% circa dei proventi della droga che entrano in circolazione ogni anno. I guadagni più elevati spettano alle grandi "multinazionali della criminalità".

Nella sua relazione al G7 nell'aprile 1990 il Gruppo d'azione finanziaria internazionale (GAFI) stimava il valore della droga illecita venduta intorno a 122 miliardi di dollari USA.

Valore dei narcotici venduti nel 1989

(in miliardi di dollari USA)

------------------------------------------------

U.S.A. Europa Totale

Cocaina 28,8 6,7 35,1

Eroina 10,0 2,1 12,1

Hashish 67,2 7,5 74,7

----- ---- -----

106,0 16,3 121,9

Ottanta per cento del totale viene sottoposto a riciclaggio per essere usato, legalmente, sui mercati internazionali del capitale e delle finanze.

Ai redditi annui derivanti direttamente dal commercio degli stupefacenti, si aggiungono gli interessi prodotti dagli investimenti di narco-dollari operati negli esercizi passati. Il reddito risultante viene stimato pari a 820 miliardi di USD su un arco di tempo di 10 anni ; secondo altre fonti le cifre sono molto più elevate. In ogni caso somme di una simile entità hanno necessariamente un impatto considerevole sull'economia di società internazionali anche di grandi dimensioni, e secondo alcuni, addirittura sull'economia mondiale in generale.

Banche (e certo non solo loro), spesso situate nei cosiddetti paradisi fiscali o su isole remote, traggono profitti del 10% almeno dagli 80-100 miliardi di dollari riciclati ogni anno. La fetta più consistente dei profitti ricavati dai trafficanti di droga e dai racket criminali viene riciclata come capitale vagante sulle grandi piazze finanziarie e nelle borse internazionali. L'insieme di questi fattori spiega l'urgenza con cui i capi di stato e di governo delle democrazie di tutto il mondo stanno cercando di affrontare il fenomeno. Con un opportuno pretesto - ovvero che il riciclaggio del denaro era causa di concorrenza sleale fra banche - la Comunità europea ha adottato una direttiva mirante a prevenire l'impiego dei canali finanziari per il riciclaggio di denaro sporco (COM 91/182).

La nuova direttiva comunitaria, che entrerà in vigore il 1 gennaio 1993, fa riferimento agli aspetti più significativi della Convenzione ONU contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope. Entrambi i documenti prevedono l'inversione dell'onere della prova relativamente all'origine di redditi dubbi: in altre parole, la persona sospetta deve dimostrare che il denaro che vuol depositare proviene da fonti lecite. Gli elementi fondamentali della nuova direttiva sono: la criminalizzazione del riciclaggio del denaro, l'obbligo di identificare i clienti e i proprietari effettivi, i requisiti di adeguata diligenza da parte degli istituti finanziari e creditizi ed infine l'opportunità di stimolare la cooperazione fra istituti finanziari e forze dell'ordine. Il Parlamento europeo ha contribuito molto a rendere più severi certi elementi della proposta originaria .

Il Comitato di Basilea dei Governatori delle Banche centrali ha formulato una chiara dichiarazione di principio avente l'obiettivo di potenziare la funzione di controllo del sistema bancario degli Stati membri (il Comitato in questione comprende solo sette paesi comunitari). Tuttavia, i vari organismi nazionali di controllo bancario non hanno le stesse competenze per quanto riguarda l'eliminazione del riciclaggio di denaro sporco. Nondimeno, sembra che si stiano esplicando sforzi per garantire l'applicazione, da parte degli istituti bancari, della dichiarazione di principio la quale, in alcuni casi, è stata inserita nella legislazione nazionale.

Inutile dire che i trafficanti di stupefacenti e le altre organizzazioni criminali stanno cercando forme alternative per il riciclaggio dei loro profitti: soluzioni frequenti sono transazioni in oro, pietre preziose o beni in generale. Il punto più debole della legislazione, internazionale e nazionale, è che esse si fondano sul presupposto dell'integrità del sistema bancario, che, come invece provano gli eventi, non dovrebbe mai essere data per scontata.

Non sono, infatti, solo i tradizionali paradisi fiscali di Panama e delle Bahamas a prestarsi alle operazioni di riciclaggio. Prima che venisse introdotta l'attuale normativa, anche le banche svizzere erano coinvolte nel riciclaggio dei proventi della droga, come fu dimostrato da un'inchiesta interparlamentare svizzera, tanto che la Bank of Credit and Commerce International dichiarò la propria colpevolezza in un famoso caso dibattutto nei tribunali della Florida nel 1988. Nell'ottobre del 1985, in seguito ad un'operazione del servizio investigativo delle dogane britanniche, si scoprì che il generale Noriega - che attualmente è ancora in attesa di processo negli Stati Uniti per crimini collegati alla droga - aveva dei conti sospetti alla filiale londinese della BCCI. Da allora i funzionari doganali hanno fatto luce su una vasta rete di riciclaggio di denaro in cui risultano implicati i cartelli colombiani, Manuel Noriega e la filiale di Londra della BCCI. L'allora Cancelliere dello scacchiere MAJOR presentò

al proposito una relazione alla Camera dei Comuni del Parlamento britannico il 18 gennaio 1990.

La sottocommissione giudiziaria del Senato degli Stati Uniti, competente per la criminalità e la giustizia penale, ha indagato sulle implicazioni dello scandalo della BCCI per il sistema bancario americano, ed ha individuato gravi lacune nel coordinamento fra i vari organismi specializzati (il servizio doganale, il servizio fiscale, la riserva federale e la DEA).

Secondo la sottocommissione, "sembra che scarsi siano i meccanismi esistenti volti a garantire una diffusione delle informazioni fra gli organismi preposti al rispetto della legge in varie giurisdizioni, oppure un flusso di informazioni verticale verso i responsabili decisionali". E' chiaramente importante esplicare nella Comunità europea grandi sforzi per garantire che una simile situazione non possa verificarsi; da ciò le raccomandazioni formulate nella presente relazione. Al momento tuttavia, rimane ancora molto da fare prima che questa cooperazione possa essere pienamente radicata.

Le forze dell'ordine nazionali non sono le sole a potenziare le loro risorse per combattere questa forma di criminalità collegata in modo diretto sebbene non esclusivo, al traffico di narcotici. Anche l'Interpol ha affrontato il problema molto seriamente, e sono sempre più frequenti le sue iniziative di coordinamento delle attività, sia delle forze di polizia degli Stati membri, sia delle attività doganali (in collaborazione con il CCD). L'Interpol e CCD gestiscono importanti programmi addestrativi per consolidare le capacità di intervento della polizia.

Nel rispondere alla Commissione d'inchiesta, il rappresentante dell'Associazione delle banche svizzere, CHAPUIS ha illustrato chiaramente la posizione della sua associazione in merito al riciclaggio del denaro. Ha per altro aggiunto - concetto che dovrebbe essere universalmente riconosciuto -"proprio come nessun codice penale è mai riuscito ad impedire un delitto od un furto, così nemmeno la più repressiva legislazione sul riciclaggio del denaro impedirà radicalmente la rimessa in circolazione dei

proventi di attività criminose".

In Svizzera, Lussemburgo, ed altri paesi europei fra cui anche la Gran Bretagna e la Francia sono state introdotte disposizioni legislative più severe a sostegno della lotta contro le pratiche di riciclaggio. In certi paesi, particolarmente in Germania, ci vogliono apparentemente tempi più lunghi per adeguarsi alle più rigide norme della direttiva comunitaria.

In aggiunta alla direttiva europea sul riciclaggio di denaro sporco, il Consiglio d'Europa ha elaborato una convenzione su riciclaggio, perquisizione, sequestro e confisca dei proventi di attività criminali, in cui si richiede che tutti gli Stati membri considerino il riciclaggio di capitali un illecito penale. In certi paesi europei, specie in Gran Bretagna, la legislazione riconosce la natura internazionale del traffico di stupefacenti e permette, pertanto, indagini sull'origine di capitali sospetti d'essere connessi con la droga. La confisca è ammessa solo nei casi in cui esiste un Accordo di confisca. Accordi su questo argomento esistono fra Gran Bretagna e USA e vari altri paesi fra cui Svizzera, Spagna, Italia, Nigeria, Bahamas, Messico e Gibilterra.

Ovviamente sarebbe opportuno sussistessero analolghi accordi fra tutti gli Stati della Comunità europea. Un esempio di funzionamento si ebbe quando in seguito alla perquisizione di una fattoria in Colombia si scoprirono dei documenti che attestavano l'esistenza di conti bancari collegati in tutto il mondo. Ciò imponeva un'azione immediata per bloccare i beni relativi a un certo Rodriguez-Gacha in Gran Bretagna. Si applicò allora l'accordo di confisca in quanto Rodriguez-Gacha era stato accusato di traffico di droga in America. Una richiesta formale in merito fu trasmessa dal Dipartimento di giustizia statunitense al Ministero degli Interni britannico. L'Ente competente, il NDIU, affidò il caso ad un funzionario doganale il cui lavoro sarebbe stato coordinato da NDIU stesso in collaborazione con il Dipartimento di giustizia USA. Tale collaborazione si dimostrò di vitale importanza e provò, man mano che procedeva la scoperta di conti bancari collegati in tutto il mondo, la validità delle analisi così impostat

e. L'esame accurato dei documenti consentì infatti di identificare dei conti, sconosciuti in precedenza, tenuti dall'organizzazione di Rodriguez- Gacha a Londra .

La nuova legislazione sul riciclaggio di capitali impone che i funzionari di banca segnalino le transazioni sospette. La Gran Bretagna con le operazioni derivanti dalla legge sul traffico illecito della droga (Drug Trafficking Offences Act) del 1986, fornisce un altro esempio di problematica connessa con l'identificazione di chi si presta al riciclaggio di denaro: in Gran Bretagna ci sono 16.000 filiali di banche e 70 milioni di conti bancari. Sebbene la frequenza di casi divulgati sia sempre maggiore, nel 1990 essi erano appena 1890, il quadruplo rispetto al 1987. Finora, a fine ottobre 1991, sono stati divulgati 2.900 casi.

La nuova legge sul diritto penale e sulla cooperazione internazionale (Criminal Justice Act) del 1990 è entrata in vigore il 1 luglio 1991 e consente la confisca dei beni la cui origine non è giustificata. Leggi analoghe esistono anche in altri paesi europei.

Il reinvestimento di capitali ottenuti illegalmente è l'obiettivo finale dei riciclatori. Vari settori si prestano a questo reinvestimento. Spesso il settore del gioco d'azzardo e delle scommesse autorizzate è quello in cui i controlli sono meno rigorosi. Un altro settore è quello dell'assistenza sociale nel quale, in alcuni paesi, sono effettuati solo controlli superficiali e vigono situazioni di monopolio. Fra le attività produttive, di particolare interesse è l'edilizia, che si presta agevolmente a complessi trasferimenti di fondi la cui origine non può essere individuata, a seguito della prassi ormai invalsa di fondare un numero indefinito di società, ciascuna delle quali ha per oggetto la costruzione e la vendita di un singolo edificio, reciprocamente collegate tramite una holding comune e fra le quali si crea una complessa rete di rapporti economici e finanziari. Un altro obiettivo di investimento attraente è offerto dalle società prossime al fallimento, a prescindere dal loro oggetto sociale, in quan

to sono ben liete di accettare gli investimenti di cui hanno estrema necessità senza procedere a controlli diversi da quelli puramente formali. Problemi particolari sono posti anche dagli appalti pubblici assegnati ad una società, la quale poi subappalta ad organizzazioni meno scrupolose collegate ad associazioni criminali come la camorra.

Di fronte alle nuove leggi ed alla crescente consapevolezza delle banche dei rischi che il riciclaggio di denaro comporta per l'integrità del loro stesso sistema le organizzazioni criminali, soprattutto quelle aventi sede in Asia, stanno cominciando a rivolgersi ad una struttura bancaria clandestina nota come Hawala, Hundi, Chiti o Chop Shop. Si tratta di "banche parallele" ampiamente usate in passato dalle comunità indiana e cinese per sottrarsi ai controlli cambiari. In Gran Bretagna sono stati avviati vari procedimenti giudiziari contro "banchieri" Hawala.

ISTITUZIONI POLITICHE, ORGANIZZAZIONI CRIMINALI E TRAFFICO DI STUPEFACENTI

Le somme prodotte dal traffico di droghe e la facilità con cui è stato finora possibile riciclarle hanno attribuito ai criminali che le possedevano un'influenza e un potere considerevoli. Logicamente, tale potere dovrebbe essere sfruttato per ridurre l'efficacia degli organismi statali che lottano contro le droghe e ciò, ovviamente, cercando di corrompere i politici, le amministrazioni e la polizia.

Sarebbe inutile ritenere che nulla del genere sia successo, o che non continuino tuttora tentativi in questo senso. Nei paesi della Comunità europea, fatta purtroppo eccezione per alcune regioni dell'Italia, non vi sono prove di un'infiltrazione e di una corruzione sistematica del sistema politico. Questa situazione non deve indurre a compiacenza, in quanto si può essere sicuri che il crimine organizzato è sempre pronto a trovare strumenti di corruzione.

Spetta a chi si trova in posizioni di responsabilità essere costantemente consapevole di questo pericolo e fare in modo che esistano meccanismi idonei per lottare contro di esso. Infatti, per quanto non esistano prove di una corruzione sistematica o diffusa nei paesi della Comunità europea, in alcuni paesi si sono registrati alcuni casi isolati a livello politico e di polizia. Essendo venute al corrente di tali casi, le autorità di codesti paesi hanno una responsabilità particolare nel garantire che simili episodi non si ripetano, e quindi nel rimanere in guardia contro possibili future infiltrazioni e corruzioni.

Mentre in Francia le accuse di finanziamento illegale di partiti politici si basano su complesse tecniche illegali di contabilità, con l'impiego di false fatture, a questo livello non è mai stato sospettato alcun collegamento con organizzazioni criminali o trafficanti di droga. Sono stati tuttavia documentati i collegamenti fra eminenti politici locali, ed ex politici nazionali, nella Francia meridionale e in particolare a Nizza e a Marsiglia, con famiglie mafiose italiane. L'ex sindaco di Nizza è stato accusato di reati penali, ed ha preferito esiliarsi in Uruguay. Lo smantellamento delle preesistenti famiglie mafiose corse ha dimostrato l'esistenza di un'attività criminale organizzata collegata al traffico di droga. Attualmente si ritiene che l'attività terroristica in Corsica e nella Francia meridionale sia collegata al traffico di droga, come pure le faide e le vendette nell'ambito del "milieu" locale.

In Italia, peraltro, l'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha accusato specificamente esponenti politici di essere collegati direttamente ai profitti realizzati dalla mafia con la droga. Egli ha anche messo direttamente in discussione i motivi per cui vicende quali lo scandalo del Banco ambrosiano, la loggia P2 e la morte di Aldo Moro non hanno mai ricevuto piena luce, attribuendone la responsabilità ad importanti uomini politici. In Germania, è sempre più diffuso il timore di un'influenza criminale sul governo e sull'amministrazione dei Länder (regioni), specialmente nella ex RDT.

La difficoltà nel definire un collegamento diretto fra il traffico di droga e la corruzione politica è aggravata dal fatto che, nel momento in cui grosse somme vengono utilizzate per corrompere, tali risorse sono state previamente riciclate tramite organizzazioni di copertura controllate discretamente ma efficacemente da interessi criminali organizzati. E' difficile portare alla luce un collegamento politico clandestino di questo tipo nell'ambito di società altamente complesse e in costante evoluzione. Molto più agevole è individuare il collegamento in numerosi paesi produttori di droghe, la cui istituzioni sono state completamente minate dal potere dei baroni locali della droga, ad esempio il citato caso del Pakistan, o quello della Colombia.

Sembra che uno dei canali più ovvi per trasferire fondi agli enti locali o ai politici sia quello delle istituzioni bancarie o finanziarie. Lo conferma lo scandalo della BCCI, di portata mondiale, anche se probabilmente non si tratta affatto dell'unica banca che abbia riciclato profitti della droga stornandoli a fini politici. Anche la Habib Bank pakistana è stata coinvolta in vicende analoghe, e in Italia il patrimonio del Banco Scilla è stato sequestrato a causa dei suoi notori collegamenti con la camorra.

Il coinvolgimento del crimine organizzato nella politica può manifestarsi in modi diversi dalla corruzione. Un altro mezzo per lo stesso fine è rappresentato dall'intimidazione e dalle minacce di violenza nei confronti di uomini politici e delle loro famiglie, allo scopo di ottenere la loro arrendevolezza. Naturalmente, non necessariamente la corruzione e l'intimidazione si escludono reciprocamente. Inoltre, l'intimidazione può essere mirata o generalizzata. Se si pensa che, nel 1990, un terzo dei 1692 omicidi commessi in Italia era direttamente collegato al crimine organizzato, e che i due terzi di tutti gli omicidi sono stati commessi nelle tre regioni in cui sono basate la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, ci si può fare un'idea dell'intensità delle pressioni sotto le quali si svolge l'attività politica. In Calabria, il tasso degli omicidi è quintuplo rispetto alla media nazionale (cfr. documento dell'on. Colajanni in allegato). Durante la campagna elettorale del 1990, nelle province di Reggio Calabri

a e Napoli otto candidati alle elezioni locali sono stati assassinati.

Nelle recenti elezioni regionali siciliane, sono state scoperte attività dei clan mafiosi catanesi a sostegno di taluni candidati (tramite intercettazioni telefoniche). Recentemente il sindaco di Reggio Calabria ha dichiarato che i ritardi nell'applicazione della legge speciale per Reggio (la quale prevede stanziamenti per lavori pubblici parzialmente gestite da enti locali) erano dovuti fra l'altro al suo timore di sollevare la questione in un consiglio comunale il 10-15% dei cui membri era stato eletto dalla mafia.

L'ufficio elezioni della Camera dei deputati è giunto alla conclusione che la camorra è stata coinvolta nei gravi brogli elettorali verificatisi nel distretto di Napoli in occasione delle ultime elezioni generali. Il "codice di autoregolamentazione per le candidature" proposto dalla commissione parlamentare antimafia (che prevede l'esclusione dalle liste elettorali dei candidati precedentemente processati per reati indicativi dell'appartenenza o del coinvolgimento con organizzazioni criminali di stampo mafioso) e approvato dai segretari nazionali di tutti i partiti politici, è stato ampiamente ignorato in vari casi, quando è stato applicato per la prima volta nella compilazione delle liste elettorali per le elezioni amministrative in varie province e per le elezioni regionali siciliane svoltesi nella scorsa primavera.

L'ex Alto commissario competente per la lotta contro il crimine organizzato in Italia ha dichiarato pubblicamente che 17000 (15%) dei 124000 amministratori locali italiani formano attualmente l'oggetto di un qualche tipo di indagine. Nelle regioni dell'Italia meridionale si è registrato un aumento del 37% dei casi di associazione per delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del codice penale italiano). Altrove in Italia, e in particolare nelle grandi città settentrionali di Milano e di Torino, si sospetta che la criminalità organizzata sia penetrata profondamente nel settore finanziario e industriale.

In Italia la criminalità organizzata sta ampliando il proprio ambito di penetrazione nello Stato e nella società civile, specialmente nella struttura degli enti locali e regionali che, fra l'altro, spesso sono competenti in materia di lavori pubblici.

Le autorità italiane hanno reso nota la portata del coinvolgimento della mafia in progetti di opere pubbliche locali, in parte quale strumento per riciclare i profitti della droga. In Campania, su 27 cantieri di costruzione, sono stati registrati 48 subappalti non autorizzati, 28 violazioni della legislazione antimafia e 305 violazioni della legge che vieta il ricorso agli intermediari sul mercato del lavoro, delle regolamentazioni sulla sicurezza nonché evasioni fiscali. Fra gli altri esempi di opere pubbliche nazionali inquinate figurano l'autostrada Roma-Napoli e la base NATO di Isola Capo Rizzuto.

Contemporaneamente, il controllo delle istituzioni politiche locali tramite la corruzione e l'intimidazione consente alle organizzazioni criminali di svolgere le proprie attività nel settore della droga con una relativa impunità. Benché, a seguito di un referendum volto a limitare gli abusi elettorali commessi da organizzazioni illegali, le leggi elettorali italiane stiano alquanto cambiando, è avvenuto che clan mafiosi, la camorra e la 'ndrangheta siano riusciti a far figurare i propri "candidati" su liste di partiti, facendoli poi eleggere.

Tutti questi elementi ci inducono a confermare il fenomeno dell'istituzionalizzazione della criminalità organizzata in Italia, e alimentano il timore che, con l'internazionalizzazione di queste attività criminali, altri paesi europei debbano alzare la guardia. Il governo tedesco ritiene che i proventi della vendita di droghe illegali ammontino a 2-4 miliardi di marchi. Esso ammette che per la criminalità organizzata la Germania è particolarmente interessante a causa della sua solidità economica e della sua posizione geografica, e ritiene quindi che la vita commerciale, economica e finanziaria della Repubblica federale sia stata infiltrata da criminali organizzati coinvolti nel traffico di droga. E' anche un fatto che i centri finanziari della Germania, e in particolare Francoforte, sono sempre più utilizzati per operazioni di riciclaggio da parte di organizzazioni criminali.

Le autorità tedesche hanno comunicato alla commissione d'inchiesta che sono stati accertati casi sporadici di dipendenti pubblici tedeschi coinvolti nel traffico di droga, e riconoscono che questo problema si sta aggravando. Per il momento tuttavia, in termini generali, il problema è giudicato marginale. Tuttavia, nel servizio pubblico la corruzione non è più limitata a pochi individui, anche se si ritiene esagerato sostenere che la polizia o gli ambienti politici siano stati infiltrati o influenzati da organizzazioni criminali.

Quanto alla ex RDT, la situazione è meno chiara, per quanto potenzialmente meno preoccupante. Esiste il timore concreto che lo scioglimento della polizia segreta della Germania orientale, che si occupava del traffico di droga, provochi l'infiltrazione di esperti spacciatori di droga negli enti locali e negli organismi ufficiali esistenti. Questi individui potrebbero essere particolarmente attivi nel traffico di droghe da altri paesi dell'ex blocco comunista, dove disponevano in precedenza di strettissimi collegamenti, all'Europa occidentale.

Le conseguenze del coinvolgimento criminale in vasti settori dell'attività politica, dalla politica nazionale alle amministrazioni locali, deve stimolare le istituzioni e i partiti politici dell'intera Comunità europea ad adottare nuove regole e nuovi modelli di comportamento volti a rendere più trasparenti e più aperti alla pubblica verifica le istituzioni democratiche e il loro finanziamento. Misure quali il finanziamento pubblico (cioè statale) dei partiti politici e il controllo pubblico di tali fondi per le campagne elettorali dovrebbero essere prese in considerazione dai paesi che attualmente non applicano disposizioni in materia. Inoltre, i politici eletti a qualsiasi livello dovrebbero avere l'obbligo di rendere noti i propri interessi, allo scopo di fugare qualsiasi sospetto di connessioni discutibili. Vi sono indubbiamente anche altre misure che possono essere introdotte per lottare efficacemente contro la minaccia di corruzione. Una particolare attenzione deve essere dedicata alle spese sostenut

e dagli enti locali e dagli organismi governativi. A questi ultimi deve essere impedito trattare con società o individui coinvolti in attività criminali organizzate.

L'IMPEGNO DELLA COMUNITA' EUROPEA NELLA LOTTA CONTRO IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI

Dai tempi della relazione STEWART-CLARK al Parlamento europeo nel 1986, i paesi europei hanno perseguito politiche sia a livello nazionale, sia nell'ambito della Comunità europea, del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite, che hanno significativamente potenziato il loro arsenale per la lotta contro la criminalità organizzata e il traffico della droga. Nondimeno, i pericoli derivanti dall'abuso di dannose sostanze stupefacenti permangono, anzi, la presente relazione ci ha dimostrato che le quantità coinvolte tendono ad aumentare.

Ciò fa presumere che, nonostante i loro sforzi, la Comunità europea e gli Stati membri non siano ancora riusciti a domare questo preoccupante fenomeno. Ciò induce anche a concludere che l'adozione di leggi e convenzioni internazionali non serva a molto se non si aggiungono altre decisioni politiche per accrescere la capacità della polizia e dei servizi doganali di contrastare questa minaccia. Né si può, per altro, presumere di risolvere il problema rinforzando semplicemente l'apparato repressivo, a disposizione delle nostre società democratiche proprio per salvaguardare la libertà individuale e collettiva. E' necessario un impegno enorme, sia dei servizi sociali, sia delle istituzioni educazionali per sensibilizzare i settori più deboli della nostra società, per prendersi cura di chi soffre a causa dell'abuso di droga e di chi ha bisogno di consigli e soccorso.

Negli anni passati la Comunità europea e gli Stati membri hanno concesso ai paesi in via di sviluppo dell'Asia e dell'America Latina modesti importi, in particolare proprio per incoraggiare la conversione delle culture. Sono state concordate anche misure commerciali speciali per agevolare l'interscambio e promuovere le esportazioni legittime da tali paesi verso la CE. Analogamente, l'ONU ha definito una serie di programmi per l'America Latina, i Caraibi e l'Asia per divezzare gli agricoltori dalla produzione di canapa indiana, coca ed oppio.

Sotto la presidenza francese nel 1989, il Presidente MITTERAND lanciò un piano articolato in sette punti, mirante a suscitare maggiore supporto per la lotta contro l'abuso di stupefacenti. I sette punti erano i seguenti:

- Quadro generale dell'abuso di stupefacenti in Europa ed istituzione di un Osservatorio europeo sulla droga;

- Convergenza delle politiche nazionali in materia di droga;

- Rinforzo dei controlli antidroga alle frontiere esterne della CE;

- Attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope;

- Coordinamento delle politiche nei confronti dei paesi produttori;

- Istituzione di una politica comune concernente il riciclaggio dei capitali;

- Designazione di un coordinatore competente per i problemi della droga in ciascuno Stato membro ed in seno alla Commissione.

Un Comitato europeo di lotta contro l'abuso della droga (CELAD), composto dai coordinatori nazionali è diventato operativo all'inizio del 1990.

In certuni settori che per il momento non rientrano (almeno a parere di alcuni) nella sfera di competenza della Comunità, gli Stati membri hanno armonizzato le rispettive azioni nell'ambito del Gruppo TREVI o del Gruppo di mutua assistenza. Nell'accordo di Schengen è controversa la parte relativa ai controlli di frontiera da operarsi esternamente alla supervisione istituzionale della CE. Lo scorso anno la Comunità ha adottato numerose decisioni.

Ratificando la Convenzione di Vienna, la CE è riuscita a fissare la propria competenza in materia di riciclaggio di denaro e controlli di precursori e sostanze chimiche essenziali: è stato preparato un regolamento riguardante i precursori ed è stata adottata una direttiva sul riciclaggio dei capitali. La Comunità ha inoltre partecipato intensamente al gruppo di lavoro del G7 sulle azioni finanziarie (GAFI - Gruppo d'azione finanziaria internazionale) e sui precursori ed i prodotti chimici essenziali (CATF). Al vertice di Roma è stato adottato un piano europeo contro la droga.

Purtroppo la controversia tra Stati membri e Comunità europea sulle reciproche competenze fiacca la generale capacità di agire in modo efficace. Così come è poco lungimirante assegnare finanziamenti alle forze dell'ordine in proporzione all'entità dei sequestri annuali operati (il che disincentiva l'organizzazione delle consegne controllate), è altrettanto poco lungimirante l'atteggiamento di Stati membri e Comunità che inficiano la loro stessa capacità di risolvere questo delicato problema, discutendo se esso sia di competenza nazionale o comunitaria.

Raccomandazioni per il futuro

L'abbattimento delle barriere doganali fra gli Stati membri della Comunità europea, corrispondente alla realizzazione del Mercato unico il 1 gennaio 1993, indebolirà la capacità degli Stati membri di combattere il traffico degli stupefacenti, a meno che non si adottino dei provvedimenti sostitutivi. Rinforzare le frontiere esterne non è di per sé una soluzione adeguata: non solo perché anfetamine ed altre droghe sintetiche vengono prodotte all'interno della CE, ma anche perché nemmeno controlli più severi sono sufficienti ad impedire l'ingresso del materiale di contrabbando. La polizia ed i servizi doganali dispongono già di metodi selettivi di individuazione e di identificazione del traffico ad alto rischio (per mare, aria, terra e rotaia) nei punti chiave di ingresso nei vari paesi. Ma perché ciò continui ad essere possibile, non bisogna lesinare loro informazioni sul movimento delle merci. L'accesso alle informazioni non necessariamente impedisce il libero movimento delle persone, anzi non deve farlo.

Fino a quando l'obiettivo prioritario sarà arrestare ed imprigionare i capi e gli organizzatori dei principali racket criminali implicati nel traffico di droga, polizia e dogana devono poter disporre delle migliori informazioni, che permettano loro di coordinare consegne controllate. E' necessario migliorare le tecniche investigative, naturalmente nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo, e proseguire i controlli selettivi sul traffico. Si attribuisce inoltre alta priorità ad una più intensa collaborazione fra Stati membri in materia di consegne controllate, trasmissione di informazioni e sorveglianza aerea e marittima. Anche un più elevato grado di cooperazione fra autorità doganali, noleggiatori, trasportatori e compagnie di navigazione ecc. può contribuire affinché il traffico legittimo si svolga indisturbato nella Comunità europea. Non c'è motivo, per esempio, perché il manifesto del carico non possa essere mantenuto anche se le dichiarazioni doganali formali verranno abolite.

In breve, resta da fare ancora molto per consentire che la creazione di un Mercato unico europeo sia davvero un vantaggio sia per il singolo individuo sia per le imprese commerciali, all'interno ed all'esterno della CE, senza nel contempo agevolare la criminalità organizzata. Il vertice di Lussemburgo, nel luglio 1991, ha approvato in principio l'istituzione di un Osservatorio Europeo della droga, senza però prendere alcuna decisione in merito alle sue dimensioni o strutturazione, elementi di cui si occuperà il vertice di Maastricht.

Inoltre, al prossimo vertice europeo di Maastricht saranno esaminate le proposte del governo tedesco sulla lotta contro il traffico internazionale degli stupefacenti e la criminalità organizzata, nonché eventuali proposte di altri Stati membri. La proposta tedesca riguarda in particolare l'istituzione di "Europol". La funzione primaria della polizia consiste nel far rispettare la legge nazionale individuando ed arrestando chi la viola e raccogliendo prove da utilizzare in sede giudiziaria. In base a questa definizione, il concetto di "Europol", qualora con esso si intenda una polizia federale europea, è prematuro in quanto non esiste ancora un corpo di diritto penale europeo in base al quale questo organismo di polizia possa agire al di là delle frontiere nazionali. Tuttavia la prospettiva di una Comunità integrata, a livello tanto istituzionale quanto economico, impone una reazione integrata alle sue esigenze di polizia. Concepire una simile risposta è tanto difficile quanto urgente. E' difficile a causa d

ella molteplicità delle forze di polizia fra gli Stati membri, delle diverse disposizioni in materia di controllo politico, della mancanza di uniformità delle procedure operative e delle disparità esistenti da paese a paese per quanto riguarda il controllo.

Il coordinamento di queste disparità a livello operativo deve essere di competenza delle autorità di polizia (o dei servizi doganali, a seconda dei casi). Importanti progressi sono già stati realizzati con le procedure Trevi e con le esperienze acquisite dall'Accordo di Schengen. E' auspicabile giungere ad un accordo politico per portare ulteriormente avanti questa cooperazione. La proposta più appropriata attualmente in discussione riguarda la creazione di un servizio europeo di informazioni sulla droga, il cui organico dovrebbe essere composto da agenti doganali e di polizia dei vari Stati membri, e comprendere agenti di collegamento competenti in materia di droghe provenienti da paesi non comunitari particolarmente interessati. Questo servizio dovrebbe avere sede a Lione, allo scopo di essere in grado di integrare le proprie attività con Interpol. Ciò consentirebbe di potenziare la cooperazione e i collegamenti con paesi extracomunitari, mentre la Comunità sarebbe in grado di rafforzare e consolidare la

lotta contro il traffico di droga e l'attività criminale organizzata in un contesto transnazionale.

I compiti principali del SEID dovrebbero consistere nell'accelerare lo scambio di informazioni fra Stati membri della Comunità europea e nel proporre iniziative ed azioni da intraprendere in relazione a forniture controllate di droghe illegali e alla cattura dei criminali coinvolti. In breve, essa dovrebbe avere la facoltà di avviare l'attività operativa delle forze specializzate di polizia e doganali degli Stati membri. Il SEID dovrebbe rispondere politicamente al Consiglio dei ministri della Comunità europea oppure ad un organismo specifico del Consiglio creato allo scopo. Il Parlamento europeo dovrebbe avere il diritto di interrogare il Consiglio, o l'organismo specifico sopracitato (così come il Parlamento interroga i Ministri degli esteri riuniti nell'ambito della cooperazione politica) su questioni pertinenti alla politica europea in materia di droghe e alla lotta contro la criminalità organizzata. Il Presidente del Parlamento europeo e la commissione giuridica del Parlamento europeo, o una commissio

ne spcializzata competente, dovrebbero ricevere dal Consiglio una relazione annuale in materia.

Per funzionare efficientemente, il SEID deve poter contare su servizi di corrispondenza efficaci negli Stati membri. Le indagini svolte dalla nostra commissione hanno dimostrato che non tutti gli Stati membri hanno già conseguito il livello auspicabile di cooperazione doganale e di polizia, per quanto molti di essi stiano rafforzando i propri organismi di repressione. E' il caso ad esempio della Spagna, il cui Parlamento sta discutendo una revisione radicale della politica repressiva in materia di droghe. Anche la norma relativa alle forniture controllate deve essere introdotta nella legislazione nazionale di tutti gli Stati membri e di tutti i paesi candidati all'adesione, compresi i firmatari dell'accordo di cooperazione CEE/EFTA.

Entro tempi regionevoli, gli Stati membri della Comunità europea dovrebbero armonizzare la legislazione penale in materia di droghe allo scopo di agevolare ulteriormente la cooperazione fra le autorità giudiziarie.

Al momento dell'entrata in funzione del mercato unico europeo, nel gennaio 1993, gli Stati membri delle Comunità dovranno avere inserito nella propria legislazione la direttiva CE sul riciclaggio di denaro sporco, e la direttiva sarà divenuta operativa. Gli elementi più importanti della direttiva riguardano la confisca e l'inversione dell'onere della prova. Essa introduce inoltre nuovi obblighi per le banche e per le istituzioni finanziarie, rendendo così possibile imporre controlli e meccanismi di regolamentazione più rigorosi.

Infine, come abbiamo indicato nel corso della relazione, la lotta contro la criminalità organizzata e il traffico di droga nella Comunità europea non può essere lasciata esclusivamente agli organismi di repressione. I governi e la Comunità europea debbono affrontare il problema delle droghe alla fonte: nei paesi produttori e all'interno della CE, per quanto riguarda le sostanze chimiche esssenziali e i prodotti precursori. Quanto a questi ultimi, è necessario imporre alle aziende chimiche e farmaceutiche un codice di condotta vincolante per quanto riguarda la commercializzazione, allo scopo di minimizzare il rischio che agenti e prodotti chimici leciti siano usati a fini illeciti.

Le campagne di informazione di lunga durata, destinate tanto alle scuole quanto al pubblico in generale, sono un aspetto essenziale di qualsiasi programma di riduzione della domanda. Un altro elemento altrettanto importante è quello della disponibilità di consulenti qualificati e di istituti terapeutici.

E' improbabile che la criminalità organizzata scompaia, a prescindere dalla soluzione del problema del traffico di droga. Spetta alle nostre autorità politiche fare in modo che, nella lotta alla criminalità organizzata, non siano minati i valori fondamentali delle libertà e dei diritti dell'uomo, individuali e collettivi, su cui sono basate le nostre società democratiche.

 
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