Dichiarazione finale
LE REGIONI DELLA COMUNITA'
riunite a Strasburgo dal 27 al 29 novembre 1991, nel quadro della
II Conferenza Parlamento europeo-Regioni della Comunità, alla
vigilia della chiusura dei lavori delle conferenze
intergovernative per la revisione dei trattati, e informate
dell'evoluzione dei negoziati volti a promuovere un'Unione
politica e un'Unione economica e monetaria,
consapevoli del fatto che si intende superare una "nuova tappa
nel processo graduale verso l'Unione a vocazione federale" e che
lo sviluppo della Comunità non potrà non ripercuotersi
positivamente sugli altri paesi del continente,
convinte che il rafforzamento della legittimità democratica della
Comunità, oggi, e dell'Unione politica, domani, costituirà, in
una prospettiva federalista e regionalista, la condizione per una
maggiore solidarietà e una maggiore coesione tra tutte le
regioni,
1. reputano che l'avvenire della Comunità esiga una riforma
alla cui base ogni istituzione - comunitaria, nazionale
e regionale - possa svolgere un ruolo attivo e adeguato
alle sue competenze;
2. chiedono che le regioni, quali definite dall'ordinamento
costituzionale di ogni Stato membro, siano considerate
"regioni" ai sensi dei trattati e che negli ordinamenti
giuridici che non prevedono le regioni sia introdotta,
nelle forme più opportune, una rappresentanza a livello
comunitario degli enti assimilabili alle regioni;
3. invitano i governi degli Stati membri che non hanno ancora
avviato il processo di regionalizzazione a prevedere le
necessarie modifiche istituzionali; a tal fine potrà
servire da orientamento nonché da base per altre
iniziative miranti alla regionalizzazione degli Stati
della Comunità, la Carta comunitaria sulla
regionalizzazione proposta dal Parlamento europeo;
4. reputano che in tale prospettiva le modifiche proposte nel
settore regionale dalle Conferenze intergovernative in
corso non siano soddisfacenti;
5. affermano, per contro, che al fine di colmare il deficit
democratico della politica regionale comunitaria è
indispensabile garantire, da un lato, la rappresentanza
delle regioni a livello comunitario mediante la creazione
di un Comitato delle regioni e, dall'altro, rafforzare il
ruolo e le prerogative del Parlamento europeo, che deve
essere dotato di un autentico potere codecisionale
nell'ambito dell'elaborazione delle politiche comunitarie,
in particolare della politica regionale, sulla base dei
pareri espressi dal Comitato delle regioni;
6. chiedono che in sede di definizione dei loro obiettivi e
delle loro competenze la Comunità, oggi, e l'Unione,
domani, riconoscano, nel rispetto del principio di
sussidiarietà, le attribuzioni proprie delle regioni
affinché possa instaurarsi in tale ambito una
collaborazione tra i vari livelli di governo nelle
questioni di interesse comune; il trattato deve precisare
meglio il principio di sussidiarietà come criterio per
meglio delimitare i compiti e le competenze della Comunità
degli Stati e delle regioni; in caso di mancato rispetto
di tale principio le regioni dovrebbero poter ricorrere
dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità;
7. chiedono che sia prevista la possibilità che le Regioni
partecipino ai lavori del Consiglio allorquando
quest'ultimo si occupa di questioni che in uno Stato
membro sono di competenza esclusiva delle regioni;
8. ritengono che la realizzazione di una vera e propria
Unione economica e monetaria non potrebbe che favorire
ulteriormente lo sviluppo armonico della Comunità,
riducendo lo scarto tra i diversi livelli di sviluppo
delle regioni e recuperando il ritardo delle regioni meno
favorite;
9. sottolineano l'importanza di rafforzare, in particolare
mediante un consistente potenziamento dei Fondi
strutturali e mediante un rigoroso rispetto del principio
di addizionalità, la coesione economica e sociale e, di
conseguenza, chiedono alla Conferenza intergovernativa
sull'Unione politica di modulare, nei capitoli
corrispondenti del testo del trattato, misure commisurate
alle entrate e alle spese comunitarie nonché strumenti
atti a favorire la convergenza delle regioni il cui
livello di prosperità è inferiore alla media comunitaria;
10. aderiscono pienamente, per quanto concerne le proposte
relative ai vari aspetti della coesione economica e
sociale, della politica comunitaria dell'assetto
territoriale, della rappresentanza e della partecipazione
delle regioni nonché della cooperazione transfrontaliera
e interregionale, alle conclusioni riportate nei testi
adottati dalla seconda Conferenza Parlamento europeo-
Regioni della Comunità in occasione della sua seduta di
venerdì 29 ottobre 1991 e che figurano in allegato alla
presente dichiarazione;
11. si rivolgono ai Capi di Stato o di governo degli Stati
membri della Comunità e alla Commissione delle Comunità
perché, nel quadro delle riforme che saranno approvate al
termine delle Conferenze intergovernative attualmente in
corso, sia prevista la costituzione di un Comitato delle
regioni, indipendente, composto di rappresentanti eletti
designati dai loro omologhi, con poteri di iniziativa e
che possa essere consultato non soltanto dal Consiglio e
dalla Commissione bensì anche dal Parlamento europeo;
12. incaricano il Presidente della Conferenza di trasmettere
la presente dichiarazione ai Capi di Stato o di governo
degli Stati membri riuniti a Maastricht nonché alle
istituzioni comunitarie e ai parlamenti degli Stati
membri.
Allegato 1
RISOLUZIONE
sulla coesione economica e sociale nella Comunità
La seconda Conferenza del Parlamento europeo e delle regioni
della Comunità europea,
- vista la dichiarazione finale della prima Conferenza delle
regioni, svoltasi a Strasburgo dal 25 al 27 gennaio 1984,
- vista la relazione della commissione per la politica regionale
e l'assetto territoriale del Parlamento europeo,
- visto il parere presentato dal Consiglio consultivo degli enti
regionali e locali,
A. riconoscendo l'importanza dell'obiettivo della coesione
economica e sociale nella Comunità e considerando che ogni
progresso verso l'integrazione della Comunità europea deve
essere accompagnato da misure destinate a rafforzarne la
coesione interna,
B. considerando che la coesione comunitaria è stata oggetto
di particolare attenzione nel corso delle successive
relazioni che hanno aperto il cammino verso l'Unione
economica e monetaria, dalla relazione Werner che, nel
1970, ha sottolineato la necessità di un rafforzamento
delle finanze comunitarie, alla relazione McDougall
che ha compiuto un'ampia e dettagliata analisi del ruolo
del bilancio comunitario nel processo di integrazione
europea, alla relazione Padoa-Schioppa che, nel 1987,
ha fornito una lucida analisi del metodo da seguire per
basare la strategia d'evoluzione della Comunità europea
sui principi d'efficienza, stabilità e equità, fino alla
relazione Delors del 1989 , particolarmente incentrata
sulle politiche comunitarie che possono contribuire allo
sviluppo regionale e al miglioramento dell'efficacia dei
mercati,
C. considerando che i risultati degli studi messi a punto per
il Parlamento europeo riguardanti "l'impatto regionale
delle politiche comunitarie" e "l'impatto del 1992 e della
relativa legislazione sulle regioni più sfavorite della
CE" confermano entrambi che né le misure finora adottate
né il progetto per il 1992 ridurranno di per sé in maniera
notevole le disparità regionali,
1. ricorda che l'articolo 130 del Trattato che istituisce la
Comunità economica europea, modificato dall'Atto unico
europeo, stabilisce che
"Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della
Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa
a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e
sociale.
In particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra le
diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite"
e insiste sull'assoluta necessità di perseguire l'attuazione
di tale articolo;
2. riconosce che l'Atto unico rappresenta un significativo
passo avanti per quanto riguarda definizione e contenuto
dell'obiettivo della coesione economica e sociale, ma
rileva l'evidente ritardo della dinamica sociale nella
costruzione del mercato interno;
3. osserva, di fronte alla gravità e alle dimensioni del
problema delle disparità regionali europee e di fronte
agli studi e alle prospettive sull'incidenza del mercato
unico nelle regioni meno favorite, che un'efficace
politica di coesione non può limitarsi a un solo strumento
come quello dei fondi strutturali, o a un'unica direzione
o a un unico settore, ma deve combinare simultaneamente
diversi strumenti di sostanziale importanza e
insostituibili nonché abbracciare vari settori,
contribuendo anche solo indirettamente alla
concorrenzialità; constata che il raddoppio dei Fondi
strutturali si è dimostrato apertamente insufficiente a
realizzare una nuova politica regionale incisiva;
4. ritiene pertanto necessario che siano create nuove
possibilità, al fine di rafforzare le procedure di
coesione comunitaria che consentano ai cittadini delle
regioni e delle zone svantaggiate di trarre un maggior
profitto dal Mercato unico;
5. ritiene che lo sviluppo armonico della Comunità debba
basarsi su un'accelerazione del processo d'integrazione
di tutte le regioni e su una utilizzazione più idonea dei
vari Fondi strutturali; auspica quindi che vengano
comunicati i risultati degli studi in corso sull'efficacia
dei vari Fondi, a seguito della riforma attuata nel 1989,
in particolare al futuro Comitato delle regioni e delle
collettività territoriali che dovrà pronunciarsi; ritiene
inoltre che la realizzazione del mercato interno nel 1992
richieda l'introduzione immediata di maggiori misure volte
a rafforzare il benessere delle regioni più deboli, del
cui sviluppo si devono preoccupare non soltanto gli Stati
membri interessati ma anche la Comunità;
6. ritiene pertanto necessario che siano create nuove
possibilità, al fine di rafforzare le procedure di
coesione comunitaria che consentano ai cittadini delle
regioni e delle zone svantaggiate di trarre un maggiore
profitto dal Mercato unico;
7. ritiene che le disparità interregionali riguardanti sia
i redditi che l'occupazione siano talmente grandi che ci
vorranno decenni, anche in presenza di tassi di crescita
fortemente positivi, prima che le regioni arretrate
possano avvicinarsi alla media comunitaria;
8. ritiene pertanto che sarebbero opportune dotazioni
finanziarie aggiuntive nel bilancio comunitario, che deve
aumentare in modo rilevante per poter rappresentare una
parte significativa del prodotto interno lordo della
Comunità, andando oltre l'iniziale obiettivo del
raddoppio, e conseguire così un livello tale da rendere
effettivamente possibile un aumento sostanziale dei
redditi pro-capite nelle regioni meno favorite;
9. ritiene che la politica regionale del futuro debba
continuare a sostenere gli sforzi di riconversione e di
ammodernamento del tessuto industriale nelle regioni in
declino o con settori in difficoltà strutturale,
consolidando i risultati positivi che sono stati ottenuti
nelle zone che rientrano nell'obiettivo 2;
10. ricorda che, a causa delle loro caratteristiche - in
particolare le dimensioni relativamente ridotte,
lontananza e isolamento, accessibilità difficoltosa e
onerosa, povertà di risorse e costi eccessivi dei fattori
di produzione - le regioni insulari della Comunità devono
godere di un'attenzione e di un trattamento diversificati
nell'applicazione di un fondo di compensazione;
11. sottolinea l'importanza di garantire agli abitanti delle
isole, in modo particolare a quelli delle regioni
ultraperiferiche, la possibilità economica di annodare e
di mantenere legami con il continente europeo a livello
di trasporti e di comunicazioni;
12. ritiene necessario rafforzare e accelerare l'istituzione
di un quadro giuridico appropriato a favore delle regioni
ultraperiferiche;
13. sottolinea l'importanza fondamentale che riveste la
promozione dello sviluppo endogeno e dell'iniziativa degli
imprenditori locali e richiama inoltre l'attenzione
sull'importante ruolo dei flussi internazionali di
investimenti diretti, che sono suscettibili di migliorare
la competitività delle regioni meno favorite aumentando
la loro capacità di creare ricchezza ed elevando il loro
livello di vita purché siano o possano essere integrati
in politiche tendenti a raggiungere tali obiettivi; a tale
riguardo ritiene necessario prevedere misure volte a
incentivare e attirare questo tipo di investimenti verso
le zone e le regioni più sfavorite; propone pertanto i
seguenti strumenti di politica regionale:
- un sostegno rafforzato ai sistemi nazionali e regionali
di incentivazione finanziaria nel rispetto delle attuali
regole comunitarie della concorrenza a favore delle
imprese che investono nelle regioni o nelle zone più
povere, sempre che vengano rispettate le norme sociali e
ambientali in grado di garantire uno sviluppo socio-
economico accettabile,
- un eventuale incentivo all'approvazione da parte degli
Stati membri di un trattamento fiscale e preferenziale per
le imprese che si stabiliscono nelle regioni più
sfavorite,
- l'attuazione di mezzi comunitari nelle regioni sfavorite
volti a promuovere la ricerca e lo sviluppo tecnologico
in vista di un'utilizzazione ottimale delle risorse e di
potenziali locali, o per trasferire i risultati della
ricerca e dello sviluppo tecnologico nelle regioni in cui
la ricerca e lo sviluppo non possono essere attuati,
- nel quadro del principio della sussidiarietà, una libertà
d'azione sufficiente agli Stati federati e alle
collettività territoriali per l'attuazione di misure che
essi ritengono appropriate,
sottolinea altresì la cruciale importanza che riveste la
promozione dello sviluppo endogeno e dell'iniziativa degli
imprenditori locali;
14. ritiene tuttavia che per eliminare veramente le disparità
regionali vi sia bisogno, nel quadro di una politica
strutturale regionale, di una politica industriale che
vada al di là della semplice istituzione di un quadro
infrastrutturale e miri a incrementare la produttività e
il livello di vita impiantando nelle regioni in questione
una rete di imprese competitive e produttive con i
relativi servizi;
15. propone la definizione e la fissazione di standard dei
"servizi minimi e prioritari" di cui deve poter
beneficiare ogni ente regionale della Comunità, al fine
di stabilire politiche di promozione e dotazione di questi
servizi minimi prioritari nelle regioni più lontane dalla
media comunitaria;
16. ritiene che la disponibilità di strutture educative e
formative qualitativamente di alto livello e di una
manodopera qualificata caratterizzi in gran misura la
concorrenzialità di una regione, con ripercussioni dirette
sull'occupazione;
17. ritiene che gli Stati federati e le collettività
territoriali debbano provvedere al più presto possibile,
e nel rispetto del principio della sussidiarietà,
all'avvio di una politica d'istruzione che deve consentire
non soltanto un miglioramento dei livelli di formazione
professionale e tecnica nelle regioni sfavorite ma anche
un miglioramento qualitativo dell'istruzione di base, in
quanto soltanto così i cittadini delle regioni
svantaggiate potranno adeguarsi alle esigenze del nuovo
spazio politico, economico e monetario;
18. ritiene che la diminuzione dei divari interregionali sarà
resa possibile mediante un'accelerazione del reciproco
riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche e che, per
pervenirvi, le regioni abbiano un ruolo sperimentale
importante da svolgere nel quadro del loro ravvicinamento;
19. ritiene inoltre che gli sforzi in materia di strutture
educative e formative dovranno continuare per un certo
periodo (almeno un decennio) se si vuole ottenere una
riduzione notevole delle attuali disparità occupazionali
nella Comunità, tanto più che questi investimenti
porteranno solo a medio termine a un aumento della
manodopera qualificata;
20. sottolinea la necessità, per i vari Stati, di adeguare il
loro diritto interno, in materia di tutela dei diritti
delle minoranze, alle misure previste dagli strumenti
multilaterali del diritto internazionale adottati dopo la
seconda guerra mondiale;
21. rivendica la possibilità di definire un quadro giuridico
comune adottato congiuntamente dagli Stati in materia di
immigrazione e di libertà di circolazione dei cittadini
dei paesi terzi;
22. chiede agli Stati membri di rafforzare l'autonomia
regionale e locale e invita la Commissione a intensificare
le sue relazioni con le collettività territoriali tramite
il futuro Comitato;
23. ritiene che, nella definizione e nell'applicazione della
politica regionale, la Commissione debba collaborare
strettamente con le autorità regionali, in conformità con
il principio di concertazione, elemento chiave questo per
l'obiettivo di coesione;
24. chiede alla Commissione di proporre, nel contesto delle
Conferenze intergovernative, misure volte ad attuare la
coesione in conformità di questi principi;
25. chiede alla Conferenza intergovernativa sull'Unione
economica e monetaria di proporre l'inclusione nei
trattati di un impegno formale e preciso ad applicare il
concetto di coesione sulla base della presente
risoluzione;
26. chiede alla commissione per la politica regionale e
l'assetto territoriale del Parlamento europeo di
presentare all'Assemblea una proposta di risoluzione in
cui si tenga conto dei pareri della Conferenza in merito
alla coesione;
27. incarica il presidente della seconda Conferenza Parlamento
europeo - Regioni della Comunità di trasmettere la
presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai
governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché alle
Conferenze intergovernative e al Consiglio d'Europa.
Allegato 2
RISOLUZIONE
sull'azione dei Fondi strutturali e degli strumenti di credito
della Comunità
La Seconda Conferenza del Parlamento europeo e delle Regioni
della Comunità,
- visto l'articolo 130 del trattato CEE,
- vista la relazione della Commissione sul primo anno di
applicazione della riforma dei Fondi strutturali (COM(89) 516
def.),
- vista la quarta relazione periodica della Commissione sulle
regioni - Le regioni degli anni Novanta (COM(90) 609 def.),
- vista la corelazione della commissione per la politica
regionale e l'assetto territoriale,
- visto il parere del Consiglio consultivo degli enti regionali
e locali,
A. considerando il persistere delle gravi disparità regionali
e constatando che la dinamica della convergenza nel senso
della coesione economica e sociale si è resa imperativa
alla luce della progressiva realizzazione del mercato
interno,
B. consapevole che il ricorso ai Fondi strutturali è solo uno
degli elementi attraverso i quali si manifesta in modo
tangibile la solidarietà della Comunità nei confronti
delle regioni meno favorite,
C. convinto altresì dell'esigenza di un rilancio dei Fondi
strutturali e, in tale contesto, di un ruolo più
determinante del Parlamento europeo e della sua
commissione competente
a) nella definizione degli orientamenti, degli obiettivi e
dei progetti d'interesse della Comunità da finanziare
mediante i Fondi;
b) nella messa in opera con le autorità nazionali, regionali
e locali degli strumenti per la loro realizzazione;
c) nell'instaurazione di effettivi controlli di gestione
degli interventi per quanto attiene all'efficienza delle
misure comunitarie e alla valutazione dell'efficacia
dell'azione svolta,
D. considerando gli obiettivi della riforma dei Fondi e la
decisione di raddoppiare i finanziamenti comunitari per
azioni strutturali entro il 1993,
E. considerando che la valutazione della prima fase di
applicazione della riforma dei Fondi deve poggiare sul
principio base della trasformazione di tali Fondi in
"strumenti di sviluppo economico" e sui grandi principi
che l'hanno ispirata, segnatamente
- il carattere complementare del finanziamento comunitario;
- la concentrazione sui cinque obiettivi prioritari;
- l'associazione ("partenerariato");
- la coerenza, in particolare con le politiche economiche
degli Stati membri;
- una migliore gestione dei Fondi;
- semplificazione, controllo e flessiblità,
F. considerando la necessità di prevedere uno sviluppo
sostenibile, conformemente alla votazione sul bilancio
1991 delle Comunità europee nonché alla relazione
Brundtland,
G. considerando la legislazione comunitaria in materia di
ambiente nonché l'obbligo di rispettare tale legislazione
al momento di utilizzare i Fondi,
H. considerando che la valutazione dell'efficacia
dell'applicazione dei Fondi non può ignorare l'incidenza
sulle regioni e sui paesi meno sviluppati della Comunità
degli sconvolgimenti verificatisi a livello europeo e
mondiale, quali gli avvenimenti nell'Europa centrale e
orientale e la crisi e la guerra nel Golfo,
I. considerando che nel periodo dell'elaborazione della
riforma la preoccupazione principale riguardava la
situazione e l'evoluzione della disoccupazione, mentre
attualmente assumono priorità quanto meno equivalente le
preoccupazioni relative alla qualità dell'occupazione e
al tasso dell'inflazione di alcuni Stati membri,
J. considerando l'enorme difficoltà di effettuare la
valutazione di cui sopra ad appena due anni
dall'introduzione della riforma, il primo dei quali è
stato destinato quasi esclusivamente ai negoziati sui
Quadri comunitari di sostegno (QCS) mentre il secondo ha
costituito l'anno cruciale del lancio operativo dei QCS
e ha visto il varo, in contemporanea, di varie altre
iniziative comunitarie,
1. constata che i dati già disponibili relativi
all'esecuzione della riforma dei Fondi strutturali
consentono una valutazione positiva della realizzazione
del principio della concentrazione;
2. sottolinea che gli obiettivi della riforma dei Fondi
strutturali possono essere conseguiti soltanto mediante
una semplificazione e sistematizzazione considerevoli
delle procedure amministrative e finanziarie e che a tal
fine è indispensabile trasferire le competenze decisionali
a livello delle regioni e delle collettività territoriali;
3. osserva al contempo che, nonostante le nuove possibilità
prospettate dalla regolamentazione contenuta nella
riforma, il principio della concentrazione non è stato
sufficientemente realizzato nei QCS approvati, circostanza
risultata in un maggiore sforzo finanziario da parte dei
bilanci nazionali e regionali;
4. sottolinea che l'associazione costituisce il principio
chiave della riforma dei Fondi strutturali, in quanto
determina e condiziona l'applicazione degli altri principi
e che la Comunità e gli Stati membri debbono instaurare
modalità appropriate di associazione con le diverse
istituzioni regionali e locali esistenti in modo da meglio
definire il ruolo dei vari partner, tenendo conto delle
difficoltà dovute all'assenza di adeguate strutture
regionali;
5. insiste sulla necessità di stabilire un dialogo diretto
con le regioni nell'ambito dei negoziati sui quadri
comunitari di sostegno, in particolare quando si cerca di
definire gli assi prioritari di intervento;
6. riconosce che, a causa della novità costituita dai QCS e
delle scadenze ravvicinate per la loro elaborazione e
approvazione, l'applicazione del principio
dell'associazione avrebbe dovuto essere presentata come
relativamente (e variamente) soddisfacente nella fase di
negoziazione dei QCS, ma ritiene che, alla luce
dell'esperienza acquisita in tale fase, sia indispensabile
a migliorare sostanzialmente l'applicazione del principio
con la partecipazione effettiva delle regioni e delle
collettività territoriali, dei rappresentanti eletti, dei
sindacati, degli operatori economici e delle altre forze
sociali e culturali a livello locale e regionale;
7. ritiene tuttavia che in numerose regioni della Comunità
gli accordi di associazione debbano essere migliorati
prevedendo una più stretta partecipazione delle
associazioni, delle organizzazioni sindacali e
professionali e degli eletti per quanto riguarda
l'elaborazione e l'esecuzione dei programmi;
8. approva la disponibilità della Commissione a esaminare
idee e proposte di nuove iniziative da parte delle
autorità regionali e locali;
9. ribadisce l'imprescindibilità della coerenza
nell'applicazione della riforma, soprattutto nel senso del
coordinamento delle politiche economiche degli Stati
membri e dell'inclusione delle prospettive di coesione
nell'esecuzione delle politiche comuni e del mercato
interno;
10. ribadisce che il programma operativo come forma di
approccio integrato e plurifondo si è rivelato lo
strumento d'intervento preponderante che ha sostituito il
sistema basato sui progetti;
11. approva la decisione di non modificare l'elenco delle zone
interessate dall'obiettivo n. 2, in quanto ritiene che
tale decisione rappresenti un positivo riconoscimento
della necessità di continuare a fornire assistenza alle
zone in declino industriale;
12. rileva, per quanto concerne gli altri sistemi operativi,
lo scarso ricorso degli Stati membri alla sovvenzione
globale che, essendo flessibile e diretta, facilita
l'adeguamento alle esigenze degli agenti locali e lo
snellimento dei circuiti finanziari, nonché lo scarso
ricorso a misure di aiuto all'assistenza tecnica e agli
studi preparatori per la definizione delle azioni, che
sarebbero di grande interesse per le regioni più
arretrate;
13. ritiene d'altronde che l'approccio integrato possa
richiedere "un'ingegneria finanziaria" che combini
sovvenzioni e prestiti, soprattutto attraverso la BEI, ma
riconosce la difficoltà di realizzare tale combinazione
avvalendosi di metodologie e criteri bancari che non si
adattano facilmente a quelli della programmazione
operativa, i cui obiettivi sono sostanzialmente socio-
economici e non orientati alla valutazione della
redditività di ciascun progetto; sottolinea l'importanza
della creazione di banche e associazioni regionali di
sviluppo che dovrebbero consentire alle autorità locali
e regionali di rispondere meglio alle esigenze della
propria regione in materia di sviluppo socio-economico;
14. esprime la propria preoccupazione per il modo in cui
vengono stanziati i prestiti CECA, in quanto in alcuni
casi si tiene scarsamente conto - o non se ne tiene
affatto - delle priorità e delle strategie previste nei
relativi QCS;
15. deplora che il principio di addizionalità, secondo il
quale l'aumento delle dotazioni dei Fondi deve
corrispondere a un aumento quanto meno equivalente della
totalità degli interventi pubblici o assimilabili, non
venga rispettato in diversi Stati membri; accoglie con
favore l'intenzione della Commissione di procedere a
verifiche e valutazioni periodiche per quanto riguarda la
questione dell'addizionalità; deplora che tale principio
di addizionalità non sia sufficientemente disciplinato
dalla legislazione sui Fondi strutturali, in particolare
per quanto riguarda i fondi pubblici provenienti dalle
varie amministrazioni nazionali e regionali degli Stati
membri, motivo per cui in alcuni casi non è stato
rispettato sufficientemente lo spirito di tale principio;
16. deplora il fatto che alcuni Stati membri, in misura
variabile, non rispettino pienamente il principio
dell'addizionalità e che in un caso la Commissione sia
stata costretta a rifiutarsi di erogare fondi già
concessi;
17. esprime la propria preoccupazione per la bizzarra
suddivisione delle responsabilità per la concessione dei
prestiti CECA tra le Direzioni generali della Commissione;
18. si compiace del fatto che la Commissione, con le sue
iniziative comunitarie, abbia aperto una seconda via
nell'applicazione della riforma e garantito un equilibrio
tra l'applicazione regionale delle politiche comunitarie
e la soluzione di problemi comuni a determinate regioni
o categorie di persone;
19. auspica tuttavia che tali iniziative comunitarie non
vengano decise dall'alto dalla Commissione ma siano prese
e applicate in seguito a un'ampia concertazione con le
associazioni, le organizzazioni sindacali e professionali
interessate e gli eletti, e previa consultazione del
futuro Comitato delle regioni e delle collettività
territoriali e del Parlamento europeo;
20. deplora al contempo l'esiguità delle dotazioni di bilancio
che, come già sostenuto in passato, non sono commisurate
al numero delle iniziative, alle finalità e agli obiettivi
perseguiti, e in particolare per le azioni di cui
all'articolo 10 del regolamento FESR n. 4254/88;
21. deplora inoltre i ritardi con cui gli stanziamenti di
bilancio, spesso arrivano nelle mani degli utilizzatori,
soprattutto a livello regionale e locale, cosa che reca
manifestamente pregiudizio e costituisce un abuso cui è
assolutamente necessario porre rimedio mediante la
creazione di appositi meccanismi per un'erogazione più
rapida e diretta e per un controllo più efficace;
22. fa rilevare che, quanto all'esecuzione di bilancio, la
Corte dei conti - pur effettuando valutazioni positive -
constata carenze di concezione e di preparazione, ritiene
che i programmi presentino varie lacune e che la relazione
tra gli obiettivi da realizzare e i mezzi disponibili
spesso non sia chiaramente definita e infine rileva una
mancanza di indicatori o di criteri che permettano di
valutare i reali livelli di realizzazione dei programmi
e il loro grado di riuscita; deplora il ritardo avvenuto
in materia di funzionamento e di impegno dei Fondi;
23. teme che, in seguito ai primi ritardi verificatisi nella
realizzazione dei programmi esistenti, il divario tra
programmazione e realizzazione si aggravi enormemente e
pertanto sollecita risposte rapide da parte degli Stati
membri;
24. deplora che la Commissione non abbia insistito prima
presso gli Stati membri e le regioni in merito all'obbligo
d'informazione dei vari protagonisti sociali, economici,
culturali e degli ambienti associativi;
25. auspica, per quanto concerne la gestione dei Fondi, la
concretizzazione della riconosciuta necessità di
semplificazione dei circuiti finanziari e di un
miglioramento della circolazione delle informazioni;
26. deplora la mancanza di criteri di valutazione, in
particolare al momento dell'avvio della seconda fase
dell'obiettivo n. 2;
27. chiede come condizione per la concessione di fondi per il
co-finanziamento di progetti nazionali che le istanze
nazionali cui spetta prendere le decisioni accettino un
obbligo di riferire agli enti regionali e locali
competenti sull'effettiva utilizzazione dei fondi messi
a disposizione della Comunità;
28. chiede inoltre che, qualora i fondi non vengano utilizzati
nel senso del bene comune della Comunità (non è garantito
il cofinanziamento, manca la prova dell'utilizzazione
degli aiuti o l'utilizzazione è carente per incapacità
amministrativa), sia data alla Comunità la possibilità
giuridica di congelare i fondi o di esigerne la
restituzione;
29. esige che la Commissione faccia il possibile perché sia
garantita la rigorosità del seguito, del controllo e della
valutazione delle azioni applicando efficacemente le
disposizioni esistenti in tal senso; ritiene inoltre che
in caso di accertamento di irregolarità o abusi debbano
essere comminate sanzioni nei confronti delle persone o
degli enti responsabili;
30. afferma, in conclusione, che la definizione di un sistema
efficace di elaborazione, controllo e valutazione che
valorizzi il principio dell'associazione, e la ricerca di
modalità di gestione finanziaria che combinino sovvenzioni
e prestiti e li integrino nel perseguimento degli
obiettivi e nell'osservanza dei grandi principi della
riforma dei Fondi strutturali, sono indispensabili per
l'esito di questa, che non è di per sé garantito;
31. sottolinea l'enorme importanza che riveste il mantenimento
del carattere addizionale dell'aiuto comunitario;
32. incarica il Presidente della seconda Conferenza Parlamento
europeo-Regioni delal Comunità di trasmettere la presente
risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e
ai parlamenti degli Stati membri, alle Conferenze
intergovernative e al Consiglio d'Europa.
Allegato 3
RISOLUZIONE
su una politica comunitaria in materia di assetto e gestione del
territorio che favorisca uno sviluppo equilibrato e rispettoso
dell'ambiente
La seconda Conferenza Parlamento europeo-Regioni della Comunità
europea,
- visti gli articoli 130 a - e del Trattato CEE,
- visto l'articolo 10 del regolamento (CEE) n. 4254/88 del
Consiglio concernente il FESR,
- viste le relazioni e la Dichiarazione finale della prima
Conferenza delle regioni svoltasi nel gennaio 1984 ,
- vista la quarta relazione periodica sulla situazione
socioeconomica e sullo sviluppo delle regioni della Comunità
,
- vista la comunicazione della Commissione dal titolo "Europa
2000 - Prospettive per il futuro assetto territoriale della
Comunità" ,
- viste le risoluzioni del Parlamento europeo sulla politica
europea in materia di assetto territoriale ,
- vista la relazione della commissione per la politica regionale
e l'assetto territoriale,
- visto il parere presentato dal Consiglio consultivo degli enti
regionali e locali,
A. richiamandosi ai lavori svolti finora dal Consiglio
d'Europa in materia di assetto territoriale,
1. sottolinea che, per garantire uno sviluppo equilibrato e
rispettoso dell'ambiente nella Comunità, è necessario
creare una base giuridica che consenta alla Comunità di
definire in futuro, in un'ottica di coordinamento,
orientamenti-quadro per uno sviluppo dell'intera Europa
che tengano conto dell'attuazione di un più esteso spazio
economico e di un ulteriore ampliamento;
2. ritiene che in futuro, nel perseguire l'Unione politica,
la Comunità dovrà assumersi una responsabilità comune in
materia di assetto territoriale dei dodici Stati membri;
che inoltre, facendo ciò, essa deve, nel rispetto del
principio di sussidiarietà, basarsi sulla volontà politica
dei comuni e delle regioni e rispettare le specificità
sociali e culturali degli uni e delle altre;
3. è preoccupato per i crescenti squilibri territoriali che
si traducono soprattutto in concentrazioni urbane sempre
più preoccupanti e nella sparizione progressiva degli
spazi naturali;
4. sottolinea che il proseguimento scoordinato delle
politiche finora adottate comporterebbe la persistenza di
una disordinata crescita urbana, la distruzione dello
spazio rurale, dell'ambiente nonché del patrimonio
architettonico e culturale dell'Europa;
5. sollecita il varo a livello regionale, nazionale e
comunitario, di una politica che includa disposizioni
legislative e garantisca in fututo lo sfruttamento
ecologico di risorse limitate quali il suolo, l'atmosfera,
l'acqua, l'energia e i capitali, tenendo in particolare
considerazione la necessità di un'oculata gestione;
6. sollecita inoltre l'adozione di misure legislative che
consentano un'applicazione più efficace del principio
della compartecipazione tra le varie istanze
amministrative e politiche (comuni, regioni, collettività
territoriali, governi degli Stati membri e Commissione
delle Comunità europee);
7. raccomanda che in futuro, per quanto riguarda l'assetto
e la gestione del territorio, vengano istituiti o, qualora
già esistessero, rafforzati i legami e gli strumenti di
cooperazione anche tra i parlamenti regionali e nazionali
e il Parlamento europeo, e soprattutto tra le rispettive
commissioni parlamentari specializzate;
8. sottolinea che una politica europea in materia di assetto
territoriale deve fondarsi su un inventario dei dati
pertinenti dettagliato e improntato al futuro, che tenga
conto dello sviluppo demografico, di nuovi fattori
territoriali, dell'industria e dei servizi, dello sviluppo
delle zone urbane, rurali e frontaliere nonché dei settori
dell'energia, delle telecomunicazioni, delle reti di
trasporto, del turismo, della ricerca e dello sviluppo,
dell'istruzione e della formazione professionale, del
tempo libero, delle risorse, delle modalità di
sfruttamento e protezione dell'ambiente, della cultura,
della sanità e della vita sociale, propri delle regioni
e dei paesi terzi confinanti;
9. chiede alla Commissione di affrontare rapidamente, in
concertazione con l'insieme dei suoi partner, una
riflessione non solo sugli orientamenti e le misure da
prendere ma anche sul metodo da seguire, in particolare
a livello della cooperazione internazionale tra regioni
e collettività territoriali;
10. sollecita la Commissione a elaborare, a norma
dell'articolo 10 del regolamento sul Fondo di sviluppo
regionale e sulla base di tale inventario nonché previa
consultazione delle regioni CE, obiettivi che fungano da
quadro di riferimento per le pianificazioni e le decisioni
a lungo termine degli investitori privati nonché a
trasmetterli per parere al Parlamento europeo;
11. prende atto dell'attività preparatoria svolta dalla
Commissione (Europa 2000) e la invita a assegnare senza
indugio ulteriori studi che individuino le future
incidenze sull'utilizzazione dello spazio comunitario
sotto il profilo quantitativo e qualitativo, non
trascurando lo spazio insulare comunitario e segnatamente
quello ultraperiferico, per le sue caratteristiche e
specificità;
12. chiede alla Commissione di tener conto del ruolo
determinante che può essere svolto dalle collettività
regionali e locali nella gestione del territorio;
13. sollecita la Commissione, gli Stati membri e le regioni
ad adoprarsi per un migliore coordinamento delle politiche
condotte dai vari ministeri nazionali e regionali
competenti (economia, trasporti, finanze, ambiente,
industria, ecc.) nonché dalle Direzioni generali della
Commissione interessate;
14. ritiene indispensabile promuovere la nozione di sviluppo
economico sostenibile e, in quest'ottica, definire criteri
di valutazione delle politiche, che tengano conto di
considerazioni ambientali, sociali e di sanità pubblica;
15. raccomanda alla Commissione di adottare le necessarie
disposizioni per la creazione di un'Agenzia europea di
controllo e informazione sull'assetto territoriale, che
includa tutti gli Stati membri e i paesi terzi europei,
con l'incarico di valutare l'efficacia in termini di
assetto territoriale delle politiche regionali, nazionali
e comunitarie nonché il loro impatto sull'ambiente, di
consigliare le autorità regionali competenti in merito
all'utilizzazione dello spazio e del suolo, di redigere
e aggiornare un Atlante europeo delle regioni che contenga
dati su tutti i settori pertinenti, quali lo sviluppo
demografico, il livello di distruzione dell'ambiente, il
reddito, l'onere fiscale e l'insegnamento;
16. auspica un rafforzamento del controllo sugli abusi in
materia di concessione degli aiuti statali a norma degli
articoli 92 - 94 del Trattato CEE, al fine di contrastare
una concentrazione territoriale delle attività economiche
nelle regioni prospere; a tal fine occorre non solo
esaminare gli aiuti statali diretti, ma anche quelli
indiretti, sotto forma di agevolazioni fiscali ed abbuoni
di interesse, nonché gli aiuti comunali i cui effetti
sulle condizioni di concorrenza vanno ugualmente a
detrimento delle regioni deboli; in tal modo, lo strumento
della politica in materia di assetto territoriale
costituito dalla promozione degli investimenti
guadagnerebbe sostanzialmente di efficacia nelle regioni
strutturalmente deboli;
17. dichiara che il principio di sussidiarietà forgiato nella
Comunità deve essere applicato proprio nell'ambito
dell'assetto territoriale e si richiama al "principio
della controcorrente", applicato con successo in alcuni
Stati membri, in base al quale l'assetto territoriale
rappresenta un compito collettivo dei comuni, delle
regioni e dello Stato, prevedendo a tal fine una procedura
giuridicamente disciplinata per il raggiungimento di un
accordo, pur mantenendo un sufficiente margine di manovra
dei comuni e delle regioni;
18. sottolinea che, per avere successo, una politica di
assetto territoriale non può prescindere dalla
partecipazione democratica dei comuni e delle regioni e
chiede pertanto ai governi degli Stati membri tuttora
organizzati in modo centralizzato di creare le basi
giuridiche per l'istituzione di enti regionali investiti
delle relative competenze;
19. auspica fra l'altro che
- la formazione professionale sia favorita tenendo conto
delle esigenze dei mercati regionali del lavoro e delle
prospettive;
- all'infrastruttura del trasporto pubblico, specialmente
quello non inquinante, sia data preferenza rispetto al
trasporto individuale;
- di fronte alle prevedibili conseguenze negative che il
completamento del mercato interno avrà specificamente
sulle donne (cfr. relazione Randzio-Plath), venga
garantita la parità di trattamento tra uomo e donna per
quanto riguarda le possibilità di formazione e la
creazione di posti di lavoro;
- date le loro caratteristiche e specificità quali, in
particolare, l'esigua dimensione territoriale,
l'isolamento, la distanza dai grandi centri comunitari,
la scarsità delle risorse e il costo più elevato dei
fattori di produzione, le regioni insulari ricevano dalla
Comunità un trattamento adeguato alla loro condizione
insulare;
- sia creato un collegamento tra la politica regionale e la
politica di ricerca (ad esempio, reti transeuropee di
telecomunicazione disciplinate dalle stesse norme in modo
da creare un mercato europeo che richieda terminali
standardizzati e rafforzare in tal modo la posizione di
partenza delle imprese europee in altre regioni);
20. ricorda il potenziale tuttora non sfruttato costituito per
gli spazi rurali dallo sviluppo delle piccole e medie
imprese, per quanto riguarda in particolare il settore
della trasformazione finale dei prodotti dell'agricoltura,
delle foreste e della pesca, da un turismo rispettoso
dell'ambiente, dell'uomo e della sua cultura nonché
dall'accoglienza di imprese di servizi non tributarie del
luogo di insediamento e sottolinea, in tale contesto, il
ruolo irrinunciabile delle piccole e medie città;
21. mette in guardia contro un giudizio puramente negativo
delle grandi città e concentrazioni urbane e si pronuncia,
invece, a favore della ricerca di soluzioni ottimali che
tengano conto degli evidenti svantaggi e rischi degli
agglomerati nonché del contributo che essi apportano, al
fine di garantire, per esempio, le basi economiche della
Comunità e la protezione del paesaggio e dell'ambiente;
22. ricorda a tale proposito che le strutture urbane
garantiscono, per esempio, un dispendio proporzionalmente
minore del suolo, per abitante e posto di lavoro nonché
in ordine alle vie di comunicazione, consentono una
distribuzione energetica e termica a circuito chiuso e
rispettosa dell'ambiente e offrono una prospettiva al
trasporto ferroviario locale e a grande distanza; è
cosciente tuttavia del fatto che, in linea generale, la
qualità della vita negli agglomerati diminuisce in
proporzione inversa alla densità demografica;
23. ritiene pertanto indispensabile procedere a un assetto
degli agglomerati che tenga conto in particolare dei
problemi dello sviluppo delle reti di trasporto a grande
velocità e degli aeroporti, del rumore, dell'inquinamento
atmosferico, dei rifiuti e degli scarichi nonché del
problema dell'approvvigionamento di acqua potabile e
dell'impiego razionale dell'energia;
24. individua pertanto in una gerarchia articolata di grossi,
medi e piccoli centri di sviluppo il migliore strumento
per arginare una eccessiva concentrazione di uomini e
attività economiche in un numero ristretto di metropoli
e agglomerati e sfruttare, d'altro canto, i vantaggi di
una densità adeguata al servizio dello sviluppo delle zone
strutturalmente deboli;
25. raccomanda che in futuro, prima di procedere al varo delle
politiche comunitarie, si valuti l'impatto di queste
politiche sull'ambiente, rispettando la legislazione
comunitaria in materia;
26. sottolinea che una politica di assetto territoriale
improntata ad un equilibrato sviluppo regionale deve tener
conto anche dei problemi sociali derivanti, da una parte,
dal declino industriale che colpisce talune regioni,
dall'eccessiva concentrazione nelle metropoli di gruppi
demografici socialmente deboli e di minoranze etniche
nonché di un numero sempre crescente di migranti
provenienti dall'Europa orientale e dai paesi del
Mediterraneo e, dall'altra, dal logoramento degli spazi
rurali e delle regioni caratterizzati da debolezza
strutturale; chiede che la Commissione definisca
rapidamente azioni adeguate a farvi fronte;
27. si richiama a tal proposito all'importanza che riveste
l'assetto territoriale per il mantenimento della pace
sociale all'interno della Comunità;
28. consapevole del fatto che il completamento del mercato
interno può esercitare un notevole effetto sullo sviluppo
economico degli Stati membri, ma sottolinea che detto
effetto benefico di creazione di ricchezza non si
ripartirà uniformemente sulle varie regioni d'Europa e
che tali crescenti disparità regionali, alle quali si
affiancano ripercussioni sociali ed ecologiche negative
rendono necessari, tra l'altro, un incremento degli
stanziamenti e nuove iniziative in materia di assetto
territoriale, nonché una valutazione preventiva
sistematica dell'incidenza delle altre politiche della
Comunità sullo sviluppo delle regioni;
29. incarica il Presidente della Seconda Conferenza Parlamento
europeo-Regioni d'Europa di trasmettere la presente
risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e
ai parlamenti degli Stati membri, nonché alle Conferenze
intergovernative e al Consiglio d'Europa.
Allegato 4
RISOLUZIONE
sulla rappresentanza delle regioni e sulla loro partecipazione
all'elaborazione, all'applicazione e alla valutazione
delle politiche strutturali e delle politiche comuni
La seconda Conferenza del Parlamento europeo e delle Regioni
della Comunità europea,
- vista la Dichiarazione finale della prima Conferenza delle
Regioni, svoltasi a Strasburgo dal 25 al 27 gennaio 1984,
- vista la relazione presenta dalla commissione per la politica
regionale e l'assetto territoriale,
- visto il parere presentato dal Consiglio consultivo delle
collettività regionali e locali,
- viste le risoluzioni approvate dall'Assemblea delle regioni
d'Europa concernenti la partecipazione istituzionale del
livello regionale al processo decisionale della Comunità e
quella del Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa sullo
stato della costruzione europea, approvata nella sua sessione
di detto organo a Lisbona il 6 ottobre 1990;
A. consapevole del fatto che la creazione di uno spazio senza
frontiere interne fra gli Stati membri (art.8a del
trattato CEE) determinerà non solo un progressivo
riassetto dei fattori produttivi con la creazione di un
mercato unico, ma anche l'instaurazione in Europa di un
vero e proprio nuovo sistema economico e sociale in cui
340 milioni di cittadini stabiliranno relazioni sempre più
integrate e interdipendenti,
B. considerato che tale processo avviato ormai in modo
irreversibile renderà ancora più evidenti gli squilibri
esistenti e indurrà l'affermarsi di nuovi bisogni ed
esigenze di coesione cui le attuali istituzioni
comunitarie e nazionali non possono, allo stato dei fatti,
fare fronte,
C. rilevato che una risposta efficace sul piano politico e
istituzionale non potrà giungere solo dal rafforzamento
della coesione a livello comunitario ma richiede anche una
ridefinizione dei ruoli sia a livello nazionale sia a
livello delle collettività territoriali,
D. considerando che è necessario ridurre il deficit
democratico esistente a livello del processo decisionale
comunitario mediante una presa in considerazione delle
collettività territoriali,
1. osserva che il processo di costruzione comunitaria è di
per sé un'occasione unica anche per la ridefinizione dei
ruoli e poteri pubblici all'interno degli Stati membri,
posto che l'evoluzione comunitaria induce un'evoluzione
anche nei sistemi costituzionali come è dimostrato dalle
iniziative assunte dall'Irlanda e dalla Danimarca in
occasione dell'adozione dell'Atto Unico Europeo,
dall'Italia in occasione delle elezioni comunitarie del
1989 e da altri Stati che stanno procedendo a riforme
costituzionali direttamente o indirettamente collegate al
processo di riforma europea;
2. ritiene che oggi la Comunità e domani l'Unione debbano
assecondare il processo di riforma del sistema dei
rapporti politico-istituzionali fondato su una rinnovata
legittimità della Comunità stessa, degli Stati membri e
delle autorità regionali e locali;
3. è consapevole del fatto che la legittimità democratica
della Comunità oggi e dell'Unione domani si aggiunge e non
si sostituisce a quella degli Stati cosicchè anche ogni
affermazione o rafforzamento delle autonomie regionali in
sede comunitaria deve avvenire in piena sintonia con il
sistema costituzionale dello Stato di cui le autonomie
regionali attuali e future costituiscono parte integrante
e che i valori democratici e federalistici dell'Europa
rendono superflue le tendenze separatiste;
4. ribadisce il suo sostegno al principio della
sussidiarietà, secondo cui qualsiasi compito che non possa
essere effettuato da una determinata collettività
territoriale per motivi tecnici, finanziari o a causa del
suo impatto geografico debba essere deferito a un livello
superiore; ritiene che tale principio debba altresì
applicarsi agli interventi della Comunità europea;
5. ritiene che la Comunità oggi e l'Unione domani debbano
a) mantenere e rafforzare i loro legami diretti con le
istituzioni regionali esistenti e future e con il Comitato
delle regioni e delle collettività territoriali;
b) tenere conto, nell'organizzazione delle proprie attività
e nella fissazione dei propri obiettivi,
dell'organizzazione costituzionale degli Stati membri, in
particolare se questi ultimi sono a organizzazione
federale o regionale;
6. rileva che negli Stati a organizzazione federale o
regionale le regioni sono già chiamate a esercitare un
volume sempre maggiore di funzioni definite in sede
comunitaria e che quindi la Comunità ha un interesse
diretto a che
a) già in sede comunitaria vengano individuati i campi nei
quali sarebbe auspicabile l'intervento delle autorità
regionali e, dove queste non esistono, delle autorità
locali;
b) nella definizione degli atti legislativi di propria
competenza la Comunità preveda i criteri e le modalità di
applicazione diretta da parte delle regioni negli stati
in cui queste siano competenti in base al rispettivo
sistema costituzionale;
c) in sede regionale le autorità competenti ai sensi della
precedente lettera b) adeguino i propri sistemi di
programmazione, gestione e controllo anche in funzione
degli obbiettivi definiti in sede comunitaria e nazionale;
7. considera necessario che alle regioni esistenti o future
siano assicurati dal diritto comunitario, sia nei Trattati
in corso di modifica che dagli atti di diritto derivato
che ne conseguono
a) il diritto di contribuire in via generale allo sviluppo
della costruzione comunitaria attraverso la presentazione
di osservazioni, documenti e proposte alle istituzioni
interessate nelle diverse fasi di formazione del processo
decisionale (riconoscimento in particolare del diritto di
iniziativa rispetto alla Commissione e al Parlamento);
tali osservazioni potrebbero essere presentate e dalle
singole regioni e da un Comitato che le rappresenta, in
attesa della creazione dell'organismo di rappresentanza
e di partecipazione previsto nella riforma dei trattati;
b) il diritto di partecipare in modo privilegiato alla
definizione dei provvedimenti di cui dovranno assicurare
l'attuazione (nel rispetto del riparto di competenze
esistente nei diversi paesi); tale diritto dovrebbe
esprimersi attraverso un'adeguata rappresentanza degli
interessi regionali
- presso la Commissione, nei gruppi di lavoro
incaricati della predisposizione dei progetti di
misure legislative (delle osservazioni presentate
dovranno essere informati il Parlamento e il
Consiglio, responsabili delle fasi successive della
procedura);
- presso il Parlamento europeo, attraverso la
commissione competente, in occasione dell'esame dei
progetti summenzionati, e ciò senza pregiudicare
l'organizzazione a termine di un sistema bicamerale
quale è stato descritto nella risoluzione del
Consiglio consultivo delle collettività regionali e
locali del 25 ottobre 1990;
- presso il Consiglio attraverso le formule previste
dal suo regolamento interno;
c) il diritto di ottenere dalle autorità nazionali o
comunitarie le risorse necessarie all'esercizio delle
funzioni o al conseguimento degli obbiettivi fissati dalla
Comunità.
d) il diritto di difendersi in via amministrativa (attraverso
opportune procedure di concertazione) e giurisdizionale
ai sensi dell'art.173 del Trattato CEE contro i
provvedimenti delle istituzioni comunitarie lesivi degli
interessi regionali.
e) il diritto di collaborare alla realizzazione degli
obiettivi e degli scopi attribuiti alla Comunità nella
misura in cui possano essere implicati i diritti delle
regioni o i loro interessi fondamentali;
8. auspica che attraverso le regioni esistenti e, ove queste
non esistano, le autonomie locali la Comunità sia presente
sul territorio e a contatto con i cittadini; a tal fine
in ogni regione dovrebbe essere istituito un ufficio
operativo a composizione mista comunitaria/regionale con
il compito di assicurare la rilevazione dei dati
d'interesse comunitario e l'erogazione dei servizi ai
cittadini e alle imprese ("Euroguichet" istituzionali);
9. considera di interesse comunitario promuovere la
cooperazione tra le regioni e l'instaurazione di
associazioni o consorzi di regioni, in particolare di
Stati membri diversi, per la realizzazione di progetti
comuni;
10. auspica che delle precedenti conclusioni si tenga conto
tanto nei trattati quanto al momento dell'adozione delle
necessarie misure di applicazione;
11. incarica il Presidente della seconda Conferenza del
Parlamento europeo e delle Regioni della Comunità di
trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al
Consiglio, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri,
alle Conferenze intergovernative e al Consiglio d'Europa.
Allegato 5
RISOLUZIONE
su
"UNA CARTA DELLE REGIONI DELLA COMUNITA'"
La seconda Conferenza del Parlamento europeo e delle regioni
della Comunità,
- vista la Dichiarazione finale della prima Conferenza delle
regioni, svoltasi a Strasburgo dal 25 al 27 gennaio 1984,
- vista la co-relazione presentata dalla commissione per la
politica regionale e l'assetto territoriale,
- visto il parere presentato dal Consiglio consultivo degli enti
regionali e locali,
1. propone alle istituzioni comunitarie di adottare la
Dichiarazione seguente:
Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione delle Comunità
europee,
A. richiamandosi all'art. 2 del trattato CEE, secondo il
quale la Comunità ha per compito la promozione di "uno
sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme
della Comunità", nonché al titolo V della parte terza
dello stesso trattato e in particolare all'art. 130 A, che
impegna la Comunità a ridurre il divario fra le diverse
regioni e il ritardo di quelle meno favorite,
B. avendo preso atto che tali obiettivi possono essere
conseguiti con maggiore efficacia qualora esistano
istituzioni regionali autonome dotate di poteri e di
risorse adeguate,
C. richiamandosi alle proprie proposte, in materia di
revisione dei trattati , sul rafforzamento della politica
di coesione economica e sociale nonché sull'applicazione
del principio di sussidiarietà, secondo il quale
l'interesse pubblico è tutelato dal livello di governo che
assicuri a un tempo la gestione più efficace e il rapporto
più prossimo ai cittadini,
D. viste la Dichiarazione finale dei parlamenti della
Comunità adottata a Roma il 30 novembre 1990 e le
Conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre
dello stesso anno, che riconoscono la necessità di
promuovere la partecipazione delle regioni alla vita della
Comunità e di rafforzare la politica regionale della
Comunità (e della futura Unione),
E. richiamandosi alle risoluzioni adottate dalle regioni o
dalle loro associazioni rappresentative dal Consiglio
consultivo delle collettività regionali e locali e dalle
associazioni europee rappresentative delle collettività
territoriali, nonché alle proposte dibattute in seno alle
Conferenze intergovernative in ordine al ruolo, ai poteri
e alle forme di rappresentanza delle regioni nel nuovo
ordinamento giuridico e istituzionale comunitario,
F. in attesa di nuove disposizioni dei trattati e nella
prospettiva della costituzione dell'Unione europea,
CONVENGONO
sulla necessità di considerare le regioni come portatrici di un
interesse comunitario sotto il profilo dello sviluppo della
democrazia e del radicamento della costruzione europea nelle
molteplici realtà dell'Europa, di una più stretta integrazione
di base tra le diverse aree europee e dell'efficacia e del
decentramento nell'attuazione delle politiche comunitarie nonché
sulla necessità di orientare l'attività della Comunità nel
rispetto dei seguenti principi:
I. Sul piano economico, le esigenze connesse con il
riequilibrio regionale saranno perseguite attraverso un
utilizzo coordinato a livello comunitario, nazionale e
regionale di strumenti di politica economica adeguati e
coerenti (mobilitazione di risorse pubbliche e private,
leva fiscale, modulazione degli strumenti comunitari e
nazionali per tutelare la concorrenza e promuovere la
solidarietà fra le regioni).
II. Quanto agli aspetti normativi, gli obbiettivi di
riequilibrio regionale dovranno costituire una componente
permanente di valutazione delle altre politiche della
Comunità.
III. Sul piano istituzionale, la Comunità riconosce alle
regioni e, dove queste non esistano, alle autonomie
locali, in specie ai consorzi di comuni, un ruolo
peculiare nella promozione, programmazione,
predisposizione e gestione delle iniziative della Comunità
nei seguenti settori:
a) servizi sociali e culturali
- promozione dei servizi di formazione e d'istruzione
- tutela del patrimonio urbanistico, architettonico e
storico nonché delle tradizioni culturali e sviluppo dei
mezzi di informazione
b) promozione dell'economia regionale e in particolare
- gestione delle risorse naturali
- iniziative sul mercato del lavoro
- iniziative a favore delle piccole e medie imprese
- politica del turismo
- promozione delle attività agricole, del turismo e dei
servizi
- promozione del risparmio a favore di uno sviluppo
regionale autosostenuto
- utilizzazione e valorizzazione dell'energia e delle
risorse naturali
c) gestione del territorio e tutela dell'ambiente
- politiche delle acque e dei suoli e iniziative a tutela
dell'ambiente e per la prevenzione dei fenomeni di
inquinamento
- ottimizzazione delle infrastrutture e delle reti di
trasporto, di telecomunicazione e di energia
- garanzia di uno sviluppo equilibrato del territorio e
qualità di vita socialmente accettabile
- sviluppo della partecipazione dei cittadini al processo
decisionale riguardante la gestione del territorio.
La Commissione presenterà entro il 30 giugno 1992 l'elenco delle
disposizioni comunitarie per le quali si rende necessario
l'adeguamento ai fini del coinvolgimento diretto delle regioni.
Qualora le modifiche non potessero essere adottate con un unico
provvedimento, la Commissione indicherà le scadenze successive
di presentazione, in ogni caso entro il 31 dicembre 1992.
IV. Le regioni, singolarmente o in forma associata, possono
presentare direttamente alla Commissione, al Parlamento
e al Consiglio osservazioni e proposte concernenti future
misure comunitarie che riguardino anche indirettamente
l'interesse regionale nelle diverse fasi del processo
decisionale.
V. Le istituzioni comunitarie, nel perseguimento degli
obiettivi previsti dal trattato e ai fini della
realizzazione del mercato interno e dell'Unione economica
e monetaria, richiedono il parere delle regioni sulle
misure che queste potranno essere chiamate ad attuare.
Tale parere, in attesa della costituzione dell'organo di
rappresentanza e partecipazione delle regioni previsto in
sede di modifica dei trattati, sarà espresso da un
Comitato consultivo nel quale tutte le regioni sono
rappresentate. La costituzione, l'organizzazione e i
compiti del Comitato consultivo saranno fissati da un
regolamento del Consiglio fondato sugli artt. 100A e 130A
del trattato e adottato su proposta della Commissione e
in cooperazione con il Parlamento europeo. Il parere dovrà
essere reso entro un termine prestabilito, trascorso il
quale si prescinde dal medesimo.
VI. Quando una misura della Comunità interessa specificamente
una o più regioni, queste possono presentare le loro
osservazioni all'autorità competente, che deve valutarle
motivando le ragioni del proprio eventuale dissenso.
Le forme e le modalità del ricorso sono disciplinate dai
regolamenti interni delle istituzioni interessate. Resta fermo
il diritto delle regioni di ricorrere di fronte agli organi
giurisdizionali competenti ai sensi dell'art.173 del trattato
contro i provvedimenti che le concernono. Le regioni possono
altresì adire la giurisdizione comunitaria su questioni
concernenti
- l'interpretazione delle norme concernenti i poteri loro
riconosciuti dal diritto comunitario ;
- eventuali conflitti di attribuzione con altre istituzioni.
VII. Le regioni a ordinamento di tipo federale o ad autonomia
speciale o le nazionalità di livello infrastatale, sulla
base di norme adottate da ciascun Stato membro e
coordinate in sede comunitaria, possono essere
rappresentate alle riunioni del Consiglio dei ministri
delle Comunità convocate per deliberare su questioni che
investono direttamente o indirettamente vuoi le loro
competenze, vuoi le loro peculiarità di tipo storico,
culturale e linguistico o, eventualmente, di tipo
urbanistico, paesaggistico o ecologico.
VIII.Le regioni possono attuare direttamente le misure adottate
dalla Comunità nel rispetto delle esigenze essenziali di
coordinamento a livello nazionale nonché delle direttive e dei
regolamenti comunitari.
IX. Nelle materie di competenza comunitaria le regioni
provvedono autonomamente a organizzare l'esercizio delle
proprie attività e ad apprestare le relative strutture,
nonché a coordinare le iniziative degli enti a carattere
subregionale secondo principi, modalità e programmi
previsti in sede comunitaria e nazionale.
X. Nell'attribuzione dei finanziamenti comunitari è
riconosciuto carattere prioritario alle iniziative
interregionali, specie quando interessano Stati membri
diversi. Per la gestione di tali iniziative di interesse
comunitario possono essere istituite dalle regioni e dalle
autonomie locali, agenzie specializzate cui sono
attribuite, da parte dei soggetti responsabili a livello
comunitario, nazionale e regionale, le competenze
necessarie al conseguimento degli obiettivi comuni. Le
regioni a ordinamento di tipo federale o ad autonomia
speciale possono, in riferimento alle attività concernenti
le suindicate iniziative interregionali, sottoscrivere
direttamente accordi di cooperazione.
XI. In caso di inadempimento o mancato rispetto delle
disposizioni della Comunità da parte di una regione, si
provvede secondo modalità che possono essere fissate con
la partecipazione delle amministrazioni regionali
inadempienti. Il Parlamento e il Consiglio sono
costantemente informati di tali provvedimenti.
2. incarica il presidente della seconda Conferenza del
Parlamento europeo e delle regioni della Comunità di
trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al
Consiglio, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri
nonché alle Conferenze intergovernative e al Consiglio
d'Europa. Allegato 6
RISOLUZIONE
sulla cooperazione transfrontaliera: suo contributo allo sviluppo
e
al ravvicinamento fra i popoli, compresi quelli dei paesi
dell'Est
La seconda Conferenza Parlamento europeo-Regioni della Comunità
europea,
- viste le risoluzioni del Parlamento europeo sulla cooperazione
transfrontaliera ,
- vista la Convenzione quadro europea sulla cooperazione
transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali,
elaborata dal Consiglio d'Europa,
- vista la dichiarazione sugli aspetti giuridici della
cooperazione transfrontaliera ,
- vista l'attività pionieristica del Consiglio d'Europa
nell'incoraggiare la cooperazione transfrontaliera e nel
promuovere una serie di azioni concrete per agevolarla,
- visti il numero elevato di organismi per la cooperazione
transfrontaliera nonché i compiti importanti e positivi che
svolgono,
- vista l'attività dell'Associazione delle regioni europee di
frontiera nonché il progetto pilota LACE da essa gestito,
- visto il programma comunitario INTERREG inteso a promuovere la
cooperazione transfrontaliera e dotato di un fondo di
800.000.000 ,
- visto lo Statuto europeo delle regioni di frontiera e
transfrontaliere,
- vista la risoluzione 227 del 1991 della Conferenza permanente
delle autorità locali e regionali del Consiglio d'Europa sulle
relazioni esterne delle autorità locali e regionali,
- vista la relazione della commissione per la politica regionale
e l'assetto territoriale,
- visto il parere del Consiglio consultivo delle autorità locali
e regionali,
A. considerando che le regioni di frontiera rappresentano il
15% circa del territorio comunitario e ospitano il 10%
della popolazione comunitaria,
B. considerando che in passato esse hanno risentito in modo
particolare delle guerre e che sono per tale motivo
predestinate a ridurre i conflitti e le rivalità,
C. considerando che l'eliminazione delle frontiere interne
della Comunità avrà probabilmente profonde ripercussioni
geografiche ed economiche sulle regioni che si trovano
alle frontiere interne ed esterne,
D. considerando che le politiche nazionali hanno
tendenzialmente favorito i centri nazionali a spese delle
zone frontaliere sul piano economico e della dotazione di
infrastrutture,
E. considerando che l'abolizione delle frontiere interne può
comportare un riorientamento transfrontaliero delle
relazioni economiche e avere effetti positivi, in
particolare, per il commercio, l'artigianato e
l'industria,
F. considerando che le zone di frontiera incontrano
particolari difficoltà nella pianificazione economica e
nell'assetto territoriale, difficoltà che derivano tra
l'altro dalla lontananza di dette zone dalle linee di
comunicazione interregionali normalmente progettate a
livello nazionale e intese a servire i grossi centri
urbani del paese, dando luogo a carenze sul piano dei
trasporti transfrontalieri,
G. considerando la tendenza degli Stati membri a trasferire
le unità industriali a rischio e le loro attività
inquinanti verso le zone frontaliere,
H. considerando che le regioni situate sui due lati di una
frontiera hanno pochi servizi pubblici in settori quali
la sanità, l'istruzione e la formazione, a causa della
loro distanza dai centri nazionali e della scarsa densità
di popolazione e considerando che una cooperazione volta
a evitare inutili doppioni nei servizi apporterebbe
benefici immediati a entrambe le regioni di frontiera,
I. considerando che le differenze di regimi fiscali e di
previdenza sociale, in particolare di prassi legali,
amministrative e occupazionali intralciano la mobilità dei
lavoratori attraverso i confini nazionali,
J. consapevole dell'importanza, al di là degli aspetti
economici e amministrativi, delle componenti politica,
sociale, ambientale e culturale della cooperazione
transfrontaliera,
K. convinto che anche le regioni costiere e le isole
periferiche debbano essere considerate regioni di
frontiera,
L. considerando che sia il diritto internazionale sia
l'impegno finalizzato all'integrazione europea implicano
l'obbligo di cooperazione a tutti i livelli;
1. reputa che le regioni di frontiera si siano trovate e si
troveranno in una posizione particolare nell'ambito del
processo d'integrazione europea, in quanto costituiscono
il punto d'incontro di culture diverse e sono zone in cui
i passati conflitti sono stati più aspri e gli effetti
degli ostacoli tuttora persistenti alla libera
circolazione dei beni e delle persone tra gli Stati membri
maggiormente sentiti;
2. ritiene pertanto che le regioni di frontiera abbiano
svolto e dovranno ancora svolgere un ruolo essenziale
nella costruzione della Comunità europea in tutte le sue
dimensioni nonché nel suo ravvicinamento alle nuove
democrazie emergenti nell'Europa orientale;
3. ritiene necessario incoraggiare ulteriormente la
cooperazione transfrontaliera tra le regioni periferiche
della Comunità e paesi terzi;
4. mette in rilievo che i migliori esempi di cooperazione
transfrontaliera sono costituiti da iniziative degli enti
locali e regionali, spesso poco sostenute dai governi
centrali, adottate per andare incontro all'esigenza delle
popolazioni locali di cooperare strettamente con i vicini
di oltre frontiera e attenuare così gli effetti negativi
della frontiera su aspetti della vita quotidiana quali il
lavoro, i trasporti e la programmazione regionale;
5. ritiene che questi esempi di cooperazione debbano altresì
servire da modello per lo sviluppo della cooperazione alle
frontiere esterne della Comunità, in particolare con la
Polonia e la Cecoslovacchia;
6. rileva che il progressivo trasferimento delle formalità
doganali e d'immigrazione dalle frontiere interne della
Comunità a quelle esterne fa sì che regioni di frontiera
un tempo periferiche nell'ambito dello Stato membro (per
esempio, regioni di frontiera tra Paesi Bassi e Germania
o tra Spagna e Portogallo) possano assumere una posizione
centrale in una nuova rete di relazioni economiche
internazionali;
7. ritiene d'importanza fondamentale, nell'ambito delle
iniziative comunitarie previste nella riforma dei fondi
strutturali, elaborare programmi che contribuiscano a
risolvere i problemi di manodopera che possano
determinarsi a seguito dell'abolizione delle frontiere
interne della Comunità e che un'attenzione particolare
debba essere prestata alla creazione di possibilità
occupazionali alternative nelle zone e nei comuni di
frontiera in cui la realizzazione del mercato interno
determina una notevole perdita di posti di lavoro in
settori come quello doganale;
8. deplora che spesso le regioni di frontiera non dispongano
ancora di una base giuridica vincolante per la
cooperazione transfrontaliera a livello comunitario tra
i gruppi e gli organismi sociali interessati e le autorità
e chiede pertanto ancora una volta agli Stati membri e
alla Commissione di adottare le misure necessarie ed
elaborare proposte per una regolamentazione quadro;
9. ritiene che le comunità delle zone di frontiera abbiano
il diritto di stabilire relazioni dirette con i loro
corrispettivi di oltre confine e di concludere accordi
sulle questioni di interesse comune rientranti nei
rispettivi ambiti di competenza senza chiedere alcuna
delega o autorizzazione ai loro governi centrali; i
recenti accordi conclusi fra i paesi del Benelux e tra le
regioni frontaliere di Germania, Cecoslovacchia e Polonia
possono al riguardo servire da punto di riferimento;
10. ritiene che la Commissione debba promuovere attivamente
la creazione di agenzie di sviluppo transfrontaliere con
il compito di promuovere la cooperazione economica e
agevolare la cooperazione in altri settori tra le autorità
regionali e debba altresì cercare una formula capace di
superare i problemi giuridici e costituzionali che sono
di ostacolo allo sviluppo;
11. chiede agli Stati membri che non abbiano ancora ratificato
la Convenzione quadro europea sulla cooperazione
transfrontaliera di procedere a tale ratifica con la
massima sollecitudine;
12. appoggia la raccomandazione fatta dalla Conferenza
permanente delle autorità locali e regionali del Consiglio
d'Europa affinché venga elaborato un protocollo
addizionale che estenda la portata della convenzione
quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera e
riconosca, sul piano del diritto interno, il valore
giuridico degli atti degli organismi di cooperazione
transfrontaliera;
13. accoglie con favore l'istituzione di una struttura di
collegamento tra la Comunità e l'Associazione delle
regioni di frontiera (AERF) in merito alla cooperazione
transfrontaliera (progetto LACE);
14. ritiene che la cooperazione transfrontaliera debba
contribuire, nell'ambito europeo, a un'unione sempre più
stretta dei popoli che vivono al di qua e al di là di una
frontiera;
15. ricorda che le regioni di frontiera sono spesso il campo
d'azione preferito di terroristi e altri criminali
(contrabbando di droga, armi, ecc.) e che, di conseguenza,
devono sostenere elevati costi finanziari e generali per
la prevenzione di tali crimini;
16. sottolinea l'importanza di sviluppare una coscienza
europea comune nelle zone di frontiera e richiama
l'attenzione sulle opportunità offerte dalle trasmissioni
radiotelevisive indirizzate a utenti di entrambi i lati
della frontiera;
17. ricorda che le frontiere seguono spesso barriere naturali
quali catene montuose o fiumi che vanno ad aggiungersi
alle difficoltà costituite dagli ostacoli amministrativi
rendendo ancora più onerosa la creazione di
infrastrutture;
18. ritiene che debba essere proposto uno statuto specifico
di protezione delle riserve naturali che si trovano alle
frontiere, al fine di assicurare una coerenza
sovranazionale alle politiche di gestione degli ambienti
transfrontalieri di rilevanza comunitaria;
19. ritiene che i progetti di insediamento industriale a
rischio e di attività inquinanti nelle zone di frontiera
debbano dar luogo a una consultazione obbligatoria delle
popolazioni interessate che si trovano al di qua e al di
là della frontiera e che, in via generale, debba essere
scoraggiata la prassi seguita dagli Stati nell'insediare
queste unità industriali proprio ai limiti del loro
territorio;
20. chiede che le norme nazionali che disciplinano la
protezione dell'ambiente siano rapidamente armonizzate e
rese vincolanti per evitare che ci sia trasferimento di
agenti inquinanti dai paesi più avanzati verso i paesi in
cui vigono norme meno rigorose;
21. sottolinea che i grandi assi stradali di collegamento tra
le regioni centrali che passano per le regioni di
frontiera non apportano necessariamente vantaggi economici
permanenti a tali regioni ma ne possono invece danneggiare
l'ambiente;
22. ritiene che le tariffe telefoniche e delle
telecomunicazioni tra le regioni di frontiera dovrebbero,
quale misura di promozione dell'integrazione economica,
essere proporzionali alla distanza della comunicazione e
non essere calcolate secondo le elevate tariffe
internazionali;
23. ribadisce le principali raccomandazioni formulate nella
precedente risoluzione del Parlamento europeo sulla
cooperazione transfrontaliera alle frontiere interne della
Comunità europea , in particolare
- una pianificazione comune transfrontaliera a livello
regionale/provinciale e locale nei settori della tutela
dell'ambiente, della prevenzione e del controllo delle
calamità, degli incendi e delle epidemie,
dell'approvvigionamento energetico e idrico e
dell'eliminazione delle acque di scarico e dei rifiuti;
- cooperazione transfrontaliera nella pianificazione e
utilizzazione dei servizi sanitari;
- pianificazione dei trasporti di persone e di merci
attraverso le frontiere onde eliminare i punti di
strozzatura ai passaggi di frontiera;
- cooperazione transfrontaliera in materia di diffusione
delle conoscenze nella politica dell'istruzione, nel
settore culturale, turistico e dello sport;
- cooperazione transfrontaliera degli uffici del lavoro
riguardo alla politica occupazionale e in particolare al
collocamento dei lavoratori;
nonché, nella risoluzione del Parlamento europeo sul programma
INTERREG con particolare riferimento
- all'inclusione di misure transfrontaliere nei quadri
comunitari di sostegno;
- agli effetti dell'eliminazione dei controlli di frontiera
sull'occupazione nelle regioni di confine;
- all'istituzione di un programma separato incentrato
sull'Europa orientale;
- a un quadro giuridico comunitario più generale e
vincolante per la cooperazione transfrontaliera;
24. chiede alla Commissione di prevedere, per quanto riguarda
INTERREG, una proroga oltre la scadenza del 1993 che poggi
sui risultati acquisiti nella prima fase e su un programma
distinto ma complementare specificamente inteso a
promuovere la cooperazione transfrontaliera con i paesi
dell'Europa orientale;
25. chiede che alla cooperazione transfrontaliera con i paesi
dell'EFTA venga attribuita maggiore importanza;
26. auspica che nelle trattative sull'accordo di associazione
con la Polonia e la Cecoslovacchia venga inserita anche
la cooperazione transfrontaliera;
27. incarica il Presidente della seconda Conferenza Parlamento
europeo- Regioni della Comunità di trasmettere la presente
risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e
ai parlamenti degli Stati membri, alle Conferenze
intergovernative e al Consiglio d'Europa.
Allegato 7
RISOLUZIONE
sulla cooperazione interregionale
La seconda Conferenza del Parlamento europeo e delle regioni
della Comunità europea,
- visto l'articolo 130 del trattato CEE modificato,
- viste le risoluzioni del Parlamento europeo sulla cooperazione
transfrontaliera e interregionale,
- vista la quarta relazione periodica sulla situazione e
l'evoluzione socioeconomica delle regioni della Comunità ,
- vista la sintesi preliminare "Europa 2000: prospettive per lo
sviluppo del territorio comunitario" ,
- visti i lavori dell'Assemblea delle regioni d'Europa (A.R.E.)
e del Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa (CCRE),
- visti gli sforzi intrapresi dalle collettività territoriali ai
fini della cooperazione transfrontaliera e interregionale
nonché i risultati ottenuti,
- visto l'articolo 10 del regolamento FESR n. 4254/88 ,
- vista la risoluzione n. 227 (1991) della Conferenza permanente
dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa sulle
relazioni esterne degli enti territoriali,
- vista la corelazione della commissione per la politica
regionale e l'assetto territoriale,
- visto il parere presentato dal Consiglio consultivo degli enti
regionali e locali,
A. considerando che, contrariamente a quanto avviene per la
cooperazione transfrontaliera, non esiste alcuno strumento
giuridico per promuovere la cooperazione interregionale,
1. sottolinea la necessità di unire alla realizzazione del
grande mercato dal 1 gennaio 1993 il rafforzamento della
coesione economica e sociale della Comunità e la lotta
contro gli squilibri interregionali;
2. ritiene importante, per eliminare le disparità, che
l'attuale politica regionale venga integrata con una
politica europea di pianificazione del territorio che
tenga conto delle varie iniziative e dinamiche
interregionali nonché del principio di sussidiarietà;
3. reputa essenziale valorizzare la dimensione interregionale
di vaste aree transnazionali in vista della realizzazione
di grandi infrastrutture di comunicazione e della
definizione coerente di una strategia multiregionale;
4. è del parere che la dimensione interregionale, che
rispetta le istituzioni locali ma le apre a spazi
solidali, sia la giusta dimensione sia per lo sviluppo che
per l'ambiente delle regioni delal Comunità;
5. ritiene che la valorizzazione della cooperazione
interregionale e transnazionale sia un mezzo per la
Comunità di agire a livello di creazione e gestione di
veri spazi comunitari;
6. ritiene che l'azione della Comunità a favore di questi
spazi presupponga
a) la creazione di infrastrutture di base,
b) il potenziamento della cooperazione interregionale
valorizzando e incoraggiando progetti comuni,
c) la convergenza a livello interregionale di alcune
politiche che hanno un'incidenza sui problemi rurali
(obiettivo 5b), urbani, dell'educazione, della ricerca,
delle nuove tecnologie, della cooperazione tra imprese
(PMI, PMII) e dell'ambiente;
7. si compiace delle iniziative di cooperazione già prese
dalle associazioni di collettività territoriali europee:
Assemblea delle Regioni d'Europa (A.R.E.), Consiglio dei
Comuni e delle Regioni d'Europa (C.C.R.E.), Conferenza
delle regioni periferiche e marittime (C.R.P.M.),
Associazione delle regioni frontaliere europee (ARFE),
Polo europeo di sviluppo (Belgio-Lussemburgo-Francia),
Conferenza delle regioni periferiche marittime e
Commissione del litorale atlantico, Comunità delle Alpi
occidentali (COTRAC), Associazione delle Alpi centrali
(ARGE-ALPI), Associazione delle Alpi orientali (ALPI-
ADRIA), Comunità di lavoro del Giura, Comunità di lavoro
dei Pirenei, Comunità delle regioni industriali, Azioni
per le regioni minerarie, IRI, COMREGIO, ecc.;
8. sottolinea l'interesse con cui la Comunità guarda alla
formazione di spazi regionali transnazionali e le
iniziative che essa ha già preso in questo campo:
Programmi integrati mediterranei, articolo 10 del nuovo
regolamento FESR, Studio "Europa 2000" basato sulla
creazione di grandi spazi europei;
9. sottolinea l'opportunità di completare programmi quali
INTERREG, limitati alla cooperazione transfrontaliera, con
il programma di cooperazione interregionale/interurbana
nel quadro dell'articolo 10 del regolamento del Fondo
europeo di sviluppo regionale (FESR), programma di cui
occorrerà tuttavia ampliare la dotazione finanziaria;
10. sottolinea l'importanza della salvaguardia
dello spazio rurale europeo e la necessità di
tener conto delle condizioni e degli interessi
delle regioni dell'obiettivo 5b nell'ambito
della nuova riforma della P.A.C.;
11. insiste sull'importanza dei programmi
comunitari intesi a incoraggiare la
cooperazione interregionale in materia di
formazione e sulla necessità di promuovere la
mobilità dei giovani e l'insegnamento delle
lingue;
12. ritiene che la creazione di spazi coerenti di
cooperazione interregionale e transnazionale
sia una delle condizioni fondamentali per la
realizzazione della futura unione europea;
13. chiede che in futuro i quadri comunitari di
sostegno tengano maggiormente conto della
realtà interregionale e superino la loro
compartimentazione nazionale;
14. chiede che il futuro Comitato delle regioni e
delle collettività territoriali venga più
strettamente associato all'elaborazione e alla
realizzazione di alcune politiche, in
particolare nei seguenti settori:
a) ottimizzazione delle infrastrutture di
base, questioni legate ai problemi rurali
(regioni 5b) e urbani, cooperazione tra
imprese (PMI-PMII);
b) ricerche e nuove tecnologie;
c) programmi in materia di istruzione e
formazione, di scambi culturali e di
salvaguardia del patrimonio architettonico
e culturale;
d) protezione dell'ambiente e miglioramento
della qualità della vita, gestione in
comune delle risorse naturali ed
energetiche;
e) sviluppo della solidarietà fra le
popolazioni e della loro partecipazione
alle scelte che le riguardano;
f) turismo;
g) politiche urbane;
h) politiche di equilibrio e di
complementarità tra regioni urbane e
rurali;
15. insiste sulle seguenti linee d'azione per la
cooperazione interregionale all'interno della
Comunità:
a) incoraggiare le regioni e le città a
definire di propria iniziativa le loro
necessità in materia di cooperazione
interregionale,
b) promuovere la cooperazione interregionale
sostenendo e sviluppando progetti comuni
e stimolanti,
c) organizzare una riflessione sulla
strategia globale con il futuro Comitato
delle regioni e delle collettività
territoriali;
16. chiede che gli Stati concedano un
riconoscimento giuridico alla cooperazione
interregionale/interurbana ed esortino il
Consiglio d'Europa a elaborare una Convenzione
quadro in tale settore;
17. chiede che in futuro la dimensione
interregionale sia integrata nell'elaborazione
delle varie politiche comuni della CEE;
18. incarica il presidente della seconda Conferenza
Parlamento europeo - Regioni della Comunità di
trasmettere la presente risoluzione alla
Commissione, al Consiglio, ai governi e ai
parlamenti degli Stati membri, alle Conferenze
intergovernative e al Consiglio d'Europa.