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Caputo Livio - 26 aprile 1993
Buthelezi, capo del partito Inkatha, in visita in Italia

»...Se si procederà con i piani attuali, cioè con una divisione dei poteri tra il National Party di De Klerk e l'Anc di Mandela al di fuori di un quadro costituzionale ben definito e fortemente garantista, il mio Paese rischia di fare la fine dell'Angola, del Mozambico e di tante altre nazioni africane dove si è proceduto con troppa fretta. Io, sudafricano nero e da sempre combattente per la libertà, preferisco che il potere e soprattutto il controllo delle forze dell'ordine rimanga nelle mani dei bianchi fino a quando tutti i neri sudafricani e non soltanto gli estremisti dell'Anc avranno ottenuto soddisfazione alle loro richieste .

di Livio Caputo - Il Messaggero

Mangosuthu Buthelezi, capo del partito Inkatha, discendente dei sovrani Zulu e campione della conciliazione razziale in Sud Africa, si trova da ieri in Italia per cercare l'appoggio del nostro Paese al suo progetto di costituzione federale che a suo avviso rappresenta l'unica speranza per evitare una guerra civile. Da sempre favorevole al pluralismo, alla libera iniziativa e all'economia di mercato, Buthelezi si batte per evitare che, nell'ormai imminente passaggio dei poteri dalla minoranza bianca alla maggioranza nera, trionfino le concezioni centraliste e stataliste che ispirano l'African National Congress di Nelson Mandela e che questa grande occasione di rilanciare il Sud Africa come polo dello sviluppo economico dell'Africa australe venga gettata al vento. Il primo ministro del Kwazulu ha visitato ieri la sede del nostro giornale, ha incontrato il nostro direttore Indro Montanelli e ci ha illustrato la sua visione del futuro e i pericoli che incombono sul suo Paese.

Il Sud Africa è giunto al punto di svolta. Oggi riprendono a Johannesburg dopo quasi un anno i negoziati costituzionali. Sembra ormai certo che entro l'anno i neri entreranno in un governo provvisiorio e che poco dopo saranno indette le prime elezioni a suffraggio universale. Lei condivide questa tabella di marcia?

»Assolutamente no. Io ritengo che sia un grave errore accelerare i tempi e organizzare il trapasso dei poteri prima che ci sia una Costituzione che tuteli le minoranze e impedisca che alla dittatura dell'apartheid subentri molto rapidamente quella dell'Anc. Il regime dell'apartheid ha lasciato l'eredità di uno Stato unitario caratterizzato da un livello molto alto di centralismo autoritario, che penetra tutti i livelli della vita sociale ed economica. L'Anc, con i suoi alleati comunisti, vorrebbe impadronirsi dello Stato come è oggi e approfittarne per stabilire un regime totalitario, che soltanto in una prima fase sarebbe temperato da una divisione dei poteri con i bianchi il cosiddetto power sharing .Un Paese come il nostro, che ha una complessità etnica, sociale ed economica incredibile ha invece bisogno di un sistema federale che lasci ai singoli Stati da sei a dieci una notevole autonomia e che consenta ai vari popoli che lo compongono di mantenere le proprie tradizioni e la propria cultura".

Lei dunque si batterà per la trasformazione del Sud Africa in uno Stato federale e ha già avanzato questa richiesta anche al segretario generale dell'Onu Boutros Ghali. Ma chi è disposto a seguirla su questa strada?

»Il popolo Zulu, che io rappresento, non è certo il solo a volere una soluzione del genere. Con me c'è il presidente del Bophuthats Wana, Louis Mangope, ci sono i capi di varie altre regioni che ai tempi dell'apartheid erano state separate dal Sud Africa ma che ora vogliono tornare a farne parte. Ci sono senz'altro i bianchi del Natal, i quali preferiscono un governo locale a un governo nazionale, e a mio avviso c'è anche la maggioranza dei bianchi di tutto il Paese .

Ma allora perché il presidente De Klerk sembra deciso a fare un accordo bilaterale con Mandela?

»De Klerk è sotto la pressione dei media e soprattutto dei Paesi occidentali, i quali si illudono che un accordo tra l'Anc e il National Party sia la formula migliore per garantire un futuro di pace. La situazione è peggiorata dopo l'avvento al potere negli Stati Uniti del presidente Clinton, il quale ha un pesante debito di gratitudine verso la comunità nera americana tutta schierata con l'Anc. Ma la comunità internazionale non si rende conto che l'Anc è ancora pesantemente influenzata dall'ideologia marxista e non ha nessuna intenzione di creare in Sud Africa una democrazia pluralista e tollerante che sola consentirebbe il mantenimento dell'attuale struttura industriale. Se si procederà con i piani attuali, cioè con una divisione dei poteri tra il National Party di De Klerk e l'Anc di Mandela al di fuori di un quadro costituzionale ben definito e fortemente garantista, il mio Paese rischia di fare la fine dell'Angola, del Mozambico e di tante altre nazioni africane dove si è proceduto con troppa fretta. Io

, sudafricano nero e da sempre combattente per la libertà, preferisco che il potere e soprattutto il controllo delle forze dell'ordine rimanga nelle mani dei bianchi fino a quando tutti i neri sudafricani e non soltanto gli estremisti dell'Anc avranno ottenuto soddisfazione alle loro richieste .

Ma quali sono i suoi rapporti personali con Mandela?

»Mandela ed io eravamo amici. Quando era in prigione ci siamo scritti piú volte e poco dopo la sua liberazione voleva venirmi a trovare nel Kwazulu e a rendere omaggio al nostro re. Poi sotto l'influenza negativa delle teste calde del suo partito, i rapporti si sono raffreddati e dopo un lungo incontro che abbiamo avuto nel marzo del '91 sono andati sempre peggiorando. Mandela ha accusato l'Inkatha di collaborare con i servizi segreti bianchi nella guerriglia, di essere responsabile degli scontri etnici nelle township che hanno fatto migliaia di morti e continua a gettarci fango addosso. Nel febbraio di quest'anno gli ho scritto invitandolo a collaborare con me per mettere fine ai massacri tra gli Zulu e gli Xhosa che hanno fatto migliaia di morti e in cui sono già stati trucidati, spesso con i metodi piú orrendi, ben 275 leader e quadri dell'Inkatha. Gli ho proposto di apparire insieme nei centri piú "caldi" e invitare i nostri seguaci alla calma: mi ha risposto con una lettera evasiva e la sua gente contin

ua a soffiare sul fuoco, al punto che addirittura ai funerali di Chris Hani, il segretario del Partito comunista sudafricano ucciso due settimane fa, gli attivisti dell'Anc inveivano contro di me .

Ma se elezioni fossero indette nei prossimi mesi quale risultato darebbero? A quanto valuta oggi la forza del suo partito a livello nazionale?

»E molto difficile fare delle previsioni in un Paese che non ha mai conosciuto neppure un embrione di democrazia, dove ci sono milioni e milioni di analfabeti e dove oggi prevale l'intimidazione e la violenza. Sono certo che ovunque molti guardano all'Inkatha come all'unico partito che difenda un autentico pluralismo e voglia preservare i valori di tutti. Troppo spesso nel contesto africano elezioni organizzate al di fuori di precisi parametri costituzionali accettati da tutti non risolvono i problemi, ma aprono un vaso di Pandora di tensioni e scontri incontrollabili. Ritengo che le elezioni possano essere organizzate solo sulla base di un compromesso politico che riunisca tutti i partecipanti e indichi chiaramente quale deve essere il traguardo finale. Noi siamo ancora lontani da questo e il nuovo round di negoziati che sta per aprirsi non è molto promettente".

Che cosa farà durante i tre giorni della sua visita in Italia?

»Intendo chiedere l'appoggio dell'Italia che è sempre stata imparziale e prudente nei suoi rapporti con il mio Paese ed ha aiutato generosamente gli Zulu, perché contribuisca a evitare che le cose precipitino. L'Occidente deve capire che Mandela non rappresenta affatto tutti i neri, ma essenzialmente quelli che vogliono un Sud Africa molto diverso da quello che potrebbe e dovrebbe essere; capisco che lo appoggiassero quando si batteva per l'eguaglianza dei diritti di tutte le razze. Allora ero anch'io al suo fianco. Ma è adesso prigioniero di gente che ragiona ancora come nella Russia di Stalin".

 
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