- Signore e Signori
ieri in Somalia, oggi in Rwanda e ancora in Bosnia, certamente domani in altre parti del mondo, crimini spietati offendono ogni giorno l'umanità e la giustizia: genocidi e massacri, condanne ed esecuzioni di innocenti, vendette di vincitori sui vinti vengono commessi nell'arbitrio e sotto il segno della violenza, mentre la coscienza civile non può che assistere impotente e disarmata.
L'impunità è garanzia e premio di ogni scelleratezza, perchè non esiste oggi alcuna autorità che abbia, a livello internazionale, l'autorevolezza, la forza e gli strumenti per raggiungere e punire i colpevoli.
Eppure da tempo la Comunità internazionale, in ambito Nazioni Unite, ha preso coscienza che il deterrente più efficace per i crimini lesivi di interessi edi valori comuni alla generalità degli Stati - delicta juris gentium - è rappresentato dal maggior rischio per l'invidivuo di essere penalmente perseguito, piuttosto che dalla possibilità di far valere l'eventuale responsabilità dello Stato.
Consentiteci di esprimere il nostro pieno sostegno al Progetto di Statuto per una Corte penale internazionale (d'ora in poi: Progetto I.C.C.) che la Commissione del diritto internazionale ha successivamente elaborato, attraverso i lavori di un Gruppo ad hoc. Il Progetto I.C.C. appare dotato di una grande flessibilità ed improntato ad una visione realistica dell'attuale possibile consenso all'interno delle Nazioni Unite.
Si potrebbe discutere all'infinito della struttura ottimale di tale Corte Penale internazionale; ma l'accentuarsi delle crisi cui stiamo da troppo tempo assistendo ha oggettivamente accellerato i tempi di rflessione e la necessità di una inziativa: lo richiede in primo luogo l'opinione pubblica, la coscienza delle genti; ma anche lo richiede la riflessione più avanzata e lungimirante sui rischi che il mondo intero corre per il diffondersi di un clima di incertezza del diritto, che dà luogo a sempre più gravi attacchi e lesioni, che la Comunità internazionale non può e non deve tollerare.
Dunque, è questo il momento di agire, e rapidamente, perchè sia posto in essere un meccanismo giudiziario capace, per autorevolezza, strutture e strumenti operativi di irrogare sanzioni penali per i crimini internazionali, per quelli almeno che si ritengano particolarmente offensivi e, perciò stesso, pericolosi.
In effetti, da quando si è affermato il divieto dell'uso della forza nelle relazioni internazionali, è apparso chiaro che la guerra non poteva costituire un alibi per gli individui-organi dello Stato per giustificare comportamenti crudeli e disumani (crimini di guerra).
E'' così che, già nel corso della elaborazione della Convenzione contro il genocidio, ci si rese conto che l'unica via effettiva per la repressione di un crimine (spesso strettamente legato all'azione del governo di uno Stato) era la istituzione di una Corte Penale Internazionale (contemplata nell'art. VI della Convenzione 1948). Ma nessuno dei vari progetti internazionali elaborati dal 1947 in poi ebbe seguito.
E' quanto ha deciso, con grande saggezza, questa Assemblea Generale nel 1991, allorchè, dopo i molti anni di discussioni dedicate alla compilazione di un Codice di crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità (progetto di un grande Codice penale internazionale), conferì priorità alla istituzione di un Tribunale internazionale permanente, con la Risoluzione 46/54 del 5 dicembre 1991 (Invites the International Law Commission, within the framework of the draft Code of Crime against the Peace and Security of mankind, to consider further and analyse the issues raised in its report on the work of its forty-second session concerning the question of an international criminal juriction, including proposals for the establishment of an international criminal court or other international criminal trial mechanism in order to enable the General Assembly to provide guidance on the matter).
Per quanto riguarda le procedure per la costituzione della Corte viene prescelta la soluzione della conclusione di un trattato internazionale che vincoli solo quegli Stati che manifesteranno il proprio consenso ad esserne vincolati. Questo approccio che lega alla volontà degli Stati l'applicabilità della giurisdizione della Corte, e pertanto presenta il rischio di una più ristretta membership, consente di superare le difficoltà poste dalla alternativa di una risoluzione dell'Assemblea istitutiva della Corte come suo organo sussidiario (quale sarebbe la condizione di applicabilità agli Stati che votassero contro?).
Occorre tuttavia ricordare che, nell'opinione consultiva del 13 luglio 1954, la Corte internazionale di giustizia ha riconosciuto questa facoltà all'Assemblea generale. Rinunciando a questa facoltà è evidente che l'Assemblea generale potrebbe, almeno, a pieno diritto raccomandare agli Stati membri delle Nazioni Unite di concludere il Trattato istitutivo della Corte penale internazionale. Successivamente la Corte penale internazionale e le Nazioni Unite potranno concludere un accordo per le appropriate relazioni (art.2).
Per quanto riguarda il diritto sostanziale, secondo il Progetto I.C.C. la Corte avrà giurisdizione sul crimine di genocidio (applicando così la previsione della Convenzione sul genocidio 1948); sul crimine di aggressione; sui crimini di guerra ed i crimini contro l'umanità. Si tratta evidentemente delle ipotesi di crimini internazionali sulla cui sanzione si riscontra il più ampio consenso internazionale e che hanno natura di consuetudine internazionale. Per quanto riguarda altri crimini previsti da accordi internazionali l'art. 21 e l'annesso del Progetto I.C.C. prevedono la giurisdizione della Corte solo in caso di eccezionale gravità. Ci si riferisce alle violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e relativo protocollo, delle Convenzioni dell'Aja e di Montreal sulla pirateria aerea, della Convenzione contro l'Apartheid, della Convenzione per la protezione degli agenti diplomatici, della Convenzione sulla presa di ostaggi, della Convenzione sulla tortura, della Convenzione sulla pirateria marittima,
della Convenzione sul traffico di droga.
Secondo il Progetto I.C.C. l'accettazione della giurisdizione della Corte può essere dato dagli Stati in una dichiarazione generale al momento della conclusione del Trattato istitutivo (o successivamente) e persino in relazione ad un singolo caso da parte di uno Stato che non sia memebro dello Statuto della Corte. Tale dichiarazione può riguardare anche uno solo dei crimini sui quali la Corte ha in generale giurisdizione (art.22). Per quanto riguarda l'azione e la accettazione degli Stati interessati è previsto che nel caso di genocidio una richiesta possa essere presentata da uno Stato che sia parte della Convenzione del 1948 (art. 25.1); negli altri casi la richiesta può essere avanzata da uno qualsiasi degli Stati membri del Trattato istitutivo della Corte (art. 25.2). L'azione potrà essere promossa solo se lo Stato che detiene il sospettato o lo Stato nel quale è stato commesso il crimine abbiano emanato una dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Corte per lo specifico crimine in questio
ne (art. 21.1(b)). Si tratta di quelle che il Progetto I.C.C. definisce "precondizione dell'accettazione della giurisdizione della Corte da parte degli Stati" (art. 21 che rinvia anche agli artt. 20, 22, 25); vale a dire quelle innumerevoli serie di ulteriori manifestazioni di consenso degli Stati interessati che rendono flessibile la giurisdizione della Corte accrescendo la possibilità di adesione degli Stati al Trattato istitutivo della Corte.
Per quanto riguarda il rapporto con il Consiglio di sicurezza, il Progetto I.C.C. rende inutile la creazione di una serie di tribunali per singole questioni e Stati (Ruanda, etc.). Secondo l'art. 23 del Progetto I.C.C. esso potrà sempre, sottomettere alla Corte qualsiasi caso che rientri nella competenza del cap. VII, anche se la Corte sarà creata da un Trattato. E' probabile che il Consiglio di sicurezza vorrà utilizzare una struttura giudiziaria esistente piuttosto che crearne una nuova; ma evidentemente la Corte quando agirà su azione del Consiglio di sicurezza non avrà bisogno di cercare il consenso degli Stati interessati. Nella sostanza nessuno Stato potrà sottrarsi alla giurisdizione della Corte quando l'azione sia promossa dal Consiglio di sicurezza, come è già previsto nel Tribunale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Inoltre, nel pieno rispetto della natura obbligatoria ed esclusiva delle decisioni del Consiglio di sicurezza per tutti i membri delle Nazioni Unite, il Progetto I.C.C., riserv
a a quest'ultimo la valutazione della sussistenza di una aggressione e o minaccia alla pace, prima di una qualsiasi azione giudiziaria davanti alla Corte.
Infine il Progetto I.C.C. fissa dei ragionevoli criteri per la determinazione delle pene applicabili. Esclusa l'applicazione della pena di morte (cifr. art. 47.1(a) che parla solo di reclusione), la pena sarà fissata tenendo conto delle sanzioni previste dalla legge dello Stato dell'imputato; dello Stato dove il crimine è stato commesso; o dello Stato che ne aveva la custodia (cifr. art. 47.2(a) (b) (c)). Non manca il necessario livello di ricorso contro le sentenze di primo grado.
Grazie all'eccellente contributo dei giuristi che compongono l'organo di codificazione e sviluppo del diritto internazionale riteniamo che l'approfondimento tecnico giuridico e la formulazione della proposta di Statuto della Corte abbiano raggiunto ormai una grande profondità ed un livello adeguato perchè il processo negoziale si trasferisca a livello dei Governi interessati alla conclusione del Trattato istitutivo di questa nuova entità giurisdizionale. L'Assemblea generale deve, cioè, a nostro avviso mettere in moto il meccanismo necessario per la creazione della Corte penale internazionale discutendo i contenuti del progetto I.C.C. e adottando, in questa Sessione, una Risoluzione che convochi una Conferenza internazionale per l'adozione del trattato istitutivo.
E' nostra convinzione che debba così rendersi visibile l'esistenza di una nuova Comunità internazionale che, incapace spesso di agire unitariamente nelle crisi internazionali, dimostri di avere almeno una comune considerazione della dignità umana, senza connivenze e complicità con gli autori dei più gravi crimini, in qualsiasi parte del mondo vengano commessi. Se Norimberga è stata l'invenzione delle potenze vincitrici, se il Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia rappresenta fino ad oggi "l'opera unica" del Consiglio di Sicurezza, non possiamo immaginare uno sviluppo per le future generazioni, in un mondo senza giustizia.
Né è pensabile - e neppure auspicabile - proseguire sulla strada della istituzione di molteplici Tribunali "ad hoc" da parte del Consiglio di Sicurezza: non fosse altro perchè tali istituzioni, per loro natura, non sono "deterrenti" ma inseguono "a posteriori" genocidi e crimini compiuti.
Siamo coscienti che ancora esistono problemi tecnico-giuridici aperti, ma siamo soprattutto coscienti che l'opinione pubblica non potrebbe accettare ulteriori rinvii, e che è maturo il momento in cui la comunità internazionale, nel rispetto di ogni procedura e dei tempi di riflessione, dia però un segnale deciso e chiaro di avere la ferma volontà di voler procedere speditamente, e con regole chiare e uguali per tutti, sul cammino della pace nella giustizia.
Ogni rinvio, comunque motivato, ogni segnale ambiguo o incerto, suonerebbe oggi inaccettabile per la coscienza degli individui e dei popoli ed aumenterebbe il divario, che pure esiste ed è preoccupante, tra opinione pubblica e sistema delle Nazioni Unite.
Decidere in questa sessione - quando ci si appresta alla celebrazione dell'anniversario delle fondazione dell'ONU - la convocazione della Conferenza per il 1995 affidando, dopo anni e decenni di studi giuridici, la soluzione dei problemi ancora aperti ai comitati preparatori, ci pare la risposta doverosa e adeguata a tutti coloro - Stati o cittadini - che nel mondo pongono il diritto e la legge a fondamento della convivenza internazionale.