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- 5 novembre 1994
SOSPENSIONE SUBITO DELLE ESECUZIONI CAPITALI
PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE ENTRO L'ANNO 2000

(Bozza della presentazione della pagina N.Y.T. sulla moratoria: ditemi se va bene)

La pena di morte è oggi ancora prevista negli ordinamenti giudiziari di 132 Stati della comunità internazionale su 184, ed è ancora applicata in 96 paesi, tra cui alcuni di democrazia politica. In molti Stati della Federazione americana, la pena di morte viene applicata in circostanze escluse da convenzioni internazionali sui diritti umani, nei confronti di minorenni e di malati di mente. Opinioni pubbliche, spesso maggioritarie, non solo in America, chiedono di mantenere o di reintrodurre la pena capitale. Tradizioni millenarie e radicate convinzioni religiose la legittimano negli ordinamenti dello Stato e nelle regole della comunità. Non raramente, è un senso di "giustizia" profondo ad animare chi risponde con la pena di morte all'impunità e all'illegalità che lo colpiscono.

Noi non pensiamo di dividere il mondo tra "civili" e "incivili"; noi vogliamo progredire, a piccoli passi ma certi, sulla via del diritto e della legge, passi tesi a stabilire di volta in volta qual è la soglia di inviolabilità propria a ciascun individuo, l'irriducibile umano che - come ha detto Boutros Ghali - fa di tutti noi un'unica comunità. E' già successo per l'abolizione della schiavitù, è successo per l'interdizione della tortura. All'alba del terzo millennio, anche l'abolizione della pena di morte deve potere divenire coscienza storica, necessità non più dell'individuo, ma di questo tempo e di questa società.

Importanti istituzioni internazionali hanno inverato questa urgenza. Il Parlamento Europeo ha affermato - in una risoluzione - che Nessuno Stato può disporre della vita dei propri cittadini prevedendo la pena di morte come conseguenza di reati, anche se gravissimi.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - istituendo il Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia - ha escluso in ogni caso la pena capitale.

Anche dagli Stati Uniti è venuto un'importante segnale: con la limitazione della vendita delle armi essi hanno aperto nuovi orizzonti; nell'affrontare l'emergenza criminale, per la prima volta, essi hanno indicato una via diversa da quella della pena di morte.

In questi giorni, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sta discutendo una proposta italiana, sostenuta da altri 30 paesi, di una moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Gli Stati dell'Est che stanno riscrivendo le proprie costituzioni, quelli dell'Ovest che non le hanno mutate per secoli, potranno guadagnare, dalla sospensione della pena capitale decisa dall'Onu, il tempo necessario perché entro l'anno 2000 cresca nell'opinione pubblica e si affermi nelle leggi un nuovo diritto della persona: il diritto a non essere uccisi a seguito di una sentenza o misura giudiziaria.

Gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, i quali hanno approvato lo statuto del Tribunale che esclude la pena di morte per i criminali della ex-Jugoslavia, potranno uscire dalla contraddizione di eseguire uccisioni "legali" per reati infinitamente meno gravi di quelli commessi a Sarajevo.

Noi, cittadini e parlamentari di diversi paesi, Premi Nobel, personalità della scienza e dell'arte, sindaci e uomini di governo, rappresentanti di tutte le religioni e di tutti i partiti, crediamo che l'annuncio di una moratoria delle esecuzioni fatto giungere agli Stati dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite coglierà un nuovo ascolto, e creerà nuova possibilità di formare coscienze e stabilire regole comuni.

 
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