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- 16 gennaio 1995
Aspettando la caduta di Grozny
MOSCA PREPARA L'"ALTRO" GOVERNO DELLA CECENIA

di Antonio Stango - membro della segreteria del Partito Radicale

(corrispondenza da Grozny)

Grozny, 16 Gennaio - Una colonna di blindati del Ministero degli Interni russo e' in marcia da Nord verso la capitale cecena, in assetto di guerra e con le mitragliatrici pesanti pronte al combattimento. Da alcuni giorni queste truppe speciali stanno sostituendo i reparti dell'esercito la cui preparazione si e' rivelata inconsistente: ed infatti poco distante e' evidente la differenza, quando parliamo con dei soldati di leva giunti dalla regione di San Pietroburgo. Uno di loro ha diciott'anni, dovra' passarne uno e mezzo sotto le armi, ed appare impaurito. "Sai perche' sei qui?", gli chiedo. "Si'. C'e' la guerra". Ma di che guerra si tratti, e di perche' la si combatta, non sa nulla.

Se potesse seguirci in un edificio della cittadina di Snamenskoye, al di la' della strada coperta di fango dove lo abbiamo incontrato, alcune cose gli sarebbero piu' chiare. Li' ci riceve Ruzlan Madijev, il ministro degli Esteri e del Commercio con l'Estero del 'Governo di rinascita nazionale della repubblica cecena'. Ceceni che si oppongono a Dudaev, e riconoscono come capo del governo Salambek Hadjev, nominato a questa carica da Mosca. E' su baionette russe - si sarebbe detto una volta - che si preparano ad entrare nella capitale.

"Ora il nostro principale compito e' contribuire a far svolgere le operazioni con il minor numero di vittime e di distruzioni, anche aiutando la popolazione ad abbandonare Grozny", dice Madijev. Ha forse cinquant'anni, indossa abiti civili - cosa piuttosto rara fra tante tute mimetiche - e ricorda non senza orgoglio di avere frequentato a Mosca l'Istituto per le Relazioni Internazionali insieme con Andrey Kozirev.

"Quanti sono i profughi da Grozny?", gli chiedo. "Circa trecentocinquantamila. Molti vivono in case di familiari; vi sono anche dei russi ospiti di famiglie cecene. Una parte della popolazione e' fuggita nelle repubbliche vicine: in Inguscezia, a Mazdok".

"Chi e' responsabile del massacro di queste settimane?"

"Senza alcun dubbio, Dudaev. Nei tre anni del suo regime la repubblica e' stata in pratica preparata a questi giorni. Certo, anche alcune forze nella Federazione Russa sono colpevoli: a lungo non hanno organizzato alcun negoziato e sono rimaste cieche di fronte alla violazione dei diritti umani in Cecenia, a cominciare dalla stessa presa del potere con brogli e falsificazioni. Ogni intervento pacifico dell'opposizione e' stato contrastato da Dudaev con misure militari. Il 5 Giugno del '93, ad esempio, doveva tenersi un referendum sulla Costituzione e sui rapporti con la Federazione Russa, ma nella notte precedente furono sciolti il Parlamento ed il presidio dell'opposizione sulla piazza, il Municipio dove si trovavano le schede fu preso a cannonate e piu' di cinquanta persone furono uccise. Del resto, in tre anni le vittime, comprese le persone di cui si e' persa ogni traccia, sono state circa tremilacinquecento."

"La base dell'opposizione e' in questo distretto?"

"Si'. Qui vivono trentottomila persone. Tre volte Dudaev ha tentato di attaccarci, ma senza successo".

"Al di la' degli scontri di carattere militare, quali sono le differenze politiche fra la vostra parte e Dudaev?"

"Prima di tutto abbiamo idee diverse sulle relazioni con la Russia, che vogliamo siano determinate da un referendum. Poi sulla Costituzione: ad esempio, per il carattere del popolo ceceno noi crediamo che non serva un presidente. La nostra societa' ha avuto sempre meccanismi di autogoverno e di responsabilita' collettiva, attraverso i consigli degli anziani. Oggi questo significa una repubblica parlamentare, non presidenziale."

"Cosa pensate dell'indipendenza della Cecenia?"

"La sovranita' fu dichiarata dall'allora Soviet Supremo della Repubblica Autonoma Cecena. Poi gli estremisti di Dudaev sono giunti al potere ed hanno guidato la repubblica alla catastrofe", slitta Madijev. "Nell'autunno del '94 meno del venti per cento dell'industria e dell'agricoltura erano attive. Il petrolio era venduto senza controllo sul mercato internazionale, grazie alla collaborazione fra Dudaev ed alcuni elementi della dirigenza russa. E' del tutto vero che il Paese era diventato un centro del traffico di stupefacenti e di armi, con aerei che atterravano senza problemi proveniendo dal Pakistan o dal Medio Oriente e che da qui raggiungevano altri Paesi."

"Malgrado tutto, non credete che si sarebbe potuta evitare questa strage?"

"Avremmo voluto evitarla, attraverso dei negoziati. Poi abbiamo capito che non c'era altro da fare che un intervento militare. Abbiamo tentato due volte di entrare a Grozny, ma appunto per evitare di colpire i civili siamo tornati indietro. L'ultimo negoziato e' stato avviato a Vladikavkaz con un colloquio che avrebbe dovuto essere trilaterale, fra Russia, regime di Dudaev ed opposizione, ma che i nostri avversari - rifiutando di sedersi con noi - hanno trasformato in incontri bilaterali paralleli, in due stanze vicine. La prima condizione, che noi avremmo accettato, era il disarmo delle due parti. Il rifiuto da parte di Dudaev, il 12 Dicembre, ha portato all'ingresso a Grozny delle truppe russe."

"Quanti, fra la popolazione, sono piu' vicini a voi che a Dudaev?"

"Non esito a dire che a mio parere, prima dell'attacco russo, era d'accordo con noi forse il novanta per cento della gente, esclusi i partigiani. La brutale condotta delle forze armate russe ha portato al fatto che anche molti contrari a Dudaev combattano oggi contro di loro. Il fatto e' che il problema poteva essere risolto con poco spargimento di sangue: con truppe speciali, sarebbero bastati due o tre giorni".

'Truppe speciali': una parola chiave, in questa fase. Loro, probabilmente, avrebbero lasciato nelle vie di Grozny un numero molto inferiore di vittime, di entrambe le parti. E meno madri di soldati russi di leva, come i ragazzi che abbiamo incontrato oggi, starebbero ora cercando di scuotere l'opinione pubblica, insieme con i movimenti per i diritti umani e deputati come Sergey Kovaliov o Egor Gaidar. Ciononostante, la loro presenza adesso, mentre continuano su Grozny a cadere bombe di mortaio e razzi, mentre i cacciabombardieri Sukhoi attaccano anche villaggi vicini, non e' certo un segno di speranza.

"Come finira' tutto questo?", chiedo ai combattenti di Dudaev, ai soldati russi, alle donne cecene di Grozny. Molti si affidano solo al volere di un dio; non molto dissimile in verita', in questa circostanza, per i musulmani o per i cristiani ortodossi. Non si combatte una guerra di religione, qui. Dio sembra piu' assente che partigiano.

"Una parte delle forze di Dudaev si sta ritirando sulle montagne", risponde Madijev. "Per qualche mese condurranno una guerriglia, ma senza risultati. L'idea stessa dell'indipendenza e' diventata impopolare durante il regime di Dudaev. L'economia e' stata distrutta da Dudaev, la citta' dai russi. L'ordine deve essere restaurato, ma il metodo doveva essere diverso. D'altra parte, fra il '91 ed il '92 le forze armate russe hanno lasciato in Cecenia centocinquanta aerei, centoventi carri armati e cinquantamila armi leggere. Non poteva accadere che il tempo di adoperarle non arrivasse".

 
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