prego tutti e ciascuno di legere queste parole con il massimo dello spirito di tranquillità e volontà di comprensione, e come non facile tentativo di riflettere a partire da una enormità di difficoltà che ciascuno di noi percepisce e subisce in questi giorni.
Domani alle 19 a Roma, presso la sede dell'Arci ci sarà una riunione tesa a andare avanti e concretizzare le iniziative della manifestazione e mobilitazione del 26 luglio, e del 24 settembre perugia-assisi.
A mio parere vi è in primo luogo una questione, che io ho - forse senza la sufficiente energia, o forse nella sede non opportuna - sollevato tempo fa, giorni fa. E che vorrei riproporre, almeno come premessa alle righe e alle considerazioni successive.
Vi è una questione di metodo, che è quella per cui ritengo il Partito radicale non dovere aderire ad iniziative che si tengono in un singolo paese. E preciso.
Io credo che non si ponga nemmeno il potere o dovere aderire o meno il PR ad una iniziativa di carattere nazionale di un paese, non forse in assoluto, ché l'assoluto non esiste, quanto almeno in questa specifica occasione.
Io credo che il partito radicale sia oggi entità che trae la sua ragione stessa di esistere dal fatto di operare, prefigurando nel suo stesso essere quel che è, le istituzioni adeguate al proprio essere partito politico transnazionale. Un partito necesariamente, per regola politica ovvia quanto vera, è bisognoso di trovare un luogo istituzionale, parlamentare in cui operare, come parte della maggioranza o della opposizione. In questo senso essere transpartito significa oggi finalmente qualcosa di sostanzialmente diverso da quello che qualcuno poteva intendere significasse fino anche ad alcuni mesi fa; ed è oggi finalmente chiaro come l'essere transpartito e transnazionale quasi con facilità si coniughino.
Nulla, ripeto, è assoluto. Ma in questo caso credo sia molto chiaro che davvero non si pone la questione della adesione del PR alle iniziative sopra evocate. Noi possiamo dichiarare il nostro favore, come partito, il caldissimo favore, ma non aderire o copromuovere. Se ben guardiamo, il partito radicale sarebbe l'unica organizzazione transnazionale o internazionale ad aderire, o a copruomovere. E sarebbe illogico, almeno dal mio punto di vista. Alle iniziative del 26 luglio e di settembre parteciperanno ufficialmente e aderiscono o copromuovono semmai articolazioni italiane di organizzazioni internazionali. Di amnesty aderirà, se aderirà, la sezione italiana, dell'internaizonale socialista o democristiana le sezioni italiane, di pax christi la articolazione italiana, che hanno individualità e autonomia, come è noto. Noi funzioniamo in modo diverso, e quindi se si aderisce aderiscono tutti, tuttto il paritito, compresi i parlamentari bosniaci, compreso muhamedagic, se fosse vivo, compresi i compagni del sangi
accato o della vojvodina, compresi... E' diverso.
Ma inoltre, coniugando le prossime alle precedenti parole, e ancora restando alla questione di metodo, io credo vi sia una incongruenza su cui dovremmo riflettere.
I nostri interlocutori sono entità che possono decidere, direttamente e sovranamente, non entità che possono proporre ad altre entità decisioni da assumere. I nostri interlocutori sono l'ONU e la UE, cui non soltanto concettualmente chiediamo decisioni. Agli stati, ai governi chiediamo di operare a che i nostri interlocutori assumano le posizioni che noi proponiamo direttamente. Concettualmente ma niente affatto astrattamente noi siamo interlocutori diretti di ONU e UE, cui chiediamo DECISIONI COGENTI. Gli stati non possono prendere decisioni in sé cogenti, negli ambiti che pratichiamo noi, ma soltanto decisioni che possono favorire quelle cogenti. Nelle nostre campagne concepiamo un rapporto con gli stati e i governi come un rapporto con entità strumentali - e non soltanto lo concepiamo, ma l'annoscorso lo abbiamo praticato in modo perfetto.
Il partito radicale sta chiedendo a tutti i governi che materialmente è in grado di raggiungere di adoperarsi e agire perché in sedi istituzionali internazionali si decida quanto si deve. Si tratta, per esempio nel manifestare davanti alle sedi dei governi, di un agire per via mediata, su interlocutori mediati. Palazzo Chigi non può decidere sulla soluzione della questione bosniaca, e si chiede a palazzo chigi di agire a che... Non di risolvere, ma di forzare per una soluzione. Il partito radicale questo fa per esempio in italia, o anche altrove, perché ha una proposta concreta e forte di adesioni e promozioni di ampiezza mondiale. E GESTISCE DIRETTAMENTE la vertenza europea, comunitaria in tema di adesione della bosnia alla UE.
Il governo italiano è sì un interlocutore mediato, ma lo è nell'ambito di una campagna nella quale il PR sta operando su vari goberni, manifestando a Cannes e parlando con Chirac, ecc... Ma gli interlocutori del PR sono UE e ONU: intendo gli interlocutori diretti, quelli cui si chiedono, cui si cerca di imporre soluzioni, decisioni cogenti e definitive.
Il fatto che Dini sia l'interlocutore della manifestazione di oggi e di quella di domani è chiaramente un tassello di una campagna che ha come interlocutore diretto la comunità internazionale e le sue istituzioni. La manifestazione del 26 luglio invece ha solo e soltanto il governo italiano come interlocutore intendo interlocutore che può forzarsi, su cui si può operare con una vertenza politica.
Vi è dunque una differenza, non di valore, o di qualità politica, ma semplicemente di grado.
La differenza è netta. E non parlo affatto di una differenza di valore o qualità politica, ma di una differenza se vogliamo tecnica. Nettissima.
Possono prendersi come teoria inutile queste parole. ma credo passi anche attraverso riflessioni del genere, e rigori del genere una credibilità che va nutrita e acquisita.
Poi intravvedo argomenti di merito che sconsigliano la adesione alle manifestazioni di luglio e settembre.
considerazioni che, come quelle di metodo, tutto devono indurci a fare, rebus sic stantibus, meno che a criticare comunque quelle iniziative.
Dal testo che leggo in questa conferenza, che non so esattamente se e quanto sia stato modificato o limato, si evince che si punta a negoziati, a favorire o forzare e imporre negoziati. La cosa stride con il tentativo che stiamo facendo o cui almeno tendiamo, di far mettere sotto processo milosevic. Processo penale, non di giudice conciliatore.
Belgrado viene in quel documento definita come un interlocutore politico: belgrado come governo, evidentemente, come governo di oggi e con le sue rappresentanze diplomatiche.
Delle due l'una: o davanti al tribunale dell'Aia, che il documento evoca con una certa energia, deve andare anche milosevic, oppure Belgrado - cioè Milosevic - va bene, è un interlocutore da legittimare o rafforzare, come dice e fa la Ministra Agnelli, tra gli altri. Sul piano politico mi sembra che non possa sfuggirsi al fatto che da mandare sotto processo siano allo stesso titolo Mladic, Karadgic e Milosevic. Non per nullam ma per il semplice fatto che altrimenti quel che diciamo da sempre non regge.
Poi, in quel testo che compare in questa conferenza vi è ancora l'aggettivo SIMBOLICA laddove si parla di adesione della Bosnia alla UE.
Non parlo di parole d'ordine sloganistiche che non concordano; perché se fosse così non mi interessrebbe gran ché. Parlo di fatti sostanziali e concretissimi, così come è concretissima la proposta della adesione alla UE: concretissima, risolutiva, fondamento degli atti che poi sarebbero necessari e imprescindibili.
Scusate la lunghezza, dovuta al mio vizio di ragionare aiutandomi talvolta con lo scrivere.
ciononostante, un'ultima annotazione: sono iscritto al movimento dei Club Pannella, in Italia. Da iscritto comprendo le ragioni di opportunità che hanno portato il movimento ad aderire al documento. Comprendo le ragioni di opportunità politica, anche se non le condivido.
Il mio pensiero mi avrebbe portato, se avessi potuto decidere io o partecipare a quella decisione del movimento, a decidere la partecipazione alla manifestazione del 26 luglio, come movimento, ma senza aderire al documento. In spirito e concretezza di assoluta collaborazione, fattiva, amichevolissima e fraterna. Stare insieme nell'atto, che è il comune denominatore. Nell'atto politico del manifestare. Essendo diversi sul piano della elaborazione politica che c'è dietro la decisione di ciascuno di partecipare all'atto politico del manifestare, dando così ricchezza a quell'atto, e valore aggiunto, e maggior forza dialogica. Tra l'altro cose e posizioni quali quelle che sto qui illusttrando a proposito del movimento sono state assunte già in passato, dall'allora perlopiùitaliano partito radicale, senza problemi, e anzi con vantaggio e crescita per tutti, e con efficacia accresciuta di e per tutti.
Se è vero che il movimento dei club non è figlio del PR, non è filiazione del PR, certo partecipa di una teoria, di una successione di atti che è comune, almeno per quel che discende dalla storia di Pannella. Dunque, da semplicissimo iscritto, credo il movimento avrebbe dovuto prendere una posizione diversa.
Ma questa ultima non è che una piccola considerazione.
Da iscritto al movimento ritengo dunque che esso debba partecipare alla manifestazione del 26 di questo mese - per ora naturalmente e prudentemente o scaramanticamente lasciando perdere di occuparsi di manifestazioni programmate per settembre. E oltretutto è poco ragionevole pretendere di prevedere oggi che tipo di manifestazione e su cosa sarà quella di settemre. E' quindi davvero imprudente, o almeno astratto, oggi prendere una posizione in merito: la situazione in Europa e in Italia potrebbe mutare rimarchevolmente, nel frattempo.
Per quanto riguarda poi il Partito Radicale, quel che penso l'ho detto. Non escludo e anzi ritengo possa pure essere utile che per conto del partito radicale un compagno venga delegato ad assistere e partecipare alla riunione delle 19 di domani all'Arci, in spirito e concretezza di dialogo e collaborazione profonda e seria. Ritengo che, chiamato ad illustrare la posizione del partito, il compagno o i compagni che il PR delegherà a partecipare a quella riunione debba o debbano esprimere la posizione che ho sopra illustrato. Sono certo che non solo quella posizione verrebbe dagli altri accettata, ma che questa verrebbe apprezzata sinceramente.
E credo anche che per il possibile noi quella iniziativa si debba aiutare.
Tutto sommato credo che quella manifestazione, se risultano più chiare alcune cose e alcuni passaggi del documento che la convoca, e nella chiarezza della posizione che ho espresso, possa essere di aiuto all'impegno drammatico che stiamo conducendo e che rischia di sfiancarci e condizionarci anche esistenzialmente.
Paolo Pietrosanti
Roma, 17 luglio 1995