Ritenendo che forse può essere utile per aiutare le riflessioni di tutti, e anche o soprattutto in considerazione della esplicita richiesta di Olivier, riverso dunque anche qui alcune annotazioni sul giornale, che risalgono ad alcuni giorni fa.
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Il timone/menabò del primo numero del Giornale è esaustivo. Ma probabilmente lo è troppo.
Credo che in primo luogo non possa vedersi un giornale come questo senza tenere in considerazione se e quando altri numeri - e quanti - verranno pubblicati. Almeno, è necessario fissare una possibilità di successione di numeri, due o tre in tutto almeno fino al Congresso, e sulla base di questo è necessario programmare editorialmente il primo numero, e prepararlo.
E' evidente che il giornale non può operare sulla attualità, ed è ovvio. Ma deve avere una continuità di impostazione nei suoi vari numeri. I quali certo non possono essere del tutto programmati oggi, ma devono potere essere governati, al tempo, in coerenza con quello di adesso.
Inoltre - l'ho già detto e non sto qui a esporne ulteriormente le ragioni: noi abbiamo oggi bisogno di un messaggio di sintesi.
Perché mi sembra necessario, anzi molto urgente, tanto più nel riemergere di messaggi nostri cartacei destinati ai parlamentari e agli altri, partire proprio con le ragioni per cui ci siamo ed esistiamo, cui sono funzionali le battaglie, e le conquiste grosse, notevoli che abbiamo conseguito.
Sintesi più politica che di spaccato organizzativo, direi, anche se giustamente Olivier prevede il punto transpartito e il punto transnazionale, che dovrebbero a mio parere risolversi in - come soluzione ottimale - articoli scritti ad hoc da persone eminenti e note, non Italiane, e magari pure con taglio problematico.
Credo insomma che questo giornale debba essere più programmatico che reprospettivo, e debba annunciare il salto di qualità, la fase nuova, e la salutare soluzione di continuità dei forti, cioè di quelli che escono - ed è vero o almeno verisimile - da molti mesi difficilissimi che però non hanno impedito loro di portare a casa e per tutti cose ben più che egregie; addirittura rappresentazioni di possibilità sempre vissute come improbabili e impossibili.
Ciò con cui è necessario connotare questo numero (e gli altri, ma è vero che non è detto ci saranno...) è il fatto del Manifesto.
Sappiamo tutti che il Manifesto, su cui è noto che Marco insiste da mesi, è qualcosa che non può non essere scritta da Marco in un momento felice, e che non è proprio il momento, questo, in cui Marco lo scriverebbe. Ciò non toglie comunque, e ne sono convinto, che noi non si debba coltivare il terreno del Manifesto. E intendo con questa parola la rappresentazione del salto di qualità che è anche soluzione di continuità di crescita. Noi con questo giornale dobbiamo rappresentare e rendere possibile il Manifesto in questo senso. Anche con testi che non siano Manifesto, ma che schematizzino il testo che dovrà uscire come testo della nuova aggregazione.
E insomma deve partirsi dalle ragioni per cui il Tribunale, il Tibet, la pena di morte, e il resto. Le ragioni per cui, molto molto più che i racconti di quel che abbiamo fatto.
Deve essere un giornale di prospettiva, senza la quale il bilancio positivo che possiamo vantare perde molto anche di immagine e forza comunicativa.
Olivier ha ragione da vendere quando dice che preparare questo giornale serve pure per riflettere insieme. Ed è proprio quel che serve. Credo insomma che una cosa che si debba evitare sia un giornale attendista, che sia di attesa. Cioè un giornale che si afatto per intanto mandare in giro una antologia di cose, di racconti, in attesa di potere fare un giornale di prospettiva, di lancio. Soprattutto perché la retrospettiva aggrega poco, se non è ancora più chiara e forte la spinta e la prospettiva.
Non mi sembra sia necessario aggiungere altro per farmi capire.
Una cosa mi preoccupa, ed è quella delle lingue. Non sono affatto certo che 4 lingue possano coprire i parlamentari. Almeno in Europa non credo che la percentuale di parlamentari che possano leggere testi complessi in una lingua diversa dalla propria siano più del 10 per cento. Tra i parlamentari italiani questa percentuale è ottimistica, per esempio. Tra quelli cechi o slovacchi poteva essere pessimistica, ma è oltremodo ottimistica a partire dal 1992. E credo lo stesso possa dirsi per altri paesi. Sempre a proposito di lingue, mi sembra necessario investire sul Tedesco, per i parlamentari, soprattutto viste le adesioni ai vari Appelli.
Più in merito, e concludendo queste brevi note, Almeno la prima pagina deve essere una pagina che interessi perché propone, e non perché racconta. E che proponga tutto, ma non le campagne, o una delle campagne. Tanto meno la campagna di iscrizioni.
Una buona cosa può essere mettere le fotine di compagni o ex-compagni importanti in prima, con una soluzione grafica alla Oliviero Toscani, come mi sembra dicesse chiacchierando Mihai. E anzi 'sto Toscani dovremmo chiamarlo per vedere se magari si inventa qualcosa in termini di soldi o in termini di idea/evento alla Toscani.
10 gennaio 1997