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- 3 marzo 1997
DRAFT item 14 (pena di morte) rif. Elisabetta Zamparutti
written statement

COMMISSIONE SUI DIRITTI UMANI - GINEVRA, 10 MARZO/ 18 APRILE 97

Item 14 -

Il numero dei paesi che hanno deciso di accettare i vincoli imposti all'applicazione della pena dimorte dai trattati internazionali è in aumento.

Infatti, i quattro strumenti di diritto internazionale di contenuto dichiaratamente abolizionista (oltre al già citato Secondo Protocollo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, il Sesto Protocollo alla Convenzione europea dui diritti umani, il Protocollo aggiunto alla Convenzione americana sui diritti umani per l'abolizione della pena di morte e la Convenzione americana sui diritti umani) sono stati ratificati da circa 50 stati che sono quindi ora obbligati a non pronunciare e a non applicare la pena di morte.

Le Nazioni Unite hanno sicuramente contribuito a tale risultato.

Per rafforzare tale processo e per far acquisire il principio che la questione della restrizione e dell'abolizione della pena di morte deve essere considerata come un tema centrale per lo sviluppo della normativa sul rispetto dei diritti umani in tutto il sistema delle Nazioni Unite e nel diritto internazionale, il Partito Radicale Transnazionale, nella sua campagna internazionale per l'abolizione della pena di morte, denominata "Nessuno tocchi Caino"- la lega di cittadini e di parlamentari per l'abolizione della pena di morte entro il 2000-, ha deciso di sostenere la presentazione e la discussione di una risoluzione sulla pena di morte alla Commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni unite.

In particolare il Partito Radicale transnazionale nella sua campagna per l'abolizone della pena di morte-Nessuno tocchi Caino- ritiene importante che, all'alba del nuovo millennio, sia riconosciuto, così come un secolo fa avvenne per il divieto al ricorso alla tortura e alla schiavitù, un nuovo principio di civiltà giuridica, quello per cui uno Stato democratico non può disporre della vita dei propri cittadini. Tale rislutato sarebbe un contributo importante allo sviluppo di un diritto internazionale ispirato autenticamente ed esclusivamente ai principi universali e dunque non al predominio di una cultura su altre o a compromessi di varia natura.

Finora, le posizioni abolizioniste degli stati hanno infatti trovato, in sede Nazioni Unite, uno strumento di affermazione attraverso il riconoscimento ad ogni individuo del diritto alla vita. In questi termini si esprime l'art. 3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, l'art 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e gli articoli 6 e 37 della Convenzione sui diritti del fanciullo. Queste norme però non vietano espressamente la pena di morte essendo una sorta di compromesso a cui sono giunti gli stati che all'epoca non hanno ritenuto opportuno bandire espressamentela pena di morte.

Le Nazioni Unite sono però giunte attraverso la risoluzione 2857 (XXVI) dell'Assemblea Generale e, successivamente, con la risoluzione 44/128 del 15 dicembre 1989 che adottava e apriva alla firma il Secondo protocollo opzionale al Patto sui diritti civili e politici, ad un preciso impegno abolizionista. L'art 2 infatti espressamente vieta agli Stai contraenti il ricorso alla pena di morte.

Successivamente, con una serie di risoluzioni, il Consiglio economico e sociale ha enfatizzato l'importanza di ridurre progressivamente i reati capitali quale strumento per poter giungere all'abolizione definita della pena di morte (ECOSC 1574 (L), 1745 (LIV), 1930 (LVIII), 1984/50, 1985/33, 1990/29 e 1990/51).

In questo contesto, che ha visto le Nazioni Unite orientarsi verso un più preciso impegno abolizionista nei nuovi testi adottati, va ricordato anche il commento generale del Comitato diritti umani all'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che, nel 1982 ,ha rafforzato la lettura di questo articolo in senso abolizionista contribuendo quindi, da un punto di vista interpretativo, ad orientare in tal senso anche l'attività successiva delle Nazioni Unite.

Si è infatti assistito, successivamente, all'adozione di documenti che hanno posto un divieto al ricorso alla pena di morte a prescindere da riferimenti al diritto alla vita e questo con efficacia vincolante per tutti gli stati. Sono gli statuti approvati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l'istituzione dei tribunali ad hoc per i crimini di guerra commessi nell'ex Yugoslavia e in Rwanda. (Statuto del Tribunale sull'ex Yugoslavia S/RES/827 annex art 24; Statuto del Tribunale Internazionale per il Rwanda S/RES/955 annex art. 23). Questi atti, vincolanti per tutti gli stati, in quanto risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, hanno creato la grande contraddizione per cui paesi come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti hanno escluso nel diritto internazionale la pena di morte per crimini terribili quali quelli commessi nel corso delle guerre che hanno dilaniato l'ex Yugoslavia e il Rwanda ma continuano ad applicarla al loro interno per crimini infinitamente meno gravi.

Questo non risulta comunque essere un avvenimento estemporaneo. Infatti, lo statuto del tribunale permanente, ora all'esame del Comitato preparatorio della Conferenza istitutiva di tale giurisdizione internazionale, esclude anch'esso la pena di morte (UN Doc A/49/10 art. 47).

E'importante ricordare che le discussioni avvenute all'interno dei "bodies" delle Nazioni Unite sul fatto che gli statuti di questi tribunali non prevedano la pena di morte indicano che questo è ormai un punto incontrovertibile. Seppur non si possa ancora dire che esiste una norma universale che vieta il ricorso alla pena di morte, vi è comunque una tale accettazione delle norme che la escludono o la limitano che si può ormai parlare su questo fronte di soft law.

Tale evoluzione in ambito Nazioni Unite ha avuto sicuramente un effetto anche sulle politiche seguite dai vari stati in materia di pena di morte. Infatti, come risulta dall'ultimo rapporto quinquennale delle Nazioni Unite sulla pena di morte (E/CN.15/1996/19) dal 1989 ad oggi ben 25 paesi hanno abolito la pena di morte, 23 dei quali per ogni crimine compresi quelli commesi in tempo di guerra.

Dal punto di vista del diritto internazionale questa accettazione delle norme internazionali di contenuto abolizionista ci permette di affermare, come recenti risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali confermano, che le norme che limitano l'uso della pena di morte ai crimini più gravi e che la escludono nei confronti dei minori, delle donne incinte e dei malati di mente, disposizioni inizialmente contenute in trattati internazionali, hanno ormai acquisito lo status di norme di diritto consuetudinario come tali vincolanti per tutti gli stati per cui si rende qunto mai doverso per gli stati rispettarle.

Per rafforzare questo processo di creazione di una normativa abolizionista anche per quei contenuti per i quali, oggi, si può parlare solo di soft law, crediamo possa essere di grande sostegno l'attuazione di alcuni "strumenti" suggeriti dalle Nazioni Unite.

Occorre indubbiamente incoraggiare la ratifica dei trattati abolizionisti, rispettare le risoluzioni che chiedono di restringere progressivamente il numero dei reati capitali ma anche imporre agli stati mantenitori una moratoria a termine delle esecuzioni capitali.

Il Partito Radicale Transnazionale nella sua campagna abolizionista, "Nessuno tocchi Caino" considera importante proseguire nella richiesta di una moratoria decisa dalle Nazioni Unite sulle esecuzioni capitali come passo intermedio e decisivo per giungere all'abolizione della pena di morte entro la fine di questo millennio. Dati recenti, dimostrano infatti che la moratoria può essere lo strumento giuridico e politico che consente agli Stati di maturare il tempo necessario a verificare la non necessarietà della pena di morte.

L'esempio del Sud Africa sotto questo profilo è emblematico. Questo paese alla fine degli anni ottanta era praticamente dilaniato da una guerra civile e registrava uno dei più alti tassi di ricorso alla pena capitale, dopo la decisione di imporre una moratoria quinquennale delle esecuzioni cpitali, è giunto nel 1995 ad abolire definitivamente la pena di morte nella sua nuova Costituzione.

Le stesse Nazioni Unite hanno già considerato quale strumento che può servire a sostenre politiche aboliziniste, la moratoria.

La Commissione dei diritti umani nel 1968, invitando gli stati a rispettare una moratoria di 6 mesi prima di portare a termine la condanna capitale (UN doc E/4475 (1968)) ( UN doc E/CN.4/972(1968) at 134-36, 162-164). Questa risoluzione fu poi approvata in Assemblea Generale con alcuni emendamenti (GA res. 2393 (XXIII) UN DOc A/PV.1727)).

Questo tentativo venne ripreso nel 1994 quando, nel corso della 49· Assemblea Generale delle Nazioni Unite, venne presentata una risoluzione che chiedeva una moratoria universale delle esecuzioni capitali quale passo intermedio per giungere ad affermare entro il 2000 il principio che nessuno stato democratico può uccidere i propri cittadini. La risoluzione, dopo che uno stato retenzionista, Singapore, aveva presentato un emendamento poi approvato per togliere ogni riferimento al diritto internazionale e al sistema delle Nazioni Unite snaturando in questo modo il significato della risoluzione, venne respinta per soli 8 voti.

Sono state numerose, allora, le iniziative a sostegno della moratoria prese dal Partito Radicale e da Nessuno tocchi Caino nei mesi precedenti la discussione in Assemblea Gnereale, una petizione all'Onu ha raccolto migliaia di firme di tutto il mondo. Alcuni giorni prima del dibattito, sul New York times venne pubblicata una pagina pubblicitaria dell'iniziativa e, nelle ore decisive, le delegazioni dei governi a New York sono stae raggiunte da numerosi messaggi inviati via fax da tutto il mondo. "Un fatto rivoluzionario nella storia delle Nazioni Unite". Così il segretario gnerale Boutros Boutros Ghali definì la mobilitazione di cittadini e di parlamentari che in quel modo entrarono nell'Assemblea del Palazzo di Vetro.

Dopo il voto del 1994 in Assemblea Generale, il Partito Radicale Transanzioanle - Nessuno tocchi Caino - hanno avviato una campagna denominata "10 paesi, 100 città, 100.000 firme all'Onu per fermare la pena di morte" volta a ripresentare la risoluzione alle Nazioni Unite a partire da una base più ampia di governi promotori e di istituzioni e organizzazioni non-governative sostenitrici.

Sul fronte delle istituzioni internazionali, oggi si registra l'approvazione delle risoluzioni di adesione alla moratoria da parte del Parlamento latino americano nel dicembre 1995; dell'Assemblea paritaria ACP, che il 27 settembre 1996 ha approvato una risoluzione con cui gli stati membri (65 paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico più i 15 stati dell'Unione europea) hanno chiesto agli Stati membri della Convenzione di Lomè che ancora applicano la pena di morte di istituire una moratoria di 3 anni.

Ma ancor più interessante è la politica adottata dal Consiglio d'Europa che negli ultimi anni ha condizionato l'ingresso dei nuovi paesi dell'est europeo all'abolizione della pena di morte previa adozione immediata di una moratoria delle esecuzioni.

In tal senso vanno ricordate la raccomadazione 1302 (1996) e la risoluzione 1097 (1996) dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa sull'abolizone della pena di morte in Europa. L'insistenza di tale organismo su tale fronte ha avuto un peso determinanate, soprattutto con la sua ultima risoluzione del gennaio 1997, sull'abolizione della pena di morte in Russia.

Particolarmente attivo sul fronte dell'abolizione della pena di morte è stato anche il Parlamento europeo con le risoluzioni del 18 giugno 1981 sull'abolizione della pena di morte nella comunità europea, del 17 gennaio 1986 sull'abolizione della pena di morte e l'accesso al Sesto Protocollo alla Convenzione europea sui diriti umani e la risoluzione del 12 marzo 1992 sulla pena di morte che afferma per la prima volta il diritto dei cittadini a non essere uccisi dallo Stato. In linea con questa politica il Parlamento europeo ha adottato recentemente una risoluzione che invita gli Stati membri a sostenere alla Cimmissisone diritti umani delle Nazioni Unite la risoluzione per una mortatoria universale delle esecuzioni capitali.

Alla luce di questi dati e forti dell'esperienza del voto in Assemblea Generale nel 1994 il PRT - NTC ha deciso di effettuare un passaggio intermedio: presentare una risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali alla Commissione diritti umani.

Affinchè sia pienemente acquisita la questione della pena di morte all'ambito dei diritti umani è importante che Commissione diritti umani istituisca una forma di monitoraggio su tale questione per cui sarebbe auspicabile che il Segretario generale sottoponesse annualmente alla Commissione un rapporto che registri le decisioni prese relativamente alla pena dimorte, analizzando le politiche e le ragioni che sottendono alle decisioni in proposito prese dai vari paesi, dalle organizzazioni internazionali e dalle organizzazioni non governative nel mondo.

 
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