Giorni fa è stato inserito in questa conferenza di lavoro il testo di una proposta di Mozione per la Camera dei Deputati italiana. Si tratta di un testo depositato alla Camera da decine di parlamentari nel luglio dell'anno scorso, su proposta del PR, che presenta, nella versione aggiornata, alcune modifiche sostanziali. Alcune - quelle di minore momento - sono dovute al lungo tempo intercorso dal deposito. Tempo dovuto alla impraticabilità o alla difficile praticabilità della Camera per varie ragioni e per mesi essere state altre le cose in ballo. Ora, dopo le vicende del Senato italiano, rispetto al quale abbiamo operato come sappiamo, occorre ripartire con la camera, e con la Mozione.Altre modifiche, quelle più evidenti e sostanziali, sono state inserite nel testo originario, e consistono nell'essere la Mozione non più una Mozione incentrata sul caso tibetano, ma ora sulle situazioni in Tibet, Turkestan, e Mongolia interna.
La modifica è sostanziale e sostanziosa, tanto che il titolo stesso del documento è mutato.
In proposito mi sembra necessario esporre alcune valutazioni, che nulla tolgono - come risulterà evidente - al fatto che il lavoro procederà per quanto necessario.
- Intuisco le ragioni tattiche esterne ed estranee al parlamento italiano di tali modificazioni del testo, funzionali a raporti con interlocutori di questi anni, rapporti che forse hanno bisogno di atti e scosse. Non ne so molto, ma potrebbe essere uno dei motivi.
- Sul piano tecnico, la presentazione di un documento così modificato rende più difficile il lavoro di rapporto con i deputati che nel corso di molti mesi abbiamo costruito e mantenuto, e che ci hanno valso indubbi successi sul piano almeno del serbatoio di sensibilità nei due rami del parlamento italiano.
Ma queste non sono che annotazioni di importanza marginale. Meno marginale sembra invece:
- un tale documento è indice di una decisa svolta nella politica del partito, o almeno così può leggersi. Svolta che non discuto, e non solo perché non la conosco; ché non sta a me discutere; ma che esiste, o almeno appare o può apparire tale. Le svolte sono o possono essere feconde.
- una mozione così trasformata è una Mozione che prende di petto la Cina, ma opta per il punto di vista etnico, del rispetto delle minoranze etniche e religiose. E' una scelta, che potrebbe essere diversa, e non è fisiologicamente derivante dalla opzione tibet. Voglio dire che una Mozione sulla Cina può essere concepita e messa in atto in vari modi, e sceglierne uno invece che un altro non è neutro.
- il ministro degli esteri tibetano a Ginevra ha palesato quanto poco condivisa sia la strategia politica nonviolenta e gandhiana da parte della leadership tibetana. Il ministro disse in sostanza: se ci incazziamo troppo potremmo divenire violenti, o potrebbero divenirlo i Tibetani. ricordo che sottolineai quelle parole del ministro, che erano significative. Ma non c'è dubbio che la questione tibetana è capace di evocare abbastanza direttamente, naturalmente, sensibilità gandhiane, quanto meno attraverso il Dalai Lama. Tanto è vero questo, che su questo si svolgono seminari internazionali, come quello recente di Bonn. Del quale non so se non che si è tenuto e che aveva un titolo comprendente la parola nonviolenza, ma che rimane elemento da non trascurare, visto che testimonia di per sé una tendenza e una volontà della leadership tibetana e dei sostenitori.
La trasformazione dell'oggetto e dei contenuti della Mozione non è neutra soprattutto da questo punto di vista. Un conto è la causa tibetana in cui la quetione dell'etnia e delle istanze nazionali è superata, nella percezione generale, dalla persona del dalai lama e dal suo pacifismo-nonviolento, un conto è individuare tre cause di liberazione nazionale interne alla cina popolare.
Beninteso, non ho nulla contro. Ma mi sembra utile su questo riflettere. Per esempio, potrebbero percorrersi altre strade, quali quella della presentazione di un'altra mozione parlamentare, una seconda, sulle altre minoranze etniche nel territorio della Cina popolare. E su questo aprire anche altre sponde. Tanto più questo mi sembra consigliabile, visto quel che è accaduto al Senato molto di recente.
Ripeto che non sono "contro", e manco è necessario dirlo, credo. Vi è in generale un problema di comunicazione, nel partito, che conosciamo tutti, e che certo molto molto presto dovrà divenire oggetto di dibattito, e soprattutto di opera; ma questo è , diciamo, un altro discorso.
Su questo punto specifico sarebbe valsa la pena, intanto, soffermarsi.