Documento di lavoro sulla questione della (non-)communicazione nell'Unione europea
Parlamento europeo - Commissione istituzionale
Giugno 1997
Gianfranco Dell'Alba (ARE)
1. Premesse
Se vi è una questione, importante e urgente, nel processo della costruzione europea, sulla quale si è raccolto l'unanime rifiuto di affrontarla, senza alcun dubbio è quella della (non)comunicazione all'interno dell'Unione. Sia per quanto riguarda la comunicazione tra i cittadini che in seno alle istituzioni comunitarie, nessuna seria analisi è stata fatta sui limiti del sistema scelto dai padri fondatori (per un'Europa a 6!) e sulla sua compatibilità con un'Europa democratica e dei cittadini. E' questo ritardo nell'analisi e nella ricerca di nuove soluzioni che dobbiamo assolutamente colmare. Il presente documento di lavoro intende essere un primo passo in questa direzione. Ben inteso, molti altri saranno necessari per affrontare le questioni sollevate qui e le numerose altre che non mancheranno di emergere nel corso delle nostre discussioni e riflessioni.
* Prima questione:
Si può ridurre la questione della (non)comunicazione al dilemma "garantire la democrazia al prezzo di un aumento difficilmente sopportabile delle complicazioni e dei costi del sistema attuale oppure garantire un funzionamento più normale a spese della democrazia" o esistono altre vie che il Parlamento e le altre istituzioni dell'Unione dovrebbero esplorare?
* seconda questione:
Non affrontare il problema della comunicazione non significa forse favorire la supremazia de facto di una o di alcune lingue?
* Terza questione:
Cosa fare per proteggere le lingue ufficiali "meno parlate" così come le lingue regionali e le lingue minoritarie?
Il fine del presente documento di lavoro è dunque quello di tentare d'affrontare tali questioni al di la di qualsiasi tabù e falso pudore. Per questo, cercheremo in una prima parte di fare, brevemente, il punto della situazione attuale; in una seconda parte metteremo a confronto i diversi sistemi di comunicazione adottati dalle organizzazioni internazionali. In una terza parte tenteremo di individuare le funzioni di comunicazione che dovrebbero essere soddisfatte all'interno di un'Unione europea democratica. Per finire, in una quarta parte, ci sforzeremo di indicare alcune possibili soluzioni.
2. Diversi sistemi di comunicazione internazionale: loro vantaggi, svantaggi e limiti
a) il sistema detto "svizzero" o "scandinavo"
In questo sistema utilizzato in Svizzera e dalla compagnia aerea SAS, ognuno parla la propria lingua e può comprendere la o le lingue parlate dai suoi interlocutori. Generalmente si considera che tale sistema sia difficilmente praticabile al di la di tre lingue. Non può quindi essere preso in considerazione perl'Unione europea.
b) il sistema multinazionale
E' il sistema impiegato dalla maggior parte delle multinazionali. In questo sistema tutti i partecipanti utilizzano la stessa lingua nazionale, di solito l'inglese. Questo sistema presenta l'enorme vantaggio di non implicare il ricorso a strutture di interpretazione e traduzione. Era questo il sistema impiegato, ad esempio, nell'impero sovietico dove il russo era la lingua di comunicazione.
c) Il sistema ONU
Questa sistema, impiegato dalle Nazioni Unite e dalla maggior parte delle organizzazioni inter-statali prevede l'uso di alcune lingue per le quali solamente sono garantite l'interpretazione e la traduzione simultanea dei documenti.
All'ineguaglianza davanti alla comunicazione che tale sistema implica per tutti coloro la cui lingua materna non è una delle sei lingue ufficiali (inglese, francese, russo, spagnolo, arabo e cinese), si aggiunge un'ineguaglianza tra le sei lingue ufficiali, nella misura in cui una lingua (l'inglese) è - di fatto - più ufficiale delle altre. Altri svantaggi presentati da questo sistema: l'obbligo -per la maggior parte dei partecipanti - d'ascoltare una voce diversa da quella dell'oratore, l'obbligo di portare delle cuffie, l'obbligo di organizzare le riunioni in sale appositamente allestite.
d) Il sistema dell'UE
In questo sistema tutte le lingue sono (almeno in teoria) su un piano di uguaglianza. L'interpretazione e la traduzione sono assicurate per tutte le lingue. Nei fatti, come sappiamo bene, alcune lingue si impongono come lingue di lavoro mentre altre fanno le spese di un sistema d'interpretazione sempre più frequentemente costretto a ricorrere a lingue-intermedie (secondo un recente studio, le perdite dovute al ricorso ad una lingua intermedia possono raggiungere il 50%).
Inoltre, molte agenzie dell'Unione impiegano un numero ridotto di lingue ufficiali (L'Ufficio per l'armonizzazione del mercato unico usa quali lingue ufficiali l'inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e l'italiano; l'Osservatorio europeo sulle droghe e le tossicomanie di Lisbona impiega l'inglese, il francese e il portoghese; l'Agenzia europea per l'Ambiente a Copenaghen usa l'inglese). Inoltre, nel campo della politica estera, il Consiglio ha deciso (Dichiarazione 29) che per la "corrispondenza europea" le lingue impiegate sono il francese e l'inglese.
Infine, al pari del sistema ONU, il sistema UE presenta come ulteriori svantaggi: l'obbligo - per la maggior parte dei partecipanti - d'ascoltare una voce diversa da quella dell'oratore, l'obbligo di indossare delle cuffie, l'obbligo di organizzare le riunioni in sale appositamente equipaggiate.e) il sistema esperanto
Come il "sistema multinazionale", questo sistema è fondato sull'uso da parte di tutti di una sola lingua di comunicazione. La differenza risiede nel fatto che, nel sistema esperanto, nessun partecipante impiega la propria lingua materna. Esattamente come per il sistema multinazionale, ha il vantaggio se usato in maniera esclusiva -di non comportare alcuna struttura d'interpretazione e di traduzione. Inoltre, nella misura in cui tutti i partecipanti utilizzano una lingua diversa dalla loro lingua materna, (in questo caso una lingua neutra) essi si trovano su un piede d'uguaglianza.
3. Lo stato attuale della (non)comunicazione in seno all'Unione
a) in seno alle Istituzioni
- I costi del sistema
Nella tabella sotto riprodotta, riproduciamo i costi del sistema d'interpretazione e di traduzione per le principali istituzioni dell'Unione nel 1990 (9 lingue) e la proporzione da essi rappresentata rispetto ai costi delle diverse istituzioni.
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1990 % 1996 %
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Parlamento europeo 155 (a) 37 335 38
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Commissione europea 369 29 270 19
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Consiglio europeo 105 49
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Corte di Giustizia 34 58 43 35
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Corte dei Conti 12 26 19 34
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CES (b) 21 52
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Comitato delle Regioni (c)
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BEI (e)
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Totale
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(a) in milioni di Ecu
(b) Consiglio Economico e Sociale
(c) creato successivamente
(d) struttura comune
(e) Banca Europea d'Investimento.
Il Totale delle spese d'interpretazione e di traduzione delle Istituzioni europee è di 697 milioni di Ecu all'anno, ossia il 34 % del totale sulle spese amministrative.
- Svantaggi e limiti del sistema
E' incontestabile che il sistema attualmente in vigore permetta di assicurare il principio fondamentale d'uguaglianza in materia di comunicazione, poiché tutti i cittadini hanno accesso ai documenti ufficiali dell'Unione nella propria lingua materna. In seno alle istituzioni tutti i parlamentari sono in grado di esprimersi nella propria lingua. Conviene comunque relativizzare questo principio generale poiché già attualmente non solo molte riunioni di lavoro ma persino un certo numero di riunioni ufficiali (come certe riunioni delle delegazioni con i paesi terzi per esempio) si svolgono in una o due lingue (inglese e/o francese, in generale). Su questo punto è importante sottolineare la correlazione che esiste (è confermata da diversi studi) tra il diritto all'impiego della propria lingua materna e la frequenza delle domande di parola.
Conviene anche sottolineare un fattore tempo. In realtà, se la traduzione di tutti i documenti è effettivamente assicurata, vi sono tempi di traduzione diversi a seconda delle lingue. In tale ambito è importante sottolineare che se lo sviluppo dei sistemi di traduzione assistita dal computer avrà indubbiamente degli effetti positivi (essenzialmente un guadagno di tempo) sul sistema così come è concepito oggigiorno, si può difficilmente ritenere che essi possano sostituirsi ad esso o che possano modificarlo sostanzialmente.
Dal punto di vista dei limiti del sistema attuale, è doveroso fare riferimento anche ai problemi d'interpretazione (di
"cabina") sempre più frequenti in occasione delle sessioni plenarie e delle riunioni delle commissioni così come al moltiplicarsi degli errori di traduzione che obbligano sempre più spesso i parlamentari a segnalare al momento dei voti discordanze tra le edizioni linguistiche, provocando contemporaneamente ritardi nei lavori del parlamento.
Questi problemi che si sono moltiplicati in seguito all'ultimo allargamento (passaggio da 9 a 11 lingue) sono destinati ad aumentare ulteriormente - e in maniera esponenziale - in occasione dei prossimi allargamenti con il rischio di portare il sistema attuale ad una situazione di vera e propria rottura. Infatti aggiungere una lingua non equivale ad aggiungere un'unità (passare da 11 a 12 per esempio) ma significa moltiplicare il numero delle combinazioni linguistiche (110 nel caso di 11 lingue e 132 nel caso di 12 lingue).
Se, come tutto sembra indicare, l'Unione procederà nei prossimi anni ad una serie di allargamenti che la porterebbero, a breve termine, a contare 25 membri, è evidente che i limiti del sistema attuale diverrebbero delle barriere insormontabili. In effetti, con il prossimo allargamento, bisognerà, nell'ipotesi minore, aggiungere 3 lingue (il polacco, il ceco e l'ungherese) alle 11 attualmente utilizzate, introducendo allo stesso tempo una nuovafamiglia linguistica (slavo) alle 4 famiglie già esistenti (neolatina, germanica, greca e ugro-finnica). Ma sappiamo che altri otto paesi sono già candidati (Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Romania, Slovacchia, Bulgaria e Turchia) per un totale di 22 lingue. A questi paesi si devono aggiungere l'Albania, la Serbia, la Bosnia e la Croazia, che, più o meno rapidamente, saranno portate a presentare la propria domanda di adesione, ciò che condurrebbe il totale delle lingue dell'Unione a 25 o 26 (non esistendo più il serbo-croato) e a 600 il totale delle combinazioni.
Infine, non possiamo non menzionare le lingue dette "regionali" e "minoritarie" che sono, per oltre 40 milioni di cittadini europei, la propria lingua materna.
b) tra i cittadini dell'Unione
All'eccezione di una frangia relativamente limitata (2-3 %) di persone capaci di esprimersi perfettamente in un'altra lingua dell'Unione ed una frangia appena più larga (5-10 %) en grado di farsi capire in un'altra lingua dell'Unione, per oltre l'80 % dei cittadini dell'Unione uscire dal proprio paese vuol dire confrontarsi con problemi di comunicazione spesso insormontabili.
Nel tentativo di superare gli handicap di questo sistema, i diversi stati dell'Unione puntano enormemente sul sostegno dell'apprendimento a livello scolastico di una o di più altre lingue dell'Unione. Tali sforzi, certamente meritori e che non vanno rimessi in discussione, non potranno da soli fornire i mezzi per risolvere un problema tanto ampio.
Da una parte per il fatto che l'efficacia dell'insegnamento delle lingue straniere nel sistema scolastico è limitata quanto costosa. Si stima infatti che servano circa 10.000 ore di studio e di pratica per padroneggiare correttamente una lingua europea. A titolo d'esempio, un bambino di 6 anni ha già impiegato qualcosa come 18.000 ore nell'apprendimento della propria lingua materna.
D'altra parte perché un sistema simile presupporrebbe la scelta in tutte le strutture scolastiche dei 15 membri dell'Unione di una "prima" seconda lingua identica ... ciò che significherebbe di nuovo scegliere tra le lingue dell'Unione quella che diverrebbe la lingua di comunicazione. Scelta che nessuno degli Stati membri (ad esclusione probabilmente del paese la cui lingua sarebbe scelta) è disposto ad avvallare.
- i costi di tale sistema
I costi legati alle lingue in tutti i settori della vita sociale in seno all'Unione (economico, politico, scientifico, culturale, sociale, della giustizia, dell'informazione, ...) sono stati valutati in oltre 100 miliardi di ecu all'anno. Nonostante simili stime siano soggette a cautela, rimane il fatto che la dimensione finanziaria del problema è enorme.
4. Le funzioni di comunicazione da garantire in un'Unione democraticaa) in seno alle Istituzioni europee
La prima delle funzioni che va garantita è quella dell'uguaglianza dei rappresentanti dei cittadini (deputati, membri della Commissione, del Consiglio, ...) davanti alla comunicazione. Ciò implica la possibilità per tutti di esprimersi nella propria lingua (cosa che non avviene nelle riunioni di lavoro della Commissione dove sono garantite automaticamente solo le interpretazioni per l'inglese, il francese e il tedesco, o, come abbiamo già visto, durante le riunioni di lavoro del Parlamento europeo).
b) tra le Istituzioni dell'Unione e i cittadini
- comunicazione generale e informazione
Se è ovvio che i documenti ufficiali dell'Unione debbano restare accessibili nelle diverse lingue ufficiali, altre funzioni e, in modo particolare, l'accesso rapido alle informazioni concernenti l'insieme delle attività dell'Unione e degli Stati membri dovrebbe essere garantito molto meglio e molto più diffusamente di quanto lo sia oggi (Euronews, che fornisce un certo numero d'informazioni, lo fa esclusivamente in alcune lingue).
Inoltre, per quanto riguarda le piccole e le medie imprese (con meno di 250 persone impiegate) diverse inchieste ci dicono che il 67% di queste non fa domanda di finanziamenti nel quadro dei programmi dell'Unione per problemi di lingua.
- protezione di tutte le lingue
Il sistema di comunicazione dell'Unione deve garantire la protezione delle 11 lingue ufficialmente riconosciute attualmente (probabilmente 14 a seguito del prossimo allargamento, una ventina o più a medio termine) ma anche di tutte le lingue dette "regionali" e "minoritarie" (catalano, frisone, basco, corso, bretone, friulano, gallego, occitanico, romancio, sardo, sorabo, gallese, ...) parlate oggi, come lingua materna, da circa 40 milioni di cittadini dell'Unione.
c) tra i cittadini dell'Unione
- accesso al mercato europeo del lavoro
Il progetto del mercato unico si basa su quattro pilastri: la libera circolazione dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone. Solo le prime tre libertà sono probabilmente sul punto di essere garantite. Per quanto riguarda la quarta libertà, la libera circolazione delle persone, ne siamo ancora ben lontani. Le implicazioni in termini di creazione di un mercato europeo del lavoro sono evidenti. Il mercato non è infatti solo un luogo dove si produce, si vende e si compra. E' anche un luogo dove si comunica. E al giorno d'oggi, in mancanza di comunicazione ( e dunque di una lingua di comunicazione), l'Unione europea si trova di fronte ad una assai cattiva distribuzione/attribuzione della propria risorsa/lavoro. Al punto che la forza lavoro europea è considerata come sostanzialmente immobile.
- accesso minimo ai servizi europei
Lo spazio europeo è anche uno spazio di servizi. Servizi sociali, medici, culturali, turistici, ... Per il cittadino l'accesso a questo tipo di servizi, al di fuori del paese di origine o di appartenenza, è attualmente assai limitato per ragioni certamente nazionali ma anche per ragioni transnazionali, tra cui in particolare la difficoltà o l'impossibilità di comunicare e capire. Limiti davanti ai quali sono posti anche i cittadiniconsumatori ogni volta che si imbattono - all'estero ovviamente ma molto spesso anche nel proprio paese - in situazioni in cui non possono capire non solo le indicazioni ma persino le istruzioni (precauzioni, contro-indicazioni, rischio, ...) che figurano sui prodotti.
Da un punto di vista economico, notiamo che le attività industriali e commerciali nell'Unione producono attività di traduzione che sono state valutate in circa 660 milioni di pagine. A XX ecu la pagina, ciò significa XXX.
- accesso all'innovazione
Allo stesso modo per cui le società europee, e principalmente le piccole e medie imprese, sono poste davanti ad un problema d'accesso ai programmi di aiuto e di sviluppo dell'Unione europea, queste imprese, per motivi simili, si trovano davanti a difficolta d'accesso all'innovazione. E' il caso, per esempio, dell'accesso ai brevetti.
c) tra l'Unione (cittadini e istituzioni) e il resto del mondo
Con la globalizzazione degli scambi e la transnazionalizzazione dell'economia, non solo le imprese ma anche i cittadini saranno sempre più indotti a dover stabilire delle relazioni con persone morali o fisiche di paesi terzi e, in particolare, con persone di paesi asiatici emergenti dove le lingue in uso sono totalmente differenti da quelle utilizzate in Europa. In numerose occasioni, le autorità di questi paesi hanno mostrato la loro scarsa propensione a subire l'imposizione dell'inglese come lingua di comunicazione internazionale. Al contrario, prendono vieppiù posizione - anche se ancora timidamente - in favore dell'adozione di una lingua neutra di comunicazione per la comunità internazionale.
Notiamo d'altro canto che nel quadro dello sviluppo della società dell'informazione - di cui ancora stentiamo a misurare le potenzialità in termini qualitativi e quantitativi - si pone un problema di lingua nonostante, anzi a maggior ragione, potremmo dire, sembri che una soluzione "naturale" (l'uso dell'inglese) si sia già imposta.
5. Ipotesi di soluzione per l'UE
Il relatore auspica che la Commissione Istituzionale decida di redigere un rapporto che permetta di meglio focalizzare e approfondire i problemi qui sollevati e di studiare le proposte di soluzione precedentemente abbozzate così come ogni altraipotesi di soluzione.
a) comunicazione in seno alle Istituzioni
- A breve termine, si tratta di affrontare la questione dell'interpretazione e della traduzione i cui costi subiranno un'ulteriore forte aumento a seguito dei futuri allargamenti mentre la loro qualità sarà sempre più discutibile. In altri termini si tratterebbe di articolare i sistemi di interpretazione e di traduzione intorno a una lingua-ponte. Secondo questa ipotesi, le scelte possibili sono due: una lingua dell'Unione (secondo diversi studi lo spagnolo sembra essere il più indicato), oppure una lingua neutra (nel qual caso si impone abbastanza naturalmente l'esperanto). Un tale sistema limiterebbe le "dispersioni" e permetterebbe una notevole diminuzione del numero di interpreti (2 per cabina invece dei 3 o 4 attuali, addirittura 5 o 6 dopo gli allargamenti). Per quanto riguarda la traduzione la lingua ponte potrebbe essere ugualmente usata come lingua di riferimento (giuridico e semantico in senso lato).
- a medio e lungo termine, si tratterebbe di introdurre una lingua di lavoro comune, senza perciò mettere in discussione la possibilità per i deputati di intervenire nella propria lingua materna durante le sedute plenarie o di commissione. Ciò permetterebbe a tutti i deputati (ma anche ai funzionari) di trovarsi in una situazione di comunicazione paritaria. Se questa lingua (o queste due lingue) dovesse essere scelta tra le lingue maggiormente parlate dell'Unione, la scelta potrebbe - tecnicamente - essere fatta rapidamente. Ciò nonostante, da un punto di vista politico, saremmo confrontati a problemi la cui difficoltà non sfugge a nessuno. Se la scelta si orientasse verso l'adozione di una lingua neutra come lingua di lavoro, sarebbe difficile applicarla rapidamente in assenza di un suo insegnamento (nell'arco di un lasso di tempo sufficientemente lungo) nell'insieme delle strutture d'insegnamento degli Stati membri.
b) comunicazione tra cittadini dell'Unione
- A breve termine, si tratterebbe di condurre su grande scala e in tutti i paesi dell'Unione e quelli candidati all'adesione un progetto di insegnamento nelle scuole elementari e secondarie della lingua di neutra comunicazione (Esperanto) al fine di verificarne le qualità propedeutiche (numerosi studi universitari, tra cui in particolare quelli condotti dall'Università di Paterborn in Germania, hanno messo in rilievo queste qualità propedeutiche dell'esperanto) e operative (disponibilità e capacità dei professori, ...).
- a medio termine, si tratterebbe di introdurre l'esperanto come "seconda" (*) lingua in tutte le strutture scolastiche elementari e secondarie dell'Unione. Parallelamente si tratterebbe di introdurre progressivamente l'obbligo per le autorità di utilizzare, a fianco della lingua (o delle lingue) nazionale l'esperanto come seconda o terza lingua (in particolare nella segnaletica, sui prodotti di consumo, sui formulari ufficiali, ...).
(*) o, eventualmente "terza" lingua laddove, come in Catalogna o a Bruxelles, la seconda lingua è quella dello Stato (Castigliano) o dell'altra comunità (neerlandese o francese).
Note bibliografiche:
- I costi della (non)comunicazione nell'Unione europea.
- Bilancio '90 e '96 dell'Unione europea.