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- 19 luglio 1997
Seminario del Pr: relazione di Olivier Dupuis

Partito Radicale: riunione-seminario

Roma - Hotel Ergife, 20-22 luglio 1997

Relazione del Segretario

1. Introduzione

La mozione del 37esimo Congresso del Partito Radicale

La mozione dell'ultimo congresso, tenutosi nell'aprile 1995, nel prendere "atto che il Partito non appare oggi più in condizione di proseguire queste battaglie e successi e tanto meno di corrispondere in modo adeguato ai nuovi obiettivi già individuati come urgenti e necessari", (...) e nel ritenere che "proseguendo nelle attuali condizioni, il Partito radicale si ridurrebbe a fatto di testimonianza, ad alibi della violenza e della rassegnazione", ammoniva che "le attuali difficoltà non potranno essere superate (...) se non attraverso una profonda revisione di mezzi, strutture, metodi di lavoro, e attraverso l'assunzione piena di responsabilità dirigenti e militanti da parte di nuove forze, presenti nel partito o anche convergenti su di esso nel riconoscimento della sua necessità come unico strumento transnazionale del nostro tempo."

Per superare questa situazione, il Congresso affidava agli organi di "predisporre un progetto di rifondazione del Partito radicale, prendendo i provvedimenti di ristrutturazione che a tale fine riterrà necessari", e rivolgeva un "appello agli iscritti, alle associazioni radicali e alle associazioni federate perché si moltiplichino le forme di iniziativa politica radicali organizzate, perché a partire dal concreto impegno di ciascuno avanzino e si rafforzino le ragioni, gli ideali e gli obiettivi del Partito".

Come vedremo più avanti, anche se non di rado sotto la pressione delle difficoltà economico/finanziarie, un profondo processo di ristrutturazione del partito è stato portato avanti in questi ultimi due anni. Manca ancora pero' il progetto di rifondazione, anche se qua e là si cominciano a vedere alcune premesse. E' l'approfondimento della riflessione su questa rifondazione-rilancio che dovrebbe essere, secondo me, al centro del seminario. Per questo, penso utile darvi un quadro delle campagne in corso, il più possibile in modo prospettico, come anche tracciare il terreno di altre iniziative possibili e attraverso tutto questo abbozzare una lettura dello stato del partito, e qualche ipotesi di rilancio e rifondazione.

2. Le campagne

Due campagne del Pr potrebbero conseguire, già nel 1998, obiettivi di primaria importanza. Per il Tribunale Penale Internazionale, se, come al momento sembra, la tenuta della Conferenza Diplomatica dei Plenipotenziari dovesse essere confermata e se il fronte dei paesi favorevoli dovesse, come è pensabile anche se non sicuro, prevalere sui Paesi contrari, il 1998 potrebbe essere l'anno della suo varo definitivo.

Anche per la campagna per la abolizione della pena di morte, il 1998 potrebbe essere l'anno di un primo grande successo, l'approvazione da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di una moratoria universale delle esecuzioni, primo passo possibile verso l'abolizione.

A. Tribunale Penale Internazionale

Il 1996 ha visto alcuni importanti successi di questa campagna. L'Assemblea Generale delle N.U., su proposta del Comitato Preparatorio, ha indicato la data del 1998 per la "fondazione" del Tribunale. Ha inoltre messo agli atti l'offerta del governo italiano, più volte reiterata, di ospitare a Roma la Conferenza Diplomatica dei Plenipotenziari istitutiva del Tribunale.

Grazie ad un finanziamento dell'Open Society, e di altri due dell'Unione europea, "Non c'è Pace senza Giustizia" ha avviato un vasto e ambizioso programma di Conferenze pubbliche di alto livello, per allargare e consolidare il fronte dei paesi favorevoli ad una sua rapida costituzione. Dopo Parigi a meta giugno, altre conferenze si terranno a Siracusa, Malta, Montevideo, Atlanta, Washington, Roma, Dakar e, probabilmente, anche in Costa Rica, in India, in Cambogia, ... Con il supporto del governo italiano analoghe iniziative dovrebbero scandire i 10 mesi restanti prima della decisione.

Ad un programma di tale ampiezza ha corrisposto una profonda ristrutturazione di NCPSG-NPWJ con l'apporto di nuove energie, Sergio Stanzani in primis, nonché con la riarticolazione giuridico-statutaria (tuttora in corso) delle varie "espressioni" politico-organizzative esistenti.

Senza volere interferire con le relazioni del Segretario e del Presidente/Tesoriere di NCPSG, segnalo due punti che a mio parere andrebbero affrontati: 1) l'articolazione giuridico-statutaria tra NCPSG ed il partito; 2) l'articolazione politico-organizzativa.

Su quest'ultimo punto: il partito deve mettersi in condizione di saper utilizzare l'opportunità rappresentata dalle conferenze organizzate, spesso in partnership con altre organizzazioni, da NCPSG. In altre parole si tratta di capire, al di là di una presenza del partito nelle conferenze e di un appello di Parlamentari (promosso dal partito) ai membri dell'Assemblea Generale delle NU, come questi appuntamenti vadano utilizzati e valorizzati (specie quelli in America Latina e in Africa) per riallacciare rapporti e stabilirne di nuovi con esponenti politico-parlamentari ed anche di governo, non solamente per la campagna del Tribunale ma anche su quella per la moratoria e (di nuovo specialmente in America latina) su quella antiproibizionista. Nonché, ovviamente, sul progetto "transpartito transnazionale" in sé.

Sempre nel quadro della campagna per la giustizia internazionale, prima di intraprendere nuove iniziative credo che dovremmo valutare con attenzione le iniziative in corso per l'arresto dei criminali di guerra nella ex Jugoslavia, in particolare la nuova strategia del Procuratore Generale, Arbour, che consiste nel non comunicare più i nomi degli incolpati.

B. Abolizione Universale della Pena di Morte

Negli ultimi due anni, non sono stati pochi i successi ottenuti dal Partito e da "Nessuno Tocchi Caino", primo fra i quali la risoluzione adottata nell'aprile scorso a Ginevra dalla Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il successo indica anche che l'equilibrio tra "abolizionisti" e "anti-abolizionisti" in seno alle Nazioni Unite si sta modificando a favore dei primi. Il cambiamento trova riscontro anche in analisi dettagliate delle legislazioni degli Stati membri, nelle firme e ratifiche dei Protocolli internazionali. Ad oggi, circa 100 Paesi membri delle NU (su 180) potrebbero, in assenza di pressioni pesanti, votare una risoluzione per la moratoria.

Come per la campagna per il Tribunale permanente, si tratta di rafforzare, rinsaldare e, se possibile, allargare il fronte dei Paesi favorevoli. Diverse opportune iniziative sono state assunte negli ultimi dieci mesi, fino alla approvazione da parte dell'Assemblea Paritetica ACP-UE e dal Parlamento europeo di risoluzioni che impegnano i rispettivi governi e le istituzioni dell'UE a promuovere l'adozione da parte delle NU di una moratoria nonché, nei paesi dove vige ancora la pena di morte, la sua abolizione quanto prima possibile e, conseguentemente, la firma e la ratifica di protocolli abolizionisti delle Convenzioni Internazionali.

In quest'ottica, sono in corso di presentazione presso l'Unione Europea due progetti. Il primo è incentrato sul lobbying da condurre l'anno prossimo a Ginevra e a New York, mentre il secondo ha come obiettivo quello di rafforzare il fronte abolizionista nei Paesi dell'ex Unione sovietica, alcuni dei quali (Russia e Ucraina) non adempiono alle obbligazioni derivanti dalla loro appartenenza al Consiglio d'Europa mentre altri paesi "musulmani" (Azerbagian, Kazakhistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan) seppure ancora lontani da posizioni abolizioniste, potrebbero rompere il fronte anti-abolizionista dei paesi islamici.

Il progetto prevede "esibizioni" accompagnate da eventi pubblici e da seminari con parlamentari membri delle diverse Commissioni giustizia.

Parallelamente il partito, insieme a "Nessuno Tocchi Caino", ha predisposto un appello di parlamentari di tutto il mondo a favore dell'istituzione della moratoria nel 1998, e una mozione da sottoporre in primo luogo ai parlamenti di quei paesi che potrebbero modificare il voto negativo del '94 in astensione (o in voto positivo) o l'astensione in voto positivo. Sulla base di uno studio fatto da "Nessuno Tocchi Caino", questi paesi "prioritari" dovrebbero essere: Argentina, Canada, Capo Verde, Messico, Mozambico, Nepal, Russia, Ucraina, Paraguay, Angola, Bulgaria, Israele, Lituania, Maurizius, Moldavia, Namibia, Senegal.

C. Antiproibizionismo

Come ho già detto in altre occasioni, poco il partito ed in primis il sottoscritto sono riusciti a fare su questo fronte in questi due anni. Il "poco" o il "molto" che si è fatto è merito in primo luogo di altri soggetti.

Per prima viene, anche se probabilmente i suoi possibili effetti e conseguenze vengono ancora sottovalutati, l'azione, le azioni di disobbedienza civile di Marco Pannella e degli altri compagni del Movimento dei Club Pannella - Riformatori (Rita Bernardini, Benedetto Dellavedova, Mariano Giustino, Carmelo Palma, Vittorio Pezzuto e Paolo Vigevano).

Anche per la strategia scelta, la prossima tappa di quel processo - il 19 settembre - potrebbe essere molto importante; e, a seconda anche delle conclusioni dei giudici, portare il Partito a farne un terreno prioritario di azione.

Vanno poi considerate le attività del CoRA in Italia, in Belgio e, seppure ancora marginalmente, in Francia che rappresentano, tra l'altro, la messa in atto della decisione assunta dal CoRA nel suo ultimo congresso di diventare organizzazione transnazionale. A partire anche dalla nuova situazione creatasi con il cambiamento di maggioranza in Francia (in particolare le dichiarazioni a favore di una certa depenalizzazione da parte del primo ministro francese Jospin e la presenza nel governo, in qualità di ministro della Sanità, di Bernard Kouchner, firmatario della nostra proposta di risoluzione al PE e dell'Appello di Parigi a favore della libertà terapeutica) e con la presidenza lussemburghese dell'Unione (con un ministro della giustizia e degli interni che appare essere sulla stessa linea del parlamento lussemburghese), potrebbero verificarsi le premesse per il raggiungimento di alcuni obiettivi intermedi, quali una certa depenalizzazione, una politica di riduzione del danno grazie alla distribuzione contro

llata di sostanze sostitutive e di eroina, la libertà terapeutica e la richiesta di convocare una conferenza per ridiscutere le Convenzioni Internazionali.

* Le iniziative al Parlamento europeo

Anche grazie alla disponibilità del ministro lussemburghese a consultare quanto possibile il PE sulle questioni di sua competenza, il rapporto d'Ancona su "l'armonizzazione delle leggi in materia di droga" potrebbe assumere un significato nuovo e suscettibile di essere utilizzato sul piano nazionale in alcuni paesi. Potrebbe essere l'occasione per tentare di fare fruttare i contatti in Portogallo.

* Le iniziative alle Nazioni Unite

Con lo "statement" al Comitato ONU di Vienna sulle droghe (riunito col mandato di preparare la sessione speciale dell'Assemblea Generale) il Partito è intervenuto per la prima volta in quella sede. L'intervento, accolto con grande freddezza, era incentrato su quattro richieste:

- affrontare il problema del proibizionismo sull'alcool applicato da alcuni Paesi di religione islamica;

- escludere tassativamente, nell'ambito delle Convenzioni internazionali, la pena di morte per qualsiasi reato inerente alle droghe;

- rivedere il sistema di classificazione delle sostanze proibite, che attualmente mette sullo stesso piano cannabis ed eroina;

- garantire in tutto il mondo il pieno ed effettivo diritto alle cure per i cittadini tossicodipendenti, e la corrispondente libertà terapeutica per i medici;

- analizzare il rapporto costi-benefici delle politiche in vigore, e avviare il dibattito verso la revisione delle Convenzioni internazionali.

A partire dalla prima incursione di Marco Cappato, di Marina Sikora e Fabrizio Starace al Comitato Preparatorio di Vienna, nonché dal grosso lavoro svolto da Carla Rossi nel quadro del Rapporto sulle Droghe delle Nazioni Unite, e prescindendo dal fatto che sarà necessaria una approfondita riflessione su possibili sviluppi della nostra azione in questa nuova sede, mi sembra che una occasione di fondamentale importanza per la battaglia antiproibizionista possa fin d'ora essere individuata nell'articolato processo che porterà alla seduta speciale dell'Assemblea generale delle NU nel 1998 e, ovviamente, nella seduta stessa.

D. Lingua internazionale - esperanto

* Le attività dell'ERA

L'ERA sta ultimando un progetto, realizzato grazie ad un finanziamento dell'Unione Europea, incentrato sull'edizione in italiano, inglese ed esperanto, di un libro "I Costi della (non)comunicazione in Europa". Assieme al Pr, l'ERA sta valutando l'opportunità di editare questo libro nelle lingue dell'Unione, attraverso la presentazione di uno specifico progetto.

Il libro che analizza la questione in tutte le sue articolazioni, potrà costituire uno strumento prezioso nel difficile lavoro di convincimento di chi è interlocutore privilegiato in questa battaglia per "la democrazia linguistica": parlamentari, membri di governo, ufficiali delle Nazioni Unite e delle amministrazioni nazionali competenti.

Un primo saggio verrà compiuto nelle prossime settimane con l'invio a un vasto campione di parlamentari europei, cominciando da chi aveva espresso interesse in occasione di precedenti iniziative.

* Alle Nazioni Unite

Anche alle Nazioni Unite si è lavorato per l'apertura di una prima breccia con la presentazione all'Ecosoc, l'anno scorso, di una proposta di O.d.G. sull'esperanto. Purtroppo, ai tempi già particolarmente lunghi dell'Ecosoc, è venuto ad aggiungersi un ulteriore slittamento nel calendario, che fa sì che la questione dell'eventuale iscrizione all'O.d.G. non potrà porsi prima della fine dell'anno.

Si dovrebbe utilizzare il rinvio per rafforzare la "NGO Coalition" che, sul modello di quella creata sulla questione del tribunale, è stata costituita a New York con alcune organizzazioni, tra le quali l'UEA.

* Al Parlamento europeo

Ancora di più di quello che si poteva immaginare, il lavoro di convincimento sul tema dell'esperanto e, più in generale, sulla situazione della (non)comunicazione nell'Unione europea e nelle sue istituzioni, è estremamente difficile.

Tra gli 80 parlamentari che vengono considerati come esperantisti o, quanto meno, sostenitori dell'esperanto, non sono nemmeno 10 quelli da considerarsi tali. Alle nostre ripetute richieste di impegno, non sono finora giunte altre risposte.

Tener presente questo è importante, anche per capire l'impostazione della nostra azione per l'esperanto non solo rispetto al PE ma complessivamente. In particolare, non credo sia oggi proponibile un seminario al PE con lo scopo di lanciare una grande campagna di mobilitazione. Non ci siamo ancora, e molto ci manca. Un appuntamento al PE dovrebbe servire per tentare di creare le basi al coinvolgimento di un gruppo più esteso ma sopratutto effettivo di parlamentari. In questa ottica, è di fondamentale importanza il documento di lavoro (vedi allegati) che Gianfranco Dell'Alba depositerà tra poco alla Commissione Istituzionale. Questo documento potrà e dovrà essere utilizzato per far venire meno alcune argomentazioni che benché "deboli" (in particolare quella che vede nell'esperanto una minaccia per le lingue nazionali) sono molto radicate.

Non credo che si debba far però ricorso ad occasioni artificiose e vaghe: ad es. una iniziativa che voglia presentare gli esperantisti quali "minoranza perseguitata" temo non possa portarci molto lontano.

E. Tibet/Cina

a) Il Tibet

La pagina pubblicitaria di "Le Monde" (vedere allegato) nella quale il Dalai Lama ed altri Premi Nobel indicano nell'"educazione alla nonviolenza" la via per risolvere il problema delle guerre e della violenza, è - credo - un buon indicatore della distanza che ci separa tuttora dai nostri amici tibetani nel concepire ed attuare un'iniziativa mondiale nonviolenta (il Satyagraha) per la libertà del Tibet.

Come si ricorderà, i Tibetani hanno guardato con sempre maggiore diffidenza nel corso degli ultimi mesi (da un anno circa) alle nostre iniziative e, in particolare, alla nostra proposta di "Satyagraha".

Diverse sono le ragioni che possono spiegare questo atteggiamento e probabilmente più che una sola è un'articolazione delle stesse che può costituire una valida spiegazione.

La prima e, secondo me, più importante, sta nella scelta del nucleo centrale della leadership tibetana di puntare sin d'ora su un negoziato segreto con la leadership cinese, nella speranza che in questo periodo di possibile ridefinizione degli assetti a Pechino si apra qualche spiraglio per una "soluzione onorevole". Secondo informazioni convergenti seppure difficilmente verificabili sembra che i governi di Praga e/o di Oslo si siano fatti avanti per "jouer les bons offices".

La seconda è più interna. Riguarda una percezione molto confusa che la maggiore parte della classe dirigente tibetana ha della proposta Satyagraha, non ultimo il Dalai Lama stesso, malgrado le sue incontestabili doti politiche. Questa percezione confusa deriva, per una parte credo non marginale, dalla proposta di Satyagraha fatta dal presidente del Parlamento tibetano in esilio, Prof. Samdhong Rinpoché. La sua concezione del Satyagraha, presentata in un saggio "Do or die", è assai lontana dalla nostra. Se il Prof. Rinpoché parte da una constatazione condivisibile, quella dell'urgenza di agire ("the time is ruining out"), la sua proposta si sviluppa poi su una linea che si può definire come, quanto meno, "intransigente" nonché esclusivamente centrata sul Tibet stesso, grazie all'introduzione nel paese di veri e propri "commando" nonviolenti.

A una tale situazione di incertezza che vede anche, si dice, il Dalai assai depresso e molti dei gruppi di Sostegno al Tibet scoraggiati e smobilitati, abbiamo tentato di rispondere in questi ultimi mesi lanciando un dibattito sul Satyagraha nonché continuando a collegare fortemente le azioni a favore della libertà del Tibet con quelle a favore della democratizzazione della Cina. In questo contesto sarà ovviamente di prima importanza l'esito del congresso del PCC ma anche il conferimento o meno a Wei del Premio Nobel, a ottobre.

Sarebbe determinante l'accettazione da parte del Dalai Lama (e della leadership tibetana) della proposta di Marco Pannella di dedicare l'equivalente di 500.000 dollari del finanziamento pubblico della Lista Pannella ad un fondo "Satyagraha". Tale decisione significherebbe che la leadership tibetana fa sua finalmente e senza mezzi termini una nuova impostazione della sua battaglia per la libertà del Tibet, fondata sulla mobilitazione nonviolenta a livello mondiale. In un tale scenario, iniziative come l'appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite perché riceva il Dalai Lama per discutere con lui del negoziato, già sottoscritto da oltre 1.400 parlamentari, potrebbero trovare finalmente uno sbocco. Altre iniziative, come quella "Una piazza, una strada per il Tibet", o quella per il Panchen Lama, potrebbero ritrovare un senso di urgenza; ma soprattutto si potrebbe finalmente passare alla organizzazione vera e propria di un movimento nonviolento mondiale, attraverso un preciso calendario di lotte su obiett

ivi "intermedi".

b) La Cina

Atteggiamento dell'UE a Ginevra. Grazie anche alle nostre iniziative, il cambiamento di posizione politica dell'Unione non è passato inosservato. E' importante pero' sottolineare che se si è trattato di un cambiamento della linea ufficiale dell'Unione (già percepibile durante la sessione del '96 della Commissione dei Diritti dell'Uomo), questo è stato più una trascrizione di una posizione che nei fatti coinvolgeva già molti paesi dell'Unione e, per molti versi, anche la Commissione stessa, attuando un enorme rafforzamento dei rapporti con la Repubblica Popolare di Cina.

Al momento è difficile fare previsioni su come si svilupperà la situazione in Cina. La maggiore parte degli osservatori e specialisti ritiene che il Congresso del PCC di settembre non dovrebbe vedere grandi cambiamenti nei vertici. L'unico problema è quello della nuova collocazione del numero 2 del regime, Li Peng (che non può più pretendere ad un altro mandato di Primo ministro), e della sua possibile sostituzione con Shao Shi, attuale numero 3 e presidente dell'Assemblea del Popolo, spesso presentato come il capofila dei riformatori (ha fatto alcune dichiarazioni interessanti quanto "alla necessità di introdurre certezza del diritto e delle regole").

A confermare, mi sembra, la delicatezza del momento, sono alcune reazioni dure rispetto ad alcuni paesi dopo Ginevra, o rispetto al Parlamento europeo in seguito all'approvazione del rapporto McMillan-Scott sulle "relazioni a medio e lungo termine tra la RPC e l'UE" come anche certe manifestazioni di irrigidimento sulla questione tibetana che su Taiwan; o, più esplicito e violento, il pestaggio di cui è stato vittima in carcere Wei Jingsheng.

c) Taiwan

Il lavoro su Taiwan è in lenta maturazione, ed ha suscitato solo molto di recente l'interesse delle autorità di Taïpei. E, se ora il principio di una visita in loco sembra acquisito, mi sembra importante non lasciarci intrappolare nel solito viaggio tutto spesato che farebbe venire meno la nostra libertà di manovra, non tanto rispetto ad un obiettivo non condiviso dalle autorità taiwanesi (una campagna internazionale per "i diritti civili internazionali dei 22 milioni di Taiwanesi"), ma rispetto ad obiettivi che abbiano a che fare con tutto il "continente cinese".

d) Che fare ?

Di fronte al grande ritorno dei paesi occidentali alla realpolitik nei confronti della Cina, la scadenza del Nobel (e del conferimento o meno del premio a Wei Jingsheng) assume una sempre maggiore importanza. Se ciò accadesse, non sarebbe che, tutt'al più, un forte segnale sia per la classi dirigenti occidentali che per quella cinese, oltre che portare qualche garanzia in più rispetto alla salvaguardia fisica di Wei.

Ben altro sarebbe e sarà necessario per pretendere di invertire la logica attuale.

Gli avversari sono sempre più identificabili nei governi (in primo luogo, per quanto riguarda l'UE, nei governi francese, italiano e tedesco) e nel Commissario europeo responsabile delle relazioni con la Cina, Sir Leon Brittan.

* Boycott dei prodotti cinesi

Si tratta di un'iniziativa enorme che non può, certamente, essere presa alla leggera. Alla luce delle informazioni che giungono quanto all'impiego massiccio del lavoro forzato per la fabbricazione dei prodotti di esportazione, ma anche dell'arroganza crescente delle autorità cinesi (vedi pestaggio di Wei Jingsheng, insulti al Dalai Lama, minacce a Taiwan, ecc.) la questione difficilmente potrà, mi sembra, essere rinviata a lungo.

Un primo obiettivo, sul quale già stiamo lavorando, sarebbe ottenere la sospensione del Sistema delle Preferenze Generalizzate dell'Unione Europea con la Repubblica Popolare di Cina. A partire dal precedente della Birmania, paese con il quale l'UE ha sospeso il SPG (tariffarie), e anche se le situazioni sono molto diverse (l'Unione europea non aveva, o quasi, relazioni economiche e commerciali con quel paese), si può lavorare perché l'UE sia costretta a prendere al più presto una decisione rispetto alla Cina.

* Voice of Tibet

Dopo un anno di guerriglia che ci ha visto intervenire sia dal Parlamento Europeo sia anche con la mobilitazione dei gruppi di sostegno al Tibet, la questione del finanziamento dell'Unione europea a Radio Voice of Tibet è in alto mare. Di due tipi gli ostacoli frapposti. Il primo, esterno alla Commissione, era costituito dalla concorrenza di un progetto (assai virtuale) di una organizzazione francese. Una concorrenza che, seppure fasulla, è servita alla Commissione per poter rinviare a lungo il momento della decisione. Successivamente, venendo meno quel argomento, la Commissione, sempre con l'obiettivo di guadagnare tempo, ha deciso che serviva un audit indipendente sull'insieme dei progetti riguardanti i tibetani. Oggi che gli esperti hanno consegnato il loro rapporto (fonti ben informate ci dicono sia positivo per il progetto VOT) e che Voice of Tibet ha ridepositato il suo progetto, si pone il problema di quali iniziative politiche prendere per rimuovere i fortissimi ostacoli che tuttora esistono in seno

alla Commissione, in particolare nelle persone dei Commissari Brittan e Marin.

* Liberazione di Wei Jingsheng

Ad ottobre sapremo se, alla fine, il Comitato di Oslo avrà avuto quest'anno il coraggio di conferire a Wei Jingsheng il Premio Nobel per la Pace. A suo favore giocano indubbiamente il più alto numero di proposte di candidatura mai avuto nella storia del Nobel, una campagna di stampa che continua a crescere grazie in particolare al lavoro della Human Rights in China attraverso, tra le altre cose, la pubblicazione di un libro con gli scritti di Wei "The courage to stand alone" (che ha avuto un discreto successo di critica). A suo sfavore potrebbero giocare sia l'eventuale ruolo di "intermediario" del governo norvegese nei negoziati segreti tra i Cinesi ed i Tibetani, sia i "soliti" interessi economici.

F. Altre campagne

* Il caso Armenia

Nella mozione congressuale, veniva individuata nella "dissennata politica energetica in atto nei paesi dell'ex impero sovietico" uno dei terreni di lotta del partito. Molto poco, per non dire quasi niente, si è fatto o potuto fare in questi ultimi due anni su quel fronte. Una proposta di iniziativa potrebbe essere di concentrarsi su un Paese dell'ex Urss, nel quale la situazione "energetica" sia particolarmente disastrosa, per tentare di promuovere un progetto energetico alternativo.

L'Armenia, un paese sul quale incombe oggi un doppio pericolo, di vedere scoppiare la centrale nucleare oggi di nuovo funzionante (è di costruzione sovietica, di modello molto simile a quello di Chernobyl) e di vedere intraprendere la costruzione di una nuova centrale nucleare (di tecnologia occidentale, molto probabilmente francese) destinata a sostituire tra 7-8 anni l'attuale in un'aerea, lo ricordiamo, tra le più sismiche del mondo, potrebbe rappresentare l'esempio su cui concentrarsi.

b) riforma dell'ONU

Grazie alle campagne per la Corte internazionale e per la moratoria universale delle esecuzioni stiamo anche, se non soprattutto, dando corpo alla creazione di alcuni primi segmenti di giustizia e di diritto internazionale.

Come andare oltre ? Nel suo documento di Sofia Emma Bonino, allora segretaria del Partito radicale, proponeva come possibile proseguimento della lotta quanto indicato da Boutros Boutros Ghali nella sua Agenda per la Pace: una riforma dell'Assemblea Generale, o meglio, la creazione di un'Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite, anche per uscire dalla logica intergovernativa che domina la vita delle NU.

Oltre alle difficoltà di una tale riforma già sottolineate quattro anni fa, forse meno ancor di allora ci sono oggi spazi per pensare che la si possa raggiungere in tempi politici. Forse, forti anche delle esperienze accumulate nella battaglia per i tribunali ad hoc, per il tribunale permanente nonché in altre battaglie o scaramucce connesse, potremmo puntare sulla questione del diritto, del suo rafforzamento a livello transnazionale, partendo da una serie di strumenti esistenti quali sono le Convenzioni internazionali, cercando di articolare su queste degli organi esecutivi da una parte, degli organi giurisdizionali dall'altra, ovvero delle specie di TAR internazionali.

Si tratterebbe quindi di proporre che alle Convenzioni venga collegato un Esecutivo in grado di "gestirle" come, per esempio, nella Convenzione CITES sulla protezione degli animali in via di estinzione, dotare la Convenzione di un Esecutivo in grado di decidere quando necessario i piani di abbattimento e di un Tribunale al quale cittadini o organizzazioni possano far ricorso rispetto alle decisioni prese nonché su eventuali violazioni della Convenzioni.

* Corte Universale dei Diritti Civili e Politici

Su un tema più specifico, quello della giustizia internazionale, credo che, a partire anche dall'esperienza acquisita nella battaglia per il Tribunale Internazionale (e avendo anche presente la scadenza del Cinquantenario della Convenzione universale dei Diritti dell'Uomo) si potrebbe, assieme con Non C'è Pace Senza Giustizia e Nessuno Tocchi Caino, sviluppare l'ipotesi di una campagna per la istituzione di una Corte Universale dei Diritti Civili e Politici (con relativa Convenzione molto spinta), sul modello della Corte Europea dei Diritti Umani, alla quale i cittadini, le organizzazioni (e non solo gli Stati) possano rivolgersi, e lo possano fare non soltanto per questioni riguardanti i diritti umani in senso stretto ma anche per quanto riguarda le violazioni dei diritti civili e politici.

Sempre sulla tematica delle Convenzioni internazionali e del nostro lavoro nelle Nazioni Unite dovremmo, credo, approfondire la possibilità di istituzionalizzare e democratizzare i meccanismi di controllo delle Convenzioni internazionali, nonché studiare la possibilità di promuoverne di nuove (sull'inquinamento, sull'acqua, ...).

Anche se non esplicitamente indicate dalla Mozione del 37esimo Congresso, alcune altre campagne hanno visto il Pr impegnato in modo più o meno saltuario.

a) Cuba

Poco, non è un segreto, si è riuscito a fare sulla questione. Piccola cosa in corso, la lobbying sulla candidatura di Elizardo Sanchez Santa Cruz al Premio Sacharov 1997 del PE.

b) Federalismo europeo

Il Trattato di Amsterdam, il cosiddetto Maastricht 2, è stato ancora più deludente di quanto ci si poteva aspettare. In estrema sintesi, si può dire che i progressi in materia istituzionale si possono riassumere in:

- estensione della codecisione (Consiglio/PE) ad 8 materie (...), per lo più di secondaria importanza;

- sostanziale status-quo in materia di Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) (Secondo Pilastro), con la parziale eccezione dell'inserimento delle missioni Petersberg (mantenimento e ristabilimento della pace) nell'ambito delle competenze dell'Unione. Parziale, perché anche su queste materie, il Consiglio dovrà prendere le sue decisioni all'unanimità.

- sul fronte della politica interna (Terzo Pilastro) i risultati sono stati altrettanto scarsi. E' stata approvata una "comunitarizzazione" dell'intero pilastro, fatte salve le modalità di decisione che rimangono, almeno fino al 2004 ... di tipo intergovernativo.

- cooperazioni rafforzate: la possibilità per una parte degli stati membri di andare avanti più speditatamente in alcuni settori non è stata resa possibile per le materie del secondo pilastro (PESC).

* Stati Uniti d'Europa

Schematicamente, mi sembra che due siano le strategie possibili. La prima vedrebbe la tematica federalista europea, sul modello della campagna del 87-89, ritornare al centro dell'iniziativa del Pr, con una denuncia netta dell'attuale strategia dei governi europei e la riproposizione di un pacchetto di proposte di riforma politico-istituzionale radicalmente federalista (sul modello di "un presidente, un parlamento costituente, una moneta" del 1988), incentrata sulla necessità di riportare il processo di costruzione europea al Diritto, alla classicità istituzionale (Montesquieu, ...) ma anche alla liberazione europea dalle burocrazie nazionali (ben prima che da quelle "brusselesi").

Una tale strategia comporta pero' una grossa difficoltà, cioè la contemporanea entrata in vigore della moneta unica la cui valenza positiva non puo' essere dimenticata. In altre parole, la questione si potrebbe riassumere in questo modo: è concepibile una campagna per il "no" alla ratifica del Trattato di Amsterdam prima della decisione sulla moneta unica (giugno 1998) ?

* Guerriglia

Un altro approccio, meno ambizioso, più di tipo "guerriglia", sarebbe di prendere a bersaglio principale le varie "Farnesina", "Quai d'Orsay", "Foreign Office", ... che costituiscono oggi, ne sono sempre più convinto, il cuore della resistenza ad un processo di integrazione democratico, classico e fondato sul diritto. E' per lo più a loro, per la posizione centrale che occupano, che dobbiamo quelle "trovate" "politico istituzionali" sempre più barocche e sempre meno democratiche.

Se dovessimo ritenere che da qui alla decisione del Consiglio europeo sulla moneta unica, non è politicamente opportuno lanciarsi in una grande campagna di rilancio, una campagna di guerriglia tutta mirata su un "nemico" privilegiato, cioè le burocrazie nazionali dei ministeri degli esteri, potrebbe consentire di ritrovare degli interlocutori che potrebbero tornare utili in una fase successiva.

- Corpo europeo per le operazioni di mantenimento e di ristabilimento della pace

Seppure sia necessario giudicare con prudenza le rivelazioni della stampa, non si puo' non costatare che non passa ormai una settimana senza che venga fuori sui mass media un scandalo che implica truppe mandate da un paese europeo in missione di mantenimento della pace. Gli olandesi a Srebrenica, i belgi in Ruanda, gli italiani in Somalia, i tedeschi nella ex Jugoslavia, ... solo i francesi della 'Légion Etrangère' sembrano uscire indenni dalla partecipazione a tali missioni. La proposta del Corpo europeo, sottoscritta da più di 100 deputati europei, oltre 80 deputati e senatori italiani, oltre a dotare l'Unione di un suo proprio strumento di intervento avrebbe anche come conseguenza di togliere un potere di ricatto agli stati membri nei momenti in qui questi devono devolvere delle proprie truppe per la realizzazione di una missione di mantenimento o di ristabilimento della pace (come è accaduto nel caso dell'Albania). Una tale iniziativa potrebbe anche consentire, di fronte alla vacuità delle iniziative dei

governi sulla questione NATO, di riportare oggi la questione della sicurezza al suo vero significato: assicurare diritto e democrazia al di fuori dei confini dell'Europa nonché aprire la strada perché l'UE assuma finalmente delle responsabilità, nel campo della sicurezza.

- Diplomazia comune

A causa dell'esclusione del Secondo Pilastro dalla possibilità di ricorrere a cooperazioni rafforzate, gli Stati che volessero andare avanti nell'integrazione politica con strategie comuni, potranno tutt'al più chiedere a chi non volesse partecipare a tali iniziative, la sua (benevola) astensione costruttiva. Quest'ultimo sarà, beninteso, libero di rifiutare, con la conseguenza di bloccare in questo modo, la volontà degli altri stati di portare avanti una strategia comune su una materia.

Seppure questa situazione lasci intravedere le difficoltà di percorrere una strategia del tipo "guerriglia", credo che esistano degli spazi, anche consistenti, nei quali ci si potrebbe inserire. In particolare, per quanto riguarda la questione della rappresentanza diplomatica, credo che si possa far leva su una convergenza di interessi della Commissione (che ha un obiettivo interesse a rafforzarsi rispetto al Consiglio e agli Stati membri) e di molti stati membri, i "piccoli" in primo luogo (che non hanno una propria rappresentanza diplomatica in più della meta dei paesi della comunità internazionale).

* Voice of Europe

Ispirandosi al Congresso americano, l'Europa si potrebbe dotare di uno strumento (Voice of Europe) che le consenta di informare i paesi non-democratici.

* Piano energetico europeo alternativo

Probabilmente la questione "energia" è quella più centrale tra tutte le questioni ambientali. Sulla base di quello che il partito fece in Italia alla fine degli anni '70 e nei primi anni '80, si potrebbe lavorare su un progetto di "piano energetico europeo alternativo".

* L'Europa e la questione islamica

Rispetto alla questione dell'islam, credo che molto ci sarebbe da fare. La prima questione che si pone è quella di riuscire a fare di questo tema una battaglia.

Il suggerimento di Marco di tentare di introdurre la tematica antiproibizionista nei Paesi musulmani, è stato ripreso. Seppure con ritardo, un appello redatto da Roberto Cicciomessere è stato diffuso sul Web del Pr e, in modo assai sistematico, sulla rete internet. Purtroppo le risposte, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, sono al momento assai deludenti. Senza prescindere dalla necessità di avviare una riflessione sullo strumento internet, per la quale tutte le condizioni non sono probabilmente ancora soddisfatte, credo sia necessario provvedere ad altri tentativi, andando più decisamente ad incontrare i diretti interessati, ovvero andando ad inserire il testo dell'appello nei siti dei Paesi musulmani.

Parallelamente, su iniziativa di Marco Cappato, è stato richiesto uno studio comparativo all'Ufficio Studi del PE sulla situazione legale delle legislazioni sull'alcol nei paesi musulmani. Lo studio, seppure ancora non del tutto completato, lascia intravedere uno spazio di manovra assai limitato in quanto pochi sono, in fin dei conti, i Paesi musulmani che hanno una legislazione rigida prima ancora che proibizionista in materia.

C'è poi la questione tragica dell'Algeria sulla quale non siamo riusciti, neppure al PE, a combinare niente, quella preoccupante della Tunisia sulla quale delle piccole iniziative sono state avviate, a partire del caso di Khemaïs Chammari (esponente dell'opposizione tunisina non allineata sul regime e membro della presidenza d'Onore di "Nessuno Tocchi Caino"), quella della Turchia e dell'esclusione de facto di quel paese dal processo di allargamento dell'Unione, posizione politica dell'UE molto similare, a mio avviso, a quella che ebbe negli anni '80 la Comunità europea rispetto all'allora Jugoslavia.

3. Il partito e l'informazione

In questi due anni, a causa dell'indisponibilità di denaro per investimenti nel settore, l'informazione/comunicazione ai sostenitori, simpatizzanti, parlamentari e indirizzari scelti si è esclusivamente basata su:

a) bollettini 'tematici' via fax e internet.

Sebbene si sia man mano tentato di allargare con ricerche di nuovi indirizzi su Internet, è evidente la limitatezza della diffusione di quel tipo di strumento informativo.

Di seguito la distribuzione dei "bollettini" del partito attraverso il fax ed Internet (Tibet/Cina fax: 60 numeri in 18 mesi; Transnational Fax: 13 numeri in 12 mesi, CORA FAX, 11 numeri in 18 mesi):

* il numero di destinatari

-----------------------------------------------------------

Fax E-mail

-----------------------------------------------------------

MIN. MAX.(?) MIN. MAX.(?)

-----------------------------------------------------------

Per TRANSNATIONAL/FAX 108 > 1.103 461 > 3.769

Per TIBET/CINA FAX 589 > 619 976 > 1.341

Per CORA/FAX 577 > 597 1.143 > 1.368

___________________________________________________________

Totale in USO 1.103 3.769

* Destinatari standard

----------------------------------------------

Fax E-mail Totale

----------------------------------------------

TIBET : 589 977 1.566

DROGA : 577 1.142 1.619

TRANSNATIONAL: 108 461 569

CINA : 15 13 28

ESPERANTO : 8 678 686

ABOLIZIONE PM: 1 202 203

TURCHIA : 2 3 5

BIRMANIA : 1 96 97

NO-NUCL-PACE : 1 47 48

ECOLOGIA : 1 1 2

CUBA : 2 534 536

INN_MOGOLIA : 7 35 42

TRIBUNAL INT : 1 11 12

----------------------------------------------

1.311 4.200 5.413

----------------------------------------------

b) I mailing ai parlamentari

l'invio brevi manu di 'lettere' ai parlamentari (solo nei parlamenti in cui è stato possibile farlo);

c) Agorà

Sempre per quanto riguarda l'informazione, si è usufruito anche dell'uso di settori di discussione politica e diffusione di notizie su agorà telematica. Anche qui è evidente la limitatezza del numero di persone raggiungibili dal mezzo.

d) Radio Radicale

Si tratta degli spazi assicurati da Radio Radicale al partito per trasmissioni periodiche (ovviamente solo per l'Italia) assicurati sia attraverso i redattori di RR sia attraverso una serie di programmi curati da alcuni esponenti del partito ed in primo luogo da Paolo Pietrosanti;

e) il Web e l'utilizzo di internet

Grazie ad un grosso lavoro di Sandro Ottoni, con l'aiuto di Mihai Romanciuc, si è riuscito a portare a compimento la prima parte di un progetto di aggiornamento, arricchimento e potenziamento del Web del partito. Oggi, un qualsiasi utente di internet puo', collegandosi con il Web del partito, trovare le informazioni più importanti riguardo al partito. Ovviamente molto sarebbe ancora da fare, sia per quanto riguarda il miglioramento e l'arricchimento del prodotto, sia per quanto riguarda il potenziamento

Anche se è indubbio che continua a cresce l'utilizzo nel mondo dello strumento internet e, quindi anche dei web, credo che sin d'ora si possa fare alcune riflessioni sullo strumento. In primo luogo credo che Internet venga utilizzato per lo più da chi sa cosa sta cercando. Ovvero non è una libreria nella quale, un po' per caso, si puo' trovare una rivista o un libro al quale non si era mai pensato prima. In secondo luogo, direi che Internet viene utilizzato più per trovare informazioni, dati concreti che non per riflessioni, dibattiti.

f. i rapporti con i mass media

Sono al momento del tutto insufficienti, fatto salvo per alcune tematiche (quella "pena di morte" in particolare, quella del "tribunale" in ambienti più circoscritti).

g) il giornale del partito

Per i motivi già detti, non si è potuto o saputo in questi due ultimi anni, trasmettere né agli iscritti né, tanto meno, ad indirizzari più vasti, le iniziative che venivano portate avanti dal partito e le riflessioni, le idee che man mano si sviluppavano. Alcuni mesi fa, si è fatto un tentativo che, purtroppo, non si è potuto portare a termine, cioè stampare e spedire. Quel tentativo esiste. Rimane, né sono convinto, un utile lavoro che andrebbe modificato e soprattutto arricchito, in primo luogo a partire dalle riflessioni che verranno fuori da questo seminario. Al di là di questo numero, credo che lo strumento "giornale" rimanga fondamentale per lo sviluppo o, meglio oggi, per il rilancio del progetto di partito transnazionale, in Italia e, più ancora, negli altri paesi, a cominciare dai rispettivi parlamenti. Ma anche da un punto di vista più interno - seppure non riproducendo meccanicamente l'esperienza del '90 e '91, credo che lo strumento "giornale" potrebbe tornare ad essere un punto di partenza se n

on uno strumento privilegiato da dove procedere alla nostra riorganizzazione e ultimare il processo di ristrutturazione.

4. La ristrutturazione del partito

In particolare il Congresso delibera di affidare loro il compito di predisporre un progetto di rifondazione del Partito radicale, prendendo i provvedimenti di ristrutturazione che a tale fine riterrà necessari. (...)"

Con questa indicazione, si è provveduto, in questi due ultimi anni, ad un drastico ridimensionamento della struttura del partito. Sono state chiuse le sedi di Bucarest, Madrid, Sofia, Varsavia, Zagabria, tentando di trasformarle, con un successo variabile, in punti di riferimento, cioè in luoghi "privati" dotati di un telefono, un computer, un raccordo telematico.

Una valutazione sul funzionamento di questi punti di riferimento è assai difficile da fare inanzittutto perché questo processo è ben lontano dall'essere concluso. Pero', come già sperimentato in altre circostanze, è evidente che l'elemento che più incide è, ancora una volta, quello della persona o delle persone a cui viene affidato il compito di "fare da punto di riferimento". A questo si deve aggiungere pero' la capacità del partito, ed in primo luogo, degli organi, di sapere mantenere un collegamento con queste persone, nonché la capacità del punto di riferimento e del partito di sapere inserirsi attraverso le sue campagne nella situazione politica locale.

Per quanto riguarda le sedi del partito, sono rimaste operative, al momento, quelle di Roma, Bruxelles, New York, Mosca e Budapest mentre sono tuttora da affrontare le questioni delle sedi di Kiev e di Baku.

Alla luce delle priorità politiche esistenti ed anche di quelle future qui ipotizzate, è indubbio che la sede di New York assumerà un'importanza ancora maggiore di quella attuale e che di conseguenza dovrà essere ulteriormente potenziata. Le stesse conclusione possono, credo, essere tratte per quanto riguarda Bruxelles, a maggior ragione se la battaglia federalista europea dovesse tornare al centro del nostro impegno.

* La questione delle associazioni

Ad oggi, vi sono tre associazioni federate (CORA, Nessuno Tocchi Caino e Non c'è Pace senza Giustizia) ed una sola associazione radicale (ERA).

La qualità del rapporto fra il partito e le associazioni non dipende pero' unicamente dagli aspetti formali e statutari: l'essere associazione "del partito" - organizzazioni al servizio del progetto del partito - o, ed è la stessa cosa, avere una riconoscibile "identità radicale", dipende inanzittutto della possibilità di lavorare con il partito, di usarlo e di esserne usati. Solo in questo modo è possibile che il partito e le associazioni si promuovano e si sostengano reciprocamente.

Credo che questa sia la chiave per affrontare e risolvere alcuni problemi e per sviluppare - anche sulla base delle analisi e delle proposte contenute nella relazione del tesoriere - la questione delle relazioni politiche ed economiche fra il partito e le associazioni.

5. Il partito

I due ultimi anni, sono stati, sotto molti aspetti, due anni di traversata del deserto. La situazione economico-finanziaria è stata quasi sempre estremamente difficile al punto di consentire, spesso con enormi difficoltà, il solo mantenimento della struttura (pur sempre via via drasticamente ridotta) e di escludere investimenti di rilievo in iniziative politiche.

Una situazione estremamente difficile che non si è trasformata in situazione catastrofica o, in altre parole, di bancarotta per alcune ragioni:

- la capacità di reperire risorse finanziarie grazie all'iniziativa del "marketing telefonico";

- i prestiti del Movimento dei Club Pannella - Riformatori;

- i finanziamenti dell'UE che diverse associazioni radicali e federate hanno potuto ottenere in questi ultimi due anni;

- la capacità dei militanti di lavorare anche con risorse finanziarie estremamente limitate;

- l'avere potuto usufruire della struttura di Bruxelles sia in termini di spazzi fisici e di servizi che in termini finanziari (circa 150 milioni l'anno esclusi i servizi);

- l'autofinanziamento, anche se di entità minore nel suo complesso, della campagna "Libertà per il Tibet" (circa 200 milioni).

Mai più che in questi due anni, è stato vero il fatto che il partito sia riuscito a vivere grazie solamente al serbatoio italiano e che senza investimenti non possiamo che riscontrare insuccessi nelle iscrizioni al di fuori dell'Italia. Un dato di fatto che dimostra quanto fragile sia tuttora il partito transnazionale.

Uno dei maggiori problemi che dovremmo affrontare rimane quindi quello del tipo di investimenti, economico-finanziari e, soprattutto, politici, che dovremmo fare prioritariamente per tentare di rompere questo circolo vizioso, cioè per arrivare a creare altri serbatoi di iscrizioni e di militanza.

Un tentativo che, in un primo momento, non potrà prescindere, data la nostra situazione, dal rafforzamento del serbatoio italiano. A questo riguardo, credo che si possa giudicare come un piccolo segno positivo la serie di incontri avuti con dei parlamentari italiani, per lo più di "sinistra". Se c'è di sicuro nelle disponibilità manifestate da questi parlamentari, un interesse a mantenere aperto un canale con Marco e con quanto la storia radicale rappresenta tuttora in termini di possibili positive contraddizioni per la sinistra italiana, credo che vi sia anche un'interesse, una dimostrazione di conoscenza e un riconoscimento al Pr, al transpartito transnazionale, per le battaglie che ha portato avanti in questi ultimi anni.

* Partito lobby, partito nonviolento

Ancora una volta, credo che più di ogni altra, questa chiave di lettura, ci puo' consentire di capire quali scelte dovremmo fare sia dal punto organizzativo sia da quello delle iniziative politiche. Personalmente credo che dovremmo partire dal presupposto che il primo, il partito lobby, deve essere incluso, deve essere una parte del secondo, del partito nonviolento. In altri termini, che l'essere, di volta in volta, partito lobby deve sempre essere funzionale alla nostra scelta di fondo di essere partito nonviolento. Anche in questo senso, dovremmo trovare nuove vie per, in qualche modo, privilegiare quelle battaglie che più di altre possano materializzare il partito nonviolento: in primo luogo quella del Tibet, con le difficoltà che sappiamo, e quella antiproibizionista.

* Il partito della rivoluzione liberale

In chiusura a questa introduzione al dibattito, lunga quanto incompleta e grezza, vorrei ricordare un ultimo elemento, già introdotto quanto si discusse del nome del "nuovo" giornale. Sono sempre più convinto che tutte le nostre battaglie sono tentativi, certamente parziali, ma molto concreti, per inserire, al livello del pianeta, del suo governo, i principi, i valori, gli ideali liberali. Sebbene sappiamo della lunghezza del cammino e delle sue difficoltà, credo che siamo tutti consapevoli della necessità e dell'urgenza che, anche li, si realizzi una vera e propria rivoluzione liberale.

 
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