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- 24 novembre 1997
Missione di New York: radicali perplessità

leggo in Conferenza Partito Radicale (testo nr 14562) un intervento di Marco Cappato, capo della missione del Partito radicale a New York, nel quale vengono espresse delle perplessità rispetto alla campagna del partito sulla Cina e sul Tibet.

In questo intervento, Marco Cappato prende spunto dal mancato invito del Pr alla Conferenza stampa di Wei Jingsheng per auspicare che le campagne con altre organizzazioni vengano sanzionati da accordi formali in modo da evitare questo tipo di situazione.

Per quanto riguarda il merito della questione, non posso non meravigliarmi. Come ben sa chi legge questa conferenza (anche se nutro dubbi crescenti sull'utilità - e la fatica - di inserire tutte queste lettere e documenti), la campagna per il Nobel a Wei sia quest'anno che l'anno scorso è stata portata avanti insieme agli amici di Human Rights in China. Seppur con difficoltà dovute anche alla distanza, via via si è stabilito un certo rapporto di fiducia reciproca e, anche da parte di HRIC, di qualche riconoscimento, come nel libro recentemente pubblicato sugli scritti di Wei. Con questo non voglio in nessun modo giustificare la nostra assenza o esclusione dalla conferenza stampa. Come non giustifico la censura quasi sistematica della stampa rispetto alle nostre iniziative sulla Cina e sul Tibet. Pero' non vedo quali accordi formali avrebbero potuto impedire quello che è avvenuto. Tanto più in presenza di contatti quasi quotidiani tra la missione di NY e la sede centrale di HRIC e in presenza di diverse richi

este di interviste da me sollicitate all'indomani della liberazione di WEI.

Per quanto riguarda il Tibet, mi stupisce che il capo missione di New York possa pensare che la questione dei rapporti tra la leadership tibetana e il Pr possa essere una questione formale quando, da anni, tutti gli sforzi del Pr sono stati volti a far maturare una impostazione politica diversa da parte dei tibetani e che, ad un certo punto (più o meno un anno fa), la nostra richiesta di chiarimento essendosi fatta più pressante e forte (forte anche dalle cose che siamo riusciti a fare) la leadership tibetana ha scelto di confermare la sua linea "moderata", o meglio di non accogliere la nostra proposta di passare alla organizzazione del Satyagraha. In un tale contesto è assolutamente normale, per esempio, che venga da loro privilegiato uno come Colajani che, appunto, propone una strategia simile a la loro.

Infine, dal punto di vista formale, trovo singolare che il capo di una missione del Pr utilizzi una conferenza pubblica per comunicare questi fatti e queste sue riflessioni (a prescindere dal fatto che siano, in questo caso, come si è visto prima, particolarmente infondate) e non le comunichi (e ne discuti), come hanno sempre fatto i "capi missioni", ai responsabili del partito.

Un caro saluto,

Olivier

 
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