New York, 26 agosto 1998
VALUTAZIONE SINTETICA: l'Austria probabilmente non presentera' il punto della moratoria sulla pena di morte all'ordine del giorno dell'Assemblea Generale. La sensazione diffusa, sia dell'Austria che dell'Italia che degli altri paesi like-minded, e'che non ci siano le condizioni per tale presentazione, e che quindi sia meglio concentrarsi sugli altri numerosi fronti aperti per l' Assemblea Generale, senza rischiare di pregiudicare le evoluzioni positive costruite a Givevra. La mia valutazione e'che le "mille argomentazioni" austriache siano riassumibili con la scelta della strada "diplomatica" come strada alternativa e incompatibile con quella del confronto e dello scontro politico.
RESOCONTO ESTESO
L'incontro si e' svolto ieri presso la missione austriaca ed e' durato 75 minuti Il Consigliere era accompagnato da due assistenti. Per tutta la durata dell'incontro T. non ha mai espresso nemmeno una ragione a favore di un tentativo per il '98.
Ho aperto l'incontro presentando il Partito radicale e il ruolo che ha avuto, sin dall'incarico ad Emma Bonino presso le NU, su pena di morte e tribunale internazionale, riepilogando tutti i punti che ci inducono a credere che questo sarebbe l'anno buono per presentare la proposta di moratoria sulle esecuzioni capitali e menzionando la mobilitazione parlamentare che abbiamo provocato.
Ho consegnato la tabella riassuntiva delle posizioni istituzionali dei singoli paesi rispetto alla pena capitale.
Theuermann ha innanzitutto confermato il forte impegno dell'Unione europea in materia, informandomi dell'esistenza di una specie di sistema di "allerta" su scala mondiale che permette all'Unione europea di avere informazioni su praticamente ogni caso di esecuzione capitale nel mondo, e di intervenire con tempestive richieste di grazia, di commutazione di pena o di rinvio dell'esecuzione sulla base dei dispositivi del diritto internazionale. Tale sistema di allerta riguarda a suo dire una media di 1 o 2 casi la settimana.
PROCEDURA: La nostra argomentazione della favorevole opportunita' data dalla Presidenza uruguayana dell'Assemblea Generale ha secondo T. un valore limitato, in quanto tutta la vicenda dovrebbe comunque restare in ambito di 3rd Committee, la cui Presidenza potrebbe alternativamente essere dello Zambia o della Tunisia. Rimarrrebbe quindi il rischio della presentazione di emendamenti che romperebbero la compattezza del fronte abolizionista come nel 94. Questo per T. e' un punto cruciale. E' infatti convinto la questione procedurale potrebbe ribaltare la vittoria che invece otterremmo "sulla carta", se si trattasse di un semplice voto SI/NO.
Gli ho replicato che si avrebbe potuto seguire comunque la strada di tenere un comportamento compatto nel rifiuto di ogni emendamento da parte dei like-minded (sul modello di quanto accaduto a Ginevra), anche attraverso "no action motion" (sul modello di quanto accaduto a Roma per il tribunale internazionale).
Mi ha risposto che e' ormai tradizione consolidata da parte dei Paesi europei di non ricorrere mai a "non action motion" in materia di diritti umani, proprio perche' tale sistema era il sistema ricorrentemente utilizzato, ad esmpio dalla Cina, per affossare per via "procedurale" le risoluzioni scomode.
I LIKE-MINDED: T. dice di aver fatto ungiro di perlustrazione presso i like-minded, e non c'e' nessun entusiasmo verso una possibile iniziativa, essenzialmente per tre ragioni:
1- il fronte abolizionista non e' considerato poi cosi' forte rispetto a tre anni fa. Un sconfitta e' considerata possibile, visto anche il compattamento del fronte avversario, rappresentata dal fatto che il discorso della Giordania all'ECOSOC e' stato fatto quest'anno da 51 paesi contro i 34 dell'anno scorso. Non e' nemmeno da escludere, secondo T., che siano i "retenzionisti" a presentare una risoluzione all'Assemblea generale di quest'anno.
2- se l'iniziativa fallisse, ci sarebbe, al contrario di 4 anni fa, molto da perdere. La Commissione di Ginevra infatti si troverebbe delegittimata nel suo costante esprimersi sulla pena di morte, cosiccome sarebbe a rischio il peso del rapporto annuale del Segretario Generale sulla materia.
3- La stessa possibilita' di presentare il punto in agenda, ed eventualmente ritirarlo nel caso in cui si valutasse insufficiente il supporto all'iniziativa, sarebbe una vittoria implicita del fronte retenzionista.
ALTRI FRONTI: T. si e' dilungato parecchio su tutti gli altri fronti esistenti in materia di diritti umani per i quali gli "occidentali" sono sotto il fuoco dei Paesi "nemici" dei diritti umani. In particolare:
- l'International Bill of Human Rights: e' una collezione della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo piu' i due Covenants (diritti civili e politici da una parte, diritti economici e culturali dall'altra), ivi compreso il secondo protocollo addizionale del Covenant sui diritti civili e politici, riguardante appunto la pena di morte, che alcuni Paesi vorrebbero escluso dal Bill of Human Rights, magari a beneficio dell'inserimento della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo;
- Human Rights Defendants Declaration: dopo anni di negoziati, la dichiarazione dovrebbe passare quest'anno in Assemblea Generale, ma ci sono pericoli di sabotaggio da parte dei Paesi islamici;
- revisione quinquennale della dichiarazione di Vienna e del relativo programma di azione: i "buoni" vorrebbero limitare a discutere l'implementazione della Dichiarazione, mentre i "cattivi" vorrebbero rimetterne in discussione il testo;
- Bill of Human Responsabilities: questa iniziativa, che parte da qualche politico in pensione tipo l'ex-Cancelliere Schmidt, vorrebbero "venire incontro" ai valori "asiatici" unendo alla dichiarazione universale dei diritti una dichiarazione, particolarmente moralista e socialdemocratica che T. disprezza profondamente, dei doveri e delle responsabilit
Tutti questi punti potrebbero aprirsi in sede di Assemblea Generale. T. sostiene che invece e' importante celebrare il cinquantesimo anniversario della dichiarazione dei diritti umani senza conflitti, per consenso. Tale strategia sarebbe vanificata da uno scontro, necessariamente politico ed ideologico, sulla questione pena di morte.
Io ovviamente ho invece professato fiducia nella forza e nobilta' dello scontro politico, ricordando che noi abbiamo fin dall'inizio cercato di essere il meno ideologici possibile proponendo la strategia della moratoria invece che quella dell'abolizione universale.
FULCI: T. mi ha confidenzialmente detto che Fulci, avendo saputo di una certo attivismo al Parlamento europeo, si e' premurato di contattare il Ministro degli Esteri austriaco per scoraggiare una simile iniziativa, esprimendosi apertamente contro.
CONSIGLI: T, non ha mancato di dispensare un paio di buoni consigli:
- contattare l'Unione Interparlamentare per verificare la possibilita' che loro si esprimano con una risoluzione sulla materia;
- tenere d'occhio la Commission on crime prevention di Vienna (Arlacchi, per intenderci) al quale l'anno prossimo il Segretario Generale dovrebbe presentare il questionario da compilare in vista del rapporto quadriennale del SG stesso (quel rapporto che viene poi aggiornato annualmente).
T. ha assicurato che loro parleranno abbondantemente contro la pena di morte in sede di 3rd Committee.
Mi ha anche chiesto se avevamo l'intenzione di organizzare qualcosa (conferenze, receptions, azioni di lobbying), in occasione dell'Assemblea generale. Io sono rimasto sul vago, dicendo che stavamo valutando il da farsi.