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- 2 settembre 1998
Su suggerimento di Olivier e di Cappato inserisco queste riflessioni

L'ULTIMO PERIODO DELLA NONVIOLENZA

Non so valutare, forse per la mia condizione, quale sia la portata di quello che abbiamo costruito, quanto sia solida la nostra nonviolenza, quanto sia oggi strumento preparato, forgiato per essere utilizzato con maggiore efficacia.

Vero è che la nonviolenza che abbiamo praticato in questi ultimi anni (dal 95 ad oggi,) è stata una nonviolenza con il paracadute o, come ha detto Pannella in videoconferenza al seminario, con la polizza di assicurazione. Sia quando abbiamo deciso le disobbedienze civili sulla droga, sia quando abbiamo scelto lo sciopero della fame e persino quello della sete. Così è accaduto nella realtà. Anche se alcuni di noi, in alcuni momenti, avevano seriamente messo in conto tanto l'andare in galera quanto il rischiare seriamente la salute e finanche la vita. Sicuramente non abbiamo assecondato slanci (risentimenti?), rabbie, determinazioni di quanti, e ce n'erano, volevano spingere oltre le "sicurezze" l'azione politica.

L'azione nonviolenta dei militanti e dei dirigenti, del resto, è sempre stata a sostegno di quella di Pannella: se è vera, infatti, la sua non notiziabilità, figuriamoci quella di chiunque altro di noi.

Quando abbiamo ripreso nell'ottobre-novembre del '97 le cessioni gratuite di hashish (dopo quella, clamorosa, di Porta Portese del '95 che ci consentì di far partire di slancio la campagna dei 20 referendum), ci fermammo davanti al GIP e, per non avere la conferma degli arresti domiciliari, tutti dichiarammo che non "l'avremmo fatto più" avendo ottenuto un certo risalto sui mezzi di informazione. Non studiammo minimamente l'ipotesi di come costringere la Giustizia a passare dagli infruttuosi (e pallosi) arresti domiciliari alla galera vera e propria. Marco, che non a torto mi ha spesso accusata di avere un atteggiamento materno nei confronti dei militanti che intendevano cimentarsi con le disobbedienze civili, ha avuto, allo stesso modo, un atteggiamento paterno, di protezione, nei confronti di ciascuno di noi. In passato, per Emma o Gianfranco o Roberto o Olivier questa "protezione" non c'è stata, pur essendo le iniziative e le "galere" preparate con meticolosità e prudenza. Credo che Marco abbia ritenuto l

e persone che di volta in volta si sono lasciate coinvolgere, non sufficientemente "attrezzate" e "preparate" come lo furono allora, più di vent'anni fa, i dirigenti e i militanti radicali. Così come, credo, puntasse ad un maggiore, se non totale, coinvolgimento del gruppo dirigente. Nel 95 c'era quasi l'intero organigramma del Movimento dei Club, nel 97 così non è stato. E avrebbe avuto, probabilmente, un significato del tutto particolare e profondo (eravamo nella stagione del voto referendario sottratto in vari e spudorati modi al popolo italiano, in quella del ripristino del finanziamento pubblico e delle sue "proroghe" e "anticipi", dell'azzeramento dei pannelliani sui mezzi di informazione).

Voglio dire che quelli, da gennaio a novembre del 97, erano i momenti giusti per mettere in atto un'azione nonviolenta "dura", senza salvagente o paracadute, quale, insieme, non siamo mai stati in grado di fare. Poi, da dicembre fino a giugno 98, abbiamo dovuto lottare, sapientemente, con la corda attorno al collo che ci doveva definitivamente strangolare. Ma, per parlare degli ultimi mesi, solo Marco - unica eccezione - ha saputo e voluto condurre un'azione nonviolenta senza reti di protezione: lo ha fatto con la sua malattia e la sua vita, scegliendo di volta in volta, fin dove ha potuto, modi e tempi dei suoi ricoveri, delle sue fughe o dimissioni, sapendo far divenire "tesoro" gli scioperi della fame di migliaia di persone che in quel modo hanno voluto sostenere la sua azione politica sorreggendo con essa ciascuno le proprie ragioni di libertà e di diritto.

La mia impressione è che essendosi compiuto il "golpe" ed essendosi rafforzati coloro che lo hanno messo in atto, debba aprirsi per noi una storia nuova, un'altra storia che potrà "avvenire" solo con la chiusura definitiva di quella precedente.

Il "regime" ha messo in atto molte armi che neutralizzano le nostre tradizionali armi nonviolente, in alcuni casi anche venendo incontro, almeno in parte, ai nostri obiettivi intermedi. Voglio ricordare, a questo proposito, la circolare Napolitano di rettifica della precedente in materia di raccolta firme per i referendum presso le segreterie comunali, rettifica avvenuta a seguito di uno sciopero della fame; le risoluzioni di "riparazione" della Commissione parlamentare di vigilanza

Insomma, questo regime oggi ci consente (e lo consente solo a noi):

di piantare accampamenti per giorni e notti davanti a Palazzo Chigi

di fare Walk around a 5 metri dal portone di Montecitorio (finanziamento pubblico)

di mettere in atto blocchi stradali davanti a palazzo Chigi e di portarci via solo dopo che si siano radunate un certo numero di telecamere;

di fare manifestazioni pubbliche improvvisate senza il prescritto preavviso.

di fare cessioni gratuite di hashish preannunciate e pubblicizzate. Loro sanno che siamo talmente determinati che nessun divieto ci fermerebbe e si comportano di conseguenza. E' vero che i nostri rapporti con la Digos del primo distretto in tanti anni di manifestazioni sono divenuti amichevoli, ma sicuramente i nostri amici poliziotti non agiscono senza "ordini dall'alto".

C'è da chiedersi se delle straordinarie cose che abbiamo fatto sia rimasta traccia nella coscienza degli italiani. Forse ho un'impressione totalmente sbagliata, ma sono convinta che i "comunisti" hanno adottato questa sorta di politica di neutralizzazione dell'azione nonviolenta perché per loro si tratta di una forma di lotta verso la quale hanno una specie di timore reverenziale. Prima di passare ad altre forme di lotta, penso che occorrerebbe approfondire l'uso e il perfezionamento delle nostre armi tradizionali quali lo sciopero della fame e la disobbedienza civile. L'avere indotto circa 10.000 persone a praticare, magari solo per un giorno, il digiuno è un fatto che non va sottovalutato. Non va sottovalutato, per esempio, che siano sempre di meno coloro che deridono questa forma di lotta.

Cessioni gratuite di hashish. Le forze dell'ordine sono oggi molto più tolleranti e permissive di qualche anno fa nei confronti dei ragazzi "pizzicati" con lo spinello in tasca. Possiamo prenderci, almeno in parte, il merito di questo nuovo, indulgente, atteggiamento? Credo che possiamo affermarlo. L'affondo lo mettiamo in conto? O ci fermiamo?

A proposito di "neutralizzazione" della nostra azione antagonista voglio ricordare un altro episodio, secondario quanto si vuole, ma certamente significativo. Il comportamento della "giustizia" nei confronti della permanenza di Pannella nel Consiglio Comunale di Roma. In base alla legge elettorale e allo statuto del Comune di Roma, la Corte d'Appello (per violazione dagli articoli 73 e 74 della legge sulla droga) avrebbe dovuto d'ufficio agire per "sospenderlo" dalla carica. I "magistrati" hanno fatto finta di niente: ben il 40% dei candidati della nostra lista era in realtà formata da candidati alla sospensione. Pannella questa cosa l'ha detta in pubblico, ma non è accaduto nulla.

Che dire poi dei "vilipendi" non contestati a Pannella che, invece, chiedeva di essere incriminato e dei "vilipendi" contestati e velocemente archiviati nei confronti di alcuni di noi?

 
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