Roma, Hotel Ergife, 31 luglio 1998
Sbobinatura dell'intervento in video-conferenza di Marco Pannella
(intervento del pomeriggio)
Ho sentito l'intervento di Roberto, e ascoltandolo mi sono reso conto che io continuo ad ascoltare Roberto, ormai da alcuni anni, molto spesso, in questo tipo di intervento, ho cercato di comprenderlo, abbiamo cercato tutti di ascoltarlo, e di andare in una direzione, che volevamo far essere quella che ci suggeriva, e l'incomprensione a questo punto è totale.
Che poi Roberto è inutile, che come tu sottolinei, che pur essendoci l'incomprensione totale, poi di fatto lui ritiene che io sia il meno peggio, quindi in tutte le occasioni e ad ogni incontro, ogni anno e via dicendo, abbiamo potuto contare non solo sulla sua generosità, ma sull'accanita presenza per assicurare a noi tutti e al partito, la sua attenzione, o se è possibile risoluzioni.
Devo dire che le braccia mi sono proprio cadute, quando ancora una volta ha detto che qui non si può dire, se abbiamo sbagliato, che noi siamo sconfitti, che non c'è dubbio che siamo "sconfitti storici", e sarebbe interessante fare un seminario sulla sconfitta. Io sarei molto interessato nel poterci partecipare.
Dunque cento persone, mille persone, duemila persone, nel corso di trent'anni, quattromila persone, diecimila persone, che digiunano quest'anno, che non riescono a cacciare via un regime, che non sbattono via il regime, che devono fare sempre più i conti con la violenza liberticida è la sostanza di si sono sconfitti, uno, e sono sconfitti per errore, e per limiti oggettivi loro, soggettivi loro. Io continuo a dire che a me la cosa mi sembra un'incredibile affermazione e quindi chi più di me sarebbe stato interessato visto che si sono dedicate tante ore, nelle nostre riunioni a sfidare questo punto di vista, per una volta non sei stato invitato ad ascoltare con Roberto , e tutti quelli che possono essere d'accordo con lui, in questa analisi. Sicuramente mi avrebbero dato molto, perché io non riesco a capire nulla , assolutamente nulla di quale sia l'analisi storica di questi trent'anni. Non solo su di noi ma l'analisi storica sul mondo e sull'Italia. Nulla.
Qui arriviamo però ad un punto, cioè che siamo sul finire del pomeriggio, o giù di lì e c'è stata questa idea, quest'incontro, quest'intenzione. Io vi ho detto subito questa mattina in esordio, che un anno fa, anzi nove mesi fa, insomma io ogni tanto vorrei anche qualche volta non solo essere citato, non solo applaudito, ma qualche volta anche capito, creduto, qualche volta letto.
Dieci mesi fa io vi dissi: guardate a questo punto la situazione qui dentro è così grave, occorre chi vi rendiate conto, che qui l'unità politica tra di noi occorre non fingerla, occorre rendersi conto che le famose differenze di linguaggio, sono una gigantesca stronzata, perché non c'è linguaggio, io schiavo del mio, Roberto schiavo del suo linguaggio, Emma schiava del suo. Assolutamente no, solo che si è schiavi solo dei linguaggi altrui, e mai schiavi dei propri . E devo dire che oggi ho ascoltato alcune perfette espressioni di schiavitù, di linguaggi sostanzialmente altrui. Che però non avrei mai immaginato di ascoltare. Ma questo non perché repellenti, no ma perché ascoltati in una riunione nostra.
Qualsiasi riunione dell'Ulivo, ma non solo, anche del P.D.S. , avrebbe potuto applaudire la serietà, la compiutezza di quell'intervento. Vi ho detto io l'anno scorso, ho, credo compiuto un atto supremo di superbia, e di presunzione di variare fin dove la mia vita può utilmente essere messa in gioco. E come posso rischiare di metterla non utilmente in gioco, ma soprattutto di andare incontro a situazioni incontrollabili.
Ho i miei progetti, avevo i miei progetti, ma dinanzi ad una così patente esplosione del vuoto politico, comune tra di noi, benissimo, io rinuncio non per imprudenza, ai miei programmi di cura urgente, tempificata, prenotata, ecc. e prepariamo la cosa che potete voler voi di gennaio, poi la settimana lunga un mese, l'indicità, i progetti di legge, poi abbiamo tentato mi pare di far tesoro di Agorà, di Roberto, abbiamo abbandonato tutto per due mesi, per puntare un po' anche su questa carta. Abbiamo avviato la battaglia di Agorà per vincerla, come la battaglia che non poteva essere vinta, se non si vinceva quella di Radio Radicale. la battaglia di Radio Radicale in corso, era la battaglia delle istituzioni in rete, era la battaglia più generale delle democrazie nel mondo da noi, e da noi governata. Ed è stata questa e così dovrebbe essere vissuta e ricordata.
Poi certo, vista dall'interno, ci siamo sbagliati, abbiamo fatto quella cosa quel giorno, onestamente io non credo che i giudizi storici, e le valutazioni politiche solide possano essere fatte da una somma di applausi, o appunto da una somma di fischi e di rammarichi.
Perché voglio ricordare questo? Perché se una persona stabilisse nell'ambito della storia che la sua o quella degli altri, di dedicare un tempo che può essere estremo, e finale, della sua esistenza a quei suoi compagni, nel momento in cui constata che la maggioranza dei suoi compagni il perché essere radicale, o che cosa significa oggi essere radicali, è che la risposta non se la pongono nemmeno la domanda. Se non diciamo come abitudine ormai, come lamento, come denuncia di un'impossibilità, credo che quello che diventa necessario in questi casi, la domanda, dire: io sono radicale, io voglio continuare ad esserlo, e credo che oggi da radicale potrei su questo soprattutto, chiedere alla gente di darmi forza, e di aiutarmi.
Benissimo, io continuo a ragionare in questo modo, e continuo anche a dire che ritenere che noi siamo sconfitti, quando se andiamo a guardare i diecimila digiuni libertari, se andiamo a guardare la battaglia per Radio Radicale, la battaglia e via dicendo, se andiamo a vederla in termini di giornate lavoro e di nottate militanti, credo che non si sia esempio solo di ma anche di continuità.
Poi dall'altra parte c'è la provvisorietà, di quello che confischiamo, perché siamo in un regime, in un regime liberticida, che ti risucchia subito, quello che tu gli lasci in qualche misura conquistare , e allora torniamo con umiltà alla nostra storia e al nostro destino. Mi dispiace molto che per quella dei Rosselli e per quella di Ernesto Rossi. Storia e destino che è quello di confrontarsi in un modo alternativo e vitale con il potere e il regime del proprio paese.
"Le condizioni sono cambiate, bla bla, allora un regime erano ventimila persone, adesso sono due milioni". Figuratevi, di queste cose. Io invece sono convinto per ragioni che abbiamo elaborato con la serie dei nostri giornaletti, fino al terzo stato, della friabilità, e di come dire della permeabilità, ma anche a mio avviso della debolezza di questo regime sempre più pervasivo, e sempre più completo, ma anche sempre più stupido.
L'altro giorno, il confronto Scalfari, Galli della Loggia, era inaudito, delle mediocrità delle tesi dello scontro, dello scenario, delle unità del linguaggio. E anche di lettura, diciamo di se stessi, in qualche misura lettura del Corriere, lettura di Repubblica, da parte di Scalfari e da parte di Galli della Loggia, cioè quello era il Corriere dove io avevo tentato dopo quattro mesi di silenzio, preannunciandolo ai direttori delle televisioni, dicendo che per alcuni mesi non ho avuto parola, ma ero già la cara salma senza parola, benissimo, mi prendo due parole e chiedo, esigo che vengano trasmesse. Le mie due parole me le scelgo. Ed è che dico a Folena che è uno dei mentre, uno dei grandi collaboratori del Corriere della Sera, il quale scrive: noi del P.D.S. che ormai siamo il partito della sinistra liberale, libertaria in Italia, senza vergognarsi di pubblicare cose di questo genere, se non aprendo un dibattito. Bene io dico, anzi gli rispondo solo in questo modo: Che schifo, che vergogna. Come mai non u
n telegiornale, non in quotidiano, mi hanno citato come sintesi della nostra risposta politica di quello che sta accadendo nel Polo e nell'Ulivo in termini di diritti e di riforme. Perché.
E qui tornerei a qualcosa che se la dedicassi di nuovo a Roberto Cicciomessere sarebbe francamente inutile e quasi provocatorio. Lui dice che noi siamo soccombenti. Ma io vorrei dirgli invece che bisogna pure intenderci una volta sulla nostra storia, e su quella presente. Noi viviamo in un regime che non può permettersi il lusso di mandarci "mai, mai" in televisione, e ami sui giornali. Perché siamo cattivi? Perché noi siamo repellenti? O perché qualsiasi cosa oggi questa realtà, questa etnia italiana dica e raggiunga il volgo, e raggiunga anche la cultura di questo paese, nella sua specificità c'è il rischio della rivoluzione, del non poter far fuori i referendum. Mi pare che uno storico il problema se lo dovrebbe porre, se lo porrà. Dirà ma perché quest'accanimento, questo essere del tutto fuori legge. Come è possibile, noi diciamo che vogliamo che voi interveniate per interrompere la flagranza di questo reato, di questo delitto. E continua a non accadere. Perché Roberto non ha capito quello che ha capito
i magistrati, e l'Italia che è al potere. Cioè Roberto no ha capito che la nostra forza in questo paese, in questi decenni, è cresciuta per vie carsiche, in un modo incredibile, e noi siamo deboli perché non abbiamo compreso, e abbiamo avuto paura del ridicolo, del vittimismo, di dire "vogliamo cacciarli via", allora arriva un Bossi e probabilmente solo un milione di persone si parlava, almeno questo. Il problema è che se uno guarda la storia delle istituzioni, almeno due casi sono a prezzo di colpe veri e propri contro la costituzione, e sono riusciti a salvarsi dal nostro attacco storico.
Io non scrivo da adesso Roberto, che il Partito Comunista, il Partito Radicale, rappresentano le due uniche realtà politiche vere presenti nel nostro paese, mi pare che lo scrivevo nel 1976, 1977, 1978, 1979, 1980, e terrorizzato continuo a constatare che non siamo andati molto al di là.
Punto, quindi per quanto alla valutazione di quanto siamo o non siamo. Ma che cosa importa se io ho ragione o torto, se poi nella sensibilità della maggioranza dei radicali storici o non storici, la cosa che rende sensibili è un'altra, la crisi, l'isolamento, il non potercela fare, la Madonna, già piagnoni come siamo divenuti, un successo ce lo dimentichiamo in mezza giornata, un errore o un insuccesso, invece resta come una piaga sulle nostre toghe. Io non ne conosco, continuo a dire seri, e soprattutto continuo a dire chi se ne dà taccia.; se sono così importanti. Seminari in tre persone, poi uno grazie al digitale.
Poi io volevo dire che io mi sono messo in gioco come voi tutti, abbiamo giocato a fondo la carta che tu Roberto, l'unica, che ci hai suggerito tradotta politicamente. Perché altrimenti per il resto ci suggerivi di fare l'imprenditore, dicendoci che tu da imprenditore non puoi fare politica. Abbiamo dei progetti di legge, hanno reso omaggio alla nostra credibilità, come invasori del settore, gente del settore, Gamberale e gli altri, benvenuti. Perché anche questo. Perché è inutile continuare a chiacchierare, o parlare solo di noi, alla fine della serata, ci sarà chi torna a casa e dice: Non è possibile, ma come fanno, alle armi, ma quali armi, ma non ne possiamo più. Perché non solo non si è convinti di quello che si ritiene un riferente di linguaggio, ma si è convinti del contrario. Si è convinti nella sostanza, che noi non viviamo in un regime liberticida, e quindi ci si vergogna ad andarlo a raccontare agli altri. In Italia e fuori dall'Italia. Perché dire che il fascismo è fascismo nel 1929 o 1930,guadag
ni solo scherno e isolamento, ma crei i migliori presupposti perché poi forse possa essere vinto non solo dalle armate straniere.
Ma poi è abbastanza chiaro, le nostre tesi non sono mai raccolte, nemmeno se ci si ritrova in piccole riunioni politiche, perché? Quale insuccesso? Dove è un esempio possibile. E poi insomma anche lì insuccesso, abbiamo cominciato, abbiamo continuato. Oggi lì intorno a quel tavolo si rappresenta Agorà, Radio Radicale, il Partito Radicale, i suoi Club, che messi uno accanto all'altra o l'una sopra all'altra, dimostrano che noi abbiamo dei problemi sul come governare amministrare i nostri averi, che abbiamo, che possiamo anche cercare di procurarci, ma di tramutarli in ben altro, anche attraverso apparenti liberazioni a pioggia.
Allora ecco solo Marco Cappato ha ricordato che io sono testardamente da un anno per l'assoluzione. Ho espresso più volte la convinzione che l'assoluzione è necessaria perché corrisponde innanzitutto alla realtà già da molti anni, poi perché solo vedendo che cosa libera questo momento di vuoto, che noi vogliamo determinare anche a livello di direzione del paese, della non continuità dello Stato. Insomma mi fermo lì. Guardate io vi dico molto francamente : è sicuro che io torno, mi pare in qualche misura superfluo o introverso.
Questa è una vicenda che ha travato drammatici supplementi, fino ancora a tre giorni fa, o quattro giorni fa, abbiamo ancora dei piccoli problemi, interrogativi, però dovremmo farcela.
In quanto dico dovremmo, perché dovremmo farcela, la struttura ospedaliera, del Professor Marino, del Professor Sinatra, via via fino alla struttura di altri medici. Medici, infermieri, portantini, davvero la struttura in questo senso va mobilitata per fasi. Ma per motivi diversi. E le probabilità che io ce la faccia, a mio avviso sono a mio avviso effettivamente aumentate, non di poco. Sono aumentate non di poco ma non occupano tutto lo spazio possibile da governare. Vedremo quello che succede.
Per quel che riguarda, e lo dico affettuosamente, Roberto: guardate, l'unica cosa possibile è che al dopo Pannella ancora non ci siamo. Saremo al dopo Pannella quando io sarò completamente altrove, e impossibilitato a venirne fuori. Perché devo dire questo. Insomma dire: allora ha già perso, perché nelle tue manie, nelle tue fissazioni, tutti abbiamo perso qualcosa e tutto. Allora dicendo in polemica, e in critica a Rita, dicevi: se Marco fosse vero che ha perso, nel momento in cui senza di lui non ci siamo, allora Marco ha già perso. Io ritengo che il tuo giudizio sul "voi", su di "voi", sia sbagliato. E non il mio che magari se ne va, o rompe con l'uno o l'altro di voi, o se ne va, e ne sono praticamente sicuro che questa stronzata che ho finito per dover accettare "il pannellismo", ebbè non avrà cessato di dare le sue sorprese, perché vive molto nel profondo di questo paese. E' quello che io mi sono accorto essere accaduto. Il mistero dei quindicenni che sono tra virgolette pannelliani, nel senso che hann
o una simpatia, senza aver mai avuto una possibilità di esserlo, perché nel profondo della "storia carsica" di questo paese, abbiamo compiuto un miracolo. Apparteniamo alla storia dell'immaginario del nostro Paese, mentre le minoranze litorali, tranne alcune punte risorgimentali, hanno sempre appartenuto alla storia ignota e ignorante del popolo immaginario. Quando non è addirittura coinciso il ricordo locale del rivoluzionario liberale-risorgimentale, con quelli dei banditi o dei briganti, per come venivano trattati o considerati. Anche questo, sarebbe meglio essere meno tassativi. Io mi sto interrogando.
Guardate avremo un mucchio di cose da dirci, per fare solo un esempio, quando parliamo di nonviolenza, abbiamo esaudito, ma abbiate pazienza, ma dove sta scritto che la non violenza si esercita solo nei confronti del potere? Noi abbiamo elaborato una nostra regola di non violenza. Abbiamo dato corpo a un'esperienza nonviolenta politica, l'unica al mondo in questi decenni, più o meno, con successo, eccetera. E siamo pronti forse, se ce ne rendiamo conto ad arricchire questa incarnazione politica, e magari anche di molto. E se in una direzione va la mia riflessione, ma lo sapete da molti anni, quante volte mi sono auto accusato di mancato rispetto di Gandhi, perché via dicendo. Quante volte sono stato giustamente accusato dell'improprietà di aver messo, anche se come preambolo, sia pure se solo allo statuto e non dello statuto il preambolo che mettemmo. Bene io sono convinto che no posso continuare. Noi lo stiamo facendo da un anno. Perché non me le dite queste cose. Il liberale dice che se la libertà viene vi
olata, "deve" insorgere. Il nonviolento dice che se la libertà "deve" insorgere. Si ma non è che il radicale può continuare a non fare nulla, dicendo: no, vogliamo sapere dai liberali e dai no violenti, che si fa. Il che si fa lo dico io, si fa quello che si fa. Cioè nel senso che la risposta radicale al trionfo liberticida rispetto a chi ha idee come le nostre, sullo stato di diritto, la risposta appunto è quella di un commento interno e complice, inadeguato ad essere alternativo e di lotta. Ma perché, per pudore, per vittimismo, perché non è vero che, perché qua, perché là, invece naturalmente io sono abbastanza motivato a concepire nuovi possibili, a fare l'impossibile, nella mia esistenza, nei giorni prossimi, si fa per dire, per lottare contro. Ecco, l'illegalità della Rai-Tv, l'illegalità della Magistratura italiana su questo specifico. Certo che rispetto all'anno scorso, ho l'impressione che sia obiettivamente meno difficile.
Ci stiamo avvicinando nel vivo, ad una situazione nella quale, avere delle pubblicazioni in inglese o francese sullo scandalo italiano, ma fatto a libro bianco grosso, le dichiarazioni del Presidente della Corte Costituzionale, le dichiarazioni dei presidenti delle istituzioni, e farle in modo ordinato, attraverso Internet, credo che sia una forza rivoluzionaria. E invece no, per certi sembra che sia inutile quello che c'è su Internet, o no. Noi abbiamo scelto da dieci anni di cercare di dare una difficile mano ad Agorà, perché abbiamo sempre e compreso il potenziale immenso, che poteva esserci, senza riuscire a definirlo, ed io, Roberto lo sa, che non ho mai cessato nemmeno adesso di sperare che fra Internet ed Agorà, un giorno a sorpresa di un evento, cioè di una stranezza, più o meno riconducibile, alla stranezza storica radicale, questa tecnologia la consente.
Per me di esempi ce ne sono a decine. Le ho sentite raccontare o le ho lette. I colpi di mano, quelle cose per le quali altri sono diventati miliardari, probabilmente, si potevano, si possono, si potranno anche realizzare altre cose. Certo, anche questo è abbastanza strano. Parlare di telematica lì è vietato. Allora io sono lontano da voi da molti anni. Mi pareva era vietato non parlare di telematica. Naturalmente dissi che non si fanno i corsi, ma è un'altra cosa. Io vorrei ricordarvi che noi ci siamo lasciati, essendoci impegnati tra di noi, a farci il "mazzo politico" come organizzazione e come persone, sull'organizzazione dei disegni di legge, e della strategia, della settimana, dopo un mese. Il 17 marzo ancora, quindi non è che fossi in una situazione brillante di salute. Che cosa è successo? Per colpa di chi? No, io vorrei almeno per una volta che ci vedessimo per festeggiare una cosa, e per dire per merito di chi. Questa ossessione che è divenuta piagnona, anche disperata, per cui non aleggia nessuna
speranza, accanimento, disperazione, non è ecco il mio modo di vedere le cose, e non è il mio modo di vivere almeno nelle condizioni nelle quali ognuno di noi è vivo in questi tempi.
Siamo a fine luglio, non ho neppure ripetuto un minuto a cose pratiche, non lo sapete probabilmente che in questi tre mesi i compagni e le compagne della mia vita, insomma quelli che mi conoscono, mi hanno visto chi una volta, chi due volte, salvo per una o due eccezioni, ma non proprio diciamo pieni compagni di partito, e ho ottenuto mantenere questa situazione di impeacement, sono stato impedito, e di questo impedimento mi sono preso la piena responsabilità e lo ho anche assecondato, non ho mai ascoltato Radio Radicale, solo da pochi giorni seguo un po' i giornali, ma a me basta per il momento sapere che radio Radicale è viva, e diretta da Massimo, come ha saputo mantenerla politicamente ed editorialmente, diciamo in quest'ultimo anno, in quest'ultimo semestre, con una crescita politica straordinaria, poi se le crescite politiche creano solitudine, si tratta di capire che non è la crescita politica che è sbagliata, si tratta di capire i motivi per i quali della gente non sopporta la crescita politica. Anch
e quest'eventualità è da prendere in considerazione. Ed è indubbio che la lettura dei quotidiani, che gli editoriali, che tutte queste cose di Massimo, ed altre che potremmo fare il lungo rosario del Massimo impossibile da sopportare, è in dubbio che per quel che mi riguarda è stata una delle cose che meglio mi ha consentito la gravità, o meglio l'irreparabilità, l'insuperabilità del no essere lì con voi. Poi il dopo si vedrà.
Volevo chiedere una cosa. Paolo se sei d'accordo. Possiamo dare due minuti, se dei compagni hanno delle domande telegrafiche da fare, quasi informative. Allora diciamo che dai la parola a chi segue, chi è per i primi dieci minuti dell'intervento successivo, si possono mandare, facciamole scritte.