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- 8 febbraio 1999
Re: rinnovo iscrizione PR

From: npierdominici@hotmail.com

Cari amici,

vi informo di avere rinnovato la mia iscrizione al Partito Radicale Transnazionale per il 1999 con un versamento di L. 365.000, effettuato tramite bollettino di conto corrente postale in data 04.02.98.

Felice di essere riuscito a rinnovare anche per l'anno in corso la mia iscrizione, non posso comunque assicurarla per il prossimo a causa di serie limitazioni al mio budget.

Dovrò parlarvi brevemente di me stesso per entrare nel merito della convocazione dell'Assemblea dei Mille, al cui proposito ho ricevuto sia un vostro messaggio Postel, sia una e-mail alla mia casella. Attualmente sto fruendo di una borsa di studio per laureati presso l'Università di Macerata, che giungerà al suo termine il prossimo 02/03/99; la mia attuale posizione lavorativa è assolutamente temporanea, ed a questa presumibilmente farà seguito un periodo di insegnamento come supplente a partire dal prossimo anno scolastico. In quanto precario, con entrate occasionali non quantificabili in modo certo nel corso dei mesi, ed in quanto persona sposata e con una figlia, non voglio impiegare le mie energie in politica oltre il limite che ritengo al momento opportuno alla luce di quanto detto. Ritengo di poter continuare ad essere attivo sul territorio, come ho già fatto negli anni passati, ma di non volere ancora fare quel salto di qualità che mi porterebbe ad impegnarmi a livello nazionale nelle attività

dell'area radicale.

L'Assemblea dei Mille si terrà solo in caso di assunzione di responsabilità da parte di almeno mille persone, e se vi sarà la propria disponibilità a portare avanti le iniziative che dovessero venire decise. La mia disponibilità, nei termini che ho illustrato sopra, potete darla per scontata. Non so se potrò partecipare fisicamente all'assemblea dell'Ergife, ma se le attività politiche dell'area (una eventuale nuova campagna referendaria, raccolta di firme, lobbying ecc.) dovessero venire rinnovate sono disponibile a fare la mia parte qui a Macerata - insieme ad altri, ovviamente. Entro breve contatterò le persone che hanno fatto parte con me del vecchio Club Pannella per vedere cosa intendono fare.

La telematica offre grandi possibilità. Se non riuscirò a partecipare fisicamente all'Assemblea dei Mille, cercherò comunque di esserci via Internet. Per il momento, come contributo personale, vi invio alcune riflessioni da me svolte nel corso di questi ultimi anni. Sarei ipocrita se dicessi di ritenerle di chissà quale livello: come ebbi modo di ricordare in una mia vecchia lettera, dovete tenere conto del fatto che io non sono un politologo, né un esperto di diritto. Le mie affermazioni vanno prese per quel che valgono. Sono opinioni di un singolo, certo espresse con convinzione da parte mia, ma pur sempre limitate per mille motivi, primo tra tutti quello già ricordato di non poter io prendere parte attiva più di tanto alla vita del movimento. Una cosa è tenersi informati tramite la radio ed Internet, una cosa è poter discutere e lavorare a contatto diretto con delle persone in carne ed ossa. Quanto dirò vi suonerà forse come già sentito da altri (e magari come già smentito dai fatti), o come non pertinen

te rispetto alla natura dei problemi nei termini in cui questi si pongono.

Di nuovo il problema che ponete è quello di raggiungere le persone di questo paese, per convincerle a muoversi e a fare ciò che esse per prime riconoscono essere nel proprio interesse. L'idea che ho dei miei concittadini mi porta ad essere piuttosto pessimista riguardo alla possibilità di muovere la loro sensibilità civile e il loro animo. Personalmente, e non da oggi, considero la nostra cultura nazionale un misto di cinismo e rassegnazione. Ignoro quali possano essere le cause che hanno prodotto questa situazione, ma comunque conoscerle sarebbe cosa secondaria. In Italia hanno trovato seguito Mussolini ed il suo "me ne frego", non noi. Ciò va tenuto in debita considerazione.Prova della mia affermazione la vedo nel fatto che chi giunge ad identificarsi con l'area politica alla quale mi onoro di appartenere, si trova ad agire e vivere nella più assoluta solitudine, a parte le (beffarde?) attestazioni di stima, solidarietà e simpatia che magari gli capita di ricevere occasionalmente e di solito a posteriori.

Decenni di iniziative per i diritti civili si sono trascinati nella sostanziale derisione da parte dei cittadini di questo paese, nel cui interesse pure erano state pensate e poste in essere. Se dunque i radicali hanno sin qui trovato solo scherno ed ostracismo, perché mai le cose dovrebbero cambiare per il futuro? I nostri concittadini non ci vogliono, e lo dimostrano con il voto. Il problema del come raggiungere l'opinione pubblica secondo me è, dunque, mal posto. Il problema che ci dobbiamo porre è quello del perché noi vogliamo incidere su questa realta. La risposta che mi do è che noi lo vogliamo, perché riteniamo ciò essere nell'interesse generale sia dei nostri concittadini (che ne siano coscienti o meno), sia della pace e della giustizia in senso lato: uno stato con un basso livello di democrazia non può che provocare un rilassamento degli standard anche a livello internazionale. Di conseguenza, la proposta che facciamo all'Italia non può e non deve venire meno, e le nostre attività devono continuare

fino a che ciò sarà possibile. Al contempo, però, bisogna rendersi conto che chi ci circonda non sembra essere pronto a recepire quanto diciamo. Forse non vuole recepirlo da noi, poiché le posizioni espresse dall'area radicale, una volta adottate da altri (che poi si guardano bene dal citare le fonti della propria ispirazione) godono solitamente del plauso generale, prima di essere lasciate cadere.

Cosa fare dunque? Da un lato, secondo me, bisogna rilanciare ostinatamente le nostre tradizionali iniziative referendarie. Essere sconfitti rappresenta comunque un elemento di chiarezza, perché pone ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. La sconfitta da noi subita nel corso di questi anni ha significato la definitiva caduta della maschera per una classe politica che si ritiene al di sopra delle leggi. Il referendum viene oggi trattato da stimolo per il parlamento, secondo alcuni è limitato nel tempo quanto ad effetti, e magari bisognerebbe innalzare il numero delle firme per attivarlo. Questo significa che il re è nudo. Ricordo che Marco Pannella si poneva tempo fa la domanda di come ci si possa relazionare in termini di non violenza con il settore privato. Se, in nome della verità, allo stato si può chiedere di rispettare le leggi che si è dato, con il privato ciò non sarebbe sempre possibile in questi termini. Secondo me, nella nostra realtà consociativa, il problema è quello di chiedere sia agli

esponenti del pubblico, sia a quelli privato, di dichiarare onestamente ed esplicitamente di considerarsi svincolati da ogni legge. Farsi censurare e cassare in modo sistematico le iniziative referendarie e farsi negare i diritti costituzionali nel silenzio generale sono vie praticabili per raggiungere questo scopo.Una volta che da parte del potere sia stato pagato il necessario tributo alla verità, e sia stato affermato esplicitamente e nei fatti che l'Italia è un'oligarchia e non una democrazia, i nostri concittadini potranno liberamente scegliere se rimanere sudditi o meno, ed eventualmente a chi affidarsi.

La seconda cosa da fare si lega al problema dell'informazione in Italia. Almeno in parte, il clima politico italiano è favorito dal sistema informativo, che pervicacemente si ostina a fare l'esatto opposto di quel che dovrebbe. Senza dubbio quello italiano non è un caso isolato, ed il sistema informativo internazionale non è libero da vincoli e pressioni, ma mi sembra che all'estero sia più facile trovare comunque attenzione. Ritengo che si possa prendere in considerazione l'idea di trasferire all'estero la sede del partito, o in alternativa diffondere comunicati stampa e notizie sulle attività dei radicali prioritariamente attraverso agenzie non italiane. Personalmente propenderei per una sede nel Regno Unito o in Olanda.

Internazionalizzare le azioni sull'Italia mi appare essenziale. Ad esempio, mi sembra (ma potrei sbagliare) che già ora qualsiasi cittadino europeo possa presentare lamentele alla Commissione Diritti Umani del Parlamento Europeo, che istruisce in ogni caso indagini. Si potrebbe provare a sollevare anche in quella sede, come singoli e come gruppo di persone, parallelamente alle iniziative giuridiche in sede nazionale, la questione dei diritti in Italia. E comunque ritengo si possa puntare sulla giustizia europea per tentare di ricondurre l'Italia nel solco della legalità. Vi sono poi organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani che vanno a mio parere tenute informate costantemente:

anche per loro vale il detto "conoscere per deliberare", e purtroppo il coro mediatico italiano non è una fonte informativa attendibile per nessuno.

Con la speranza che questo mio contributo possa risultare di qualche utilità, vi saluto tutti cordialmente.

A risentirci, e magari a

(ri)vederci a presto. Ciao.

Nazario PIERDOMINICI

via Moje 4

62100 Macerata

npierdominici@hotmail.com

 
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