Siamo davvero sicuri di essere già in Europa?
E siamo davvero sicuri che l'Europa abbia le ricette giuste per la politica estera, per il mercato, il lavoro ed il welfare?
Può l'Unione Europea continuare a rinviare l'assunzione di responsabilità politiche, diplomatiche e militari adeguate al ruolo che vorrebbe assumere nello scenario mondiale?
La nostra risposta a queste domande è no.
L'Europa, e con essa l'Italia, deve affrettarsi a cambiare radicalmente strada se vuole smettere di essere considerata un nano politico", se vuole far funzionare il mercato e creare posti di lavoro, se non vuole far fallire il progetto federalista di Ernesto Rossi e di Altiero Spinelli.
E necessario dotare l'Unione Europea di meccanismi istituzionali e di competenze adeguate per affrontare la sfida dell'allargamento, della globalizzazione, del ruolo dell'Europa sulla scena politica internazionale.
Il processo di integrazione seguito sin qui, di cui l'Euro, la moneta unica, rappresenta l'apice ma anche il limite, ha portato l'Unione là dove poteva portarla. Ora c'è bisogno di politica, c'è bisogno di mettere mano alle istituzioni comunitarie, al cui centro deve stare il Parlamento europeo, di assumere la responsabilità di avere una politica estera ed un esercito comune, con un'autonoma capacità politica e militare, di andare oltre l'Euro per dinamizzare e far crescere l'economia europea...
L'Europa deve essere forte ma leggera, occuparsi bene di poche cose, con mezzi adeguati; la sussidiarietà deve indirizzarsi maggiormente verso gli enti locali. Con la mondializzazione e le forti spinte verso il decentramento, lo schema dello Stato nazione deve perdere la sua centralità a favore di un maggiore e più corretto ruolo degli enti locali ed un'attribuzione di competenze più funzionali a livello comunitario.
Questi sono gli obiettivi e le priorità della Lista Emma Bonino che debbono essere realizzati nel corso della prossima legislatura del Parlamento europeo, e per i quali ti chiediamo il voto il 13 giugno.
Riforme Istituzionali
Un presidente dell'Unione eletto direttamente dai cittadini, un Governo Europeo responsabile ed un Parlamento Costituente.
L'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, qualche settimana fa, è passata assolutamente inosservata da parte dei cittadini europei, che tuttora non hanno capito cosa cambierà per loro. Non hanno torto: non cambierà nulla, né per loro né per i loro Paesi; e molto poco cambierà anche nel percorso istituzionale dell'Unione.
Il Trattato di Amsterdam ha rappresentato in realtà soprattutto un'occasione perduta per fare avanzare le riforme istituzionali e preparare l'Unione alla sfida dell'allargamento. Il risultato è politicamente nullo (salvo qualche limitato progresso in materia di giustizia e immigrazione), e giuridicamente astruso: un trattato che consolida uno "status quo" insoddisfacente, farcito di protocolli (13) e Dichiarazioni (59!) che vanno dal benessere degli animali agli enti creditizi di diritto pubblico in Germania, e perdipiù scritto in un linguaggio incomprensibile ai più.
Altro che Europa dei cittadini, e più vicina alle preoccupazioni della gente !
Le riforme istituzionali sono pero' oramai indifferibili in vista dell'allargamento: a meno di voler trasformare l'Unione in una organizzazione assembleare e priva di capacità decisionale, a modello delle altre organizzazioni intergovernative europee, quali l'OSCE o il Consiglio d'Europa.
La presidenza tedesca ha deciso di rimettere in moto il meccanismo di riforma: occorre che cio' venga fatto rapidamente e con coraggio.
Il Parlamento Europeo
Il PE deve avere competenze legislative e di bilancio piene, anche nella determinazione delle entrate dell'Unione europea.
Il trattato di Amsterdam non ha veramente innovato il ruolo del PE, che resta ancora puramente consultivo in settori importanti quali l'agricoltura, la fiscalità, la politica commerciale, la politica industriale. La prossima riforma dei Trattati, che dovrà prevedere un ruolo costituente per il PE, deve condurre ad un Parlamento pienamente co-legislatore in tutti i settori di competenza dell'Unione.
Soprattutto, il PE deve costituire il foro in cui si discute di politica europea e si esercita la democrazia rappresentativa. Un collegamento funzionale con i parlamenti dei Paesi membri deve figurare fra le priorità della prossima riforma.
Noi vogliamo che alle prossime elezioni del PE venga istituito un collegio unico elettorale europeo e venga incoraggiata la formazione di partiti europei che siano "transnazionali" ad adesione diretta e non la semplice sommatoria di partiti nazionali, come oggi i cosiddetti partiti europei.
La Commissione Europea
La Commissione, di cui le recenti vicissitudini hanno palesato la fragibilità strutturale e di consenso nell'opinione pubblica, deve poter continuare ad identificare e rappresentare il punto di equilibrio comune degli interessi nazionali degli Stati membri.
Perché cio' sia possibile, è indispensabile ridefinire la sua struttura di impulso politico/legislativo e di gestione; e ri-delegare a livello nazionale o regionale (sussidiarietà) le funzioni il cui accentramento non è compatibile con il modello di "Stato leggero" auspicato dei cittadini.
Noi vogliano una Commissione forte, che deve rafforzare il suo ruolo di governo europeo responsabile davanti al PE. I suoi membri devono essere scelti fra personalità di forte impegno europeo.
Il Presidente della Commissione deve essere eletto direttamente a suffragio universale (oppure) la nomina del Presidente della Commissione deve essere legata alle elezioni, e diviene Presidente colui che è stato Capolista in tutta l'Unione della formazione vincente.
Fra le riforme interne della Commissione, occorre che un solo Commissario si dedichi esclusivamente alla difesa dei diritti umani ed agli aiuti umanitari ovunque nel mondo.
Il Consiglio
Il Consiglio dei Ministri non deve più essere l'aggregazione di 15 esecutivi nazionali, che si riunisce a porte chiuse e che decide praticamente sempre al'unanimità, ma deve divenire un organo più trasparente, ed il voto al'unanimità, che altro non è che il diritto di veto esercitato da alcuni Stati - e che continua ad applicarsi a moltissimi settori chiave -, deve essere lasciato solo per le decisioni finali di riforma dei Trattati ed eventualmente per l'adesione di nuovi Paesi.
Il Consiglio Europeo
Pur continuando a svolgere il ruolo di impulso politico e di orientamento generale, nei casi eccezionali, previsti dai Trattati, in cui esercita un potere di decisione, dovrà osservare le stesse norme procedurali previste per il Consiglio.
(Inoltre, il Consiglio Europeo deve essere presieduto dal Presidente dell'Unione, eletto direttamente dai cittadini Europei.)
Politica Estera e di Sicurezza Comune
La mancanza di una vera politica estera e di sicurezza europea, particolarmente evidente ad esempio per quanto riguarda la tragedia del Kosovo, costituisce il segno più tangibile dell'impotenza diplomatica e militare dell'Europa, anche rispetto ad una crisi ai propri confini.
Come priorità assoluta della prossima revisione dei Trattati, e prima dell'adesione di nuovi Paesi all'Unione Europea, questo problema deve trovare una soluzione: si deve giungere ad una politica estera unica, concepita e gestita dalle Istituzioni dell'Unione.
La natura stessa delle sfide "globalizzate" alla sicurezza è infatti tale, che solo l'Unione Europea ha la capacità di esercitare, rispetto a queste, un'influenza decisiva a livello mondiale, al fianco di potenze quali USA, la Cina, la Russia.
E' ora che l'Europa si doti di una politica estera e di meccanismi decisionali idonei a far fronte alle minacce alla sua stabilità ed alla sicurezza dei suoi cittadini che si profilano sempre più numerose e sempre più transnazionali - e percio' stesso non più alla portata dei singoli Stati membri.
Per realizzare pienamente l'Unione politica dell'Europa è necessario ed urgente istituire un'Unione Diplomatica e Militare (UDM), fissando da subito obiettivi e scadenze vincolanti come è stato fatto per l'Unione Economica e Monetaria. Bisogna dotare l'Europa di una politica estera e di un esercito comune.
Nel frattempo occorre istituire un corpo europeo civile e militare che dia all'UE la possibilità di attuare in tempo reale operazioni umanitarie e di mantenimento e di ristabilimento della pace.
L'Unione europea deve avere un seggio unico fra i Membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Non è pensabile che i Balcani continuino a rappresentare un "buco nero" nella carta dell'Europa integrata. E nessuna strategia di ricostruzione, o di stabilizzazione puo' fungere da succedaneo all'unica prospettiva politica che i popoli derelitti di questi Paesi contemplano a termine: quella di entrare a fare parte dell'Unione europea.
Si tratta di mettere in moto meccanismi politici che smuovano le opinioni pubbliche più irretite o compresse da regimi ultranazionalisti o dittatoriali (quali quello di Milosevic in Serbia), e di creare nuove prospettive economiche per i settori imprenditoriali già in movimento e legati ai flussi di commercio e d'investimento continentali.
L'apertura di negoziati d'adesione (solo immaginabile con Paesi democratici e rispettosi dei diritti umani) ha costituito un fattore di stabilizzazione senza precedenti per i Paesi candidati dell'Europa centrale e orientale. Lo stesso effetto salutare sarebbe senz'altro prodotto nei Paesi dei Balcani a partire dall'Albania e dalla Macedonia; ed un cospicuo effetto di trazione e di attrazione si eserciterebbe negli altri Paesi, incitando le popolazioni rispettive a provvedere al necessario ricambio democratico.
L'Europa non puo' ridursi ad un'espressione economico-finanziaria a livello mondiale, per quanto nobilitata dalla costruzione del Mercato Unico e dall'Unione Monetaria.
L'Europa è, e deve rimanere, espressione dei valori che fanno parte della storia dei suoi popoli, acquisiti e difesi spesso col sangue di intere generazioni. Primi fra questi, i valori della democrazia, della salvaguardia dei diritti umani, della solidarietà.
L'azione in difesa della democrazia ovunque, in Europa e nel mondo, va rafforzata e portata avanti con tutti gli strumenti giuridici ed economici disponibili, nel rispetto del Diritto Internazionale: applicando una rigorosa condizionalità democratica agli accordi di cooperazione internazionale; adottando se necessario sanzioni economiche o sportive nei riguardi di regimi anti-democratici; aiutando le democrazie più fragili a consolidare i progressi nelle fasi di transizione; partecipando all'osservazione istituzionale di elezioni ovunque nel mondo. Il PE, istituzione democratica per eccellenza tra quelle dell'Unione, deve dotarsi di prerogative e funzioni autonome in materia di osservatorio elettorale, a modello di quelle esistenti presso il Congresso americano.
L'azione in difesa dei diritti umani deve essere costante, inflessibile e persino aggressiva da parte dell'Unione. Non è pensabile che un nuovo Millennio si apra con gli stessi orrori che hanno accompagnato la storia di questo secolo: persecuzioni etniche e religiose, genocidi, violenza sulle donne e i bambini, controllo dell'informazione, diniego delle libertà individuali e dell'esercizio dei diritti universali. Oltre a fare l'uso appropriato degli strumenti giuridici ed economici a sua disposizione, l'Unione Europea deve in questo settore elevare il suo profilo istituzionale, con la nomina di un Commissario ai Diritti dell'Uomo; con l'istituzione di una Commissione Parlamentare ad hoc; e con un rafforzamento dell'azione delle iniziative in corso in ambito ONU per la creazione di un Tribunale Penale Internazionale, con sede nell'Unione. L'azione di solidarietà internazionale è il completamento necessario ed il corollario indispensabile di una politica estera efficace: ma non puo' sostituirsi a questa, né ra
ppresentare, come è stata finora, un alibi in carenza di questa.
Si tratterà, "in primis", di confermare e consolidare l'azione umanitaria dell'Unione, a favore di tutte le vittime di tutti i conflitti e delle catastrofi naturali. La capacità di intervento e l'immagine di eccellenza dell'aiuto umanitario comunitario vanno preservati, garantendo la continuità dei meccanismi decisionali e dei supporti finanziari adeguati.
Inoltre, bisognerà combattere e vincere la guerra alla povertà ed al sottosviluppo che costituiscono una ferita aperta nei rapporti con il Sud del mondo. E' necessario ripensare i meccanismi di cooperazione che hanno consentito negli ultimi decenni ingenti trasferimenti di risorse nei paesi poveri del Sud, a cominciare dall'Africa, senza tuttavia raggiungere i risultati auspicati in termini di contenimento dei conflitti, di stabilità regionale, di prevenzione delle epidemie, di regolarità dei flussi migratori Sud/Sud e Sud/Nord. La politica comune di sviluppo non potrà che trarre beneficio dalla creazione di una vera politica estera comune, e dall'attivazione di sinergie indispensabili e non più differibili con gli strumenti della politica.
Politica Economica e Monetaria
L'Unione Economica e Monetaria ha contribuito a liberalizzare i mercati e ad indebolire i monopoli pubblici: è importante ma è solo l'inizio.
Il modello sociale europeo, di cui molti vanno cosi fieri, deve essere radicalmente mutato. Il welfare costa sempre di più e non previene la disoccupazione.
Tasse e contributi ancor più che in altri paesi europei, stanno soffocando l'economia italiana, che cresce ad un ritmo di gran lunga inferiore alla media europea. E' necessario stabilire un obiettivo di contenimento della pressione fiscale, che noi proponiamo ad un massimo del 35% del PIL entro cinque anni, come già avviene in Inghilterra e negli Stati Uniti.
La creazione di nuovi posti di lavoro a livello europeo deve essere favorita attraverso una legislazione sul lavoro liberale e antiproibizionista. Viceversa, oggi in Italia, per non ostacolare lo strapotere sindacale, in realtà flessibilità si traduce in lavoro nero: occorre un'iniezione di libertà per il lavoro e l'impresa.
L'Europa ha bisogno di una vera politica fiscale, non più paralizzata dalla regola dell'unanimità, che conduca ad una riduzione significativa della pressione fiscale sugli operatori economici.
Il completamento della liberalizzazione dei servizi d'interesse economico generale come trasporti, poste, radiodiffusione, elettricità, gas, telecomunicazioni nonché l'applicazione rigorosa delle regole di concorrenza, l'eliminazione dei sussidi non giustificati e l'imposizione dell'obbligo di trasparenza contabile all'utilizzo di denaro pubblico nell'economia sono elementi essenziali per rendere pienamente effettivo un mercato europeo aperto, concorrenziale e trasparente in cui i cittadini - consumatori e le imprese siano liberi di scegliere e promuovere i propri interessi.
Tale mercato deve essere liberale, non burocratico, governato da regole e autorità di controllo forti, ma limitate allo stretto necessario, alleggerito dal peso soffocante de vincoli amministrativi e corporativi che nulla hanno a che vedere con la tutela del mercato, degli interessi dei consumatori e di altre finalità di interesse generale.
L'Europa dell'Euro deve essere prima di tutto a servizio dei cittadini-consumatori, facilitando l'utilizzo della nuova moneta e garantendo, da subito, una riduzione dei costi di cambio.
Gli europei devono poter beneficiare pienamente della creazione di un mercato concorrenziale di servizi finanziari. Va promossa la libera circolazione di servizi bancari, assicurativi e di compravendita di titoli, soprattutto attraverso utilizzo di Internet. Ma vanno anche seriamente garantiti i loro interessi economici e la tutela dei dati personali nelle transazioni elettroniche transfrontaliere. Occorre imporre nel settore bancario e assicurativo il rispetto di regole di trasparenza e concorrenza.
La riforma delle PAC (Politica Agricola Comune)
La Politica Agricola comune necessita di una riforma profonda delle sue strutture e del suo funzionamento.
Occorre innanzitutto che il PE sia pienamente associato ai meccanismi decisionali della PAC, per permettere un controllo democratico da parte dei cittadini ed è necessaria la riduzione delle spese volte solo a sostenere i prezzi, e quindi i mercati.
L'agricoltura europea deve essere competitiva, secondo le regole dell'OMC, senza il ricorso indebito a sovvenzioni.
Lo spazio giuridico europeo
Se le frontiere interne sono state abolite per quanto riguarda le merci, i capitali ed i servizi, molto resta ancora da fare per la libera circolazione delle persone e per la piena integrazione a livello europeo delle politiche interne come l'asilo e l'immigrazione.
Tutte queste materie e quelle riguardanti lo spazio giuridico europeo devono divenire politiche comunitarie e non più di ambito intergovernativo.
Società dell'informazione
Oggi l'Europa è drammaticamente in ritardo nella sfida delle nuove tecnologie e della ricerca.
Lo sviluppo di una Società dell'Informazione centrata sulle esigenze del consumatore, che porti occupazione, competitività e sviluppo economico deve divenire la priorità del dopo Euro.
I servizi telematici dovranno favorire maggiore partecipazione democratica, miglioramento della qualità della vita e più scelta per i consumatori. In particolare l'Europa deve puntare con forza su politiche capaci di portare i vantaggi dell'informatica nei servizi essenziali per i cittadini, a cominciare dalle amministrazioni pubbliche, deve stimolare lo sviluppo di infrastrutture, ricerca e nuovi servizi ed eliminare la barriere con politiche di garanzia d'accesso universale.
Una Politica europea sulle droghe.
Anni di politiche proibizioniste, tutte disparate fra loro a livello europeo, non hanno fatto che accrescere il problema droga, invece che risolverlo. Solo una comunitarizzazione delle politiche sulla droga, con la legalizzazione immediata delle non-droghe (canapa indiana, hashish) al pari del tabacco e degli alcolici, ed una somministrazione sotto controllo medico delle droghe dette pesanti può produrre effetti positivi a livello europeo, sconfiggendo innanzitutto le mafie che si arricchiscono con il traffico di stupefacenti.