L'ultimo Eurobarometro, segnala un interessante paradosso: l'Italia da un lato è il paese dove si registra il massimo sostegno alla nascita dell'Euro (88% contro, ad esempio il 54% della Germania), dall'altro è il paese da dove proviene il giudizio più negativo sull'incidenza dell'integrazione europea nella vita di tutti i giorni.
Tanto è vero che se nel 1983 il 69% degli italiani riteneva che il proprio paese beneficiasse dell'appartenenza alla Comunità europea, questa percentuale è solo del 51% nel 1998.
La verità è che l'Italia, per molti aspetti e nonostante la nomina di Romano Prodi alla guida della Commissione europea, è la maglia nera fra i paesi membri dell'Unione.
"Un'economia imbrigliata, una popolazione poco mobile, imprese molto piccole anche se innovative ed efficienti, un capitale umano scarsamente valorizzato, servizi, non solo pubblici, inadeguati al sostegno della competitività. Ecco come l'ISTAT descrive le cose.
Nell'ultimo anno, la crescita del nostro paese equivale alla metà di quella media del resto dell'Unione europea.
Il peso del deficit pubblico ed il sistema pensionistico si riflettono gravemente sulla struttura salariale, dove l'incidenza fiscale e previdenziale rende il costo per unità di prodotto non più concorrenziale.
Nel 1998 il PIL è cresciuto del 1,3% in meno rispetto al '97 che aveva fatto registrare un + 1,5%.
Per il 1999 il governo aveva previsto una crescita del 2,5% mentre in realtà, se non interverranno fatti nuovi, il PIL aumenterà solo di poco, dell'1,4 % contro una media europea del 2,9% (ad esempio in Irlanda è del 10,4%) Siamo gli ultimi in Europa !
Per quanto riguarda la produzione industriale, di fronte ad un aumento medio europeo dello 0,4%, l'Italia fa registrare una contrazione di -1,4%, il dato peggiore fra i 15 paesi membri.
E non è certo un caso. L'Italia subisce, come gli altri paesi, la pressione concentrica della integrazione economica europea e della mondializzazione dei mercati che mette in crisi ? Il peso delle imposte indirette sulla produzione è cresciuto del 27, 8 %, passando dal 12,6 al 15,4 % del PIL.
Come afferma il professor Cazzola mutatis mutandis, il welfare state, il modello sociale europeo alla fine del XX secolo svolge in seno all'Unione la medesima funzione di conservazione di un determinato ordine economico e sociale che l'ancien régime aveva alla fine del XVIII secolo.
Tutta l'Europa soffre di ipertrofia da welfare state. La spesa sociale nel nostro paese ha una struttura squilibrata ed il sistema non è equo, tanto che il mastodontico apparato di sicurezza sociale esistente non è in grado di provvedere a chi ne ha maggiormente bisogno.
Nel 1997 sono state erogate 21.788.000 pensioni di anzianità a favore di 16.300.000 persone, mentre gli occupati erano 20.087.000.
Dal 90 al 97 solo l'Inps ha erogato 1.352.000 nuove pensioni d'anzianità mentre la forza lavoro diminuiva di 1.114.000 addetti.
Ancora 25 anni e ci saranno più pensionati che occupati.
Apparteniamo al paese che spende e spenderà per le pensioni di anzianità più che per l'istruzione o la sanità.
Nella media europea, le generazioni future dovranno sopportare un onere netto pro capite di 38.000 euro (76 milioni), mentre per l'Italia tale debito sale a 77.000 euro (184 milioni).
In un anno i 6 uffici di collocamento privati autorizzati per legge hanno trovato lavoro a 200 persone. Su 3 milioni di disoccupati fa lo 0,0000666% ! Gli uffici di collocamento pubblici impiegano 12.000 persone e spendono centinaia di miliardi.
Export italiano +1,3 % contro il 2,9% della media europea. Il Made in Italy è cresciuto solo del 1,2 % contro il 5 % del 1997.
Importazioni +6,1%; export + 1,2% ! Perdita di competitività dell'azienda italiana.
Il miracolo del Nordest e di altre realtà dinamiche rischia di vanificarsi se il sistema non riuscirà ad assorbire innovazione tecnologica e ad investire capitale umano.
+ 0,7% nell'occupazione, ma..
Disoccupazione al 12,3%, 1 punto in più della media europea.
Ci sono in Italia 3.400.000 lavoratori in nero.
La previdenza assorbe il 15 % del PIL. Senza intervenire in maniera strutturale sui meccanismi delle uscite diventa inutile gravare ancor più un'economia che riversa automaticamente quasi la metà del PIL alle entrate e che sopporta una pressione fiscale che i dati ISTAT riferiti al '98 danno al 43,6%.
Il tasso d'occupazione è del 74% negli Stati Uniti ed in Giappone, è del 60,5% a livello dell'UE ed è del 51,3% in Italia. Per la fascia d'età fra i 55 ed i 64 anni, il tasso d'occupazione è del 57,2% negli USA, del 63,6% in Giappone e del 27,4% in Italia.
Su 100 persone in età lavorativa, 3 nell'Unione europea e 2 negli USA sono contadini, 18 lavorano nell'industria in ambedue i casi. Ma mentre in Europa gli addetti ai servizi sono pari ai disoccupati (40 a 39), in America gli addetti ai servizi sono 54 e i disoccupati 26.
Sembra esserci, insomma, una sorta di trade-off tra disoccupazione e creazione di posti di lavoro. Come dice il Premio Nobel Amartya Sen, è meglio qualsiasi lavoro, ancorché precario e poco qualificato, di non lavorare affatto.
Maggiore è la porzione di reddito che un cittadino controlla direttamente, più è lui stesso tenuto a prendere decisioni. Può scegliere di coprirsi verso certi rischi, e non verso altri. Può scegliere la compagnia con cui assicurarsi. Può scegliere per i figli un'ottima università, una mediocre o nessuna.
C'è insomma, dietro il mercato, il lavoro ed il welfare, una fondamentale questione di libertà individuali.
E' tempo di ridiscutere, dopo che gli esami per l'Euro sono finiti, il contratto sociale che lega il cittadino allo Stato. Dobbiamo, tutti, chiedersi cosa deve farsi carico lo stato, oltre la sicurezza esterna ed interna, la giustizia, la scuola dell'obbligo e certe infrastrutture, e cosa invece occorre lasciare all'incontro fra la domanda e l'offerta, con il ruolo dello stato limitato alla creazione ed al mantenimento di un quadro legislativo e amministrativo che permetta il buon funzionamento della concorrenza e assicuri i diritti dei consumatori.
Nella graduatoria sulla libertà economica nel mondo stabilita annualmente, l'Italia è al 55 posto su 115 paesi, in compagnia di Colombia, Ecuador e Lituania.
La liberalizzazione dell'economia, l'apertura dei mercati, l'applicazione delle regole di concorrenza rappresentano il modo di essere dello stato liberale, perfettamente conciliabile col perseguimento di politiche sociali.
Non la deregulation, la giungla, l'occupazione e l'abuso di monopolio e degli oligopoli, ma regole e libertà economiche per promuovere efficienza e qualità nell'interesse di imprese e consumatori.
Per i fondi strutturali, la spesa a fine 98 è stata solo del 33%, e il governo dice che quest'anno, ultimo del quinquennio, si arriverà al 75/80%. (?)
Per 980 posti di vigile urbano al Comune di Roma concorrono attualmente 110.000 persone, lo stesso a Palermo per un numero di posti inferiore.
Gli immigrati sono ormai al 2% della popolazione globale.
Sicilia: più alto tasso di fecondità; Palermo 1,43 contro lo 0,98 di Torino e l'1,03 di Roma (nazionale 1,22%); produzione industriale - 1,4% a fronte di un + 1,9 nazionale (+4,2 Trentino; 4,1 Liguria ecc.; Mezzogiorno +1,6%. Solo la Calabria fa peggio.