To: radical.party@radicalparty.org
Approvo entusiasticamente la vostra iniziativa e tempo fa ho anche scritto in tale senso a due quotidiani.
Mi permetto di inviarvi alcune considerazioni, sperando che possiate trovarvi qualche spunto interessante. Ce n'è da parlare e da spiegare per far capire agli italiani che la libertà è una possibilità reale.
Con stima,
Nicoletta d'Alesio
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AUGURIDUEMILA da Berlusconi - "I CARE" da Veltroni.
Ovvero: quando le democrazie vogliono troppo farsi carico,
diventano totalitarie.
Le dittature hanno sempre giocato sui sentimenti d'insicurezza dell'uomo, quando certi importanti cambiamenti sociali hanno creato situazioni per così dire precarie. All'epoca, prima Lenin, poi Hitler e Mussolini seppero ben interpretare il bisogno dell'uomo, sradicato da certe abitudini, di avere un padre, un duce: qualcuno che gli dicesse che doveva fare e, soprattutto, in che doveva credere.
Oggi, come mai nel passato, rapidissimi cambiamenti possono far sentire l'uomo disorientato. Non si tratta di precarietà (la vita è di per sé precaria), ma di arbitrarietà. Mi spiego. Cento anni fa il figlio del notaio faceva il notaio, il figlio del contadino restava contadino e il figlio del nobile diventava un ufficiale. Oggi tutto spinge a non seguire le orme del padre, ma c'è chi vorrebbe farci intendere che per i giovani ciò è precario. Invece è di più: è arbitrario.
In cinquant'anni l'Italia ha fatto grandissime conquiste economiche e sociali. Eppure, quotidianamente ci viene ribadito che non abbiamo più valori (la morale ha perso la sua forza animatrice e il suo prestigio, la fede religiosa è una rarità, il marxismo senza il proletariato fa buchi, la famiglia tende a dissolversi, e la stessa moneta non è più in grado di dare garanzie non avendo più un valore stabile). E ci viene fatto il ritratto di un uomo in balia della propria ansietà, di un'insicurezza materiale e morale, mentale e spirituale. Come può quest'uomo vivere senza un ideale o una qualsiasi aspirazione? Chi può proteggerlo? Come orientarlo nelle scelte di lavoro? Chi lo assisterà nei rapporti con il padrone dell'azienda? Chi gli darà garanzie nella vecchiaia e nelle malattie?
Ecco che per un'assurda mistificazione, alcune democrazie occidentali, in primo luogo quella italiana, sono tentate di farsi carico non solo di quei compiti istituzionali ben precisi che a esse spettano, ma anche della direzione morale, spirituale, professionale, e chi più ne ha più ne metta, dei propri cittadini. La filosofia della loro politica, quando non si richiama al "buon senso" materialistico-borghese (un tempo si diceva "Diamo loro sicurezza, del lavoro, un alloggio, e loro saranno tranquilli"; oggi a ciò si può aggiungere "delle fiction televisive, qualche lotteria miliardaria, un ricco campionato di calcio, un concerto in piazza e un mese di ferie"), si riduce a qualche slogan ("I care"). Ma se un partito politico, sia esso democristiano o socialista, si assume degli incarichi che non gli sono propri, inevitabilmente diventa totalitario. No, non è giusto chiedere tanto ai nostri uomini di Stato, pur grandi essi siano!
Il Partito Radicale, con il movimento "Rivoluzione Liberale", intende invece far capire ai cittadini italiani che fra l'angoscia dell'"arbitrario" e la "sicurezza" delle dittature, esiste la libertà, che è una possibilità reale e una parola esaltante.
Ai giovani dobbiamo far capire che nella società civile nessuno è isolato, perché è l'individuo che crea la società, non viceversa. A giovani dobbiamo pertanto insegnare che ciascuno non soltanto può, ma deve partecipare alla creazione della società, spiegando però che il verbo partecipare ha un duplice significato: prendere parte e apportare; dare e ricevere. Questi significati non sono contrapposti, ma complementari. Se per un verso abbiamo quindi il dovere di trasmettere ai giovani informazioni, esperienze, conoscenze e competenze, per l'altro verso dobbiamo incitarli ad agire, a esprimersi attivamente nella comunità svolgendovi un ruolo adeguato alle proprie possibilità, a essere aperti ai cambiamenti, a imparare a volare con le proprie ali, a correre il rischio delle proprie scelte. E, soprattutto, dobbiamo insegnare ai giovani - con la forza dell'esempio - a sentirsi liberi sì, ma responsabili.
Nella libertà e nella responsabilità si esprimono infatti il buon cittadino e la salute della democrazia. Senza responsabilità, la democrazia degenera in un individualismo anarchico; senza libertà, in un collettivismo tirannico.
Nicoletta d'Alesio dimcdrom@tin.it