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- 26 maggio 2000
Difesa consultative status: bozza motivazioni antiproibizioniste

Di Carmelo Palma

L'impegno per la riforma della legislazione internazionale sulle sostanze psicoattive e psicotrope rientra fra le prioritß storiche del TRP. Le ragioni di questo impegno sono contenute e documentate in tutte le iniziative intraprese dal TRP anche in sede ONU, presso la Commissione Narcotici di Vienna. In tutti i casi, la legalizzazione delle droghe proibite presentata come una strategia di contrasto alla diffusione delle droghe alternativa, per obiettivi e strumenti, a quella di tipo puramente repressivo a cui oggi, in base alle Convenzioni Internazionali, affidato il successo della 'guerra alla droga'.

I pochi paesi della comunitß internazionale che hanno realizzato quanto da decenni il TRP promuove e propone in tema di 'politica sulle droghe' (la depenalizzazione del consumo delle droghe, la commercializzazione controllata delle 'droghe leggere', la distribuzione gratuita sotto controllo sanitario dell'eroina ai tossicodipendenti) attestano non solo i possibili risultati positivi di una politica di legalizzazione, ma anche l'assoluta coerenza di strumenti e leggi 'non repressive' con l'obiettivo di ridurre la diffusione del mercato criminale delle droghe.

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In particolare, l'impegno del TRP si rivolto alla contestazione della fondatezza giuridica e dell'efficacia politica delle leggi proibizioniste, rilevando, da un lato, l'incompatibilitß della sanzione del consumo individuale con i principi degli ordinamenti giuridici di tipo liberale, e documentando, dall'altro lato, come i risultati della politica repressiva contrastino con gli obiettivi dichiarati e dimostrino al contrario che la proibizione costituisce un incentivo alla diffusione illegale delle sostanze proibite e al rafforzamento del potere politico, economico e sociale delle organizzazioni criminali.

Da questa analisi- fondata su studi di natura 'scientifica' che hanno ampio credito e circolazione sul piano internazionale- consegue la denuncia della natura 'criminogena' del regime proibizionista, e di una politica che, malgrado gli auspici di quanti ne difendono le finalitß, accrescendo il valore 'di mercato' delle sostanze proibite e il legame 'criminale' fra i consumatori e gli spacciatori di droghe, incentiva la diffusione della criminalitß, consegna alla 'mafie della droga' un enorme potere di corruzione e condizionamento delle societß e delle economie legali e rende pi· difficili e meno credibili le stesse strategie di cura e recupero di consumatori di droghe e tossicodipendenti. Dunque, la politica per la legalizzazione delle droghe finalizzata al ripristino di un effettivo potere di controllo e regolamentazione legale di un fenomeno che le legislazioni proibizioniste non riescono ad affrontare.

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Diversi sono gli strumenti che il TRP ha utilizzato per promuovere la legalizzazione delle droghe proibite: manifestazioni e convegni pubblici, proposte legislative di iniziativa popolare ( nel 1994 il TRP present al Parlamento Italiano una pdl di iniziativa popolare per la legalizzazione delle droghe legge e la somministrazione controllata dell'eroina) e supporto all'iniziativa parlamentare; proposte di referendum (proprio ad un referendum promosso dal TRP, in Italia nel 1993 i cittadini italiani abrogarono le norme che disponevano la criminalizzazione del consumo di droga e la proibizione di alcune forme di trattamento farmacologico dei tossicodipendenti da eroina); iniziative di disobbedienza civile volte alla denuncia politica e alla contestazione giuridica degli esiti paradossali a cui giunge la giurisprudenza in applicazione delle norme 'proibizioniste'.

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In questo quadro rientrano le iniziative di disobbedienza civile realizzate in Italia e in Francia, consistenti nella distribuzione pubblica, preannunciata all'autoritß giudiziaria e agli organi di polizia di piccole quantitß di droghe leggere. Come emerge dalla documentazione disponibile, e dalle stesse sentenze dell'autoritß giudiziaria italiana, l'obiettivo di queste iniziative non era dunque la promozione o l'induzione al consumo di droga (da cui tutti gli imputati sono stati prosciolti od assolti), o la vendita di sostanze proibite (il reato di spaccio a fini di lucro non mai stato contestato a nessuna delle persone coinvolte), ma la distribuzione gratuita di piccole dosi di droghe leggere per contestare l'equiparazione 'giuridica' della semplice cessione (senza fini di lucro) alla fattispecie dello spaccio di droga, e quindi dell'illecito arricchimento, che definisce una condotta di ben maggiore gravitß sociale e criminale.

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Non vi dunque alcun dubbio che le manifestazioni in cui si realizzarono le iniziative di disubbidienza civile fossero di natura puramente dimostrativa e il loro scopo ultimo fosse proprio quello provocare l'incriminazione dei promotori e quindi la contestazione, anche in sede giudiziaria, dell'irrazionalitß della legislazione repressiva; questo percorso politico era ampiamente giustificato dalla previsione, dimostratasi esatta, che attraverso successive evoluzioni la stessa giurisprudenza sulla droga avrebbe potuto correggere alcune distorsioni delle norme legislative; infatti, nel....fu proprio la Corte di Cassazione (e non il Parlamento) a 'depenalizzare' in Italia una condotta non identica, ma analoga a quella contestata ai militanti radicali (la cessione gratuita ai fini di consumo di gruppo).

La vicenda giudiziaria, che ha coinvolto i militanti radicali ben lungi dall'essersi conclusa, ma le stesse sentenze di condanna hanno riconosciuto ai protagonisti delle iniziative le attenuanti dovuto all'aver agito 'per motivi di alto valore umano e sociale'.

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Su questa base, pare dunque dimostrato che, con riferimento alle iniziative antiproibizioniste, non ricorre alcuna delle condizioni previste nel paragrafo 57 (b) della Risoluzione del Consiglio Economico e Sociale per la sospensione dello status consultivo al TRP.

 
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