from: pietroforte@aginet.itLettera aperta ai Parlamentari della Repubblica italiana
St.mo Onorevole,
mi permetto, da privato cittadino e Suo elettore, di disturbarLa con questo messaggio per segnalarle il potenziale caos, cui potrebbe andare incontro il sistema sociale ed economico del nostro Paese nelle prossime settimane.
Premessa: stiamo parlando di internet, ovvero di quel mirabolante
sistema, oscuro per molti, sempre e comunque divulgato in maniera
fuorviante, che potrebbe e dovrebbe modificare radicalmente la nostra
societa' e che in ogni caso mi permette di comunicare con Lei (forse),
cosi' facilmente.
Sintesi: il desiderio di essere chiaro e preciso, data la gravita' della
situazione, non mi ha permesso di essere troppo breve, per cui ho
pensato di sintetizzare il problema, in maniera un po' cruda,
nell'immagine allegata.
Antefatto: in Italia, piu' che in qualsiasi altro Paese del mondo
occidentale, le Istituzioni ed i cosiddetti "poteri forti", hanno
ignorato e (magari involontariamente) osteggiato il progresso
telematico. Solo nel 1995, in sordina, internet ha incominciato a
diffondersi, sottovoce e grazie al passaparola tra i pochi "adepti". In
questo periodo e negli anni immediatamente successivi, sono nate
parecchie aziende ed altre si sono diversificate (si dice circa 5.000)
per offrire servizi inerenti l'accesso, l'utilizzo e la presenza in
internet. Si tratta di realta' piccole e piccolissime che non hanno mai
beneficiato dei favolosi guadagni vaticinati dai media e certamente non
hanno assaporato l'euforia del successo borsistico della propria
azienda. Nel complesso si tratta di persone estremamente competenti che
per anni hanno lavorato non 36 o 35, ma spesso 72 ore alla settimana,
sospinte unicamente dalla passione e dal desiderio di creare un mondo
nuovo (come era successo dieci anni prima con la nascita degli
assemblatori di personal computer), dal momento che la totalita' dei
loro incassi, in questi anni sono stati ripartiti equamente tra l'Erario
(giustamente) ed il monopolista telefonico (un po' meno giustamente). Si
tratta di persone che hanno lavorato sodo, diffondendo internet e la
cultura informatica, con la forza dell'entusiasmo e grande capillarita'
sul territorio, sostenendo costi assurdi nelle situazioni
geograficamente piu' disagiate. Si tratta di persone che non hanno mai
detto "Piove, Governo ladro!", semplicemente perche' non hanno mai avuto
il tempo di guardare fuori dalla finestra per vedere che tempo faceva.
Il problema: l'identificazione della causa che ha generato tutta
l'attuale confusione nel mondo delle telecomunicazioni e' banale: la
privatizzazione di Telecom Italia si sarebbe dovuta realizzare creando
due aziende, una di servizi, destinata a competere ad armi pari con le
altre nascenti Compagnie telefoniche, l'altra, monopolista per legge o
di fatto, in virtu' del possesso, fra gli altri, dell'ormai famigerato
"ultimo miglio".
Fin qui si tratterebbe solamente dell'ennesima patologica intrusione
legislativa con l'effetto di sconvolgere le regole del libero mercato e
delle pari opportunita'. Le grandi Compagnie telefoniche, in quanto
espressioni di grandi Gruppi nazionali e stranieri, dopo l'attuale
granguignol, finiranno per trovare un accordo anche troppo amichevole
(come ultimamente censurato nel settore assicurativo ed in quello
bancario).
Le vere vittime di questa situazione, vasi di coccio tra i vasi di
ferro, privi di padrinaggi e capitali, sono quindi i piccoli Internet
Service Provider (ISP).
Gia' in passato i mutamenti del mercato hanno spazzato via intere
categorie di lavoratori e di imprese, ma mai era avvenuto un tentativo
di soppressione cosi' violento. Il motivo del decesso non e' nei tempi
che cambiano, nell'evoluzione tecnologica, nelle economie di scala, nei
mutamenti del mercato, nella scarsa imprenditorialita', nella mancanza
di capitali, di manodopera, di fantasia, di flessibilita', di
comprensione del mercato o quant'altro.
Il problema risiede nel fatto di dover competere con il proprio
fornitore monopolista, in un'assenza e confusione di regole maggiore di
quella che si ebbe alla nascita delle prime televisioni private;
l'arroganza e l'arbitrio del Monopolista telefonico non sono dovuti
all'abiezione dei suoi dirigenti, ma sono la logica conseguenza in un
libero mercato in cui ci sono troppe regole formali inutili e mancano le
poche regole sostanziali in grado di creare condizioni di concorrenza e
pari opportunita' per tutti ed in particolare per tutelare i piu'
deboli, se questo e' il ruolo delle Istituzioni.
Il Parlamento con la sua cronica, ed a volte indispensabile, lentezza
non puo' rincorrere e cercare di modificare gli effetti di regole
sbagliate in un settore che si evolve con enorme rapidita', ma deve
agire sulle cause che determinano il problema.
Per semplificare la questione e' come se l'unico panificio della citta',
forte dei consistenti introiti dovuti alla gestione della Lotterie
cittadine, decidesse di regalare, di fronte a tutte le rivendite di
pane, panini, per di piu' imbottiti di prosciutto e formaggio, con
un'imponente campagna pubblicitaria, "tutti hanno diritto ad un buon
panino", marjorettes e saltimbanchi. Per non correre rischi il panificio
utilizzerebbe la farina buona per la propria iniziativa e quella
scadente per fare il pane da consegnare alle rivendite, con la falsa
promessa di uno sconto; infine si preoccuperebbe di fare pressioni per
l'introduzione di sempre nuovi adempimenti burocratici, vaghi e
contraddittori, per vessare le piccole rivendite di pane, le quali non
dispongono certo di uffici amministrativi e legali. Quante probabilita'
di sopravvivenza dareste a ciascuna delle rivendite di pane? Questo e'
cio' che accade da oltre un anno nel settore dei piccoli ISP.
Il bello e' poi che il piccolo ISP, se non dichiara un utile "adeguato",
rischia anche un'ispezione fiscale, mentre la grande Compagnia
telefonica, in conseguenza delle perdite generate, viene addirittura
incensata dagli analisti economici e di conseguenza premiata da un
mercato borsistico che, per brevita', possiamo limitarci a definire
"strano".
Sarebbe in ogni caso errato addebitare unicamente a Telecom Italia
l'intera colpa di questo misfatto: se un pit bull azzanna un bambino, la
colpa non e' del cane ma del padrone che non gli ha messo la museruola.
Le conseguenze: in questa situazione il problema maggiore non sara' la
perdita dell'occupazione; difficilmente vedremo un'appartenente a questa
categoria protestare in punta ad una ciminiera od incatenato da qualche
parte; difficilmente ingrossera' l'elenco degli iscritti al
collocamento, dei lavoratori socialmente utili, dei "cassa-integrati".
Le aziende, anzi, attendono avidamente la disponibilita' di questa
manodopera. Qual e' allora il problema? Innanzitutto si tratta di una
questione etica, e' stata distrutta l'essenza stessa di internet, nato
come un arcipelago, come la migliore Italia, quella dell'epoca dei
liberi Comuni, quella dell'artigianato e della piccola imprenditoria,
delle idee, della competitivita' e della passione. Invece di insegnare
ai neofiti la cultura di internet e la sacralita' della "netiquette", si
trasforma internet in una simil-televisione massificata, banale, rozza
ed ignorante, mirata a sollecitare gli istinti meno nobili e coercizzare
commercialmente i piu' sprovveduti. Fin qui poco importa, siamo abituati
a disinteressarci dei problemi etici che non fanno audience, tra lacrime
e compassione.
Il guaio e' che gli esperti di internet non sono come i ciabattini e gli
impagliatori di sedie. Non sono in possesso di nessuna informazione
segreta, ma basta ragionare con un po' di logica per capire quanto possa
essere nefasto portare all'esasperazione i "cornuti e mazziati" di
internet. A persone che erano abituate a ragionare solo in termini
tecnici e' stato inculcato con violenza il concetto che, anche lavorando
sedici ore al giorno, senza padrinaggi, senza capitali, senza
raccomandazioni, senza appoggi forti, senza barare, senza imbrogliare,
senza malizia, non solo non si diventa ricchi, ma non si riescono
neppure a pagare i debiti. Poiche' almeno il 10% degli ISP, nel momento
in cui non avesse veramente piu' nulla da perdere, ha le competenze
tecniche per mettere in ginocchio buona parte della rete telematica
italiana, ancora giovane e poco attrezzata, il rischio che la protesta
non si concretizzi in striscioni ed urla, ma in forme piu' isolate,
silenziose e dannose, e' tutt'altro che remoto.
Posso gia' raccontare il finale di questa storia: vivremo nel caos per
mesi, con enormi perdite economiche e di credibilita', verranno
arrestati alcuni giovani dalla faccia studiosa e per bene (di certo non
quelli bravi) che spiegheranno in vari talk-show perche' l'hanno fatto,
trovando consenso e solidarieta', riceveranno una condanna esemplare che
non sconteranno mai ed infine verranno assunti con un discreto stipendio
da aziende che si occupano di sicurezza informatica.
E' ragionevole andare incontro ad una tale situazione?
Se non per coscienza, almeno per cinico interesse, occorre affrontare
questo problema e spero che la soluzione non sia quella di arrestare
preventivamente tutti gli ISP italiani, nel qual caso immagino si
iniziera' da me, benche' abbia modeste competenze tecniche.
Poiche' credo che l'elezione di un Parlamentare sia dovuta al
riconoscimento del suo buon senso e saggezza, piuttosto che di una
competenza "tuttologa", mi auguro che voglia verificare, attraverso
degli esperti di settore, come quanto sopra esposto non sia frutto della
fantasia ma una preoccupante ipotesi realistica, ed agire di
conseguenza.
Grazie per l'attenzione
Cordiali saluti
A.G.I. net srl
Antonio Pietroforte
amministratore unico
pietroforte@aginet.it
www.aginet.it
tel 0293565063
fax 0293561767
p.zza Liberta',14
20010 Cornaredo (MI)