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- 6 giugno 2000
Re: Internet
from: pietroforte@aginet.it

Lettera aperta ai Parlamentari della Repubblica italiana

St.mo Onorevole,

mi permetto, da privato cittadino e Suo elettore, di disturbarLa con questo messaggio per segnalarle il potenziale caos, cui potrebbe andare incontro il sistema sociale ed economico del nostro Paese nelle prossime settimane.

Premessa: stiamo parlando di internet, ovvero di quel mirabolante

sistema, oscuro per molti, sempre e comunque divulgato in maniera

fuorviante, che potrebbe e dovrebbe modificare radicalmente la nostra

societa' e che in ogni caso mi permette di comunicare con Lei (forse),

cosi' facilmente.

Sintesi: il desiderio di essere chiaro e preciso, data la gravita' della

situazione, non mi ha permesso di essere troppo breve, per cui ho

pensato di sintetizzare il problema, in maniera un po' cruda,

nell'immagine allegata.

Antefatto: in Italia, piu' che in qualsiasi altro Paese del mondo

occidentale, le Istituzioni ed i cosiddetti "poteri forti", hanno

ignorato e (magari involontariamente) osteggiato il progresso

telematico. Solo nel 1995, in sordina, internet ha incominciato a

diffondersi, sottovoce e grazie al passaparola tra i pochi "adepti". In

questo periodo e negli anni immediatamente successivi, sono nate

parecchie aziende ed altre si sono diversificate (si dice circa 5.000)

per offrire servizi inerenti l'accesso, l'utilizzo e la presenza in

internet. Si tratta di realta' piccole e piccolissime che non hanno mai

beneficiato dei favolosi guadagni vaticinati dai media e certamente non

hanno assaporato l'euforia del successo borsistico della propria

azienda. Nel complesso si tratta di persone estremamente competenti che

per anni hanno lavorato non 36 o 35, ma spesso 72 ore alla settimana,

sospinte unicamente dalla passione e dal desiderio di creare un mondo

nuovo (come era successo dieci anni prima con la nascita degli

assemblatori di personal computer), dal momento che la totalita' dei

loro incassi, in questi anni sono stati ripartiti equamente tra l'Erario

(giustamente) ed il monopolista telefonico (un po' meno giustamente). Si

tratta di persone che hanno lavorato sodo, diffondendo internet e la

cultura informatica, con la forza dell'entusiasmo e grande capillarita'

sul territorio, sostenendo costi assurdi nelle situazioni

geograficamente piu' disagiate. Si tratta di persone che non hanno mai

detto "Piove, Governo ladro!", semplicemente perche' non hanno mai avuto

il tempo di guardare fuori dalla finestra per vedere che tempo faceva.

Il problema: l'identificazione della causa che ha generato tutta

l'attuale confusione nel mondo delle telecomunicazioni e' banale: la

privatizzazione di Telecom Italia si sarebbe dovuta realizzare creando

due aziende, una di servizi, destinata a competere ad armi pari con le

altre nascenti Compagnie telefoniche, l'altra, monopolista per legge o

di fatto, in virtu' del possesso, fra gli altri, dell'ormai famigerato

"ultimo miglio".

Fin qui si tratterebbe solamente dell'ennesima patologica intrusione

legislativa con l'effetto di sconvolgere le regole del libero mercato e

delle pari opportunita'. Le grandi Compagnie telefoniche, in quanto

espressioni di grandi Gruppi nazionali e stranieri, dopo l'attuale

granguignol, finiranno per trovare un accordo anche troppo amichevole

(come ultimamente censurato nel settore assicurativo ed in quello

bancario).

Le vere vittime di questa situazione, vasi di coccio tra i vasi di

ferro, privi di padrinaggi e capitali, sono quindi i piccoli Internet

Service Provider (ISP).

Gia' in passato i mutamenti del mercato hanno spazzato via intere

categorie di lavoratori e di imprese, ma mai era avvenuto un tentativo

di soppressione cosi' violento. Il motivo del decesso non e' nei tempi

che cambiano, nell'evoluzione tecnologica, nelle economie di scala, nei

mutamenti del mercato, nella scarsa imprenditorialita', nella mancanza

di capitali, di manodopera, di fantasia, di flessibilita', di

comprensione del mercato o quant'altro.

Il problema risiede nel fatto di dover competere con il proprio

fornitore monopolista, in un'assenza e confusione di regole maggiore di

quella che si ebbe alla nascita delle prime televisioni private;

l'arroganza e l'arbitrio del Monopolista telefonico non sono dovuti

all'abiezione dei suoi dirigenti, ma sono la logica conseguenza in un

libero mercato in cui ci sono troppe regole formali inutili e mancano le

poche regole sostanziali in grado di creare condizioni di concorrenza e

pari opportunita' per tutti ed in particolare per tutelare i piu'

deboli, se questo e' il ruolo delle Istituzioni.

Il Parlamento con la sua cronica, ed a volte indispensabile, lentezza

non puo' rincorrere e cercare di modificare gli effetti di regole

sbagliate in un settore che si evolve con enorme rapidita', ma deve

agire sulle cause che determinano il problema.

Per semplificare la questione e' come se l'unico panificio della citta',

forte dei consistenti introiti dovuti alla gestione della Lotterie

cittadine, decidesse di regalare, di fronte a tutte le rivendite di

pane, panini, per di piu' imbottiti di prosciutto e formaggio, con

un'imponente campagna pubblicitaria, "tutti hanno diritto ad un buon

panino", marjorettes e saltimbanchi. Per non correre rischi il panificio

utilizzerebbe la farina buona per la propria iniziativa e quella

scadente per fare il pane da consegnare alle rivendite, con la falsa

promessa di uno sconto; infine si preoccuperebbe di fare pressioni per

l'introduzione di sempre nuovi adempimenti burocratici, vaghi e

contraddittori, per vessare le piccole rivendite di pane, le quali non

dispongono certo di uffici amministrativi e legali. Quante probabilita'

di sopravvivenza dareste a ciascuna delle rivendite di pane? Questo e'

cio' che accade da oltre un anno nel settore dei piccoli ISP.

Il bello e' poi che il piccolo ISP, se non dichiara un utile "adeguato",

rischia anche un'ispezione fiscale, mentre la grande Compagnia

telefonica, in conseguenza delle perdite generate, viene addirittura

incensata dagli analisti economici e di conseguenza premiata da un

mercato borsistico che, per brevita', possiamo limitarci a definire

"strano".

Sarebbe in ogni caso errato addebitare unicamente a Telecom Italia

l'intera colpa di questo misfatto: se un pit bull azzanna un bambino, la

colpa non e' del cane ma del padrone che non gli ha messo la museruola.

Le conseguenze: in questa situazione il problema maggiore non sara' la

perdita dell'occupazione; difficilmente vedremo un'appartenente a questa

categoria protestare in punta ad una ciminiera od incatenato da qualche

parte; difficilmente ingrossera' l'elenco degli iscritti al

collocamento, dei lavoratori socialmente utili, dei "cassa-integrati".

Le aziende, anzi, attendono avidamente la disponibilita' di questa

manodopera. Qual e' allora il problema? Innanzitutto si tratta di una

questione etica, e' stata distrutta l'essenza stessa di internet, nato

come un arcipelago, come la migliore Italia, quella dell'epoca dei

liberi Comuni, quella dell'artigianato e della piccola imprenditoria,

delle idee, della competitivita' e della passione. Invece di insegnare

ai neofiti la cultura di internet e la sacralita' della "netiquette", si

trasforma internet in una simil-televisione massificata, banale, rozza

ed ignorante, mirata a sollecitare gli istinti meno nobili e coercizzare

commercialmente i piu' sprovveduti. Fin qui poco importa, siamo abituati

a disinteressarci dei problemi etici che non fanno audience, tra lacrime

e compassione.

Il guaio e' che gli esperti di internet non sono come i ciabattini e gli

impagliatori di sedie. Non sono in possesso di nessuna informazione

segreta, ma basta ragionare con un po' di logica per capire quanto possa

essere nefasto portare all'esasperazione i "cornuti e mazziati" di

internet. A persone che erano abituate a ragionare solo in termini

tecnici e' stato inculcato con violenza il concetto che, anche lavorando

sedici ore al giorno, senza padrinaggi, senza capitali, senza

raccomandazioni, senza appoggi forti, senza barare, senza imbrogliare,

senza malizia, non solo non si diventa ricchi, ma non si riescono

neppure a pagare i debiti. Poiche' almeno il 10% degli ISP, nel momento

in cui non avesse veramente piu' nulla da perdere, ha le competenze

tecniche per mettere in ginocchio buona parte della rete telematica

italiana, ancora giovane e poco attrezzata, il rischio che la protesta

non si concretizzi in striscioni ed urla, ma in forme piu' isolate,

silenziose e dannose, e' tutt'altro che remoto.

Posso gia' raccontare il finale di questa storia: vivremo nel caos per

mesi, con enormi perdite economiche e di credibilita', verranno

arrestati alcuni giovani dalla faccia studiosa e per bene (di certo non

quelli bravi) che spiegheranno in vari talk-show perche' l'hanno fatto,

trovando consenso e solidarieta', riceveranno una condanna esemplare che

non sconteranno mai ed infine verranno assunti con un discreto stipendio

da aziende che si occupano di sicurezza informatica.

E' ragionevole andare incontro ad una tale situazione?

Se non per coscienza, almeno per cinico interesse, occorre affrontare

questo problema e spero che la soluzione non sia quella di arrestare

preventivamente tutti gli ISP italiani, nel qual caso immagino si

iniziera' da me, benche' abbia modeste competenze tecniche.

Poiche' credo che l'elezione di un Parlamentare sia dovuta al

riconoscimento del suo buon senso e saggezza, piuttosto che di una

competenza "tuttologa", mi auguro che voglia verificare, attraverso

degli esperti di settore, come quanto sopra esposto non sia frutto della

fantasia ma una preoccupante ipotesi realistica, ed agire di

conseguenza.

Grazie per l'attenzione

Cordiali saluti

A.G.I. net srl

Antonio Pietroforte

amministratore unico

pietroforte@aginet.it

www.aginet.it

tel 0293565063

fax 0293561767

p.zza Liberta',14

20010 Cornaredo (MI)

 
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