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Rossi Ernesto - 3 gennaio 1956
LA LOTTA CONTO I MONOPOLI
I VADEMECUM DEL SUCCESSO

La serie dorata dei "vademecum del successo", insegnando agli italiani come si formano nel più breve tempo le maggiori fortune, costituisce il più serio contributo che gli economisti italiani abbiano dato fin'ora alla soluzione dei problemi di fondo della nostra vita nazionale.

di Ernesto Rossi

SOMMARIO: Con un "attacco" degno della più alta e spassosa satira [tra J. Swift e N. Gogol, n.d.r.], Ernesto Rossi descrive minutamente, tra sarcasmi e paradossi, i metodi utilizzati da finanzieri ladri e farabutti per manipolare i bilanci e la gestione delle imprese, al fine di arricchirsi alle spalle dei veri azionisti e risparmiatori. Viene descritto il meccanismo dei falsi Consigli di Amministrazione, delle Holdings di comodo, ecc., grazie al quale queste truffaldine operazioni vengono compiute. "Se sono così poche le persone che si occupano disinteressatamente della cosa pubblica, e tutto - dai seggi in parlamento alle licenze per vendere le caldarroste sul canto della strada - è oggetto di mercimonio, la causa principale sta nella nostra miseria..." Basterà insomma che gli italiani si assicurino un buon conto in banca "applicando i suggerimenti di quei diffusi 'vademecum del successo'" da cui prende spunto l'articolo, per risolvere tutti i problemi della nostra vita nazionale.

(IL MONDO, 3 GENNAIO 1956)

La casa editrice "Nostri Tempi" ha lanciato una nuova collana: "I vademecum del successo". Ogni vademecum, scritto da uno specialista italiano o straniero, sarà dedicato alla soluzione di un particolare problema, secondo il seguente programma:

Serie rosa:

Come ci si fa violentare

Come si corrompono le minorenni

Come si diventa reginette di bellezza

Come si procurano gli aborti

Come si seduce un miliardario

Come si sposa una ereditiera

Come si diventa mantenute

Come si ricattano gli adulteri

Come si sfruttano i pederasti

Come si gestiscono i bordelli

Serie azzurra:

Come si usano gli afrodisiaci

Come si scrivono le lettere anonime

Come si diventa confidenti della polizia

Come si ottengono le cattedre universitarie

Come si vincono i premi letterari

Come si dirigono i giornali indipendenti

Come si finanziano i partiti

Come si fa carriera politica

Come si entra nella haute

Come si fanno lacrimare le Madonne

Serie nera:

Come si fa un delitto perfetto

Come si propinano i veleni

Come si uccide per disgrazia

Come si fabbrica un suicidio

Come si svaligiano le banche

Come si bucano le gioiellerie

Come si spaccia la moneta falsa

Come si vende la refurtiva

Come si preparano gli alibi

Come ci si disfa di un cadavere

Serie dorata:

Come si commercia in licenze di importazione

Come si vincono i pubblici incanti

Come si finanziano i films

Come si specula sulle aree fabbricabili

Come si amministrano le anonime

Come si costituiscono le holdings

Come si concludono le intese monopolistiche

Come si evade alle imposte

Come si fa un buon fallimento

Come si diventa "padroni del vapore"

Mi pare che metta di conto di soffermarci sui primi manuali usciti in questa collana un po' più diffusamente di quanto si è soliti fare negli annunci librari, perché essa viene veramente a colmare una lacuna della nostra cultura popolare. Chiunque si interessa alla diffusione della cultura popolare sa che, in genere, essa è ancora troppo umanistico-astratta: anche quando si rivolge alle "masse", pretende dare delle nozioni filosofiche, letterarie, scientifiche, che non sono di alcun aiuto davanti ai nostri problemi pratici di tutti i giorni. E' questa la ragione fondamentale del distacco della scienza dalla vita, dell'isolamento dell'uomo colto dalla società moderna, che tutti lamentiamo.

I "vademecum del successo" sono dei manuali esclusivamente funzionali. Per la loro rispondenza alle effettive esigenze dei nostri tempi, è augurabile che prendano presto il loro posto in tutte le bibliotechine delle famiglie, accanto al "Ricettario della massaia", al "Re dei cuochi", al "Medico di se stesso" e al "Nuovissimo Melzi". Essi ci dicono quali mezzi dobbiamo adoperare per raggiungere i nostri fini, indipendentemente da ogni considerazione sulla bontà o meno dei fini stessi. Come i manuali sulla guida automobilistica non discutono le ragioni buone o cattive per le quali la gente vuole imparare a guidare, così il vademecum della serie rosa, insegnando a una ragazza come ci si fa violentare, non sta a discutere se la educanda vuole, con questa operazione, ottenere i mezzi per laurearsi in teologia o per curare la vecchia madre ammalata: intende dare solo delle informazioni utili su un particolare "marketing problem", per ridurre lo sperpero delle risorse naturali.

Un'osservazione analoga vale per il manuale azzurro sugli afrodisiaci. Tempo fa i giornali hanno raccontato la storia di un rispettabile impiegato londinese che, per fare la corte a due colleghe, invece di adoperare i sonetti e il chiaro di luna, mescolò della cantaride a un gelato. Poiché non conosceva la dose, quello che avrebbe potuto essere un semplice scherzo in una storiella boccaccesca si concluse in due omicidi premeditati. Il loro autore è salito sulla forca. Tre morti ammazzati, che la lettura del manuale avrebbe potuto facilmente risparmiare.

L'ignoranza delle dosi è specialmente deplorevole nel campo dei veleni. C'è chi scioglie nella minestra o nel caffè delle persone che gli sono antipatiche un pizzico di arsenico che non sarebbe sufficiente neppure a un canarino; e c'è che adopera l'arsenico a cucchiaiate, come fosse formaggio. Nel primo caso si riesce solo a provocare vomiti, dolori viscerali, lavande gastriche, denunce alla polizia; nel secondo anche un veterinario può fare una diagnosi sicura, ed i periti giudiziari trovano poi nello stomaco del defunto tali quantità di arsenico da non lasciare il minimo dubbio sulla causa del decesso. D'altra parte pochissimi sono coloro che impiegano i veleni conoscendone il sapore. Comunque presentato con cortesia il bicchierino di rosolio alla suocera e la torta per l'onomastico del marito, se hanno un sapore insolito, disgustoso, vengono immediatamente sputati. Ne seguono seccature e complicazioni a non finire. Per evitare inconvenienti di questo genere, i consigli di un vademecum della "serie ne

ra" sono veramente preziosi.

Ed anche più preziosi possono essere i suggerimenti che un altro vademecum della medesima serie dà a chi desidera di sbarazzarsi di un cadavere. Tutti conoscono in quali difficoltà viene a trovarsi chiunque abbia da risolvere questo problema, senza una adeguata preparazione. Se, per rendere il cadavere più maneggevole, lo taglia a pezzi, lavora per delle ore, rompe i coltelli di cucina, si taglia le dita, imbratta il pavimento, la scopa, le seggiole, il vestito, l'asciugamano. Poi, con tutta la buona volontà, non riesce a far entrare il corpo in una valigia. Ne occorrono almeno due. Una volta preparate le valige, non sa dove portarle. Non è raro il caso di chi le lascia in deposito alla stazione... Cose veramente da pazzi! Se pensa di affondarle in mare o in un lago, deve essere aiutato dal tempo favorevole, trovare una barca a nolo, caricare le valigie sulla barca senza destare sospetti. E, quando tutto va bene, dopo pochi giorni le valigie, gonfiate tornano a galla e la corrente le porta alla riva. Ad

oprare il fuoco, invece dell'acqua, è una bestialità anche maggiore. Se si dispone di una stufa per calorifero, che tiri bene, non si può sperare di distruggere un cadavere in meno di dieci ore di fumo e di fetore insopportabile, che mette in allarme tutto il vicinato: il grasso cola da tutte le parti; le ossa non arrivano mai alla completa calcinazione. Ancor meno consigliabile è spargere la salma con la benzina e darle fuoco: ne risulta solo un arrosto bruciato, e la fiamma è visibile da molto lontano. Chi ha un giardino isolato spesso seppellisce il cadavere in un angolino. Sciocchezza. C'è sempre un curioso che si mette in sospetto a veder lavorare di notte: la buca non è mai abbastanza profonda; la terra non viene rimessa a posto bene; dopo un poco il fetore richiama l'attenzione dei visitatori. Chi ha una automobile molte volte pensa di poter nascondere il cadavere nella foresta. Ma portarlo fino alla macchina senza che nessuno lo veda è una difficilissima impresa; poi non si riesce a farlo star seduto

, sporca i cuscini, la macchina non entra nel folto del bosco ed i copertoni lasciano l'impronta sulla terra bagnata; il trasporto a braccia, al buio, in terreno accidentato è una fatica da non si dire: fatti un centinaio di passi, anche la persona più robusta e più prudente crede di aver trovato un nascondiglio adatto dietro una siepe, e la mattina dopo il postino, il lattaio, che passa sul sentiero lì presso, scorge subito il corpo del reato e dà l'allarme.

Il manuale della "serie nera" che tratta questo argomento mette giustamente in guardia contro le improvvisazioni dilettantesche. Prima di ammazzare una persona si dovrebbe sempre aver ben chiaro in mente qual trattamento si intende fare al sottoprodotto. Nella introduzione storica il manuale ricorda molte soluzioni originali, date in passato a questo problema. La più brillante mi sembra quella che rese famoso lo scultore francese Renè Jaquard, il quale nascose il cadavere della consorte dentro una statua di bronzo, da lui fusa per raffigurare la Giustizia. In seguito alla rottura di un canapo, la statua precipitò da una ventina di metri, mentre veniva sistemata sul frontone del palazzo del tribunale, e si ruppe un braccio, che teneva levato in alto con la spada; così si scoperse che la sua "anima" era il corpo della defunta. Il fatto avvenne a Bordeaux nel 1876. Evidentemente nessun accorgimento tecnico può garantire contro malaugurati accidenti di questo genere. Ma una accurata preparazione può ridurre

di molto gli imprevisti. Fra tutti i trattamenti razionali suggeriti nel manuale il più pratico mi sembra quello raccomandato dal Premio Nobel, Fredrich Welhouse, dell'Università di Sceminburgo, per la liquefazione del cadavere. Dopo un bagno, fatto bene, nell'acido solforico, si può aprire lo scarico della vasca, ed il cadavere se ne va da sé, come scompare nel buco del lavandino una zolletta di zucchero sciolta nell'acqua della rigovernatura. Scompaiono anche le protesi dentarie. Il manuale precisa quanti litri di acido solforico occorrono, a quale temperatura vanno adoperati, quali precauzioni prendere perché lo scarico non si intasi e la vasca non resti corrosa. Tutte informazioni che altrimenti non si saprebbe proprio dove trovare.

Ma i manuali che più mi hanno interessato sono quelli della serie dorata, perché trattano argomenti in cui ho una maggiore preparazione teorica. Per ora sono comparsi in questa serie soltanto due manuali: quello che spiega come si amministrano le anonime e quello sulle holdings.

Il primo non ci dice niente di nuovo, ma quello che dice lo dice con chiarezza e in modo ordinato.

L'introduzione storica porta parecchi esempi - da quello della Compagnia delle Indie del Lawe a quello della recentissima Moon Metal and Mineral Corporation, per lo sfruttamento del sottosuolo della luna - che dimostrano con quali sistemi di imbonimento è possibile vendere dei pezzi di carta, chiamati "azioni", che danno diritto a partecipare alla proprietà di beni fantasticamente produttivi o inesistenti.

"Ogni secondo nasce un babbeo" diceva Barnum. Basandosi su questo principio, molti "promotori" delle società per azioni riescono a rifilare titoli di tutti i colori e di tutte le dimensioni agli ingenui risparmiatori, scomparendo elegantemente dalla scena, non appena compiuta la brillante operazione.

Il manuale ci dice inoltre come si diventa più facilmente consiglieri delegati nelle maggiori società per azioni oggi in Italia (ereditando il pacchetto di controllo, ricattando il vecchio consigliere delegato, sposandone una figliola, ecc.). Per andare avanti bene, queste società devono avere un buon consiglio di amministrazione, vale a dire un consiglio composto in maggioranza di Personaggi Molto Importanti (principi, marchesi, ex ministri, ex ambasciatori, generali a riposo), che col loro nome conferiscono prestigio al consiglio, e non rompono mai le scatole ai manovratori. Inoltre, in un consiglio di amministrazione, devono esserci alcuni membri che abbiano conoscenze in alto loco, da spendere al momento opportuno, per ottenere dazi doganali, concessioni, licenze, commesse statali, campagne di stampa, proroghe dei termini, insabbiamento dei progetti di legge, transazioni in via amministrativa, ecc.: almeno un grande barone dell'industria (o un suo uomo di fiducia), che garantisca l'appoggio della Co

nfindustria ed abbia relazioni nel mondo degli affari internazionali; almeno un esponente di un istituto di credito, per ottenere scartellamenti, finanziamenti di favore, sostegno del corso dei titoli, facilitazioni per l'imboscamento dei capitali all'estero, ecc.; ed almeno un grande avvocato commercialista, che sappia dar consigli per evadere alle imposte, annacquare il capitale sociale, creare società di comodo, ecc. ecc..

I Personaggi Molto Importanti, che "danno lustro", sono soddisfatti in generale con le tantièmes sugli utili di esercizio: se si son fatti una buona fama, rispettando sempre la consegna di russare senza mai accorgersi di nulla, arrivano a mettere insieme parecchi milioni l'anno, scambiando solo degli educati saluti con gli altri membri dei consigli di cui fanno parte. I più bravi, quelli che hanno un titolo nobiliare che suona molto bene, sono come il prezzemolo: il loro nome si ritrova in dieci, venti società, le più disparate.

Gli altri consiglieri, che non sono capaci di ungere le ruote, invece, non si contentano della tantième: fanno parte del gran gioco, in cui ottengono appalti e forniture per le società nelle quali sono direttamente interessati; partecipazione agli utili degli affari che aiutano a concludere; informazioni che possono servire per giocare in Borsa a colpo sicuro.

Il manuale ci insegna poi con quali metodi è possibile raggiungere il controllo delle maggiori società investendovi delle somme che rappresentano una frazione piccolissima del loro capitale sociale (sindacato di voto fra gli azionisti più forti, società a catena, società a scatole giapponesi, ecc.). Quando è così venuto meno il rapporto fra potere e rischio, la società non è più diretta in modo da rendere massimi gli utili di esercizio: chi la controlla può guadagnare molto di più di quello che eventualmente perde per la diminuzione dei dividendi, facendo fare alla società controllata dei cattivi affari, con commesse a prezzi maggiorati, forniture sottocosto, pagamenti eccessivi per l'uso dei brevetti, rilievi disastrosi di pacchetti azionari, studi e ricerche in favore di società (molto spesso residenti all'estero) che possiede totalmente o quasi totalmente in proprio, o col trasferire a tali società gli affari migliori della controllata, o col determinare oscillazioni nei suoi titoli per acquistarli e

svenderli in Borsa.

Il manuale ci spiega anche come si possono dominare le assemblee delle società di cui non si possiede il controllo azionario (attraverso operazioni di riporto, l'esercizio del voto da parte delle banche amiche per le azioni depositate in amministrazione dai loro clienti, il deposito in amministrazione presso gli amministratori stessi dei titoli dei loro azionisti, ecc., ecc.), per fare approvare anche i più truffaldini bilanci, per ottenere la conferma degli amministratori e dei sindaci, qualunque bricconata abbiano fatto, e per fare eleggere le persone che si desiderano quali nuovi membri nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale.

Non basta che i sindaci vengano scelti dal consigliere delegato; bisogna che essi anche conoscano di dovere la loro nomina esclusivamente al consigliere delegato, e sappiano che rimarranno in carica solo finché il consigliere delegato sarà soddisfatto il loro. Quando i sindaci hanno questa piena consapevolezza si è sicuri che, nelle assemblee degli azionisti, si assoceranno ai membri del consiglio di amministrazione per esprimere i loro elogi e i loro ringraziamenti al consigliere delegato, assicureranno che tutto nella società procede nel modo più corretto e soddisfacente, e non mostreranno mai di accorgersi delle doppie contabilità, dei fondi segreti, delle sovrapposizioni di bilanci, delle scremature degli affari migliori a vantaggio degli amministratori, delle interferenze contabili fra società madri, società sorelle, società figlie, per occultare operazioni poco pulite.

Gli attuali sindaci delle anonime hanno funzioni analoghe a quelle che avevano una volta i "gerenti responsabili" dei giornali; poveri diavoli, spesso analfabeti, che per un fiasco di vino si assumevano, ad occhi chiusi, la responsabilità di tutto quel che veniva stampato. Se capitava una disgrazia andavano al fresco, senza sapere né il come né il quando, per qualche settimana. Ma le disgrazie erano solo possibili, mentre il fiasco di vino era sicuro. I sindaci delle nomine non hanno, però, pretese così modeste. Come liberi professionisti che hanno raggiunto "una certa posizione sociale" e che vengono a conoscere molte cose delicate sull'attività dei padroni del vapore, si fanno lautamente pagare, in forma diretta, e molto più ancora in forma indiretta.

Il mestiere dei sindaci è piuttosto pericoloso, è vero, ma il mestiere dell'acrobata che fa gli esercizi sul trapezio con gli occhi bendati è più pericoloso e rende molto di meno.

Nei rari casi in cui gli amministratori delle grandi società non riescono a scaricare ai contribuenti e sui consumatori, attraverso gli interventi dello Stato, le perdite risultanti dalle loro iniziative sballate, e sono costretti a riconoscere la volatizzazione del capitale sociale, possono sempre uscire dalle strette con onore.

Il manuale ricorda un episodio che è rimasto famoso nella storia delle nostre anonime. Gli amministratori di una delle nostre maggiori società industriali avevano presentato, nel 1921, all'assemblea ordinaria, un bilancio con un utile che aveva soddisfatto tutti gli azionisti, ed avevano dato le più tranquillanti assicurazioni sulla situazione patrimoniale. A distanza di poco più di un mese gli stessi amministratori convocarono un'assemblea straordinaria per denunciare la perdita completa del capitale sociale ed una grave decurtazione dell'attivo a disposizione dei creditori, per la riduzione del valore degli impianti, delle merci e specialmente dei titoli. Fu un'assemblea tempestosissima. Da molte parti si richiese la incriminazione degli amministratori per bancarotta fraudolenta. Ma gli amministratori erano ottimi direttori di orchestra: uomini di loro fiducia, sparsi abilmente nella sala, riuscirono a convincere anche i più scalmanati azionisti che, per presentare una denuncia seria, sarebbe stato ne

cessario fare appurare prima, da una commissione di inchiesta, lo stato preciso delle cose. Approvata questa proposta, tutto dipendeva dalla nomina del presidente. Allora un grande avvocato (che nessuno sapeva essere consulente di fiducia degli amministratori) si alzò da una poltrona in prima fila, sulla quale se n'era stato buono buono, senza mai prendere la parola, durante tutto il tumulto, e, rivolto verso gli azionisti che ancora berciavano dietro di lui, cominciò a fare, col braccio, grandi segni di diniego, come se rispondesse a che gli faceva un'offerta: "No, no - gridava forte - è impossibile. Non ce la faccio. Non ho il tempo. Non sono l'uomo adatto. Cercate altri". Dopo un poco, tutta l'assemblea reclamava a gran voce la sua nomina: solo di lui gli azionisti si sarebbero potuti veramente fidare. Con molta riluttanza, alla fine il grande avvocato accettò la presidenza della commissione... e così i consiglieri di amministrazione se la cavarono tutti a buonissimo mercato.

Il secondo manuale descrive i diversi tipi di imbrogli che è possibile fare attraverso le holdings, società proprietarie soltanto di titoli di altre società.

Le holding sono oggi il principale strumento di cui i grandi finanzieri si valgono per realizzare il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, per controllare più saldamente le società di cui posseggono solo esiguissime partecipazioni azionarie, per finanziare con i denari degli altri le più rischiose operazioni borsistiche, per nascondere tutti gli utili e le perdite che non vogliono pubblicamente denunciare nei bilanci, e per speculare sulla svalutazione della moneta.

Se gli amministratori di una società X controllano la holding Y, possono sempre procedere all'aumento del capitale della X facendolo sottoscrivere alla Y, la quale, a sua volta, aumenta il proprio capitale per sottoscrivere le azioni della X. In questo modo, entro i limiti della reciproca partecipazione, il capitale della società effettivamente si annulla "per la stessa ragione - ha scritto Tullio Ascarelli (a pag. 109 di "La lotta contro i monopoli", Laterza, 1955) - per la quale un viaggio di andata e ritorno dà come risultato ultimo il punto di partenza". Ma il pubblico ha l'impressione di un aumento di potenza proporzionale all'aumento del numero degli zeri aggiunti alla cifra dei capitali sociali, e questa illusoria potenza può essere monetizzata da operazioni di credito concluse con banche o con risparmiatori privati.

D'altra parte, quando, con l'annacquamento del capitale sociale, gli amministratori riescono a fare operazioni di questo genere, diventano poi inamovibili perché possono presentarsi nelle assemblee degli azionisti con l'appoggio del pacchetto della holding: le azioni corrispondenti ad effettivi versamenti di denaro restano allora sommerse dalle azioni stampate solo per permettere lo scambio dei pacchetti, e gli azionisti proprietari dell'azienda vengono completamente defraudati del loro diritto di ottenere che gli amministratori facciano quello che desiderano e di cambiarli quando non abbiamo più in loro fiducia.

Il manuale ricorda che, fin dal 1921, Luigi Einaudi aveva schematizzato chiaramente questo sistema, facendo l'ipotesi di due società. A e B, ognuna con un capitale di 10 milioni effettivamente versati (cfr. Il Buongoverno, Laterza, 1954, pagine 411 e 412):

" Di solito - osservava Einaudi - occorre che il gruppo possegga un pacchetto di azioni di ambe le società; ma non è assolutamente necessaria la maggioranza. Basta al gruppo assalitore di avere un po' comperate ed un po' preso a prestito (a riporto) metà più una delle azioni per deliberare ed eleggere".

E dopo aver spiegato come il gruppo che aveva ottenuto, per il giorno dell'assemblea degli azionisti, la metà più uno dei voti nelle due società, poteva fare approvare l'aumento del capitale della A da 10 a 20 milioni di lire, per investire i nuovi 10 milioni nell'acquisto di azioni della B, e l'aumento del capitale della B, pure da 10 a 20 milioni , per investire i nuovi dieci milioni nell'acquisto delle azioni della A, aggiungeva:

"Che cosa è accaduto in realtà? Che il capitale vero delle due società è rimasto quello che era; che neppure un centesimo di capitale nuovo o fresco è entrato nelle casse sociali; che, dopo una fuggevole comparsa di qualche milione di lire, prestato dalle banche per l'obbligatorio deposito dei tre decimi, si vede unicamente uno scambio di azioni fra le due società. La società A ha un capitale di 20 milioni, investito per 10 in impianti, ecc. e 10 in azioni della A. Lo scambio sembra ed è vizioso dal punto di vista della società, della produzione e degli azionisti; ma è importantissimo dal punto di vista degli amministratori. Il gruppo assalitore, invero, ha nominato se stesso al consiglio d'amministrazione; ed una volta insediato, non c'è più forza umana che riesca a sloggiarlo. Basta che esso possegga una azione vera, di quelle vecchie, per essere inamovibile. Infatti, nell'assemblea della A, il gruppo interviene in veste di delegato dell'azionista società B, portatrice di 10 milioni sui 20 del capital

e della A e di una azione vecchia. Ha la maggioranza e vota tutto quel che gli pare. Nell'assemblea della B il gruppo interviene in rappresentanza dell'azionista società A e di nuovo vota tutto quel che vuole. i veri, i vecchi azionisti, che hanno versato il denaro sonante dei primi 10 milioni, devono stare a vedere e non possono dir niente".

Dal 1921 in poi questo schema è stato variato in mille forme, con la sempre maggiore diffusione delle holdings, che consentono i più complicati incesti societari; ma il risultato è sempre quello: la fregatura dell'azionista.

Le holdings, inoltre, sono utili per nascondere gli utili o le perdite di esercizio, a volontà degli amministratori delle società produttrici di beni e servigi. Quando gli amministratori di queste società, per costituire delle riserve occulte che possano servire all'autofinanziamento, o per meglio evadere agli accertamenti fiscali, vogliono fare scomparire gli utili, vendono alla holding le azioni delle società non quotate in Borsa che tengono nel portafoglio titoli, a prezzi inferiori al loro effettivo valore di mercato; se, invece, per mascherare una situazione di dissesto, vogliono fare scomparire le perdite, vendono le stesse azioni alla holding a prezzi superiori al loro effettivo valore. Finché la holding non viene messa in liquidazione o non fallisce, le sue azioni, (sempre che non siano quotate in Borsa) possono continuare ad essere registrate nel bilancio della società madre al loro prezzo di acquisto, qualunque sia l'aumento o la diminuzione di valore del suo portafoglio titoli provocato da ta

li operazioni.

Infine, durante i periodi di svalutazione monetaria, l'abilità degli amministratori delle holdings consiste principalmente nel costruire, sulle ristrette fondamenta del capitale sociale, le più elevate impalcature possibili di debiti, e nell'investire il ricavo in azioni di società che gestiscono beni di più sicuro rendimento, perché godono di una posizione di naturale monopolio o di privilegio garantito dalle leggi (elettricità, telefoni, gazometri, acquedotti, zuccherifici, cementifici, eccetera). La svalutazione della moneta fa crescere il prezzo delle azioni possedute dalle holdings, le quali riescono così a rimborsare i loro creditori vendendo solo una piccola parte del loro portafoglio; la differenza resta agli accorti finanzieri.

Non credo che, dopo questa mia segnalazione, ci sia chi dubiti della importanza dei manuali della "serie dorata". Se in Italia mancano le fogne, gli acquedotti, le strade, gli ospedali, i gabinetti scientifici, le case popolari; se l'analfabetismo, la disoccupazione, la criminalità, la tubercolosi, la mortalità infantile raggiungono ancora saggi tanto elevati; se sono così poche le persone che si occupano disinteressatamente della cosa pubblica, e tutto - dai seggi in parlamento alle licenze per vendere le caldarroste sul canto della strada - è oggetto di mercimonio, la causa principale sta nella nostra miseria. Quando anche gli italiani appartenenti agli ultimi strati della popolazione, applicando i suggerimenti dei "vademecum del successo", si saranno assicurati un buon conto corrente in banca, tutti i maggiori problemi di fondo della nostra vita nazionale troveranno facilmente la loro migliore soluzione.

ERNESTO ROSSI

 
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