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Cederna Antonio - 24 aprile 1956
I VANDALI IN CASA: MONTE MARIO VENDUTO
di Antonio Cederna

SOMMARIO: Polemica contro la decisione presa dal Consiglio comunale di Roma, nell'ultima sua seduta, di approvare il progetto per la costruzione dell'Albergo Hilton a Monte Mario. Si dà notizia della tempestosa seduta, delle accuse rivolte in quella sede ai "democristiani capitolini". Ma tale seduta è stata importante, perché anche "i distratti e i profani" si sono accorti dello scandalo edilizio e urbanistico compiuto. Vengono poi analizzati i "pretesti" messi avanti dai sostenitori dell'Hilton. Essi sono "di una inverosimile inanità", mentre è evidente che "l'albergo Hilton è per l'Immobiliare una fabbrica di miliardi". Così "la sorte di Roma è nelle mani dell'Immobiliare" (delle cui proprietà a Roma si fornisce un nutrito elenco).

(IL MONDO - 24 aprile 1956)

Resteranno sempre misteriose le ragioni che hanno spinto l'amministrazione democristiana di Roma a cercare una fine così ingloriosa come quella capitatale venerdì 6 aprile, nell'ultima tempestosa seduta del consiglio comunale. Solo un totale spregio dell'opinione altrui o una rata incoscienza o oscuro desiderio di dissolvimento possono avere indotto la giunta a sollecitare dal consiglio, allo scadere del suo mandato, l'approvazione di un progetto complesso, discusso e delicato, quale il monumentale albergo panoramico che la Società Generale Immobiliare, col contributo dell'americana Hilton Corporation, da qualche anno ha deciso assolutamente di costruire in cima a Monte Mario, superstite scenario verde nel desolato cementizio paesaggio romano.

Da mesi e da anni era nota la presa di posizione contraria di istituti culturali e tecnici, di parte della stampa e di personalità autorevoli; da mesi e da anni continuava la denuncia dell'inettitudine del Comune del salvaguardare il patrimonio artistico e naturale di Roma; da mesi e da anni, dopo le lotte per la Via Appia Antica e le rivelazioni fatte durante la discussione sul piano regolatore, il sottogoverno di Roma, in fatto di urbanistica ed edilizia, era diventato la favola di tutti; da mesi e da anni la Società Generale Immobiliare, per la enormità delle sue pretese e dei suoi profitti, era diventata emblema più adeguato, per l'eterna città, che non la lupa o la cupola di S. Pietro; da mesi "L'Espresso" andava conducendo la sua violenta campagna contro la straordinaria docilità dell'amministrazione verso la Società Generale Immobiliare; da mesi si sapeva che l'opposizione avrebbe dato battaglia. Niente da fare. La dura scorza dei democristiani capitolini è a prova di bomba: essi hanno preteso ch

e il consiglio, in articulo mortis, applaudisse l'albergo panoramico della Società Generale Immobiliare a Monte Mario, come se si trattasse di un provvedimento urgente, necessario, indispensabile e di pubblica utilità. Bene sta, alla maggioranza, l'esito inglorioso dell'ultima seduta consiliare.

"L'Immobiliare paga bene deliberazioni come questa", esclamò a a mezzanotte un consigliere comunista, dopo che da sette ore durava l'efficiente opposizione della minoranza: scoppiava il tumulto, e il sindaco offeso toglieva la seduta, deludendo l'orgogliosa sicurezza della Società Generale Immobiliare. Tuttavia, valendosi di un articolo di legge, la giunta potrebbe ancora approvare il progetto dell'albergo Hilton a Monte Mario ma, a quanto si sente dire, non ne avrà il coraggio. E si spera che il nuovo consiglio comunale di Roma sia diversamente composto da quello appena scaduto.

L'ultima seduta del consiglio è stata interessante per tre motivi. In primo luogo ha mostrato nettamente la vacuità intellettuale della maggioranza democristiana, affatto impreparata a fronteggiare le argomentazioni pertinenti della minoranza, se non con boati e fiacche e approssimative concioni. In secondo luogo ha dimostrato che la maggioranza non può pretendere che la sua volontà sia democraticamente rispettata quando, già debole per il silenzio mantenuto di fronte alle accuse precise della stampa, essa non dà alla minoranza né il tempo né i mezzi per deliberare a ragion veduta, e nemmeno fornisce ad essa i documenti necessari come, nel caso, l'elenco delle proprietà, le relazioni tecniche dettagliate, la piena informazione sui particolari urbanistici della questione: da un anno la giunta conduceva le trattative con l'Immobiliare e improvvisamente ha messo la minoranza di fronte a una proposta eccezionale, alla variante di un piano particolareggiato, cioè alla conversione di un provvedimento di inter

esse pubblico in strumento di interesse privato. In terzo luogo la seduta è stata importante, perché ha finalmente richiamato l'attenzione generale sui problemi urbanistici di Roma: finalmente, c'è da sperare, i distratti e i profani si saranno accorti che anche la costruzione di un complesso alberghiero in cima a un colle, per i suoi aspetti sociali, economici, politici e giuridici, può portare con sé conseguenze assai gravi per il destino della città.

I pretesti messi avanti dai sostenitori dell'albergo Hilton sono di una inverosimile inanità.

Si pretende che l'attuazione del progetto sia urgente, e si pone il consiglio nell'alternativa di prendere o lasciare, perché il capitale straniero non può aspettare: come se non fosse colpa dei sostenitori dell'albergo avere aspettato tanto a sottoporre il progetto al consiglio, come se i responsabili non avessero dovuto riflettere cento volte, in principio, prima di accettare sventatamente la scelta di Monte Mario, come se il capitale straniero dovesse per forza fissarsi su Monte Mario, eccetera eccetera: come se, infine, argomenti di scadenze contrattuali o altro del genere, avessero un qualunque peso determinante nella soluzione dei problemi urbanistici.

Si pretende che il nuovo albergo sarà una specie di toccasana per la economia romana, perché di lusso e residenziale e i suoi 400 ospiti rovesceranno da Monte Mario, su Roma, un fiume di "valuta pregiata": come se questo potesse giustificare la deturpazione di Monte Mario, come se i vantaggi economici del turismo dipendessero dalla distruzione delle bellezze naturali e panoramiche d'Italia anziché dalla loro conservazione. Si pretende che la costruzione dell'albergo sarà assai benefica, anche perché impiegherà per un paio di anni mano d'opera italiana: come se non ci fossero altro che i capricci combinati della catena Hilton e dell'Immobiliare per alleviare la disoccupazione. L'abbiamo già scritto un'altra volta, quando si diffuse la notizia (Il Mondo, 14 giugno 1955); l'Immobiliare sarà davvero benemerita quando, rinunciando a Monte Mario, costruirà una grande collina artificiale per esempio a Pietralata, e sopra ad essa collocherà il suo albergo. Così darà molto lavoro ai romani, renderà più vario il

paesaggio e favorirà lo sviluppo di una zona depressa.

Si pretende che con la costruzione dell'albergo Hilton a Monte Mario si contribuisce a migliorare la deficiente attrezzatura alberghiera di Roma (25.000 letti, 5.000 bagni) in vista del crescente afflusso di stranieri, di congressi internazionali, delle Olimpiadi, eccetera. Ma che c'entra Monte Mario? Perché allora non trasformiamo in albergo il Colosseo? Vale la pena di liquidare un colle ancora in parte ameno per il comodo di poche centinaia di turisti (gli appartamenti saranno 380)?. Si dice anche che chi si oppone all'albergo fa il gioco degli albergatori romani ostili a un nuovo concorrente: al diavolo gli albergatori romani, e badino alle cose serie.

Si pretende che la mirabolante babilonia in cima a Monte Mario avvenga "senza oneri" per il Comune, e ci si compiace che l'Immobiliare offra la "sistemazione urbanistica" di Monte Mario, con strade che salgono dal piazzale Clodio, con concessione di un piccolo parco pubblico, di un piccolo piazzale panoramico (misero resto di quello ampio previsto dal piano regolamentare), e via dicendo: come se i 400 milioni che essa è disposta sborsare per la costruzione delle strade non corrispondessero ai contributi di miglioria che essa deve pagare per legge; come se, dati per ipotesi questi meschini immediati vantaggi per il Comune, nel valutare l'opportunità di una sistemazione urbanistica non dovessero esser presi in considerazione tutti i vantaggi e gli svantaggi sostanziali che da essa possono derivare in futuro a tutta la collettività, nel quadro complesso delle necessità e degli sviluppi futuri di tutto il comprensorio urbano. Come al solito l'amministrazione comunale agisce al di fuori di qualsiasi consider

azione di ordine generale e si fa rimorchiare dalla speculazione privata, fino a che il fatto compiuto sembra imporsi come male inevitabile e necessario.

Si pretende che l'Immobiliare, col suo nuovo albergo, non speculi oltre il cosiddetto "lecito". Ed è invece chiaro come il sole che si tratta di un altro passo avanti verso la spettacolosa "valorizzazione" dell'infelice colle, feudo dell'Immobiliare, e di tutti i terreni adiacenti. Non basta che l'Immobiliare abbia pessimamente lottizzato o costruito gran parte di Monte Mario, nel versante che non si vede da Roma, seguendo il criterio del massimo, cieco sfruttamento delle aree, in modo da trasformare una campagna in un quartiere urbanisticamente vergognoso: adesso la si dovrebbe ringraziare per l'idea di costruire l'albergo sulla cima, in modo che tutti gli altri suoi terreni, e quelli che suoi diventeranno, salgano vertiginosamente di prezzo, per trasformarsi tra qualche tempo in altrettanti incivili agglomerati di cemento. L'albergo Hilton è per l'Immobiliare una fabbrica di miliardi.

Si pretende che il nuovo albergo panoramico non disturba il panorama, non danneggia il paesaggio. "Il suo andamento sinuoso - dicono i tecnici dell'Immobiliare - ha lo stesso valore delle linee naturali". Le sue superfici vetrate, dicono le teste di legno sui giornali, "assorbiranno i colori naturali del cielo, e di mattina l'albergo sarà "azzurro", "al tramonto color amaranto", e altre grottesche sciocchezze. Altri, come l'avvocato Libotte, di cui gli stessi colleghi della maggioranza ridono volentieri, afferma invece che, Poiché Monte Mario è già rovinato, tanto vale rovinarlo ancora di più. A parte questi pensierini dei sostenitori, si può ben immaginare cosa rappresenterà per l'ultima sponda verde del panorama di Roma, un albergo di 101.000 metri cubi, lungo 150 metri d'altezza, alto 31, con 5 ettari intorno con tennis, piscine, ristoranti, laghi, belvederi, terrazze, cascate, gradinate, ripiani, rampe, statue, finte rocce, eccetera eccetera. E il "parco dantesco" lo vogliamo davvero lasciare da par

te?

Si pretende che l'albergo vada giudicato in sé, come opera d'architettura, se sta bene o se sta male. Non si vuole capire (o lo si capisce fin troppo bene) che esso, facendo salire alle stelle il valore delle aree intorno, è premessa alla costruzione di tutte le zone ancora verdi e libere all'Ovest e al Nord di Roma tra Aurelia, Trionfale, Camilluccia e Cassia: esso cioè è la spinta definitiva verso l'espansione a macchia d'olio di Roma, micidiale per ogni città, e come tale caldamente favorita da tutti gli speculatori, perché trionfo dell'anarchia e manifestazione di impotenza da parte dell'amministrazione. Dove oggi c'è ancora campagna l'Immobiliare creerà un unico tavoliere di cemento. Che lo sviluppo a Ovest e a Nord di Roma sia deleterio, è opinione dei tecnici qualificati che fanno parte del Comitato Tecnico per il nuovo piano regolatore di Roma, che hanno indicato per Roma una sviluppo prevalente a Est: è perfino condivisa dalla maggioranza dei 90 membri della Grande Commissione, che in un ordine

del giorno del novembre scorso ha indicato il Sud e l'Est come direttrici preminenti di espansione di Roma, limitando severamente lo sviluppo a Ovest e a Nord. Ora invece la maggioranza comunale, che pure ha eletto quel comitato e quella commissione, vorrebbe fare approvare l'albergo Hilton, cioè l'invasione indiscriminata delle zone verdi a Ovest e a Nord, dal momento che ciò fa piacere alla Società Generale Immobiliare.

La sorte di Roma è nelle mani dell'Immobiliare. Essa possiede circa otto milioni di metri quadrati; controlla un numero illimitato di società, è diretta dall'architetto dei palazzi apostolici, da un Cameriere Segreto e da un nipote del Papa, dal vicepresidente della Banca Commerciale Italiana e dal presidente della Fiat: cosa si può fare contro di essa? In tutti i punti cardinali di Roma essa è presente: se si parte in guerra contro l'Immobiliare al Nord, se ne avvantaggia l'Immobiliare al Sud. Il Cielo la maledica. Sfogliando i fascicoli che annualmente essa pubblica, possano vedere che tutto l'Ovest e il Nord è suo: terreni a Monte Mario, sulla Camilluccia, sulla Trionfale, sulla Cassia (Vigna Clara), tra Camilluccia e Cassia (Due Pini). A Nord Est possiede terreni oltre la città giardino, sulla Salaria, alla Bufalotta. All'Est sulla Prenestina, sulla Tuscolana (quasi 500.000 metri quadrati) di fronte a Cinecittà. A Sud possiede terreni a Tor Marancio (circa 800.000 metri quadrati) a Tor Carbone. A Su

d Ovest possiede gran parte della Via Cristoforo Colombo, tra Acilia e il Mare, dove sta costruendo quartierini per un complesso di mille o duemila case. Possiede la fascia verde tra villa Savoia e Via Panama che da tempo intende costruire, possiede la Villa Mecheri sulla Via Nomentana anch'essa in via di liquidazione, possiede l'area presso le Terme di Diocleziano dove sorgerà uno smisurato casamento, nonostante il vincolo monumentale sulla zona. Per dare l'idea del cinico disprezzo dell'Immobiliare per Roma non bisogna dimenticare che essa nel 1952 propose la costruzione di un quartiere di "alta classe" tra i ruderi della Villa dei Quintili sulla Via Appia Antica. Ora se ne va Monte Mario: stupisce che le pie persone del suo consiglio di amministrazione non esitino a detronizzare S. Pietro, nel panorama romano, con un'iniziativa tanto profana e antievangelica: su Monte Mario Costantino sognò la Croce, da Monte Mario i pellegrini provenienti dal Nord avevano improvvisa la visione della Gerusalemme celeste.

"I comunisti hanno mostrato di aborrire da tutto quello che è ecclesiastico e religioso". ha scritto stranamente l'Osservatore Romano a proposito dell'opposizione dei comunisti contro le pretese dell'Immobiliare. Altro che memorie cristiane di Monte Mario: per l'osservatore romano "ecclesiastico e religioso" è l'albergo Hilton. Non si finisce mai di imparare.

Il progetto dell'albergo Hilton rimette in discussione la responsabilità di tutte le autorità preposte alla tutela del nostro patrimonio monumentale e naturale. E' stato disprezzato l'ordine del giorno contrario approvato un anno fa dall'Istituto d'Urbanistica, che terminava con questa malinconica considerazione: "Se la visuale panoramica sulle città è il criterio guida per l'ubicazione dei grandi alberghi è meglio non parlar più di difesa del paesaggio urbano e delle bellezze naturali". E' stato disprezzato un analogo ordine del giorno del Centro per gli studi di Storia dell'architettura. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non è stato interpellato, non è stato interpellato il Ministero dell'Istruzione. Sono stati disprezzati i vincoli recenti posti sulla chiesa di S. Maria del Rosario e sulla pendice del colle. Perfino l'assessore Storoni si è mostrato contrario dal punto di vista estetico-urbanistico, cioè dal punto di vista di sua stretta competenza. Chi lo vuole allora questo dannato albergo

, se non la Società Immobiliare? (Non sarà il caso di prendere in considerazione il parere dato in via consultiva dalle due commissioni comunali edilizia e urbanistica; si sa infatti che esse, ad eccezione di due o tre persone, sono composte da accomodanti molluschi).

Non capiamo cosa aspetti l'istituto di Urbanistica a ritornare all'attacco, cosa aspettino onorevoli e senatori a intervenire, cosa aspetti il Soprintendente ai Monumenti a farsi vivo: non capiamo cosa aspetti l'associazione Italia Nostra appena costituita, cosa aspetti ad occuparsi dell'argomento la commissione di 46 membri funzionari e parlamentari, nominata il gennaio scorso (Il Mondo 21 e 27 marzo) allo scopo di opporsi all' "abbandono" e alle "devastazioni" di cui è vittima il nostro patrimonio artistico e naturale. O forse lo capiamo anche troppo bene: di essa fa parte una specie di Rebecchini statale, Guglielmo De Angelis D'Ossat, direttore generale per le Antichità e Belle Arti. E costui, a quanto ha annunciato il Rebecchini sindaco nella famosa seduta, ha già dato il suo parere "personale" favorevole alla costruzioni dell'albergo a Monte Mario. Ecco come si comporta il maggior responsabile del nostro patrimonio artistico e naturale, ecco l'utilità delle commissioni composte di quei funzionari c

he da anni sono i migliori alleati dei vandali nostrani.

Antonio Cederna

 
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