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Il Radicale - 2 marzo 1957
L'esperienza di un partito nuovo
I radicali offrono ai propri aderenti una vita difficile ostacolata dalle forze che resistono al rinnovamento della società moderna

SOMMARIO: A breve distanza dalla sua nascita, in una situazione stagnante fra opposte pressioni di un comunismo e di un conservatorismo, il nuovo radicalismo propone una nuova politica capace di risolvere i problemi del nostro paese secondo uno spirito rinnovatore e moderno.

Di fronte alla universale passività il Partito Radicale ha salutato l'unificazione socialista come il più felice evento della decadente democrazia italiana ed ha apprezzato il gesto di indipendenza dei repbblicani considerandolo chiarificatore di una situazione di ibrida coalizione quadripartitica, strumento del predominio clericale.

Un appello diretto a tutta la sinistra democratica affinchè sia concorde nel ridare agli italiani il pieno esercizio della democrazia.

(IL RADICALE N. 1, 2 marzo 1957)

Un anno di vita. A breve distanza dalla sua nascita il Partito radicale sta fra le forze democratiche italiane come un elemento maturo ed attivo, portatore di una visione politica e sociale a cui si accosta da ogni parte una opinione assai più vasta di quanto non posano abbracciare i suoi iniziali confini organizzativi. Vero è che lo spirito di questo nostro moderno e coraggioso radicalismo è figlio di una lunga preparazione. Esso è venuto gradualmente e logicamente formandosi, nel primo risveglio e poi nel pigro divagare della coscienza democratica italiana, fra uomini che si sono riconosciuti ed accompagnati nella resistenza alle molte delusioni, nel rifiuto agli adattamenti opportunistici, fra uomini che hanno continuato a credere nella forza creativa di una libertà tutta impegnata a sciogliere gli immensi problemi sociali che nel mondo di oggi gareggiano con gli stessi problemi di libertà nel promuovere la dignità e la sicurezza del vivere.

Il nome radicale rappresenta per noi il simbolo ed il richiamo del ripetersi storico di una grande funzione. Radicali ci siamo chiamati ricordando come alla svolta sociale che ha sconvolto la società europea agli inizi del '800, l'antitesi paralizzante fra la pressione della Rivoluzione francese e l'opposizione dei potenti ceti conservatori ha trovato in Inghilterra la sua risolvente in quella "radical reform" che è stata la audace ispiratrice del liberalismo ed ha fornito il primo programma alle nascenti democrazie europee. In una analoga situazione di fronte ad una società italiana stagnante fra le opposte pressioni di un comunismo che non sa ripetere se non i motivi di una arcaica e crudele formula dittatoriale ed un conservatorismo che all'ombra della protezione clericale riesuma le resistenze delle più miope reazione, il nuovo radicalismo è sorto per proporre una nuova politica capace di affrontare e risolvere concretamente i problemi fondamentali del nostro paese, secondo uno spirito rinnovatore e mode

rno che non solo può dare vigore e speranza di sviluppo alla vita pubblica italiana.

Dopo venti anni di dittatura era evidente che le libere istituzioni non potevano risorgere in Italia senza farsi strada attraverso una crisi di assestamento. Ma dieci e più anni sono trascorsi e quella crisi e quella confusione minacciano di diventare il clima permanente della nostra vita. Il risultato di un tormentato decennio di avviamento all'uso della libertà, minaccia di risolversi a ritroso in un regime di predominio clericale che è la negazione stessa dei valori spirituali e civili che hanno saldato l'unità italiana, della ispirazione ideale che ha animato il suo primo progresso politico, sociale, culturale.

Nel momento in cui la estrema sinistra è scossa dal drammatico fallimento comunista e della proclamata emancipazione del P.S.I., mentre la estrema destra denuncia la sua impotenza, mentre le stesse forze clericali sono turbate da una profonda contraddizione, la validità e la attualità della iniziativa radicale si rivelano con una evidenza che si conforta a perseverare senza tregua e senza flessioni. Di fronte alla universale passività noi abbiamo salutato fin dal suo primo annuncio l'unificazione socialista come il più felice evento che potesse risollevare la nostra decadente democrazia. Se interessi di parte, se inquietudini e timidità opposte hanno soffocato e distorto agli occhi della pubblica opinione il significato di quanto è avvenuto al Congresso socialista di Venezia, noi abbiamo preso atto della definitiva separazione fra socialismo e comunismo che esso ha rivelato e vediamo, senza facili illusioni, in questo storico evento la premessa di un risanguamento provvidenziale delle basi tradizionali della

democrazia italiana. Noi non siamo socialisti, è evidente nulla abbiamo in comune nemmeno coi margini della concezione marxista ma noi guardiamo senza timidità al reingresso unitario nella vita politica italiana di un socialismo che, fatte sue le libertà democratiche, riprenda la autonomia e preminente parte che gli appartiene nella rappresentanza degli interessi delle categorie diseredate.

Così noi salutiamo il gesto di indipendenza compiuto dai nostri amici repubblicani come un altrettanto significativo apporto alla chiarificazione di una situazione politica infestata da una ibrida coalizione quadripartita che si è fatta strumento di un permanente predominio clericale. Se la secessione repubblicana dalla stanca compagine della maggioranza quadripartita è stata riparata di stretta misura da un voto parlamentare che ne prolunga la equivoca esistenza, noi sentiamo che la prova di dignità e di coerenza data dai repubblicani ha spezzato l'immobilità di una formula governativa che ha fatto il suo tempo ed ha esaurito il suo credito.

Il paese politico è avviato a riprendere il suo normale respiro e non vi è freno di vecchi connubi e non vi è corsa ai ripari che gli possa ormai impedire di prendere coscienza delle nuove necessità e di adattare a nuovi fini nuovi schieramenti. Questa evoluzione è in atto, nonostante ogni temporeggiamento, e contiene le sue incognite, così come sempre avviene a che esca dal chiuso all'aperto, dalla pigra prudenza al coraggio. Ma, volendo vivere la vita, tutto è preferibile al rifiuto del rischio.

Il Partito radicale è il partito delle giovani generazioni che vogliono vivere in un mondo fatto perennemente giovane dal rinnovarsi delle stagioni politiche, del clima sociale e del contenuto della libertà. Le forze della sovversione e della conservazione a oltranza hanno fatto in questi dieci anni le loro sfortunate prove; giocando su questo contrasto il grande partito confessionale che pretende fondere nella stessa stretta il potere politico e spirituale ha tentato una mediazione impossibile che si è risolta in un sogno di egemonia incontrastata. Quella che in questi dieci anni non ha avuto il suo turno in Italia è la prova della democrazia moderna, è il collaudo di una libertà nuovamente concepita, produttiva di eguaglianza e di concordia sociale.

Per questo nella paura che viviamo, piena di promesse e di pericoli, il Partito radicale non si stanca di ripetere un appello diretto a tutto l'arco della sinistra democratica italiana. Si sciolga essa finalmente da ogni collusione e sottomissione estranea alla sua natura, si volga ed ubbidisca alle affinità naturali che ne fanno un settore politico a se stante, differenziato nelle dottrine particolari ma concorde nel proposito di ridare agli italiani il pieno esercizio di una democrazia ubbidiente alla loro volontà ed al loro gusto.

Questa è la missione a cui noi chiamiamo i giovani e cui sopratutto questo foglio è diretto. Elemento d'urto, di pressione per la soluzione dei problemi reali del paese, e per il suo morale e politico riordinamento, noi offriamo ai nostri aderenti una vita difficile ostacolata da tutte le forze che resistono all'incalzante rinnovamento della società moderna. Il Partito sia detto chiaramente a tutti quanti lo vogliono servire, vive sulle sue risorse morali, sul valore della sua visione politica e sulla attualità delle sua iniziativa. Esso non può contare su generosità di soccorsi, ma deve accettare la povertà che accompagna nella vita politica ogni indipendente e coerente impresa. La sua organizzazione centrale, le sue sedi periferiche singolarmente meritorie vivono per l'apporto di lavoro, di denaro, di abnegazione dei propri affiliati. E' una regola dura ma inevitabile. Se le nostre soluzioni dei problemi nazionali sono accolte con fastidio, se le nostre manifestazioni politiche sono ovattate nel silenzio d

ella stampa di partito e di informazione, se la nostra compagna di strada è la costante difficoltà, pure la nostra organizzazione vive e si estende in una disinteressata solidarietà che è per se stessa un nobile esempio, pure la nostra voce penetra e si fa intendere nella migliore opinione del paese.

Radicali siamo diventati nella più rigida delle coerenze, rinunciando ad ogni politico formale successo per raggiungere dalla base del paese quella politica influenza che in un sano ordine democratico appartiene ad ogni cittadino che serva gli interessi generali affidandosi alla guida della propria civica coscienza. Se presevereremo in questa linea morale ed in questa lucida visione, tempo verrà in cui il nome radicale prenderà il suo posto nella storia di una Italia più libera e più felice.

 
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