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Carandini Nicolo' - 15 luglio 1958
IL VERO ERRORE
di Nicolò Carandini

SOMMARIO: Risposta all'"ammonimento" rivolto dal neoministro delle Finanze on. G.Preti al "gruppo del 'Mondo'" per aver sollevato "riserve" circa il "ritorno socialdemocratico alla collaborazione governativa con la DC". Riserve, osserva l'a., hanno ugualmente sollevato i repubblicani e perfino una "minoranza" socialdemocratica. Il PSDI, durante la recente campagna elettorale, aveva parlato di "noncollaborazione governativa", e dunque il cambiamento rispetto alle promesse è di questo partito. Il fatto che la DC voglia governare assieme ai "partiti minori" non garantisce quella "difesa della autonomia dello Stato" che è stata posta al "primo punto programmatico" del nuovo governo. Come ci dice l'esperienza, la collaborazione dei partiti laici con la DC porta frutti anche peggiori che non un governo monocolore come quello dell'on. Zoli. Il "centrismo quadripartito e tripartito" è pormai una finzione "incapace di reggersi" da sola. Il successo elettorale del PSI indica invece quale sia l'ondata "di fiducia e di

incoraggiamento salita a lui dall'elettorato". Al socialismo dunque spetta "rinsanguare" una democrazia ormai stanca. Occorre stare attenti: non siamo ancora al "regime", ma l'avversione nei confronti dell'opposizione spinge in quella direzione.

(IL MONDO, 15 luglio 1958)

Dalla soglia del suo nuovo ufficio governativo l'on. Preti ha rivolto al gruppo del "Mondo" ed al Partito Radicale un ammonimento, comparso sulla "Giustizia" del 2 corrente sotto il titolo "Gli errori dei radicali". Egli ci rimprovera con severità, attenuata da un senso di accoramento come di delusa aspettazione, che mi muove a rispondergli amichevolmente. Non credo gli darà difficile deporre un ingiusto risentimento verso gli uomini che, per altro verso, egli afferma di stimare non avendo dimenticato la solidarietà che essi gli hanno dato ai tempi della coraggiosa opera moralizzatrice da lui sostenuta come sottosegretario alle pensioni di fronte ad un Parlamento sordo e infastidito. Quel ricordo già lo assicura che se egli adotterà lo stesso metro e lo stesso rigore nel reggere il dicastero delle Finanze, avrà il nostro leale consenso. A nostra volta noi gli chiediamo oggi, in nome proprio d'una reciproca stima, un più rispettoso giudizio sulle riserve con cui abbiamo dovuto accogliere il ritorno socialdemo

cratico alla collaborazione governativa con la DC. Se vi è un errore da cui dobbiamo guardarci, on Preti, esso sta veramente in questa diffusa ed ingannevole convinzione che l'opposizione al governo costituito sia comunque una mala arte, un perfido gioco di demolitori abitudinari dediti al "dispetto per il dispetto". Ma è dunque vero che, mentre tutto si appiana per il meglio, mentre il paese riceve la più rassicurante soluzione governativa, i soliti radicali, critici e sobillatori di mestiere, si ingegnano malignamente a rompere la generale armonia con la loro isolata protesta? Innanzi tutto le nostre gravi preoccupazioni sono tutt'altro che solitarie. Pensa come noi la maggioranza del partito repubblicano che ha manifestato la sua avversione ad un rinnovato, se pur diverso, tripartitismo governativo assumendo una posizione di attesa, così come nutre le stesse nostre inquietudini una viva minoranza dello stesso partito socialdemocratico. Dirò, anzi, che tutto il PSDI aveva impostato la sua campagna elettora

le sul proposito di non incappare nuovamente in una sbilanciata associazione con la DC, appunto per la preclusione che ciò avrebbe creato all'unificazione socialista. Non è colpa nostra se, ad elezioni avvenute, le cose sono andate diversamente, né ci si può chiedere che il fatto compiuto debba indurci a mutare avviso. Comunque tutto ci si può addebitare meno che di avere "imboccato una strada assolutamente sbagliata". Vero è che, in tema di non collaborazione governativa con la DC, noi tiriamo diritto logicamente sulla strada in cui abbiamo avuti compagni non solo il PRI ma anche, sia pure con molte riserve, lo stesso PSDI durante una campagna elettorale di cui la memoria non è spenta né in noi né in chi ci ha ascoltati. Se una strada diversa dal previsto e dal promesso è stata imboccata, la deviazione non ci riguarda ma, me lo consenta l'on. Preti, riguarda ed impegna il suo partito. Né noi neghiamo le buone intenzioni che possono aver determinato questo ripensamento, solo crediamo fermamente che esse sian

o in piena contraddizione con i fini che si propongono di un "coraggioso rinnovamento della vita italiana" emancipata dal "monopolio politico della DC".

Scrive l'on. Preti: "Come si può accusare la segreteria della DC di voler perpetuare il monopolio politico della Democrazia Cristiana, quando essa rinuncia a priori al governo monocolore e chiede la collaborazione dei partiti di centro-sinistra? Forse per i radicali il governo che non avrebbe perpetuato il monopolio era una riedizione del governo Zoli?". Ebbene, per quanto riguarda il passato è superfluo forse far notare che il monopolio della DC si è determinato e sempre accresciuto all'ombra e col favore della associazione governativa coi partiti minori, ospiti sempre invitati e sempre auspicati. Ma, guardando ai casi d'oggi e di domani, è necessario aggiungere che il monopolio politico della DC non sarebbe affatto assicurato da un governo monocolore che avesse i conti da rendere ad uno schieramento di opposizione costituzionale tanto forte da condizionare e tenere a freno quella troppo longeva e indisturbata egemonia. Quando abbiamo tutti parlato di un coraggioso rinnovamento democratico, credevamo d

i aver tutti compreso che un partito parlamentare forte come la DC si condiziona dai banchi di una autorevole opposizione e non si condiziona dall'interno di una compagine governativa ove la schiacciante predominanza del maggiore tiene facilmente a bada la scarsa presenza dei partiti minori, associati secondari più che partecipi. Questa non è una invenzione radicale, è quanto insegna, lo ripeto, la malinconica esperienza di una serie di illusorie collaborazioni da parte dei partiti laici tutti incapaci, per forza di cose, a costituire un argime al crescente irretimento confessionale dello Stato, né al disordine politico ed al morale disagio che seguono a tanta innaturale confusione di poteri. E se del governo Zoli dobbiamo parlare, nel giusto sdegno che anima l'on.Preti, diciamo allora che se la protesta laica contro l'immensa turbativa che l'intervento clericale ha portato nella manifestazione della libera volontà degli elettori fosse stata sostenuta non dalle esigue ed isolate forze repubblicane e radicali

, ma dalla solidarietà socialista, la risposta dell'on. Zoli sarebbe stata meno sprezzante ed allo Stato italiano sarebbe stata risparmiata la più bruciante umiliazione.

Queste sono le ragioni per cui noi, e non solo noi, attendevamo di vedere il socialismo democratico schierato all'opposizione, come primo segno di un ringiovanimento della funzione democratica che il paese attende, che dovrà fatalmente verificarsi e che quanto più tarderà tanto più costerà in errori, in riparazioni, in delusioni. Perché, dunque, stupirsi di un nostro onesto giudizio negativo e addebitarlo a deteriori ragioni, non tenendo conto che questo giudizio è oggi condiviso da una diffusa opinione e trova cittadinanza più o meno larga in tutto lo schieramento della democrazia laica spezzandolo, purtroppo ancora una volta, fra governativi e non governativi? Questo divario è fatto saliente della storia italiana d'oggi, on. Preti, non è un nostro arbitrio più o meno maligno.

In quanto poi alla capacità rinnovatrice del programma governativo, nessuno vuole negare che quel programma contenga punti che corrispondono ad alcune nostre istanze, se pure enunciati con una vastità e vaghezza che non possono non lasciare perplessi. Né il fatto che la "difesa della autonomia dello Stato" abbia avuto l'onore del primo punto programmatico, offre la garanzia che si intenda mettere ordine a fondo nel fatto ben più preciso dei deformati rapporti fra Stato e Chiesa. Tutti questi programmi di prima presentazione hanno un valore che non dipende tanto dalla loro più o meno generosa formulazione, quanto dalla capacità dei proponenti ad attuarli con un nuovo animus tagliando netto con le abitudini e le eredità del passato. Noi saremo lieti se l'on. Fanfani dimostrerà sostanzialmente nella guida del paese quella indipendenza di cui è indicazione formale il tono generale del suo programma. E se bene gli riuscirà di fare lo riconosceremo e lo diremo. Ma conosciamo le ipoteche che gravano sul suo pa

rtito e che non potranno non gravare indirettamente sul partito socialdemocratico che gli siede accanto. Sopporti dunque questo governo di non essere valutato oggi per quello che promette di fare domani, ma per l'affidamento che esso offre di poter fare quello che promette. Oggi non possiamo che ragionatamente esprimere la scarsa fiducia che esso ispira per motivi a tutti palesi che vanno dall'evanescente margine di maggioranza su cui riposa, al carattere di ripiego ed al sapore di provvisorio che ha assunto nel suo laborioso nascere. E' inutile negarlo, quello che è mancato a questa uscita governativa che ha voluto essere di centro-sinistra, è la grande revisione di posizioni e di rapporti fra le forze in gioco, è l'allargamento dello spazio di manovra a cui doveva dare principio una consultazione elettorale che ha avuto per tema la rottura di un vecchio immobilismo. Siamo invece ricaduti nelle stesse timidità, nelle stesse mezze misure. E noi nelle mezze misure da tempo non crediamo più. Questa nostra opin

ione ha diritto di essere rispettata per il suo meditato realismo, è un credito che ci meritiamo per aver visto chiaro nel passato. Noi abbiamo costantemente sostenuto che il centrismo quadripartito e tripartito era una finzione incapace di reggersi per le sue contraddizioni interne e per la paralisi di iniziative che ne derivano. E anche allora, come oggi, eravamo considerati come gli importuni disturbatori di un ordine felice. Ma gli eventi hanno volto dalla parte nostra. A disfare il centrismo quadripartito sono stati i nostri amici repubblicani, a disfare il residuo centrismo tripartito sono stati consapevolmente i nostri amici socialdemocratici, a comprendere la impossibilità di risuscitarlo, contro la indicazione del paese, sono oggi insieme l'on. Fanfani e l'on. Saragat col loro rifiuto a collaborare col partito Liberale. Un rifiuto che ha trovato nell'articolo dell'on. Preti "Nessuno torna indietro" la più onesta espressione di un chiaro impegno a non retrocedere verso rinnovate confusioni. Quanti fr

a noi si sono dovuti separare dal P.L.I., quando la democrazia cristiana ed il socialismo democratico non avvertivano per conto loro e non apprezzavano il nostro disagio, riconoscono ora che questa innegabile chiarificazione è tanto di guadagnato. Ma quello che attendiamo è che si vada avanti. E andare avanti significa accogliere vivamente ogni nuova opportunità di riporre su più idonee e solide basi la nostra via politica. Il che vuol dire non respingere ancora una volta, per accettarla quando sarà troppo tardi, la nostra indicazione che non si raggiungerà uno stabile ed efficiente modo di governo in Italia fino a che tutte le forze democratiche o recuperabili alla democrazia non avranno accesso ad un gioco parlamentare aperto alla normale alternanza di forti schieramenti al governo ed alla opposizione costituzionale.

Ci si potrà dar torto giudicando prematura la nostra fiducia nella conversione democratica del P.S.I., si potrà far si che abbiamo definitivamente torto se il socialismo nenniano continuerà ad essere tenuto in quarantena, nei recinti di disinfezione ai quali è confinato, fino al suo completo scoraggiamento. Ma resta il fatto che il successo elettorale del P.S.I. indica, al di sopra di tutte le negazioni, la schietta ondata di fiducia e di incoraggiamento che è salita a lui dall'elettorato. Il fatto che il comunismo ha mantenuto e la D.C. ha migliorato le proprie posizioni sta a dimostrare che al di fuori delle ferree discipline di partito e delle pressioni confessionali, liberi voti popolari e borghesi si sono volti al socialismo come all'elemento che dovrà rinsanguare una stanca democrazia che ha esaurito nella attuale ristretta ed esclusiva cerchia tutte le sue combinazioni ed i suoi artifici.

Così stanno le cose. E se siamo nell'errore, l'esito dell'esperimento che il partito socialdemocratico ha voluto ancora tentare lo dirà. Intanto, a conclusione di questa amichevole spiegazione, una cosa mi preme di affermare. Io non sono dell'opinione di quanti pensano che il nostro paese già abbia lasciato inavvertitamente alle sue spalle la democrazia per rimettere piede in un "regime". Che in democrazia siamo lo dimostra, fra l'altro, questo libero scambio di idee. Penso però che la differenza, anzi l'avversione, a cui l'opinione conformista è incoraggiata verso chi crede nel valore salutare della "opposizione" (sia essa svolta nel paese o nel Parlamento) è il più sicuro viatico verso un "regime" che sarà tanto peggiore quanto meno imposto palesemente dall'alto e quanto più sollecitato e provocato dal basso nella occulta resa degli spiriti e dei giudizi.

E in questo, finalmente, credo di avere pienamente concorde il mio autorevole interlocutore.

 
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