Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Il Mondo - 3 marzo 1959
I RADICALI A CONGRESSO
di Anonimo

SOMMARIO: Analizza i comportamenti della stampa italiana, subito dopo la caduta del governo Fanfani, e segnala come, in generale, essa prenda di petto, quale avversario "insidioso" da battere ed eliminare, più ancora che il partito comunista o il partito socialista, proprio il partito radicale. Cita l'organo della Confindustria, "24 ore", e "Il Tempo" di Roma. Forse, conviene,"non si può dire che le destre abbiano tutti i torti". Nei tre anni di vita di questo partito, sono accaduti, forse solo per "concomitanza", fatti importanti. Comunque il partito radicale ha introdotto nella vita politica due importanti novità, l'una di natura "schiettamente politica", l'altra di natura "metodologica": ha "denunciato l'inganno dei governi di coalizione" tra una DC potentissima e partiti che sono solo vassalli, e ha fondato un metodo nuovo di fare politica che non intende proteggere o difendere interessi particolari o di classe, ma solo proporre "programmi più ampi degli altri": i rapporti tra Stato e Chiesa, la lotta ai

grandi monopoli, la denuncia del costume borbonico nella pubblica amministrazione, ecc. E' la forza positiva esercitata da una "minoranza" in un "paese come questo". E' per questo che "la stampa di destra reclama di fugare lo spettro radicale che si aggira per l'Italia".

(IL MONDO, 3 marzo 1959)

Appena caduto il governo Fanfani, la destra politica ed economica non ha tardato a mostrare i segni della sua gioia. E la stampa che la fiancheggia e che puntualmente sostiene tutti i governi dalla culla alla bara, ma che ha trovato proprio in questo il suo pupillo prediletto, si è subito precipitata a suggerire al nuovo ministero le migliori medicine per una una lunga e sedentaria esistenza, scuotendo via da sé con un solo strappo i nemici ed avversari. Primo fra i quali, inutile dirlo, c'è sempre il partito comunista. Più ancora forse il partito socialista, specialmente oggi. Ma più di tutti, apparirà strano doverlo notare, il partito radicale, che a leggere quella stampa sembra addirittura il più insidioso, il più temibile avversario, il nemico che va eliminato subito se si vuol togliere la peste del "sinistrismo" dalla vita italiana. Si prenda, ad esempio, l'organo milanese della Confindustria, "24 ore", il quale, attaccando l'ENI, Gronchi, Fanfani, il PSI, il PSI, ecc. ecc., esortava nei giorni scorsi a

togliere ai radicali "il vento dalle vele" se si voleva distruggere finalmente la maledetta sinistra. L'organo dei clerico fascisti romani, il "Tempo", denunziava negli stessi giorni l'attività di "gruppi di pressione potentissimi" di cui da troppo tempo governo e partito di maggioranza subiscono l'influenza: "si pensi ai radicali", fulminava Angiolillo, "controllori ammanigliatissimi di una quantità di attività politico-culturali e politico-economiche (...). Si chiede al nuovo governo di liberare la nazione da certe eminenze grigie della politica e dell'economia". Non passerà forse molto tempo perché sollecitazioni del genere diventino più fitte e pressanti: il primo congresso del partito radicale che si apre in questi giorni fornirà probabilmente buoni pretesti.

Non si può dire che le destre abbiano tutti i torti. Il partito radicale è nato soltanto da tre anni: in questo breve periodo di tempo sono accaduti i seguenti fatti. E' franato il quadripartito, l'argine più solido e duraturo della conservazione. Il PSI si è staccato dal comunismo, rendendo possibile la nascita d'una vera alternativa di governo al potere delle destre. Si è spaccata in due la socialdemocrazia, e quanto ne è rimasto in piedi sembra ormai inservibile come paravento d'una politica reazionaria. Il partito liberale è definitivamente confinato nel suo ruolo di modesto galoppino della grande industria. Con la scomparsa del governo Fanfani è stato sconfitto clamorosamente un pericoloso tentativo trasformista d'una ambigua sinistra democristiana, progressista a parole, integralista nei fatti: oggi questa sinistra è con le spalle al muro; lo voglia o no, se vuol sopravvivere deve ormai battersi allo scoperto, d'accordo con le altre forze democratiche laiche e socialiste.

Tra la nascita del partito radicale e questa serie di eventi qualcuno potrà riscontrare soltanto una semplice coincidenza, altri un preciso rapporto di causa ed effetti. Quello che certamente è indubbio, è che i radicali hanno introdotto nella politica italiana due novità, l'una di natura schiettamente politica, l'altra di carattere metodologico, che da sole hanno prodotto risultati visibili. Per primi i radicali hanno denunziato l'inganno dei governi di coalizione, dove una potentissima democrazia cristiana si alleva con esangui comparse, come espressione ipocrita d'un regime che doveva essere affrontato e combattuto integralmente. Non si trattava di sostenere ministeri mono, bi, tri, o quadripartiti, di tenere in maggior conto la corrente "Primavera", o i Coltivatori Diretti, oppure i notabili di "Iniziativa", ma di attaccare la democrazia cristiana faccia a faccia per rivelarne al paese la sua vocazione totalitaria, e per creare un'opposizione capace, sia pure a lunga scadenza, di estrometterla dal potere

. Dopo tre anni di attività del partito radicale, nei movimenti della sinistra democratica nessuno parla più di dialoghi e di colloqui con la DC, né di incontri ai vertici, alla base, o a mezza strada, come si faceva una volta. Come nelle vere e libere democrazie dell'Occidente, anche da noi si comincia a capire che non deve esserci posto per le egemonie perenni d'un solo partito o per l'esercizio di poteri incontrollati, siano questi esercitati in nome del Vaticano o diretti da un comitato di grandi finanzieri.

In secondo luogo, come dicevamo, il partito radicale ha fondato un metodo totalmente nuovo d'azione politica, assai diverso da quelli praticati nel nostro paese. I partiti italiani rappresentano quasi tutti concentrazioni d'interessi e di categorie particolari: siano operai, contadini, o lavoratori in genere che si rivolgono al PCI e al PSI, o gli industriali e gli agrari difesi dal PLI, o i seguaci della fede cattolica uniti nella DC, oppure forze disperse del precedente regime rifugiatesi nel MSI e nei due partiti monarchici. Poiché ciascuno di questi movimenti mira quasi esclusivamente a proteggere i suoi rappresentanti, nessuno di essi ha sentito il bisogno di approfondire troppo i problemi generali dello Stato e della società italiana. I radicali, non avendo in animo di proteggere nessuno in particolare, si sono sentiti in obbligo di studiare programmi più ampi degli altri, dibattere questioni più complesse, scavare più a fondo nei bisogni e nei malanni del paese. Il programma ha finito così per divenir

e la base su cui si è raccolto il partito: ma poiché non si è venuto elaborando nella pace sociale e nel sereno benessere di tutta una nazione, ma nel travaglio della lotta contro poderose forze avverse, le proposte concrete, appena formulate, sono subito divenute strumenti della polemica politica. Così il tema dei rapporti fra Stato e Chiesa si è trasformato immediatamente in arma di lotta contro le invadenze del clero: ai radicali non è toccato il compito di giuristi che discettino su ciò che è giusto spetti a Dio o a Cesare, ma quello di militanti impegnati affinché finiscano una buona volta le sopraffazioni del Vaticano nella vita pubblica. Prima della campagna radicale la Chiesa cattolica sembrava intoccabile, e i suoi avversari venivano indicati con sufficienza come anticlericali "vieti", "frusti", "stantii", o almeno "superati": ma durante l'ultima campagna elettorale, dopo due anni di scritti, discorsi e convegni radicali, non solo partiti e giornali di sinistra ma persino partiti e giornali della Co

nfindustria hanno dovuto far proprie le proteste radicali contro il clericalismo sfrenato.

Qualcosa del genere è avvenuto a proposito dei monopoli. Le sinistre marxiste hanno sempre lottato contro il potere delle grandi imprese, ma la loro polemica si è esaurita troppo spesso nell'azione sindacale pura e semplice. La sinistra estrema si è battuta costantemente contro le grandi aziende perché migliorassero le condizioni di chi vi lavorava, ma non ha mancato, come non manca, di appoggiarne le peggiori pretese ogni volta che l'utile dei lavoratori è sembrato coincidente con quello dei padroni. Dopo le denunce radicali l'opinione pubblica si è resa finalmente conto del danno che i monopoli rappresentavano per tutta la nazione, per i lavoratori come per i consumatori e per le imprese minori: alla fine anche larghe frazioni della stessa DC sono state costrette a scagliare contro la Confindustria le medesime accuse formulate dai radicali.

Contro il costume borbonico della pubblica amministrazione, estrema sinistra ed estrema destra hanno spesso protestato, per lo più quando è stata sciolta un'amministrazione comunale "rossa" o missina, quanto i prefetti hanno impedito arbitrariamente un comizio, o i questori hanno mandato in galera senza motivo propagandisti dell'opposizione. Non ci si è preoccupati cioè d'una visione generale del problema: tutt'al più si è lamentata, e giustamente, la mancata attuazione delle regioni, ma la lotta contro tutto un apparato statale rimasto simile a quello fascista è vanto radicale, ed è merito radicale se tutte le opposizioni avversano oggi il sottogoverno e quella specie di soperchieria organizzata a cui è ridotto lo Stato italiano.

Per un certo tempo i nemici del partito radicale ne hanno parlato come d'una accolta di spiriti inquieti, molto lontani dalla vera realtà del paese. Ma quando certi capisaldi sono frananti, quando sono stati scalfiti non soltanto certo problemi, ma anche le posizioni concrete dei conservatori, si è cominciato a capire che non si trattava poi di profeti tanto disarmati. E siccome, durante i tre anni di vita del partito radicale, la nostra storia ha fatto alcuni passi in un senso che i reazionari non amano, la stampa di destra reclama di fugare lo spettro radicale che si aggira per l'Italia.

Non crediamo che i radicali se ne preoccuperanno. Essi sanno che essere in pochi, quando si è risoluti, è una grande forza in un paese come questo. In Italia le minoranze che pur lottando senza mezzi e senza aiuti hanno sempre fatto la storia, laddove i finti oppositori, i nemici per burla dei potenti, raggiunsero effimere fortune sulle disgrazie del paese. Cambiando i tempi la loro sorte non può mutare.

 
Argomenti correlati:
congresso
informazione
stampa
stampa questo documento invia questa pagina per mail