Il dibattito suscitato dall'articolo di Marco Pannella su "IL PAESE" del 22 marzo 1959 (testo n.326) a cui replica il segretario comunista Palmiro Togliatti (testo n.327)Una lettera dell'on. Guido Mazzali: è possibile l'unità delle sinistre?
SONDAGGIO DEL "PAESE" SULLA POSIZIONE DEI PARTITI
SOMMARIO: "Perseguiamola pure, l'unità, ma come conquista di una politica, come risultato di iniziative, di azioni, di mutazioni, e non come promessa dello svolgimento organico di una organica politica democratica e socialista"
Proseguendo nel nostro "sondaggio sulla posizione dei partiti", abbiamo sottoposto all'on. Guido Mazzali, membro della Direzione del PSI e autorevole esponente della corrente che è uscita vincitrice dal Congresso di Napoli, alcune domande, cui egli ha cortesemente risposto con la lettera che pubblichiamo.
Ricordiamo, come abbiamo già scritto nelle precedenti occasioni, che sui problemi affrontati da coloro che intervengono nel "sondaggio" il nostro giornale si riserva di chiarire a suo tempo la propria posizione.
(IL PAESE, 12 aprile 1959)
"Ecco le domande che abbiamo rivolto al parlamentare socialista:
1) Con la formazione del governo Segni si è creata nello schieramento politico italiano una divisione relativamente semplice e netta: da un lato, nella maggioranza, la DC e i suoi alleati di destra; dall'altro, all'opposizione, tutti i partiti che sono alla sinistra della DC. Lei crede che in questa situazione sia possibile - pur al di fuori di ogni rigido impegno di alleanza precostituita e nel pieno rispetto del ruolo autonomo dei diversi partiti - elaborare una comune piattaforma di impegno e di lotta che raccolga un largo schieramento di forze attorno a una linea di alternativa all'attuale governo?
2) In caso positivo, Lei pensa che tale piattaforma vada ricercata essenzialmente in un programma immediato di rivendicazioni economiche e sociali ovvero che sia necessario anche un dialogo ed una chiarificazione circa la prospettiva di fondo dei vari partiti?
3) Quali sono le forze che il PSI chiama a collaborare per la realizzazione dell'alternativa democratica? E quali sono, per ciascuna di queste forze, i dissensi o le diffidenze che a Suo avviso possono essere d'ostacolo a una feconda collaborazione per la realizzazione dell'"alternativa"?
Ed ecco la risposta dell'on. Mazzali:"
Egregio Direttore, lei mi pone domande a rispondere alle quali occorrerebbe diffondersi in un saggio. Può accontentarsi di una breve lettera sbrigativa? Ecco, io non so se la "divisione relativamente semplice e netta" che si dichiara "nello schieramento politico italiano" sia stata "creata" dalla "formazione del governo Segni" e comunque alla formazione del governo Segni sia da addebitare o da accreditare. Se così si pensasse, se così fosse, se il governo Fanfani cioè risultasse, ora, cosa diversa e migliore di quella che apparve e giudicò essere l'intero settore di sinistra, si dovrebbe dare della testa nel muro, e recitare il "mea culpa". Perché nessuno di noi riuscì a vedere nella presidenza di Fanfani un governo di centro-sinistra teso ad "allargare" la base popolare e democratica dello Stato repubblicano secondo appunto proclamavano, e ancora se ne ride, alcuni saputelli di provincia, e "seriamente impegnato" a realizzare un guarnito programma di riforme strutturali e di mutazioni strumentali secondo ap
punto comanda la Costituzione. Noi anzi si vide e si constatò nel governo Fanfani una nuova maschera sul vecchio volto della vecchia destra.
Alla vigilia di Natale, il Natale del 1958, quando noi socialisti si dibatteva nelle assemblee e nei congressi i problemi del nostro dover essere, e ancora non era certa la vittoria della tesi e della corrente che poi si imposero a Napoli, Mariano Rumor, vice-segretario della DC, disse apertamente e chiaramente in Roma, come è possibile controllare in una pubblicazione democristiana, "che la formula governativa era quella che era perché i socialdemocratici non potevano soffrire i liberali, e che nessuna porta avrebbe potuto comunque essere aperta ai socialisti, finché la loro democraticità non avesse per lo meno avuto il visto di Saragat". E di lì a pochi giorni l'on. Fanfani in persona spiegò "con senso realistico" a un redattore di "Oggi" che la difficoltà del suo governo erano dovute ad equivoche interpretazioni dei propositi del governo: "propositi che ho avuto l'onore di spiegare in Parlamento durante il dibattito per la fiducia, e che il vicesegretario del mio partito, on. Rumor, ha chiarito domenica,
al teatro Adriano di Roma, fra "consensi del pubblico". E ancora e sempre l'on. Fanfani, l'8 gennaio, ad "Epoca", come a sciogliere residui dubbi sulla posizione e la funzione del suo governo: "è stato detto tante volte, ma purtroppo bisogna ripeterlo, che né la DC né il suo segretario posero preclusioni o imposero esclusioni" nei confronti delle destre variamente qualificate. Sono state le "condizioni obiettive della situazione politica" a non consentire "di far trovare attorno a un medesimo programma, e a un medesimo governo contemporaneamente, tutte le forze che in altri momenti invece si erano ritrovate". Se ai liberali non erano state attribuite responsabilità di governo e ai monarchici non erano state affidate mansioni diverse da quelle che sempre loro si commisero, non per questo si poteva vedere nel governo Fanfani un governo orientato a sinistra, un governo diverso dai precedenti per ispirazione e per rappresentazione. Né la polemica che si accese nel Paese e si concluse in Parlamento sull'attivismo
di Fanfani poteva illudere, o deludere, sui progressi o i regressi del governo Fanfani-Saragat sulla strada della "società cristiana" e della "apertura a sinistra". Governo antipopolare e anti PSI per eccellenza, dunque. Governo di destra nella formula di centro-sinistra.
Ora io capisco perfettamente che nella lunga vicenda governativa della DC si sia sempre pronunciato un peggio o un meglio. Ma nessuno vorrà sostenere che tra l'una e l'altra formazione ci sia stata mutazione sostanziale di indirizzo, di programma, di alleanze, di scopi. Siamo ancora all'antisocialismo del 1948, e al timore di ogni dialogo e alla paura di ogni intesa con noi. Con questo non dico che non ci sia niente di nuovo sotto il sole di Roma. Dico solo che non è accaduto alcunché che possa mutare la nostra condotta. Così che non si pensò allora, al tempo di Zoli, al Tempo di Fanfani, a una "comune piattaforma di impegno e di lotta che raccolga una larga schieramento di forze attorno a una linea di alternativa all'attuale governo", non vedo come si debba pensare adesso. Se la formula non poteva produrre allora, a maggior ragione non può rendere ora. Buona forse per contrastare, per impedire, per irrigidire, per negare, non è valida certo per promuovere, avanzare, superare, sostituire. O vogliamo proprio
fare il giuoco della destra clericale, e quindi appiattire le nascenti distinzioni e soffocare le prorompenti aspirazioni al nuovo e al diverso? Le forze autenticamente democratiche imprigionate nella DC non si liberano con le intese e con le unità strumentali e aprioristiche, ma con una politica democratica coerente e conseguente che nel suo dispiegarsi offra a tutti, gruppi, correnti, formazioni, le testimonianze della sua legittimità e della sua necessità.
Comunque, egregio Direttore, anche a tagliar corto nel discorso che altrimenti potrebbe farsi lungo e risultare fumoso, non dimentichi che alla sinistra della DC sono oggi diversità concettuali e funzionali: non risolvibili in identità politiche e organizzative. E che una politica "di" alternativa presuppone e comanda qualificazioni di ceti e categorie su problemi economici e per soluzioni sociali che solo la politica "per" l'alternativa che si è proposta a Venezia e si è affermata a Napoli può conseguire.
Chi dice di no? Perseguiamola pure, l'unità, ma come conquista di una politica, come risultato di iniziative, di azioni di mutazioni, come conseguenza cioè e non come promessa dello svolgimento di una organica politica democratica e socialista. Altrimenti ci avverrà come avvenne a quel religioso che per voler purificare in una tutte le eresie, con tutte le eresie venne a lite. E si dissolse ogni suo credo.