SOMMARIO: ["Taccuino", quindi anonimo]. Prende lo spunto da un intervento di Wladimiro Dorigo sulla rivista dei giovani cattolici democratici "Questitalia", in cui si denuncia la situazione politica italiana, posta persino a raffronto con gli anni dell'avvento del fascismo ("oggi, che siamo di nuovo al 1923..."). Secondo Dorigo la DC, che non si è mai sentita "ancorata" a "qualcosa di preciso" e che sul piano ideologico si è aggrappata alla "dottrina sociale dei Papi" che non è altro che un "capitolo di teologia morale applicata ai fatti sociali", "si barcamena" tra diverse ipotesi e diversi indirizzi, dai "residui del centrismo", ai "blocchi di centro-destra", fino al "regime straordinario dei prefetti e dei commissari". Ma così si avvia a morte la Repubblica italiana "nata dalla Resistenza".
Forse, commenta il "Mondo", Dorigo è troppo pessimista, ma è successo altre volte in Italia "di non aver dato ascolto ai pessimisti e ai 'profeti' politici". E' comunque vero che "il fascismo della nostra epoca è un fascismo adulto, silenzioso e quasi invisibile..."
(IL MONDO, 22 settembre 1959)
»Siamo abbastanza giovani per aver dovuto studiare sui libri come nacque il fascismo, anche se abbiamo potuto partecipare alla lotta per il suo abbattimento. Un aspetto ci era sempre sembrato inspiegabile, misterioso, senza che i libri degli storici e dei testimoni potessero rischiararci un poco: come poté il Paese accettare la marcia su Roma, il delitto Matteotti (e le altre centinaia di casi consimili non altrettanto noti), come poté sottostare al discordo del 3 gennaio? Non potevamo comprendere. Ma oggi comprendiamo: oggi, che siamo di nuovo al 1923 e che è come se la marcia fosse già avvenuta. Oggi, che occorre intraprendere non un Aventino ma una nuova Resistenza. Lo chiediamo agli amici di diversa fede politica che ci leggono, ma soprattutto ai molti amici democratici cristiani. Bisogna alzarsi, a fronte, dire di no, perché comincia ad essere tardi .
Con queste parole Wladimiro Dorigo conclude sull'ultimo numero di "Questitalia" un'accorata disamina della situazione politica. Dorigo vi giunge attraverso un ragionamento rettilineo. La democrazia cristiana non si è mai sentita ancorata a qualcosa di preciso: un patrimonio ideologico, una tradizione di governo. Sul piano ideologico tutto ciò che è riuscita a fare è stato di contrabbandare la dottrina sociale dei Papi come un complesso peculio di soluzioni politiche dei problemi del nostro tempo mentre altro non è che »un capitolo di teologia morale applicata ai fatti sociali e soltanto occasionalmente accompagnata da esemplificanti richiami congiuturali . Sul piano politico la sagacia di De Gasperi, la vivacità di Gronchi hanno potuto per qualche anno confondere il giudizio ma alla lunga non hanno potuto nascondere le debolezze e le inadeguatezze di un'intiera classe dirigente.
Esaurite le possibilità materiali del centrismo - continua Dorigo - è finita anche l'epoca in cui la democrazia cristiana poteva trasferire all'esterno, sui contrafforti del sistema interpartitico di maggioranza, il peso e il prezzo dell'immobilismo. Le sue varie correnti sono oggi ridotte a disputarsi patrimoni di parole all'interno dei confini delimitati dal rigore dei portavoce ecclesiastici, e a contendersi fantasmi di alibi nei riguardi della posizione obiettivamente reazionaria in cui viene a trovarsi tutto il partito. Le linee di difesa di questo partito che s'identifica con lo Stato sono estremamente scoperte: dove può si barcamena con i residui del centrismo, dove non può più volere ma può evitare che vogliano gli altri si attacca ai blocchi di centro-destra e dove infine non può né volere né evitare che vogliano altri, interviene, mercé la più sfacciata violazione della legge, il regime straordinario dei prefetti e dei commissari. Così è avviata a morte, nella insensibilità generale, la Repubblica
italiana fondata sul lavoro e nata dalla Resistenza.
Dorigo ed il suo gruppetto di amici appartengono all'estrema sinistra dello schieramento cattolico. Vi rappresentano la goccia di veleno, i figli dello scandalo. Un po' dentro, un po' fuori al gioco di correnti del partito di maggioranza, ma sempre terribilmente fastidiosi. E' facile rimproverargli di vedere troppo nero e di colorare con lo slancio della loro passione etica politica una realtà più modesta dove (con molta buona volontà) è anche possibile ritrovare qualcosa di buono, o almeno di passabilmente mediocre. Però è anche facile dimenticare quante volte, anche nei pochi decenni della nostra storia unitaria, ci si è dovuti pentire di non aver dato ascolto ai pessimisti e ai ``profeti'' politici. C'è in giro, insieme a tanta indifferenza e a proprio a motivo di questa indifferenza, una pericolosa tendenza a colorare di rosa le vicende della nostra vita pubblica. I governi, bene o male, reggono e quand'anche non reggono più vengono sostituiti da altri che tirano avanti per qualche altro semestre la ``or
dinaria amministrazione''. Gli affari vanno bene (ma solo per coloro che possono fare affari), la situazione internazionale diffonde per tutto il mondo messaggi di ottimismo, promesse paradisiache di distensione. Perché prendersela tanto? E' un interrogativo di cui è ormai imbevuto tutto il paese, a tutti i livelli politici e non politici. Un interrogativo che può essere fatale. Il fascismo della nostra epoca è un fascismo adulto, silenzioso e quasi invisibile: non bussa alla porta, non chiede permesso prima di entrare.