di Leopoldo PiccardiSOMMARIO: Alla vigilia del Congresso, il segretario radicale definisce le premesse ideologiche della posizione radicale. Laicismo inteso come concezione di uno Stato nel quale uomini di diversa fede e posizione risolvono i problemi della convivenza; laicismo per negare che sia compito dei partiti interpretare e attuare un credo religioso o filosofico; professione di "occidentalismo" e contrapposizione al marxismo e ai sistemi politici che trovano in esso la loro ispirazione; avversione della concezione conservatrice che identifica la difesa della libertà con la difesa di istituzioni nelle quali l'ideale della libertà ha potuto trovare la sua espressione in un momento storico determinato o peggio delle posizioni di privilegio acquisite in paesi di democrazia politica; impegno accanto ai ceti meno favoriti che chiedono sicurezza di vita e libero accesso alla cultura, accanto ai popoli di coloro che chiedono piena parità con la razza bianca, accanto ai paesi che voglio liberarsi dal giogo coloniale, accanto all
e donne che reclamano l'equaglianza fra i sessi; opposizione contro tutte le dittature.
(TRIBUNA RADICALE, fascicolo per il II Congresso nazionale del Partito radicale "I radicali per la difesa dello Stato laico ed il progresso sociale del Paese", Roma, Palazzo Brancaccio, 26, 27, 28 maggio 1961)
Alcuni amici hanno espresso in queste pagine la giusta esigenza che il II Congresso del Partito Radicale non si limiti a dibattere contingenti problemi di schieramento politico, ma si sforzi di giungere a una enunciazione delle premesse ideologiche della nostra posizione politica. Credo anch'io che sia venuto il momento di farlo: e, per aprire la discussione, indico in una serie di proposizioni, i punti che mi sembrano di maggiore interesse.
1) Quando si ravvisa nel laicismo il motivo essenziale della nostra posizione si dice cosa esatta, a condizione di dare alla parola quell'ampiezza di significato che essa ha per noi. Laicismo non è soltanto separazione della Chiesa dallo Stato, ma è il nostro modo di intendere lo Stato e correlativamente la libertà individuale. Lo Stato non è l'attuazione del Regno di Dio in terra, ma non è neanche la proiezione di un pensiero filosofico: è l'organizzazione attraverso la quale uomini di diversa fede e di diversa posizione di pensiero risolvono i problemi della loro convivenza.
2) Come non è compito dello Stato, non è compito dei partiti di interpretare e attuare un credo religioso o filosofico. In questo senso, il nostro non è un partito ideologico. Ma è un partito fermamente ancorato a certi princìpi che sono proprii allo Stato e ai partiti, perché tendono precisamente a risolvere i problemi della convivenza umana.
Questi princìpi si riassumono nell'ideale della libertà quale si è venuto formando in tre secoli di pensiero e di lotta. Un ideale di cui la più avanzata forma di attuazione finora storicamente raggiunta, anche se imperfetta e soggetta a continua revisione, è rappresentata, per noi, da quei paesi del mondo occidentale che sono alla testa della nostra civiltà.
3) Nella nostra professione di »occidentalismo è implicita una nostra contrapposizione al marxismo e ai sistemi politici che trovano in esso la loro ispirazione.
Noi non siamo marxisti per la nostra formazione culturale, anche se non ignoriamo l'apporto del pensiero marxista alla cultura moderna; non siamo marxisti in ragione del nostro laicismo, perché il marxismo tende a costruire uno Stato basato su un credo filosofico; non siamo marxisti perché i rapporti di convivenza umana non trovano nel marxismo una soluzione conforme ai nostri princìpi.
4) Il fatto che noi non siamo marxisti e che anzi ci contrapponiamo, sotto varii aspetti, al marxismo, non basta a determinare il posto che intendiamo occupare nel conflitto che oggi divide l'umanità. Se noi non accettiamo, per il nostro paese, la linea di sviluppo che ha portato alla formazione del sistema politico oggi attuato nella Russia sovietica e negli altri Stati che prendono il nome di democrazie popolari, ciò non accade perché, o soltanto perché, noi condanniamo le premesse ideologiche di quel sistema. Consapevoli della complessità del rapporto tra il pensiero e l'azione, tra la volontà cosciente degli uomini e gli accadimenti storici ai quali essi concorrono, amiamo tenerci lontani da un anticomunismo teologico o mitologico, cosi largamente diffuso nel clima della guerra fredda.
5) Alla motivazione del nostro rifiuto di una soluzione comunista concorre, con la nostra formazione culturale e con le nostre posizioni di principio, una valutazione storica. Mentre siamo disposti a riconoscere quanto di storicamente irrevocabile vi è nella rivoluzione russa, come pure in altri movimenti rivoluzionari che da essa trassero la loro ispirazione, e non neghiamo anzi il significato liberatore che la prima e i secondi possono aver avuto, nelle condizioni di luogo e di tempo in cui si svolsero, siamo convinti che altre siano le vie della libertà nei paesi in cui le istituzioni democratiche e il sistema capitalistico hanno raggiunto il più avanzato grado di sviluppo dando origine a quelle forme di vita nella quale si identifica la civiltà occidentale. E siamo egualmente convinti che questa civiltà possa, rimanendo fedele ai suoi principi ispiratori, assicurare il pacifico sviluppo della parte del mondo in cui le sia dato di affermarsi.
6) Avversi alla politica dei blocchi e fedeli alla causa della pace, noi non ci rifiutiamo tuttavia di riconoscere che oggi il mondo procede lungo due diverse linee di sviluppo. Che esse siano destinate a congiungersi, è per noi un dato di fede, perché crediamo in una unità di destino dell'umanità. Ma siamo anche convinti che, nelle condizioni attuali, il miglior modo che si offre a ciascuno di concorrere allo sviluppo della nostra civiltà sia di seguire, nella sua opera, quella, fra le due linee lungo le quali tale sviluppo si svolge, che meglio risponde alla sua formazione culturale, ai principi nei quali egli crede, alle circostanze in cui si trova ad agire.
7) Nel conflitto che divide l'umanità, e che noi più di chiunque altro vorremmo poter considerare come una pacifica competizione, noi prendiamo dunque parte per quello che si suole chiamare il mondo occidentale. Ma in questo mondo noi occupiamo una posizione che ci contraddistingue da altre forze che operano in quel mondo e ad esse ci contrappone.
Noi siamo decisi avversari della concezione conservatrice che identifica la difesa della libertà con la difesa di istituzioni nelle quali l'ideale della libertà ha potuto trovare la sua espressione in un momento storico determinato, o peggio, con la difesa delle posizioni di privilegio che interessi individuali o di gruppo si sono assicurati anche nei paesi che rappresentano le più valide espressioni della democrazia moderna. Noi sappiamo che l'ideale della libertà propone ogni giorno a chi vi crede nuovi problemi; noi sappiamo che non vi sono istituzioni capaci di dare alla lotta per la libertà una tregua; noi sappiamo che non vi sono interessi individuali o di gruppi sociali che, fuori di momentanee e occasionali coincidenze, possano identificare la loro causa con la causa della libertà.
8) Siamo anzi convinti che la civiltà occidentale si trovi oggi a una svolta. Con l'avvento delle masse, si presentino esse sotto l'aspetto di ceti diseredati che vogliono partecipare ai benefici della civiltà, o sotto l'aspetto di interi popoli condannati dall'arretratezza dei loro paesi a una vita primitiva, il problema della libertà ha assunto una nuova dimensione. Il comunismo è una risposta agli interrogativi sollevati da questa nuova situazione: una risposta che noi respingiamo perché importa un sacrificio di valori ideali ai quali vogliamo restare fedeli. Ma noi non ci nascondiamo che il mondo occidentale, da parte sua, non sarà in grado di dare una valida risposta a quegli interrogativi se rimarrà arroccato su posizioni di conservazione politica, sociale ed economica; se non saprà affrontare un processo di profonda revisione dei suoi istituti, di alterazione di rapporti di forza che stanno a base della sua vita sociale .
9) Noi crediamo perciò che la difesa del mondo occidentale dalle forze esterne che lo minacciano si debba necessariamente accompagnare a una lotta contro le forze di conservazione che occupano tuttora, in gran parte di esso, una posizione di predominio e che, non contrastate, determinerebbero nella nostra civiltà un processo di rapida e fatale decomposizione.
Questo nostro modo di vedere ci fa trovare spesso, in quel mondo di cui ci sentiamo partecipi, all'opposizione, insieme a tutti gli uomini e gruppi che, in altri paesi occidentali, condividono il nostro modo di pensare. Alla possibilità che questa opposizione diventi determinante per la direzione dei principali paesi di democrazia liberale è legata, ne siamo certi la sorte di quella forma di vita che si chiama civiltà occidentale.
10) Le proposizioni che precedono dimostrano quanto sia difficile ma al tempo stesso quanto sia degno dei nostri sforzi il compito che noi ci assumiamo. Essere radicali, in questo senso, vuol dire raccogliere una sfida che sembra lanciarci la realtà del nostro tempo: vuol dire proporsi di dimostrare che i problemi della libertà si risolvono soltanto con la libertà.
Quali siano le soluzioni alle quali, partendo da queste premesse, dovremo giungere, in ciascuno dei campi nei quali saremo chiamati ad agire, è una domanda alla quale può rispondere soltanto un ampio dibattito programmatico. Ma quelle premesse segnano la linea generale della nostra azione. Qualunque sia il problema che sono chiamati ad affrontare, i radicali saranno sempre al fianco di chi chiede maggiore libertà, contro chi la nega, anche se si pretenda di giustificare il diniego con il proposito di salvare quel tanto di libertà che già è data. Saranno al fianco dei ceti meno favoriti, che chiedono sicurezza di vita e libero accesso alla cultura; dei popoli di colore che chiedono piena parità con la razza bianca; dei paesi che vogliono liberarsi del giogo coloniale, delle donne che reclamano un più amplio riconoscimento dell'eguaglianza fra i sessi. Si schiereranno contro tutte le dittature, specie quando, vestendosi di falsi panni, pretenderanno di essere difese in nome della libertà. Daranno la loro opera
per la costruzione di uno Stato che sia veramente la casa di tutti libero da ipoteche confessionali e dalla pressione del potere economico. Propugneranno la più ampia libertà della cultura, in tutte le sue espressioni. Guarderanno con simpatia a ogni sforzo tendente a liberare il matrimonio e la famiglia dalle angustie di una moralità legalitaria e convenzionale, per fare dell'ambiente familiare il centro di una più libera e sincera vita morale.
Posizione di estremo impegno, che richiede immaginazione, fermezza e coraggio: le qualità che sono presupposte nel nostro nome di radicali.
LEOPOLDO PICCARDI