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Pannunzio Mario - 23 marzo 1962
Il "caso Piccardi"

SOMMARIO: Il "caso Piccardi" fu sollevato dalle colonne del "Il Mondo" in seguito alla notizia contenuta nel libro dello storico Renzo De Felice (Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo) della partecipazione di Leopoldo Piccardi a due convegni italo-tedeschi, svoltisi negli anni 1938-1939, in cui si toccavano temi razziali. Ernesto Rossi e Ferruccio Parri presero a più riprese le difese di Piccardi sostenendo che egli aveva fornito la "documentazione di non aver partecipato alla redazione della nota relazione (su Razza e Diritto) e di non averla sottoscritta".

Con questa lettera, Mario Pannunzio conferma le sue dimissioni dal partito, alcuni dei cui soci si sono schierati in difesa di "un uomo pubblicamente discusso", facendo in tal modo appannare l'immagine del partito stesso. Pannunzio ringrazia comunque Cattani per il tentativo - un "estremo tentativo" - che egli sta compiendo per "salvare" il partito. Sulla vicenda che porterà alla crisi della giovane formazione politica, si veda anche l'articolo "Cattani segretario - Rossi lascia 'Il Mondo'" pubblicato da "Sinistra Radicale" (testo n. 3492)

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(23 marzo 1962),

Caro Cattani,

ti prego di ringraziare, a mio nome, gli amici del Consiglio Nazionale che, nella precedente sessione, mi hanno invitato a ritirare le dimissioni dal Partito Radicale.

Purtroppo, non sono venuti meno i motivi che mi portarono, lo scorso gennaio, a una risoluzione che mi auguravo temporanea. Un voto equivoco dell'Assemblea della Sezione Romana, che recentemente ha respinto anch'essa le mie dimissioni, mi consiglia più che mai a mantenerle. Io non posso più militare in un partito nel quale un certo numero di soci si è schierato intorno ad un uomo pubblicamente discusso, perché gli sia data una solidarietà che gli altri soci, onestamente, non possono concedergli. Ho sempre saputo che le solidarietà si danno spontaneamente, a titolo individuale, con piena consapevolezza, e non si estorcono collettivamente, a colpi di maggioranza, né tanto meno sotto la minaccia di rotture, di rappresaglie, di scissioni. Legandosi all'avvocato Piccardi in una difesa perlomeno incauta, questi soci hanno dimostrato di essere disposti a distruggere il partito pur di ottenere qualcosa che in realtà non dovrebbe appagare le loro coscienze, e tanto meno quella dell'interessato. Ed un "caso", che noi

tutti, con infinita pazienza, abbiamo cercato di mantenere nei limiti di un fatto personale, e che poteva essere risolto nella discrezione e nel riserbo, è diventato per colpa loro un caso generale, politico ma insieme morale, un problema al quale non si può più sfuggire, perché tocca ormai le ragioni stesse di vita del Partito Radicale.

Eppure, nessuno meglio dell'avvocato Piccardi doveva convincere i suoi compagni a una condotta diversa. Egli stesso aveva mandato alla Direzione una lettera in cui chiedeva di essere esonerato dalle cariche direttive, per poter maturare in silenzio la sua decisione sul proprio avvenire. Egli sapeva, meglio di ogni latro, che le rivelazioni apparse sul suo passato non solo non gli permettevano di rimanere negli organi dirigenti di un partito come il Partito Radicale, ma condannavano nello stesso tempo la sua sconveniente presenza nel Consiglio Nazionale Federativo della Resistenza, nel quale imprudentemente aveva accettato di entrare in rappresentanza dei radicali.

Ora invece, quest'uomo, rinnegando la sua prima saggia risoluzione, è di nuovo in campo, e conduce una battaglia in seno al P.R. col proposito di obbligarlo ad assoluzioni e a solidarietà che non può ottenere, e quindi di annientarlo nella confusione e nella rissa.

Io so che tu e altri amici state compiendo un estremo tentativo per salvare il partito, riconducendolo alle sue origini, nella chiarezza e nella intransigenza. Non c'è bisogno di dirti, caro Cattani, quanto io sia vicino a voi, con tutto il cuore, come lo sono sempre stato negli anni passati. Non ha importanza se anche questa volta resteremo in pochi. Potrei dire che ci siamo abituati. Ma fuori o dentro il partito, noi tutti sappiamo che ci troveremo sempre uniti, per difendere quel patrimonio di idee e di iniziative che ci è caro e che ci accomuna. Un patrimonio, debbo aggiungere, che non si metterebbe in salvo nel silenzio e nel compromesso.

Affettuosamente, tuo "Mario Pannunzio".

 
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