di D. B.SOMMARIO. Attenta e interessante ricostruzione della parabola del partito radicale, dal primo aggregarsi di gruppi di provenienza liberale (i giovani di "Critica Liberale"), di ex-azionisti ed indipendenti, e infine di elementi di "Unità Popolare", fino alla crisi finale del 1962, che è insieme crisi politica e "morale" per il cosidetto "caso Piccardi". A questo centro propulsore, Guido Calogero assegnava "due compiti fondamentali": diventare il "miglior" centro di elaborazione teorico-programmatica" e "lavorare perifericamente per la costituzione organizzativa del partito".
Dei due "traguardi", il primo era facile per un gruppo di uomini "di grande valore culturale e scientifico", che avevano creato la tradizione degli "Amici del Mondo", ecc.: ed ecco E. Rossi, C. Antoni, L. Valiani, individuare, ciascuno secondo le proprie sensibilità, i settori di un possibile programma. Il secondo dei due traguardi di Calogero, invece, "rimase sulla carta": la "borghesia intellettuale, professionistica, piccolo-industriale, agricola moderna...non rispose all'appello". Le elezioni del 1958, affrontate assieme al PRI, "non furono un successo". Intanto però Piccardi cominciava ad avanzare di nuovo la tesi di un più profondo raccordo con il PSI, fino all'"alleanza organica". Contro questa linea erano vari gruppi, dal "Mondo" a "Nord e Sud", i giovani di "Democrazia Liberale", la "destra" di Ferrara e Rodotà, ecc. Dopo le elezioni amministrative del 1960, condotte assieme al PSI, La "divergenza" tra le linee si accentuò e determinò una "vera e propria crisi", mentre nel dissidio si insinuava anch
e la questione Piccardi. La ricostruzione storica analizza poi i risultati dei due Consigli nazionali del partito (gennaio e marzo), concludendo che in queste vicende si ha la "riapparizione" "delle due vecchie anime del Pr", quella della sinistra liberale e quella radicalsocialista, a loro volta venate di differenze interne (di cui si dà sufficiente informazione). Si dà infine qualche spazio alla presenza e alle iniziative della corrente di sinistra, che si batte su posizioni "filocomuniste" "invocando il mito della 'unità della sinistra'".
(TEMPI MODERNI N. 10, luglio-settembre 1962)
Dopo che il partito liberale ebbe superato, con la segreteria Villabruna, il periodo qualunquistico che coincise con la segreteria Lucifero, sembrò che la sinistra liberale »classica che si era raccolta durante il periodo clandestino intorno a "Risorgimento liberale", poi intorno a "Il Mondo", avesse abbandonato le idee di scissione.
Ma poi, quando la destra confindustriale diede nuovamente l'assalto al partito, guidata da un uomo meno pittoresco di Lucifero, ma più intelligente, freddo e sagace, cioè Giovanni Malagodi, e di fronte al completo fallimento dei velleitari tentativi di controbilanciare l'autorità del nuovo segretario che sembravano essere promossi dal gruppo meridionale facente capo agli allora ministri Martino e Cortese, la sinistra liberale lasciò definitivamente il Pli e diede vita, con l'ex segretario Villabruna, Carandini, Pannunzio, Compagna, Paggi ecc., e con i giovani che già si erano costituiti in gruppo autonomo intorno alla rivista "Critica liberale" (e cioè: Ferrara, Sforzi, Pannella, Ungari ed altri) al partito radicale (1955).
In esso entrarono alcuni ex-azionisti e alcuni indipendenti (fra cui Ernesto Rossi allora molto vicino al Pri), nonché alcuni elementi di »Unità popolare quali Valiani e Piccardi, che rappresentavano l'ala radical-socialista di quel movimento che successivamente, con alla testa Parri e nel nome di Calamandrei, sarebbe confluito nel Psi. Anzi: Piccardi rimproverò in una lettera pubblicata da "Il Mondo" (anno 8·, n. 4, 24-1-1956, in cui si leggono anche i nomi dei fondatori), tutti suoi amici di »Unità popolare che non avevano voluto fondersi con la sinistra uscita dal Pli, dipingendoli vittime di una illusione: quella di voler collaborare col Psi da una posizione autonoma, promuovendone il fermento autonomistico. »Se si vuole svolgere una efficace azione politica - argomentava Piccardi - non si può sfuggire a una alterativa : chi crede che spetti a un partito socialista il compito di essere »strumento principale della trasformazione della nostra società , entri addirittura nel Psi perché gli »eventuali diss
ensi sul costume di questo partito, sulle sue direttive fanno parte della sua dialettica interna ; chi, invece, non è di questo avviso »non ha altra scelta se non quella di trovarsi un'altra funzione politica .
In pratica si trattava, nel caso del Pr, di un appello alla unione delle forze sparse del vecchio partito d'azione, per porle ancora una volta al centro della sinistra democratica laica. A questo centro propulsore, Guido Calogero, in una lettera pubblicata sul citato numero de "Il Mondo", assegnava due compiti fondamentali: diventare fin dal principio »il miglior centro di studi di riforma e pianificazione politica e sociale e ad un tempo »lavorare perifericamente per la costituzione organizzativa del partito stesso .
Il primo traguardo era piuttosto facile per un gruppo cui facevano capo uomini di grande valore culturale e scientifico e che aveva alle spalle la tradizione dei convegni degli »Amici del "Mondo" nei quali - per merito particolare di Ernesto Rossi - si era dato (e si continuerà a dare) un preciso orientamento alla discussione dei temi più scottanti della società italiana, fornendo alle forze della sinistra democratica gli strumenti e sopra tutto la mentalità necessari per affrontare i problemi concreti, imponendoli ad un tempo - malgrado il sistematico boicottaggio di quasi tutta la grande stampa »indipendente - all'attenzione dell'opinione pubblica più qualificata.
A questo punto Ernesto Rossi ("Il Mondo", 7-2-56) in primo luogo circoscriveva gli interessi programmatici del Pr: posizione dell'Italia nella Nato, »rilancio europeo , politica del piede di casa, sul piano internazionale; rapporti fra Stato e Chiesa; rapporti fra cittadini e Stato; efficienza della pubblica amministrazione; preparazione tecnica e culturale dei giovani; lotta contro i monopoli e contro l'accentramento del potere economico in poche mani, smantellamento dei privilegi dipendenti dalla struttura corporativa; assistenza agli appartenenti agli ultimi strati della popolazione che, non essendo politicamente e sindacalmente organizzabili, sono quasi completamente privi di ogni tutela economica e giuridica. Carlo Antoni ("Il Mondo", 14-2-56) raccomandava l'attenzione ai problemi dell'agricoltura e delle masse contadine: il grande problema insoluto del Risorgimento; Leo Valiani indicava ("Il Mondo", 15-5-56) la tesi che »il radicalismo, il laburismo, il socialismo liberale hanno fatto prevalere in larg
hi settori dell'Occidente .
In pratica però - malgrado Carlo Antoni, nell'articolo citato, avesse avvertito che »non si è a sinistra soltanto perché si è contro i preti - rilevanza sempre maggiore acquistarono, nella pubblicistica radicale e nella stessa campagna elettorale del Pr (1958), i problemi del laicismo che Rossi, nell'articolo citato, aveva precisato così: »Difesa dello Stato da ogni invadenza confessionale; effettiva eguaglianza di tutti i culti davanti alla legge; abolizione del sistema delle scuole pareggiate per la concessione delle licenze, dei diplomi e delle lauree; insegnamento completamente laico in tutti gli ordini delle scuole pubbliche; libera propaganda del controllo delle nascite; divorzio regolato secondo le norme vigenti nei paesi più civili .
Ma il secondo dei traguardi indicati da Calogero, quello della costituzione organizzativa del partito, rimase sulla carta: la borghesia intellettuale, professionistica, piccolo-industriale e agricola moderna cui il Pr in particolare si rivolgeva, non rispose all'appello e il Pr rimase un partito d'opinione nel senso più stretto del termine. All'ultimo Congresso Nazionale, gli iscritti denunciati in tutta Italia erano ancora lontani dai 2.000.
Le elezioni del 1958, che il Pr aveva affrontato unitamente al Pri, non furono un successo e nessuno dei sei deputati eletti nelle liste dell'edera era radicale: mentre in qualche settore radicale serpeggiava un certo malumore, rivendicandosi al Pr il diritto ad almeno un eletto, la destra pacciardiana del Pri imputava il mancato successo all'incauta alleanza con gli »elementi disgregatori ex-azionisti , settari di un anticlericalismo ormai superato.
Tuttavia il Pr continuò la sua battaglia, specie su "Il Mondo" e "L'Espresso", per la laicità dello Stato, la lotta ai monopoli, la scuola di Stato e l'abolizione della censura; e altrettanto l'influenza di queste idee si faceva sentire attraverso la presenza di elementi di formazione radicale in molti altri settimanali e quotidiani: come, nell'esempio, "Il Giorno" e "La Stampa".
Lentamente però si faceva strada nel Pr proprio quella posizione che Piccardi aveva criticato nella sua lettera di dimissioni da »Unità popolare : »collaborare col Psi sia pure con un'azione differenziata... non costituisce una funzione autonoma , aveva scritto Piccardi; e ancora: »coloro che sono disposti a svolgere un'azione comune con il Psi senza entrare nelle sue file, formano in sostanza un gruppo di "obiettori di coscienza", elemento umano spesso interessante, ma con il quale non si formano battaglioni per la lotta politica .
Eppure fu proprio Piccardi, con Scalfari ed altri, a portare il Pr alle elezioni amministrative del 1960, quasi ovunque in Italia, nelle liste del Psi; e, quel che più conta, avendo di mira, come le successive prese di posizione poi confermarono, il raggiungimento di una vera e propria »alleanza organica con esso. Contro questa linea stava l'opposizione di Cattani, Carandini, Pannunzio con tutto il gruppo del Mondo, che peraltro non ritennero opportuno sottrarsi alla battaglia elettorale.
Molta parte dell'elemento liberale del partito, nel frattempo si era appartato su posizioni di riserva di fronte al »nuovo corso : il gruppo di Nord e Sud (Compagna, De Caprariis) ne erano da tempo anche formalmente fuori; alcuni giovani con Ungari (che figurerà fra i promotori della scissione radicale) si univano con la nuova sinistra del Pli, su posizioni lamalfiane nella rivista "Democrazia liberale". Inoltre va registrata la formazione, sempre su posizioni lamalfiane di una vera e propria »destra radicale , alla destra dello stesso gruppo del "Mondo", facente capo a Ferrara e Rodotà; ad essa si può accostare la tesi di Leo Valiani, secondo la quale i rapporti fra radicali e socialisti andavano impostati e graduati in funzione della politica atlantica e della generale solidarietà con il mondo delle democrazie. "Mondo", destra radicale e esponenti come Paggi e Valiani convergevano poi, nell'ostilità più o meno aperta all'ingresso dei radicali nelle organizzazioni di massa controllate dai comunisti che via
via veniva intanto peraltro realizzandosi, sia pure a costo di qualche forzatura di mano e di polemiche di direzione talora assai aspre.
Dopo le elezioni che non segnarono certo un successo per le liste del Psi, la divergenza tra le due linee (Piccardi-Scalfari e Carandini-Cattani-Pannunzio) si accentuò fino ad assumere, verso la fine del 1961, l'aspetto di una vera e propria crisi, culminata con le dimissioni di Pannunzio e Benedetti (il direttore de "L'Espresso"), rese note il 10 gennaio 1962. Nel dissidio politico si era intanto inserito un caso di natura personale: dando notizia di un convegno italo-tedesco che ebbe luogo a'Vienna nel 1939 e del quale una sezione aveva il tema "Razza e diritto, »La storia degli ebrei italiani sotto il fascismo " del De Felice, cita fra quelli dei membri della delegazione italiana il nome di Leopoldo Piccardi. Questi si era difeso dichiarando di essere stato scagionato da ogni accusa da una commissione di epurazione a cui si era volontariamente sottoposto nel 1946. Una documentazione esauriente su questa polemica, con riproduzioni fotografiche di documenti, è apparsa sul settimanale "Vita" del 12 aprile 19
62, n. 156.
Tuttavia, la rivelazione e la polemica che ne seguì causarono un tale turbamento che il consiglio nazionale radicale si concluse il 21 gennaio con molte astensioni e la maggioranza dei voti andò alla tesi contraria all'alleanza organica col Psi, su una mozione Carandini-Valiani poi fusa con quella di Giovanni Ferrara (cfr. Cronache "Tempi Moderni", n. 9, p. 204).
Ma nel successivo consiglio nazionale, svoltosi verso la fine di marzo, lo stato d'animo creato dalle rivelazioni sul passato dell'avv. Piccardi è esploso in forma singolarissima, in un processo ad un uomo protratto con accanimento per due giorni al cui termine Piccardi, Villabruna, Bossi (Scalfari si era frattanto dimesso dal Pr) si sono visti consegnare il partito prima ancora che si venisse a una votazione le cui sorti sembravano a tutti almeno bilanciate, dalla decisione di Cattani e dal gruppo del "Mondo" di risolvere la questione morale con una subitanea scissione. Il gruppo è uscito dal Pr mantenendo le sue caratteristiche di movimento d'opinione molto vicino alla maggioranza repubblicana.
Nelle ultime amministrative di Roma esso ha dato il suo sostegno, in effetti ad alcuni ex-radicali già appartenenti al centro e alla destra radicali, o addirittura già da anni estranei al partito (Vittoria Olivetti, Giacomo Antonelli, Francesco Compagna, Giovanni Ferrara), candidatisi insieme ad elementi di »Democrazia liberale nella lista del Pri per le elezioni comunali di Roma mentre il Pr era presente con lista autonoma al contrario di quanto avviene negli altri comuni dove nelle liste del Psi ha introdotto candidati.
Si tratta, insomma, di una riapparizione delle due vecchie anime del Pr; quella della sinistra liberale uscita dal Pli nel 1955 e quella radical-socialista che proviene da »Unità popolare . Unica eccezione notevole l'on. Villabruna: l'ex segretario del Pli fa parte infatti del gruppo maggioritario che vuole l'»alleanza organica coi socialisti.
Parlare di »due anime è tuttavia ancora uno schematismo semplificatore; le differenze restano importanti anche all'interno delle opposte trincee: per il gruppo del Mondo è ormai questione, in prospettiva, solo di un'azione di fiancheggiamento e di stimolo critico rivolto a "tutto" il centro-sinistra laico, socialisti compresi, mentre la »destra non ha mai accantonato il problema di un'autonoma presenza liberale, o »neo-liberale , nel dialogo politico del paese, che sembra individuare in un rinnovato partito repubblicano capace di unificare tutta la democrazia laica non socialista. Nel Pr, Piccardi e Villabruna, puntano su un'alleanza organica con il Psi, su una posizione sostanzialmente »bassiana , Rossi vuole che il partito sia soprattutto e comunque alla opposizione, eventualmente anche isolato, mentre la vera e propria »sinistra (un gruppo di giovani che da qualche anno opera con questo nome fra i radicali e che fa capo a Pannella e a Giuliano Rendi) si è sempre battuta su una posizione filocomunista,
invocando il mito dell'»unità della sinistra , affiancandosi ai »carristi del Psi e da ultimo avversando aspramente il centrosinistra, denunciato come trasformista. Questo gruppo trae le logiche conseguenze della posizione Piccardi, che muove egualmente dalla premessa della unità della sinistra e della necessità di stare fianco a fianco con i comunisti nelle organizzazioni di massa, pur ipotizzando che, proprio in questo quadro si debba far luogo ad una maggiore articolazione, che consenta ai socialisti, e ancor più ai radicali, una forte autonomia di manovra.