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Pellicani Michele - 28 novembre 1962
I radicali o il PSI
di Michele Pellicani

SOMMARIO: Analisi, da un punto di vista schiettamente socialdemocratico, della crisi del partito radicale e delle tendenze emerse tra i vari tronconi di quel partito nella loro diaspora verso altre sponde. C'è infatti, annota l'articolista, una destra che, oltre a fare del "caso Piccardi" una "questione morale", "sostiene di voler difendere l'autonomia del partito radicale...in stretta unità coi repubblicani, i socialdemocratici e gli stessi socialisti"; c'è un'ala piccardiana apertamente filosocialista e una sinistra che, a fianco dei piccardiani, spinge per aprire il discorso fino ai comunisti. Piccardi e i suoi insomma sono "su posizioni politiche assai più avanzate di alcuni gruppi autonomisti del PSI". Ma queste posizioni riacutizzano la "malattia infantile" di certa "borghesia intellettuale italiana". Tale tendenza danneggia "in primo luogo il PSI" perchè "accresce le difficoltà di Nenni", ma danneggia anche tutta la sinistra democratica perché, considerando "esaurita la funzione delle forze politiche

intermedie", priva il PSI "della loro azione stimolatrice" e di garanzia dell'operazione di centro-sinistra: "Un incontro diretto della DC col PSI (avverte l'autore citando la rivista "Nord e Sud"), senza la mediazione e la copertura non solo dei repubblicani, ma anche dei socialdemocratici, sarebbe rimasto senza reale giustificazione presso l'opinione pubblica..." A questi rischi ha ovviato la scissione socialdemocratica, "oggi più vera e più giustificata di quindici anni or sono".

(GIUSTIZIA, 28 novembre 1962)

IL "CASO PICCARDI", pur nella sua inquietante gravità, non è stato certamente la sola causa della scissione radicale. Se, infatti, la passione politica non avesse prevalso sul rigore morale, non avremmo visto un antifascista sicuro e onesto come Ernesto Rossi, e per giunta israelita, solidarizzare con l'autore di aberranti teorie giuridiche antiebraiche. Del resto, la mozione della sinistra radicale fa esplicito cenno alle "ragioni di dissenso politico che sussistevano al disopra e dietro il fatto personale".

Quali sono queste ragioni?

"I rapporti col PSI - scrive "Il Giorno" - sono forse la ragione di fondo del dissidio. L'ala piccardiana, sostenuta dalla sinistra, è apertamente filosocialista e considera esaurita la funzione delle forze politiche intermedie, dopo che si è avviata la collaborazione fra DC e PSI... L'ala di Cattani, sostenuta dalla destra, oltre a fare del caso Piccardi una questione morale, sostiene di voler difendere la autonomia del partito radicale che, in stretta unità con i repubblicani, i socialdemocratici e gli stessi socialisti, ha ancora una funzione insostituibile da svolgere".

"La corrente di sinistra capeggiata da Piccardi - spiega "La Voce Repubblicana" - sostiene l'alleanza organica col PSI motivata dalla necessità di impedire che i socialisti si "ammorbidiscano" nella collaborazione con la DC"; e pertanto - rileva giustamente il commentatore comunista del "Paese" - la sinistra radicale "è su posizioni politiche assai più avanzate di quelle di alcuni gruppi di autonomisti del PSI". Del resto, da tempo e sempre più apertamente, i radicali di sinistra vanno sostenendo la necessità di un'alleanza politica che vada oltre i socialisti del PSI, "sino ai comunisti", riacutizzando così la vecchia "malattia infantile" di certa borghesia intellettuale italiana: quella di voler atteggiarsi a socialista senza esserlo, e anzi di voler far concorrenza al movimento socialista. Fu questa "malattia" che portò a dissolvimento il partito d'azione; sicché la mancanza di un forte partito laico, espressione delle aspirazioni della piccola borghesia lavoratrice e degli interessi legittimi della media

borghesia produttrice, cioè la mancanza di un partito democratico, genuinamente liberale pur se coraggiosamente aperto ai problemi sociali, aprì una falla nello schieramento della sinistra democratica e affidò all'egemonia del partito comunista, negli anni del frontismo, la rappresentanza di ceti che col comunismo erano, e nonostante tutto sostanzialmente restano, in naturale dissidio. (Personalmente, negli anni 1945-46, denunziai questa pericolosa tendenza che allora era rappresentata da Lussu, nel partito d'azione; ma occorre farlo ancora oggi, per gli stessi motivi, resi anzi più urgenti e attuali dalla politica di centro-sinistra).

Intanto, si deve dire chiaramente che questa tendenza danneggia in primo luogo il PSI perché, sostenendo l'alleanza con i comunisti, accresce le difficoltà di Nenni che quest'alleanza ha denunziato sul piano ideologico e politico generale. Ma danneggia altresì tutta la sinistra democratica perché, considerando "esaurita la funzione delle forze politiche intermedie dopo che si è avviata la collaborazione fra DC e PSI", tende a privare il PSI, nel suo faticoso travaglio autonomistico, di quell'azione stimolatrice senza la quale la pur lenta riqualificazione democratica del PSI non ci sarebbe stata e, di conseguenza, l'approdo socialista alla politica di centro-sinistra sarebbe stato impossibile; senza la quale, infine, la politica di centro-sinistra poteva (e potrebbe) trasformarsi in un connubio clerico-socialista.

Lo Stato italiano è nato col Risorgimento; ma, storicamente, i motivi risorgimentali non sono molto vivi nel movimento socialista italiano e addirittura negativi sono nel movimento cattolico. Pericoloso sarebbe pertanto, ignorare il ruolo che i partiti democratici minori, di vecchia tradizione risorgimentale o nati dalla lotta contro la minaccia di nuove dittature, possono e debbono svolgere in seno al centro-sinistra; il ruolo, cioè, di vigili coscienze e di garanzie ideologiche dell'operazione, senza le quali un blocco socialista-cattolico porterebbe inevitabilmente a un nuovo, equivoco integralismo (lasciando in tal caso la difesa dei motivi irrinunciabili della nostra tradizione democratica e risorgimentale affidata al laicismo strumentale dei comunisti e al laicismo conservatore dei liberali).

"E' stato a poco a poco avvertito da tutti - ha scritto in questi giorni una rivista democratica come "Nord e Sud" - che un incontro diretto della DC col PSI, senza la mediazione e la copertura non solo dei repubblicani, ma anche dei socialdemocratici, sarebbe rimasto senza reale giustificazione nell'opinione pubblica e avrebbe molto aumentato la posta in gioco in quell'incontro e il relativo rischio". E - aggiunge - "non è vero che la scissione socialdemocratica viene sanata dal tempo, in significato e portata. Oggi essa è più vera e più giustificata di quindici anni or sono; e più la società italiana si farà moderna e ricca di articolazioni, più essa acquisterà di significato e di portata".

Nel PSI - prosegue la rivista - "il contrasto è quello tradizionale tra riformismo e massimalismo; tra un'ala che ritiene possibili e auspicabili intese e collaborazioni anche di carattere generale tra socialisti e democratici, ed un'ala che ritiene invece sempre pienamente in vigore un'antitesi radicale tra ciò che è socialista e ciò che non lo è e punta pertanto più su una politica di "alternativa socialista" che su una politica di "apertura a sinistra". E infatti, nel convegno sulle "tendenze del capitalismo italiano", si è ancora una volta verificato, nei giorni scorsi, che gli interventi socialisti siano stati "più a sinistra" di quelli comunisti; tanto che, in polemica con le posizioni marxisticamente schematiche dei socialisti, i comunisti, per esempio, hanno intelligentemente parlato non solo di una "legge "tendenziale" all'impoverimento" (anziché di una legge "assoluta", come prevedeva Marx) ma di una tendenza che "l'azione della classe operaia riesce a contrastare e a rovesciare"; e così hanno real

isticamente obiettato a Foa e a Libertini, che vedono il centro-sinistra come "un disegno neocapitalistico": "si scorga pure il disegno neocapitalisto, ma si veda e si valuti anche il peso della destra tradizionale".

Il discorso sui radicali è diventato necessariamente anche un discorso sul PSI, perché questo è il punto: chi non sa vedere quel che c'è realmente nel PSI, non può nemmeno aiutarlo e anzi rischia di spingerlo tra le braccia del partito comunista o - per la legge fisica della "reazione uguale all'azione" - tra quelle della democrazia cristiana. Di qui, come dicevamo, il ruolo affidato alla sinistra democratica - e soprattutto a noi socialdemocratici - di vigili coscienze e di garanzie ideologiche della politica di centro-sinsitra.

Oggi come ieri; domani come oggi.

 
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