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Partito radicale - 10 aprile 1963
IL VOTO RADICALE (1): quattro domande radicali
Risposte di: ELIO VITTORINI, PIERPAOLO PASOLINI, GAETANO COZZI, NELO RISI, FRANCESCO LEONETTI, ALOISIO RENDI, ERNESTO N. ROGERS, ANTONIO SORRENTINO, ROBERTO ROVERSI, MARIO CAGLI, MASSIMO MILA, SILVIO CECCATO, ANDREA GAGGERO, MARIO MONTEVERDI, LEONARDO SCIASCIA, UMBERTO ECO, DOMENICO BARONCELLI, MARIO BONESCHI

SOMMARIO: Il 28 aprile del 1963 si svolgevano in Italia le elezioni alle quali il Partito radicale, appena uscito dalla crisi, non partecipò. Diffuse però un fascicolo, curato da Elio Vittorini, Marco Pannella e Luca Boneschi, contenente giudizi di numerosi intellettuali sulla crisi delle sinistre, e sulla via per uscirne lungo un processo "realmente rivoluzionario" capace di rinnovare le sinistre del "triangolo Milano-Parigi-Dusseldorf".

Il documento di presentazione del fascicolo e le prime quattro domande rivolte agli interlocutori.

(IL VOTO RADICALE, 10 aprile 1963)

Il processo di divisione sempre più grave della sinistra italiana, il livello delle polemiche che si succedono tra i suoi apparati dirigenti, gli stessi obiettivi che si afferma di voler raggiungere e poi ben difficilmente lo sono, malgrado la loro modestia spesso eccessiva, portano a temere che stia per verificarsi un'altra grave sconfitta della causa del socialismo, della libertà e della democrazia.

Mentre l'autoritarismo pretende con massiccia pressione di dirigere la società industriale europea, la sinistra si mostra, ancora una volta, sparpagliata su posizioni difensive o alla ricerca di "tattiche" ed espedienti particolari, piuttosto che impegnata in una chiara battaglia in cui le grandi masse dei lavoratori, le nuove generazioni e i nuovi ceti possano scegliere consapevolmente tra immobilità e sviluppo, tra progresso e stasi.

Prima che, come in Francia, l'unità delle sinistre sia soltanto una conseguenza imbelle della presa del potere da parte dei nuovi autoritari, è necessario proporre e realizzare una politica di "nuova sinistra", in una prospettiva unitaria.

Oggi la sinistra non deve esaurirsi in una più o meno onorevole mendicità di una compartecipazione al regime di fatto che "il mondo cattolico italiano" impone al nostro paese. Una nuova sinistra, volta democraticamente alla rivendicazione della gestione del potere, è l'alternativa unitaria che auspichiamo.

Pensiamo che queste dichiarazioni di uomini responsabili dell'arte della cultura e della politica rappresentino un utile indicazione per il voto del 28 aprile, e forniscano ai partiti della sinistra indicazioni per l'elaborazione di una nuova politica. In questo senso anche le riserve espresse sui partiti della sinistra hanno una loro evidente importanza.

Quattro domande Radicali

1) In qual modo crede sia possibile che le classi popolari e i ceti medi prendano coscienza che non è sufficiente un benessere elargito dai detentori del potere, ma che è necessario che si pongano esse stesse come condizionatrici consapevoli e dirette dei loro interessi effettivi?

2) Il triangolo industriale moderno non ha più come suoi vertici Genova, Milano e Torino, ma Milano, Parigi e Düsseldorf; gli interessi della classe operaia italiana (come di quella europea) sono legati al rafforzamento del potere contrattuale al livello di questo mondo industriale. E' possibile, a suo avviso, ripensare oggi - da sinistra - i problemi europei?

3) In America come in Europa, le forze pacifiste sono oggi un momento avanzato della lotta democratica. In America, i pacifisti hanno condotto la lotta per l'eguaglianza razziale con mezzi nuovi e rivoluzionari, passando dalla protesta passiva all'opposizione attiva: in Inghilterra pacifisti e "new left" ("nuova sinistra") sono integrati all'opposizione del immobilismo laburista sui diversi problemi politici. Ritiene che la lotta pacifista sia attuale nel continente ed in Italia, considerando il peso delle forze militare sul continente? Ad esempio - raccogliendo l'invito di economisti e politici - con la richiesta della trasformazione delle strutture militari in "servizio civile?"

4) Quale pensa sia la funzione della scuola in uno stato democratico? L'On. Moro ha dichiarato nel discorso programmatico che la DC non sopporterà mai il monopolio statale della scuola. Contemporaneamente l'"Osservatore Romano" ha invitato i cattolici a scendere in piazza per ottenere "libertà" di insegnamento per i loro figli in scuole cattoliche finanziate dallo Stato. Come pensa si possa resistere a questa offensiva del mondo cattolico?

 
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