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Leonetti Franceso - 10 aprile 1963
IL VOTO RADICALE (6): Francesco Leonetti

SOMMARIO: Il 28 aprile del 1963 si svolgevano in Italia le elezioni alle quali il Partito radicale, appena uscito dalla crisi, non partecipò. Diffuse però un fascicolo, curato da Elio Vittorini, Marco Pannella e Luca Boneschi, contenente giudizi di numerosi intellettuali sulla crisi delle sinistre, e sulla via per uscirne lungo un processo "realmente rivoluzionario" capace di rinnovare le sinistre del "triangolo Milano-Parigi-Dusseldorf".

Dichiarando di votare Pci, lo scrittore Francesco Leonetti si chiede come le importanti posizioni autonome del P.C.I. si decideranno ad articolare il rapporto fra "marxismo" e "tecnicità"?

(IL VOTO RADICALE, 10 aprile 1963)

Voto PCI

Ritengo che tutti abbiamo delle riserve sulla operazione del "voto" in se stessa; sono quelle già di Rousseau, o della critica marxiana al moderno sistema rappresentativo, ecc. La partecipazione democratica non può restringersi e cristallizzarsi nel semplice voto di elezione; e oggi, avendo più o meno perduto o superato la concezione di opposizione al "sistema" dall'esterno, intendiamo il potere politico come formato continuamente da diversi "centri decisionali", in cui diamo qualche difficile attività; ecc.

Tuttavia, è un fatto che l'operazione del "voto" ha un suo rigore e una sua importanza che chiedono l'applicazione più attenta, anche ad influire con la discussione sull'opinione di altri, vicini nella giornata. Particolarmente oggi, che non sarebbero secondo me prevedibili in Italia larghe mutazioni da parte dell'elettorato, penso che le più piccole variazioni che la statistica rileverà, saranno importanti a orientare gli atti del potere politico tradizionale. Oggi tutti viviamo secondo sfumature, a me sembra, nella situazione di esaurito valore d'indicazione assoluta da parte delle ideologie di fondo.

I motivi e le questioni della pubblicazione "Il voto radicale" sono del più grande interesse, e compongono già, così come sono poste, la nostra problematica più attuale; e il gruppo scelto d'opinioni esplicito che apparirà mi sembra utile al chiarimento.

Io mi restringo qui a motivare - o meglio, ad effettuare più chiaramente - il mio voto. Io voto comunista: e voto così perché la prospettiva del centro sinistra non soggiaccia a una confusione creata equivocamente, come appare da tanti segni di adesione dubitabile, ma abbia una forza di condizionamento verso quello che con sfiducia generale chiamiamo "il mondo cattolico italiano" (ossia, il mondo dell'autorità di tradizione).

Il mio dubbio deriva, nello stesso tempo, dalla mancata formulazione da parte del P.C.I., in questo periodo, di un accordo impegnativo e preciso con i gruppi di intellettuali e di tecnici. Perché non è chiaro, né a livello ideologico né a livello organizzativo, come le importanti posizioni autonome del P.C.I. si decideranno ad articolare il rapporto fra "marxismo" e "tecnicità" (preferisco questa nozione a quella di "industria"). Nella mia propria attività, nel mio campo, di teoria-critica e di opera letteraria, il punto decisivo che mi si propone è la forza e la vita difficoltà di questo rapporto.

 
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